La Repubblica 14.1.09
Quando la psiche è condannata a vegetare
di Franco Cordero
Tristi riflessioni sulla sventurata in stato vegetativo da diciassette anni: lasciamola andare, chiede il padre; niente lo vieta, rispondono i vertici giurisdizionali; andava stabilito se sia lecito interrompere l´alimentazione coatta. Interviene la gerarchia ecclesiastica, soi-disante suprema istanza nelle questioni supreme, de vita ac morte (la dottrina dell´aldilà fonda poteri molto terreni), e sarebbe una questione onestamente discutibile se la campagna non reinnescasse anacronismi d´antica ferocia cattolica nello stile «vivamaria», scatenando conflitti costituzionali. Il pirata re d´affari, padrone de facto del paese, veste livrea ateo-clericale: i preti gli vengono utili nella conquista del poco Stato che rimane; perciò tenta un coup de main dei suoi, cambiare le norme decretando sul tamburo l´obbligo assoluto d´alimentare ogni corpo umano che versi nello stato d´E. E. Fallita la mossa, perché il Presidente delle Repubblica non promulgherebbe tale decreto, e in tal senso l´avverte, l´eversore permanente, truculento analfabeta, minaccia un pandemonio: la Carta era nata sotto insegna filosovietica; chiamerà il popolo a riscriverla. Nell´Italia 2009 l´uso del pensiero è ancora provvisoriamente libero. Approfittiamone distinguendo nel caso de quo idee, fantasie, affetti, interessi, cinismo politico, moti viscerali.
Il mondo è un teatro dagli spettacoli spesso cattivi: tali risultano secondo metri umani evoluti; e se la messinscena corrispondesse al cosiddetto Intelligent Design, sarebbe un´intelligenza alquanto debole o maligna. Tiene banco il caso della donna il cui cervello è inerte, spento da un trauma diciassette anni fa: vegeta, alimentata con una sonda; stato irreversibile; il risveglio ha le probabilità d´una ricrescita della testa al decapitato; non basterebbe un miracolo (Baruch Spinoza, ebreo scomunicato, notava ironicamente come i miracoli stiano sul filo delle cause naturali, nei limiti d´una modesta anomalia); semiviva, non pensa né sente. Che abbia bell´aspetto, come racconta un Eminentissimo testimone, è battuta d´umorismo macabro: dopo gli anni d´immobilità quel povero corpo sa d´albero atrofico; e il padre chiede all´autorità tutelare un provvedimento che permetta la sospensione del nutrimento coatto. Lasciamola andare dove finiremo tutti. Corte d´appello e Cassazione rispondono in termini positivi. Mater Ecclesia lancia anatemi: la paziente (termine improprio, visto che «non patitur», mancandole i sensi) è persona; ha un´anima; toglierle acqua e alimenti costituisce omicidio. Il caso tocca nervi scoperti. L´apparato ecclesiastico è l´ancora ragguardevole resto d´un impero fondato sull´aldilà: sacramenti, suffragi, indulgenze; quando la moneta tintinna nella cassa, l´anima purgante vola in paradiso, annuncia Johann Tetzel, 1517, domenicano, predicando l´indulgenza bandita nei domini tedeschi episcopali e Brandeburgo, i cui proventi Sua Santità Leone X spartisce con Alberto Hohenzollern e l´Imperatore Massimiliano. Lutero, monaco agostiniano, contesta lo pseudocristiano affarismo papale. I cultori del potere non demordono e la Chiesa romana perde mezza Europa. Cinque secoli dopo perdurano logiche profonde: interessi molto terreni spiegano l´anacronismo cattolico; scendono in campo rumorosi vivamaria; sfila l´ateismo clericale e presto piangeranno le Madonne. Ma vediamo la questione teologale.
«Anima», dal greco ánemos, vento. Iliade e Odissea non dicono cosa sia, finché il corpo vive: poi esce dalla bocca o attraverso la ferita mortale; non era il principio vitale; chiamiamo «vita» le operazioni d´un corpo vivo, finite le quali la psyché vola via, ombra o éidolon. Il rogo la separa definitivamente dal mondo: e sono residui fatui quelle che Odisseo evoca alle porte d´Ade; solo dopo avere bevuto il sangue delle vittime riacquistano un´effimera identità cosciente. In dottrina orfica diventa l´autentica persona, chiusa nel corpo (prigione o tomba) e destinata a reincarnarsi finché riti salutari la liberino dal ciclo. Platone insegna un´immortalità individuale: l´anima appartiene al mondo soprasensibile, come le idee (tale parentela costituisce un punto oscuro della fantasmagoria platonica); la filosofia diventa metodo della morte salutare. Aristotele ne distingue tre: vegetativa, sensitiva, intellettiva; le prime due sono un ectoplasma verbale, operazioni dell´organismo vivo (qui l´autore ragiona da fisiologo); l´ultima è indipendente dal corpo; agisce ab extra, immortale, divina, impersonale (secondo Alessandro d´Afrodisia e Averroè). Sant´Agostino la concepisce nel senso platonico, sub-stantia, ma rimane perplesso su come venga al mondo, creata singolarmente da Dio o connessa al processo genetico, «ex traduce».
San Tommaso assimila Aristotele fin dove i dogmi lo permettono: ogni tanto gioca sulle parole; qui postula il «demonstrandum», che l´organismo vivo contenga un quid distinto dallo stesso. Mosse simili violano una regola capitale d´economia del pensiero, formulata dall´inglese Guglielmo d´Occam, francescano ribelle (1280-1349 circa), ma l´applicavano e l´applicano d´istinto tutti i ragionatori seri: mai presupporre più del necessario; se A e B spiegano C, ogni premessa in più confonde i discorsi o produce schiume verbali vaniloque, mai innocue. Il corpo nel quale siano attive date funzioni, ora surrogabili dal lavoro d´una macchina, vegeta: attribuire tale stato all´anima vegetativa è abuso verbale; idem la sensitiva, né le cose stanno diversamente rispetto all´intellettiva; chiamiamo vita psichica date situazioni organiche implicanti midollo, cervello, nervi, ghiandole, organi percettivi. Dal lavoro scientifico emergono quadri causali indefinitamente perfettibili: l´ipotesi cade quando il fenomeno in questione manchi, presente l´asserito fattore; o ricorra sebbene manchi lo stesso; i termini ridondanti la mistificano, tanto più quando non significhino niente o discendano da livelli mentali primitivi, come se, dovendo dire cosa siano i temporali, oltre a vapori, temperatura, cariche elettriche, tirassimo in ballo Jovem pluvium. Così discorre san Tommaso: avendo stabilito che debba esservi un´«anima rationalis», ne disegna la storia: la crea Dio attraverso innumerevoli interventi nel tempo, tanti quanti furono, sono, saranno gli animali umani. In qual modo la crea? Infondendola al corpo: «haereticum est» dire che venga dal seme, un´opinione sfiorata da sant´Agostino in fraterna polemica con san Girolamo. Situata al grado infimo delle «substantiae intellectuales», diversamente dagli angeli «non habet» un´innata «notitiam veritatis»: l´acquista attraverso cognizioni fornite dai sensi; bisognava dunque che fosse legata al corpo, ma «est incorporea», incorruttibile, immortale, i quali ultimi due predicati implicano una scissione dalla materia organica con gravi paradossi; siccome informa l´intero corpo, non risiede in una singola parte; né cambia mai involucro. Tuttavia esistono anime separate: uno stato «quodammodo contra naturam», transitorio perché alla fine i corpi risorgono; e separandosi subisce una mutazione; ormai è fissa nel senso buono o cattivo; «habet voluntatem immobilem» (Summa Theologiae, Commento a Pier Lombardo, Opuscula). Secondo i metri dell´empiricamente plausibile, la fiaba tomista segna un regresso dalla visione omerica degli éidola.
Su tali fondamenti, piuttosto esigui, l´apparato ecclesiastico ha aperto una campagna trovando alta udienza. Non stupisce, visto che governa l´Italia un pirata, re d´affari: ateo come tutti i caimani, veste livrea clericale; da trent´anni spaccia oppio televisivo e aborre l´intelligenza ma non sbaglia un colpo nei calcoli del tornaconto; sostenuto dai preti, occuperà i rimasugli dello Stato; perciò voleva scardinare la res iudicata imponendo il nutrimento coatto con norme penali decretate d´urgenza. Dal Quirinale arriva un avviso: l´eventuale decreto non sarebbe promulgato; e lui minaccia rendiconti plebiscitari. Ventiquattr´ore dopo insulta il padre d´E. E. spiegando a milioni d´italiani che vuol disfarsi della figlia scomoda (l´aveva già detto un monsignore): la proclama idonea a gravidanza e parto; farfuglia torvo d´una Carta da riscrivere; vuol legiferare da solo, mediante decreti, in una corte dei miracoli tra asini che dicano sì muovendo la testa. Siccome siamo in tema d´anime, ripuliamola con l´ultima strofa dei Poèmes antiques: «Et toi, Divine Mort, où tout rentre et s´efface,/ accueille tes enfants dans ton sein étoilé;/ affranchis-nous du temps, du nombre et de l´espace,/ et rends-nous le repos que la vie a troublé». Leconte de Lisle, 1818-1894, aveva gusti fini e sentimento caritatevole.
Quando la psiche è condannata a vegetare
di Franco Cordero
Tristi riflessioni sulla sventurata in stato vegetativo da diciassette anni: lasciamola andare, chiede il padre; niente lo vieta, rispondono i vertici giurisdizionali; andava stabilito se sia lecito interrompere l´alimentazione coatta. Interviene la gerarchia ecclesiastica, soi-disante suprema istanza nelle questioni supreme, de vita ac morte (la dottrina dell´aldilà fonda poteri molto terreni), e sarebbe una questione onestamente discutibile se la campagna non reinnescasse anacronismi d´antica ferocia cattolica nello stile «vivamaria», scatenando conflitti costituzionali. Il pirata re d´affari, padrone de facto del paese, veste livrea ateo-clericale: i preti gli vengono utili nella conquista del poco Stato che rimane; perciò tenta un coup de main dei suoi, cambiare le norme decretando sul tamburo l´obbligo assoluto d´alimentare ogni corpo umano che versi nello stato d´E. E. Fallita la mossa, perché il Presidente delle Repubblica non promulgherebbe tale decreto, e in tal senso l´avverte, l´eversore permanente, truculento analfabeta, minaccia un pandemonio: la Carta era nata sotto insegna filosovietica; chiamerà il popolo a riscriverla. Nell´Italia 2009 l´uso del pensiero è ancora provvisoriamente libero. Approfittiamone distinguendo nel caso de quo idee, fantasie, affetti, interessi, cinismo politico, moti viscerali.
Il mondo è un teatro dagli spettacoli spesso cattivi: tali risultano secondo metri umani evoluti; e se la messinscena corrispondesse al cosiddetto Intelligent Design, sarebbe un´intelligenza alquanto debole o maligna. Tiene banco il caso della donna il cui cervello è inerte, spento da un trauma diciassette anni fa: vegeta, alimentata con una sonda; stato irreversibile; il risveglio ha le probabilità d´una ricrescita della testa al decapitato; non basterebbe un miracolo (Baruch Spinoza, ebreo scomunicato, notava ironicamente come i miracoli stiano sul filo delle cause naturali, nei limiti d´una modesta anomalia); semiviva, non pensa né sente. Che abbia bell´aspetto, come racconta un Eminentissimo testimone, è battuta d´umorismo macabro: dopo gli anni d´immobilità quel povero corpo sa d´albero atrofico; e il padre chiede all´autorità tutelare un provvedimento che permetta la sospensione del nutrimento coatto. Lasciamola andare dove finiremo tutti. Corte d´appello e Cassazione rispondono in termini positivi. Mater Ecclesia lancia anatemi: la paziente (termine improprio, visto che «non patitur», mancandole i sensi) è persona; ha un´anima; toglierle acqua e alimenti costituisce omicidio. Il caso tocca nervi scoperti. L´apparato ecclesiastico è l´ancora ragguardevole resto d´un impero fondato sull´aldilà: sacramenti, suffragi, indulgenze; quando la moneta tintinna nella cassa, l´anima purgante vola in paradiso, annuncia Johann Tetzel, 1517, domenicano, predicando l´indulgenza bandita nei domini tedeschi episcopali e Brandeburgo, i cui proventi Sua Santità Leone X spartisce con Alberto Hohenzollern e l´Imperatore Massimiliano. Lutero, monaco agostiniano, contesta lo pseudocristiano affarismo papale. I cultori del potere non demordono e la Chiesa romana perde mezza Europa. Cinque secoli dopo perdurano logiche profonde: interessi molto terreni spiegano l´anacronismo cattolico; scendono in campo rumorosi vivamaria; sfila l´ateismo clericale e presto piangeranno le Madonne. Ma vediamo la questione teologale.
«Anima», dal greco ánemos, vento. Iliade e Odissea non dicono cosa sia, finché il corpo vive: poi esce dalla bocca o attraverso la ferita mortale; non era il principio vitale; chiamiamo «vita» le operazioni d´un corpo vivo, finite le quali la psyché vola via, ombra o éidolon. Il rogo la separa definitivamente dal mondo: e sono residui fatui quelle che Odisseo evoca alle porte d´Ade; solo dopo avere bevuto il sangue delle vittime riacquistano un´effimera identità cosciente. In dottrina orfica diventa l´autentica persona, chiusa nel corpo (prigione o tomba) e destinata a reincarnarsi finché riti salutari la liberino dal ciclo. Platone insegna un´immortalità individuale: l´anima appartiene al mondo soprasensibile, come le idee (tale parentela costituisce un punto oscuro della fantasmagoria platonica); la filosofia diventa metodo della morte salutare. Aristotele ne distingue tre: vegetativa, sensitiva, intellettiva; le prime due sono un ectoplasma verbale, operazioni dell´organismo vivo (qui l´autore ragiona da fisiologo); l´ultima è indipendente dal corpo; agisce ab extra, immortale, divina, impersonale (secondo Alessandro d´Afrodisia e Averroè). Sant´Agostino la concepisce nel senso platonico, sub-stantia, ma rimane perplesso su come venga al mondo, creata singolarmente da Dio o connessa al processo genetico, «ex traduce».
San Tommaso assimila Aristotele fin dove i dogmi lo permettono: ogni tanto gioca sulle parole; qui postula il «demonstrandum», che l´organismo vivo contenga un quid distinto dallo stesso. Mosse simili violano una regola capitale d´economia del pensiero, formulata dall´inglese Guglielmo d´Occam, francescano ribelle (1280-1349 circa), ma l´applicavano e l´applicano d´istinto tutti i ragionatori seri: mai presupporre più del necessario; se A e B spiegano C, ogni premessa in più confonde i discorsi o produce schiume verbali vaniloque, mai innocue. Il corpo nel quale siano attive date funzioni, ora surrogabili dal lavoro d´una macchina, vegeta: attribuire tale stato all´anima vegetativa è abuso verbale; idem la sensitiva, né le cose stanno diversamente rispetto all´intellettiva; chiamiamo vita psichica date situazioni organiche implicanti midollo, cervello, nervi, ghiandole, organi percettivi. Dal lavoro scientifico emergono quadri causali indefinitamente perfettibili: l´ipotesi cade quando il fenomeno in questione manchi, presente l´asserito fattore; o ricorra sebbene manchi lo stesso; i termini ridondanti la mistificano, tanto più quando non significhino niente o discendano da livelli mentali primitivi, come se, dovendo dire cosa siano i temporali, oltre a vapori, temperatura, cariche elettriche, tirassimo in ballo Jovem pluvium. Così discorre san Tommaso: avendo stabilito che debba esservi un´«anima rationalis», ne disegna la storia: la crea Dio attraverso innumerevoli interventi nel tempo, tanti quanti furono, sono, saranno gli animali umani. In qual modo la crea? Infondendola al corpo: «haereticum est» dire che venga dal seme, un´opinione sfiorata da sant´Agostino in fraterna polemica con san Girolamo. Situata al grado infimo delle «substantiae intellectuales», diversamente dagli angeli «non habet» un´innata «notitiam veritatis»: l´acquista attraverso cognizioni fornite dai sensi; bisognava dunque che fosse legata al corpo, ma «est incorporea», incorruttibile, immortale, i quali ultimi due predicati implicano una scissione dalla materia organica con gravi paradossi; siccome informa l´intero corpo, non risiede in una singola parte; né cambia mai involucro. Tuttavia esistono anime separate: uno stato «quodammodo contra naturam», transitorio perché alla fine i corpi risorgono; e separandosi subisce una mutazione; ormai è fissa nel senso buono o cattivo; «habet voluntatem immobilem» (Summa Theologiae, Commento a Pier Lombardo, Opuscula). Secondo i metri dell´empiricamente plausibile, la fiaba tomista segna un regresso dalla visione omerica degli éidola.
Su tali fondamenti, piuttosto esigui, l´apparato ecclesiastico ha aperto una campagna trovando alta udienza. Non stupisce, visto che governa l´Italia un pirata, re d´affari: ateo come tutti i caimani, veste livrea clericale; da trent´anni spaccia oppio televisivo e aborre l´intelligenza ma non sbaglia un colpo nei calcoli del tornaconto; sostenuto dai preti, occuperà i rimasugli dello Stato; perciò voleva scardinare la res iudicata imponendo il nutrimento coatto con norme penali decretate d´urgenza. Dal Quirinale arriva un avviso: l´eventuale decreto non sarebbe promulgato; e lui minaccia rendiconti plebiscitari. Ventiquattr´ore dopo insulta il padre d´E. E. spiegando a milioni d´italiani che vuol disfarsi della figlia scomoda (l´aveva già detto un monsignore): la proclama idonea a gravidanza e parto; farfuglia torvo d´una Carta da riscrivere; vuol legiferare da solo, mediante decreti, in una corte dei miracoli tra asini che dicano sì muovendo la testa. Siccome siamo in tema d´anime, ripuliamola con l´ultima strofa dei Poèmes antiques: «Et toi, Divine Mort, où tout rentre et s´efface,/ accueille tes enfants dans ton sein étoilé;/ affranchis-nous du temps, du nombre et de l´espace,/ et rends-nous le repos que la vie a troublé». Leconte de Lisle, 1818-1894, aveva gusti fini e sentimento caritatevole.
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