giovedì 25 febbraio 2010

Una legge che ignora scienza e sofferenza

Una legge che ignora scienza e sofferenza

Il Fatto Quotidiano del 25 febbraio 2010

Il "cadavere ri-animato" - come è stato definito il paziente in stato vegetativo permanente - è dunque il vivente senz'anima che offre il suo corpo alla misurazione scientifica e alla decretazione politica della sua sopravvivenza? Oppure è il sopravvivente che offre corpo e anima alla sacralizzazione integrale del proprio essere? Secondo l'uno dei due modi di pensare, una misurazione scientificamente corretta sembra essere in grado di fornire il punto di vista maggiormente condivisibile dai più: l'assenza di ogni "attività" dipendente dal cervello e di ogni "attivazione" cerebrale in risposta agli stimoli è il certificato che attesta la morte biologica e permette l'interruzione di ogni resuscitation. Però la fine funzionale del cervello non è propriamente la fine delle funzioni di tutto il corpo: ne è prova il fatto che parti di questo sono suscettibili di far funzionare altri corpi mediante trapianto. [...]
Secondo l'altro dei due modi di pensare, la sacralizzazione esercita tuttora la propria egemonia o dominanza su tutto ciò che concerne la vita dell'uomo, dall'alba al tramonto. La esercita anche sul diritto di vivere e di nascere, poiché la vita e il suo aprirsi sono considerati ambedue un sommo bene, datoci da Dio. La morte, al contrario, un bene non è, anzi è un male. La sacralizzazione, che attiene al chiudersi della vita e coinvolge la morte, esercita il suo dominio anche sul diritto di morire? Se sì, di tale diritto è depositario Dio, che dà e che toglie, che permette il male a fin di bene, oppure è titolare l`uomo, creatura divina, che vive e muore in compagnia del proprio libero arbitrio, datogli anch'esso da Dio? Le risposte toccano a chi crede. Chi non crede non è toccato dalle domande. Ma sia coloro che credono, sia coloro che non credono esigono, gli uni e gli altri, rispetto. Non sono lecite imposizioni, tanto meno sopraffazioni. Non sono lecite giuridicamente ed eticamente. [...]
Una legge che attiene all`evento o processso più cruciale dell'esistenza umana - la morte e il morire - deve consentire, ai cittadini di uno Stato, il diritto di scelta sul come essere curati nei momenti estremi. Deve permettere loro la piena libertà e dignità di essere soggetti di decisioni proprie e non oggetti di decisioni altrui. Il testo di legge sul testamento biologico che giace oggi in Parlamento, approvato dal Senato e in attesa di passaggio alla Camera, è - a giudizio di molti esperti (giurisperiti, bioeticisti, medici rianimatori, palliativisti) - un cattivo testo da lasciar giacere dov'è. Va lasciato giacere dov'è perché il testamento non vi è considerato vincolante, in ciò contraddicendo la volontà del testatore. [...] La replica di parte ecclesiastica è che "per la Chiesa la libertà è un bene relativo, non assoluto, un bene creaturale, vissuto non solo in relazione con gli altri, ma con l'altro, con Dio. Essere libero significa realizzarsi in questa libertà filiale", totalmente diversa da una libertà che invece "rivela un concetto menomato della persona, chiusa in se stessa, senza relazioni trascendenti" (lo scrive l`arcivescovo Carlo Ghidelli, ndr). Siamo al solito dialogo senza possibilità di comunicazione, legato a principi letteralmente "incommensurabili" (come non commensurabili sono le misure in metri e in chilogrammi). E il dialogo inesistente tra chi fa riferimento alla trascendenza e alla libertà condizionata e chi invece lo fa alla naturalità e alla libertà disancorate dal sacro. [... ]
Nella "zona grigia tra vita e morte" (come scrive Panebianco sul Corriere della Sera il 30 settembre 2009, ndr) il problema da evitare è la iper-regolamentazione giuridica: "Il ricorso al giudice ci starebbe solo nelle situazioni in cui la capacità di autorganizzarsi, riferita in questo caso al rapporto tra medici e pazienti, venisse meno". L'istanza, pur deplorando la politicizzazione e "visto che una legge sembra a questo punto necessaria", è "che almeno essa sia il più possibile liberale". Che la zona grigia non diventi terra di nessuno è l'istanza, sottoscritta da 70
docenti universitari, formulata dal Centro di etica generale e applicata (Cega) e presentata come "contributo al dibattito per una legge giusta sul testamento biologico". Nel documento si critica l'idea che la fine della vita sia una sorta di terra di nessuno, dalla quale l'autorità, lo Stato, le leggi dovrebbero ritrarsi completamente. [...]
L'attuale stallo della legge non appare dunque essere un male, qualora esista l'opportunità o l'intenzione di un ripensamento legislativo che, in pratica, consideri il testo giacente come un testo da rifare. Peraltro la situazione odierna non è propriamente quella di un ripensamento critico (e autocritico), quanto piuttosto quella di un rinvio (sine die?) con l`attesa riempita da un ricorrente cicaleccio che sembra interpretare alla lettera le parole di Andrea Camilleri (ne La danza dei gabbiano, ndr): "Il governo faciva chiacchiere, l`opposizione faciva chiacchiere, la chiesa faciva chiacchiere. Si chiacchiara, va sempre e dovunque di qualsiasi problema, ma sempre a vacante, senza che mai la chiacchira addivintasse un minimo di provvedimento, un fatto concreto". Sul testamento biologico, in ambito laico, non ci si è improvvisati, sospinti all'ultimo dal sopraggiunto furore mediatico. Se ne discute invece da anni, sospinti da ragioni morali e civili condivise fuori d'Italia ed elaborate da più parti (Consulta di Bioetica, Fondazione Umberto Veronesi ecc.) nel rispetto di tutti: "Laico", è bene ricordarlo ancora, viene dal greco laòs che significa popolo. Il testamento esprime il diritto costituzionale del cittadino di rivendicare il rispetto della propria volontà, dichiarata anticipatamente nell'eventualità di non poterlo fare nel tempo del morire, di non esseresottoposto a trattamenti che si configurano, a suo avviso, come atti di accanimento terapeutico. Le terapie sono diverse dalle cure: aver cura di un malato in fin di vita, per un medico che sia dotato della religiosità che è propria del suo mestiere, comporta la pietà del rispetto, fino in fondo, per la persona curata. Non si tratta di un gesto terapeutico, tecnico, ma di un atto curativo umano. La morte non è un fatto patologico. Il morire implica nel medico anche la capacità di riconoscere la creatività del morente che spesso reinterpreta la propria vita attraverso una comunicazione di senso che dev'essere raccolta. Raccogliere questa memoria significante - estremo barlume nel chiaroscuro del crepuscolo - non è più fare l'anamnesi, e l'ascolto del morente non è più l`auscultazione del suo torace. Non si tratta più di emettere una diagnosi; si tratta di dar prova di essere un curante, di essere un medico umano. Se è antiumano porre limitazioni alla persona del malato, limitarne la personalità è anticostituzionale e antidemocratico. Una legge limitativa, restrittiva, che conculca la validità di un testamento liberamente sottoscritto da persona dotata di piena capacità in vista di una futura incapacità, oltre a contraddire molti valori, ignora il dibattito scientifico, disattende l'appello degli addetti alle cure, non ascolta le sofferenze dei familiari, sposa una incultura che ha la presunzione di possedere il monopolio dei principi etici e religiosi. Lo attestano anche, fuori dal coro delle gerarchie ecclesiastiche, voci religiose ed etiche, come quella di don Franco Barbero co-fondatore della Comunità cristiana di base di Pinerolo, che affermano con cristiana laicità: "Dio ci ha dato la responsabilità della vita, e fa parte della responsabilità della vita la responsabilità della morte. E non ci può conculcare questa responsabilità nessuna filosofia, nessuna teologia, nessuna Chiesa, nessun Parlamento".

mercoledì 24 febbraio 2010

Cambia il Ddl: finta apertura ai laici

il Fatto 24.2.10
Fine vita
Cambia il Ddl: finta apertura ai laici

Il Ddl sul testamento biologico verrà discusso in Parlamento dopo le regionali e riguarderà circa 250 mila persone. Lo ha detto Domenico Di Virgilio (Pdl) che ieri ha presentato un emendamento, approvato dalla commissione Affari sociali della Camera, che ha modificato il disegno di legge allargando la platea delle persone cui la norma si rivolge. Con l’emendamento Di Virgilio, la legge ingloberà non solo le persone in stato vegetativo (stimate in circa 2500-3000), ma anche i malati terminali non più in grado di intendere e volere. Si stabilisce, infatti, che alimentazione e idratazione non possono mai essere sospese “a eccezione dei casi nei quali risultino non più efficaci nel fornire i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo”. Il Pd, in commissione, ha votato contro. “Somministrare una terapia quando questa non è più efficace – ha spiegato il senatore Ignazio Marino – si chiama accanimento terapeutico. Far passare un’ovvietà per un’apertura della destra sul testamento biologico è una presa in giro che umilia la professione medica”. Il punto contestato è questo: “i medici sanno quando una terapia non è più efficace e non è necessario che il Parlamento lo indichi in una legge”. Sarebbe, conclude Marino, come dire che non bisogna somministrare antiepilettici a chi non ne ha bisogno.

Biotestamento, che inganno Non alimentate...il cadavere

l’Unità 24.2.10
Biotestamento, che inganno Non alimentate...il cadavere
La commissione Affari sociali della Camera approva una modifica al biotestamento che sembra un’apertura alle ragioni delle opposizione, ma che in realtà, spiega Ignazio Marino, si limita a sancire un’ovvietà.
di Susanna Turco

Una modifica inutile e oscurantista: «Alimentazione e idratazione sospese se non efficaci»
È come ribadire il no all’accanimento. L’opposizione: «Un’ovvietà, una truffa»

Nel migliore dei casi si tratta di un’ovvietà. Nel peggiore, di una presa in giro. Questo, a sentire le parole non solo dell’opposizione, ma anche di una parte del Pdl (finiani, manco a dirlo) il brillante risultato raggiunto ieri in commissione Affari sociali della Camera, impegnata nella discussione sul biotestamento (fino a dopo le Regionali, pare). È stata infatti approvata una modifica che va al cuore del provvedimento. Ma solo in apparenza.
L’emendamento, presentato dal relatore Domenico Di Virgilio, approvato per 23 a 13 con il no dell’opposizione (eccetto la Binetti), e salutato da monsignor Fisichella come «una difesa della vita» , prevede infatti che alimentazione e idratazione pur continuando a essere escluse dalle dichiarazioni anticipate di trattamento (dat), possano essere sospese in «casi eccezionali». Si tratta forse di una marcia indietro della maggioranza? Assolutamente no: come spiega anche Di Virgilio, alimentazione e idratazione continuano a non essere considerate una cura, e nessuno potrà quindi chiedere di rinunciarvi. Ciò che cambia, da ieri, è che potranno essere sospese quando il paziente non è più in grado di assimilarle.
PLATEA ALLARGATA
Ora. La modifica, a sentire la maggioranza, è funzionale a un altro emendamento (non ancora approvato) che allargherà la platea di persone alle quali si applica la legge: non solo i pazienti in stato vegetativo (poco meno di tremila) ma anche i malati terminali (250 mila). «Si tratta di casi diversi, il ddl Calabrò andava modificato», spiega Di Virgilio. Sta di fatto che, in pratica, il correttivo è «pleonastico», dice il finiano Benedetto Della Vedova. O, peggio, una presa in giro. Come spiega Ignazio Marino, infatti, «somministare una terapia quando questa non è più efficace si chiama accanimento terapeutico, oppure sperimentazione non autorizzata su esseri umani. Se a giudizio del medico la terapia non serve è ovvio che verrà sospesa. Non è necessario che il Parlamento lo indichi in una legge. E far passare un’ovvietà per un’apertura della destra è una presa in giro», dice il senatore del Pd.
Insomma, se non è efficace, qualunque somministrazione non solo può, ma deve essere interrotta, a meno di non ipotizzare dice qualcuno, fuori dai dentidi «nutrire un cadavere». Probabilmente, è proprio il principio di considerare alimentazione e idratazione qualcosa che «non può essere sospeso» fino alla fine della vita per i pazienti in stato vegetativo, ad aver reso ieri necessaria la previsione di poterle sospendere, nel caso si tratti di malati terminali. Sono, per così dire, i paradossi dell’ideologia. In ogni caso, la modifica non affronta il nodo cruciale della responsabilità della decisione. La maggioranza, spiega la Pd Livia Turco, «ha fatto un pasticcio: non è chiaro in quali casi concreti sia possibile la sospensione e chi la decida». Ciò, aggiunge la radicale Maria Antonietta Coscioni, «equivale a rendere inapplicabile la norma: perché nessun medico si assumerà mai la responsabilità di interrompere nutrizione e idratazione senza una chiara indicazione di legge».

domenica 21 febbraio 2010

I dati scientifici secondo Avvenire. Il caso Eluana e la strategia delle illusioni

l’Unità 20.2.10
I dati scientifici secondo Avvenire. Il caso Eluana e la strategia delle illusioni
Carlo Alberto Defanti

Prosegue lo scambio a distanza fra Assuntina Morresi e il sottoscritto sulla questione se Eluana fosse o no capace di interagire con il mondo esterno, così dimostrato in alcuni casi descritti nel recente articolo di Martin M. Monti. Nella mia replica avevo affermato che i risultati dell’esame neuropatologico di Eluana avevano chiarito la questione e avevo riferito le conclusioni dei periti sulla coerenza fra i reperti e la diagnosi di stato vegetativo permanente. In proposito Morresi fa osservare che «non esistono studi che mostrino un legame fra la gravità del grado di atrofia e il po-tenziale di reversibilità del disturbo di coscienza». La sua asserzione è corretta: non ci sono in letteratura studi scientifici che abbiano correlato in modo esatto i dati anatomici con lo stato di coscienza. Tuttavia, la gravità delle lesioni riscontrate, in particolare il gravissimo impoverimento delle fibre nervose che collegano le aree della corteccia cerebrale fra loro e con i centri sottostanti, soprattutto con il talamo, nonché la degenerazione di quest’ultima struttura così importante, rendono assai poco verosimile la loro compatibilità con un’attività di coscienza. I periti, inoltre, hanno sottolineato, sulla base del confronto fra gli esami radiologici eseguiti in vita, che nel cervello di Eluana sono avvenuti, a distanza dal trauma, processi degenerativi che hanno interessato strutture nervose inizialmente non colpite.
Morresi riprende poi le note di una cartella clinica del 1993 in cui viene riferito che Eluana avrebbe pronunciato due volte la parole “mamma” e che avrebbe eseguito talora semplici ordini. L’esperienza di chi assiste questi malati è ricca di segnalazioni come queste, che suscitano nei familiari grandi speranze e che poi tanto spesso sono deluse. Ribadisco però che, dal febbraio 1996, quando ho preso in cura Eluana, non c’è mai stata alcuna segnalazione di questo tipo.
Infine Morresi afferma che i risultati scientifici confermano la sua convinzione che queste persone siano vive e non “inerti vegetali”, ma su questo non c’è mai stato il minimo dubbio: anzi il problema nasce proprio dal fatto che questi soggetti sono vivi e si trovano in condizioni che la maggior parte dell’opinione pubblica considera “invivibili”. Mi permetto di osservare che, contrariamente a quanto Mortresi pensa, il riscontro di segni di coscienza in un piccolo numero di pazienti diagnosticati come vegetativi non risolve affatto il problema morale di come comportarci nei loro riguardi. Alcuni studiosi di bioetica hanno cominciato a riflettere su questo e a chiedersi se i nuovi dati scientifici, proprio in quanto dimostrano il persistere (in alcuni malati) di tracce di coscienza e rendono verosimile che essi provino dolore e sofferenza, non possano essere addotti come argomento non a favore, ma piuttosto contro il mantenimento del sostegno vitale.
Consulta di bioetica onlus

venerdì 19 febbraio 2010

Dolce morte in Svizzera: 8 italiani in lista. d`attesa

Dolce morte in Svizzera: 8 italiani in lista. d`attesa

Il Messaggero del 19 febbraio 2010

Valentina Arcovio

Morire su richiesta non è impossibile. Per onorare questa promessa fatta tanta anni fa a un amante malato di Aids, Ray Gosling, presentatore della Bbc, è stato 24 ore in galera per essere rilasciato su cauzione. In altri casi, però, non si rischia nulla. Si parte per la Svizzera e si beve un
cocktail mortale. Gli italiani che aspettano il loro turno sono ora 8 e già più di una quindicina avrebbero già raggiunto la destinazione finale. Gosling, invece, rimane ancora nel mirino della polizia di Nottingham. La sua vicenda infatti è tutt`altro che chiusa. La polizia britannica continuerà con le sue indagini dopo aver ricevuto dal presentatore «molte informazioni», corno
riferisce l`avvocato di Gosling, Digby Johnson. «Rav è distrutto. E contento - dice l`avvocato - dì essere fuori. Sa che la cosa andrà avanti per mesi e che, in un certo senso. per lui non finirà
mai, ma è contento che sia arrivato un momento di pausa». Secondo l`avvocato inoltre, Gosling sarebbe stato molto sorpreso dall`attenzione che la sua rivelazione ha attratto. «Ray pensava che si sarebbe trattato di un breve pezzo per un programma regionale che non avrebbe avuto così tante conseguenze», racconta. Eppure il suo caso ha sconfinato le implicazioni giudiziarie.
Eutanasia. «omicidio per compassione», suicidio assistito. Comunque la si voglia chiamare,
morire su richiesta apre la porta a importanti riflessioni etiche. Nel nostro paese, così come nel Regno Unito, niente di tutto questo è permesso: è illegale togliere la vita a un`altra persona anche se lo ha scelto. Eppure, anche su questo punto è possibile riuscire a trovare scorciatoie, L`ostacolo
si aggira con un assegno e un biglietto solo andata per Zurigo. E` così infatti che si diventa
un turista della morte. A scegliere quest`ultima destinazione sarebbero già stati probabilmente
più di una quindicina di nostri connazionali. E altri 8 ora starebbero aspettando in lista di attesa. Il numero preciso lo sa solo Dignitas, l`associazione svizzera che si offre di accompagnare i pazienti verso quella che viene definita «un`estrema uscita d`emergenza». E` dal 1998 che questa
organizzazione offre un servizio di suicidio assistito al costo di 3.500 curo, oltre a una tassa d`iscrizione di circa 72 curo e una quota annuale di 36 euro. Tanto costa il servizio completo:
un letto, una pillola anti-vomito, un bicchiere d`acqua con 15 grammi di una sostanza letale con un po` di zucchero. La «dolce morte» dura qualche minuto, poi il medico al capezzale dichiara ufficialmente la fine. I nostri connazionali che hanno scelto questo percorso arrivano adestinazione
soli. E` una delle prime cose che imparano da Exit-Italia (Associazione italiana per il diritto a una morte dignitosa),che offre informazioni sul servizio. «L`accompagnatore rischia dai 6 ai 12 anni di galera», precisa Emilio Coveri, fondatore e presidente di Exit-Italia che ormai conta 1520 iscritti.
«Diamo materiale infornativo - aggiunge - e offriamo la possibilità di redigere il proprio testamento biologico. Ogni settimana riceviamo dalle 20 alle 30 telefonate». In pratica, Exit-Italia fa da ponte con Dignatas. Prima di entrare nelle liste d`attesa un`apposita Commissione nazionale elvetica esamina caso per caso. «Per essere accettati - spiega Coveri - è necessario essere affetti da una condizione clinica debilitante irreversibile». Una volta ottenuto il lascia passare si può partire per l`ultimo viaggio. Finora la scelta è stata fatta da 1.046 persone provenienti da tutto il mondo.
Un numero destinato a crescere,visto che Dignitas riceve ogni anno più di 1.800 richieste.

giovedì 18 febbraio 2010

Eutanasia, Viale: Gosling, un grande gesto di amore e di altruismo, solidarietà incondizionata.

da radicali.it
Eutanasia, Viale: Gosling, un grande gesto di amore e di altruismo, solidarietà incondizionata.

17 febbraio 2010

Silvio Viale, medico, dirigente radicale e di Exit-Italia, interviene per esprimere solidarietà a Ray Gosling che è stato arrestato in Gran Bretagna per avere confessato di avere aiutato il proprio compagno a morire.

Silvio Viale ha dichiarato:

“Quello di Ray Gosling, comunque, è un grande gesto di amore e di altruismo. Un gesto di amore perché ha esaudito nell’unico modo che gli era possibile la richiesta di suicidio assistito del proprio compagno sofferente e in fase terminale. L’ipocrisia dei dì falsi difensori della vita potrà disquisire sulla dimostrazione del consenso, come hanno fatto per Eluana, ma questo non cambia la sostanza. La confessione di Ray Gosling, un volto molto noto in Gran Bretagna, assume il significato di un grande gesto di altruismo, proprio perché poteva non renderlo noto. Un grande gesto di altruismo che squarcia quel velo di ipocrisia che avvolge i temi di fine vita, dal testamento biologico all’eutanasia volontaria. La Gran Bretagna, come l’Italia, è un paese ove i cittadini non hanno quei diritti e quelle garanzie che hanno in Olanda, Belgio, Lussemburgo e Svizzera e casi come quelli di Ray Cosling e di Eluana Englaro servono a smuovere le coscienze e a stimolare il legislatore. Anche se la magistratura britannica ha aperto la via alla depenalizzazione del “mercy killing” Ray Golsling sapeva che sarebbe andato in galera e che avrebbe dovuto affrontare un processo. A maggior ragione a lui va la nostra incondizionata solidarietà.”

mercoledì 17 febbraio 2010

Eutanasia: stralcio dalla trasmissione "Vanguard Human Rights" di Current Tv con Paolo Ravasin

Eutanasia: stralcio dalla trasmissione "Vanguard Human Rights" di Current Tv con Paolo Ravasin

"Dico no all'alimentazione artificiale. No all'accanimento terapeutico. Ci penso tutti i giorni, sarei felice d'incontrare un medico che mi togliesse il tubo, che mi facesse l'iniezione per addormentarmi e togliermi il tubo. Ma io non conosco nessun dottore che lo possa fare. Amici e fratelli non trovano il coraggio". Paolo Ravasin, 48 anni, malato di Sla, davanti alle telecamere Vanguard di Current, aggiunge un ulteriore appello al suo testamento biologico che ha affidato al web, col sostegno del sito lucacoscioni.it e radioradicale.it

sabato 13 febbraio 2010

Eluana, Viale: Berlusconi non ebbe il fegato di andare da Eluana. Referendum sul testamento biologico

da radicali.it
Eluana, Viale: Berlusconi non ebbe il fegato di andare da Eluana. Referendum sul testamento biologico.

Certo è più comodo parlare senza vedere. Berlusconi dimostrò di non avere il fegato di andare da Eluana a Lecco o a Udine. E neppure lo ebbe Sacconi. E' una vergogna che peserà per sempre su di loro.

10 febbraio 2010

Questo il secco commento di Silvio Viale, medico, dirigente dell'Associazione Luca Coscioni e di Exit-Italia alle parole del Presidente del Consiglio che dice di "provare dolore per non avere evitato la morte di Eluana".


Silvio Viale ha dichiarato:
"Berlusconi parla di una perona che non ha mai visto e di cui non ha voluto verificarne di persona le condizioni. In quei giorni, ben prima del padre di Eluana, avevo invitato lui e Sacconi ad andare a Udine, e prima ancora a Lecco, ma nesuno dei due volle mettersi alla prova. Berlusconi preferì farsi suggestionare da Eugenia Roccella e di approfittare del caso per tentare un colpo di mano con il Presidente della REpubblica. Se avesse avuto davvero a cuore le sorti di Eluana, se avesse davvero voluto "salvarla " come dice, avrebbe potuto muoversi ben prima e soprattutto avrebbe potuto contare sull'effetto mediatico di una visita. Al contrario non lo fece perchè sapeva che la vista di Eluana avrebbe demolito ogni ragionevole dubbio verso un estremo gesto di pietà e di rispetto della persona che Eluana era stata e non era più. Quel gesto di vigliaccheria del Premier è destinato a rimanere come un macchia indelebile sulla propria coscienza. Ben diverso è pietoso rispetto con cui la famiglia Englaro ha difeso l'immagine e la memoria della figlia fissata per sempre alle foto dei suoi anni più belli e di vita di 17 anni prima. Nell'anniversario della scomparsa di Eluana sfido il Presidente del Consiglio a favorire un referendum popolare sul testamento biologico."


(Silvio Viale 339.3257406)

Quando la scienza viene ignorata. Eluana e i cavalieri del miracolo

l’Unità 13.2.10
Quando la scienza viene ignorata. Eluana e i cavalieri del miracolo
Maurizio Mori

Al tempo della rivoluzione astronomica erano gli aristotelici che si rifiutavano di guardare nel cannocchiale di Galileo. Oggi, al tempo della rivoluzione bioetica, sono i vitalisti che si rifiutano di considerare i risultati dell’autopsia di Eluana, che ha confermato la distruzione dei centri nervosi necessari per provare dolore. Infatti, il direttore di Avvenire (9 febbraio, prima pagina) continua a scrivere della «dolorosissima morte di Eluana Englaro “per disidratazione”, cioè per sete – così ha certificato l’autopsia» – dove l’ultima clausola prova la faziosità nel dare informazione.
Un tempo i cattolici aristotelici dicevano chiaramente che la scienza era una diavoleria, oggi i cattolici vitalisti preferiscono farle un omaggio formale, per poi usare la retorica per riproporre la sana semplicità del vitalismo prescientifico contrapponendola ai «digrignanti sofismi» di chi dubita o nega le cose «così chiare» che sono «dentro di noi e nelle comunità di cui facciamo parte». Proprio come con Galileo, accusato di fare astrusi ragionamenti per negare il fatto più semplice del mondo: che il Sole gira intorno alla Terra! Proprio non cambia nulla ...
Più specificamente si afferma che «amare la vita umana, difenderla, sostenerla e comunque e sempre accoglierla e rispettarla è la cosa più semplice di questo mondo. E viene naturale». Parole che sembrano piane e condivisibili ma che in realtà sono fuorvianti, perché la scienza ha scomposto la “vita umana” cosicché chi è in Stato Vegetativo Permanente non tornerà mai più tra noi. Riproporre l’irenica semplicità del passato ora che le condizioni sono radicalmente mutate diventa un inaccettabile semplicismo che può avere effetti malvagi, perché si bolla subito come debole (o depravato) chi non riesce o non vuole fare la cosa che dapprima è presentata come la cosa che «viene naturale» e poi diventa però una «durissima prova», la quale è sopportata dalle famiglie coraggiose che capiscono che «l’amore aiuta i “miracoli”».
Ma insistere sul “miracolo” nel caso del Vegetativo Permanente è spargere illusioni e false speranze in impossibili ritorni. Dire poi che ora le macchine di Liegi trovano «la vita (spirituale o personale) anche nei “vegetativi”» è una forma di materialismo radicale che mostra i paralogismi cui porta il continuare a sostenere l’ormai obsoleto vitalismo.
È vero che i vitalisti sono ancora molti nonostante la dottrina sia ormai obsoleta. Le grandi svolte storiche richiedono tempo: la Chiesa ha impiegato 400 anni per riconoscere di aver sbagliato con Galileo. E molta gente continua a credere agli oroscopi, ai riti vodoo, alle nascite verginali e a tanti altri miti dipendenti da visioni obsolete. «È più facile spezzare l’atomo che un pregiudizio!».

mercoledì 10 febbraio 2010

"Ma il testo in discussione è contro la Costituzione"

La Repubblica 10.2.10
Veronesi: così si impone l´alimentazione forzata
"Ma il testo in discussione è contro la Costituzione"
di Carlo Brambilla

Dopo tutto quello che è successo, in questi ultimi mesi migliaia di persone hanno capito il significato del testamento biologico

MILANO - «Penso che Beppino Englaro abbia dato al Paese una grande lezione di civiltà. Invece di risolvere il suo dramma nell´ombra ha scelto di portarlo nell´agorà, sapendo di esporsi così alle accuse, anche infamanti, di chi non la pensa come lui. Per questo ho deciso, un anno dopo, di dare la mia adesione al Comitato scientifico dell´associazione "Per Eluana" (www. pereluana. it)». Umberto Veronesi è tra i nomi prestigiosi che hanno aderito alla neonata associazione presieduta da Beppino Englaro, con lo scopo di tutelare il diritto individuale a una scelta libera e consapevole sull´accettazione dei trattamenti sanitari.
Professor Veronesi, un anno fa moriva Eluana. La discussione sulla fine della vita e su chi deve decidere, per che cosa, è entrata ormai in tutte le famiglie.
«Quando in Senato è giunta la notizia della fine della tragedia di Eluana ho sentito il dovere morale di esprimere pubblicamente il mio sostegno alla battaglia di Beppino Englaro per il rispetto della libera volontà di sua figlia. Tutta questa vicenda è servita a far nascere una nuova consapevolezza. Sono migliaia le persone che hanno capito il significato del testamento biologico, lo hanno scaricato da internet e lo hanno consegnato a loro persone di fiducia. E altri continuano a farlo».
Cosa pensa della proposta attuale di regolamentazione dell´espressione delle volontà anticipate, cioè di testamento biologico?
«Penso che se fosse approvata peggiorerebbe la situazione. Perché in pratica, imponendo l´alimentazione e idratazione forzata, vieterebbe a tutti i cittadini di dire lucidamente "no" alla vita artificiale, come era lo stato vegetativo permanente di Eluana. Sarebbe una legge anticostituzionale perché tradirebbe il principio della libertà dei cittadini di poter rifiutare qualsiasi trattamento».

martedì 9 febbraio 2010

La situazione. Un anno fa moriva Eluana Englaro. Ancora speculazioni e demagogie

da radicali.it
La situazione. Un anno fa moriva Eluana Englaro. Ancora speculazioni e demagogie

di Valter Vecellio

Per una elementare regola di educazione, e anche per non incorrere in una possibile querela ci si astiene dal qualificare – come pure sarebbe giusto e necessario – le affermazioni che esponenti del centro-destra hanno ritenuto di fare a un anno dalla morte di Eluana Englaro. Del resto, sono da una parte incommentabili; dall’altra si commentano da sole.



La sottosegretaria alla Salute Eugenia Roccella che ogni giorno scaglia i suoi fulmini contro qualcuno o qualcosa – recentemente ha trovato da ridire anche su una storia di Dylan Dog – dice che “nel corso dei mesi in cui ci siamo accostati alla sua storia, il nostro rapporto con Eluana è diventato affettuoso e familiare. Insieme con chi, nel mondo politico, a partire dal presidente del Consiglio, ha seguito la vicenda, la ricordano tutti coloro che hanno sperato e lottato perché non si mettesse fine alla sua esistenza”. Il presidente del Consiglio, sia detto per inciso, è lo stesso che se ne uscì dicendo che Eluana poteva anche restare incinta e partorire.



Non ha voluto rinunciare a dire la sua il presidente dei senatori del PdL Maurizio Gasparri: “A un anno di tragedia e di cinismo in cui fu spenta la vita di Eluana, la celebrazione della giornata della vita ci impegna a contrastare ovunque la cultura della morte, contro l’eutanasia, la banalizzazione dell’aborto con l’abuso di veleni chimici. Auspichiamo il varo di una buona legge sul fine vita, ci opporremo in ogni sede anche giudiziaria all’uso contra legem della RU 486, facciamo delle questioni etiche il banco di prova prioritario per il PdL”. Ed ha parlato anche il vice-presidente dei senatori del PdL Gaetano Quagliariello, lo stesso che – ricorderete – un anno fa si mise a strillare come un ossesso in Senato che Eluana era stata assassinata e scandì la parola “assassini” rivolto ai banchi del centro-sinistra. Questo per ricordare che in quanto a campagne d’odio, c’è chi sa il fatto suo. Per Quagliariello occorre fare una legge sul testamento biologico lasciando fermi i capisaldi che sono stati fissati al Senato, per esempio il divieto di sospendere idratazione e alimentazione artificiali perché non vengono considerate terapie. E quelli che il senatore Quagliariello chiama capisaldi sono né più né meno che l’annullamento di quanto prescrive la Costituzione e la nessuna presa in considerazione della volontà del paziente.



Una notizia positiva viene da Firenze. La giunta comunale ha approvato all’unanimità la delibera che attiva e stabilisce le modalità operative per l’attivazione del registro dei testamenti biologici. La novità è che il servizio verrà erogato in forma gratuita.



C’è un sondaggio i cui risultati sono inequivocabili. E’ uno studio di Observa, l’Osservatorio di Scienza e Società. In caso di grave malattia senza speranza di guarigione e perdita di coscienza del soggetto il 51 per cento degli interpellati ritiene che spetti a ciascun individuo dare indicazioni preventive sulle proprie cure. Il 31 per cento ritiene che spetti al parente prossimo; il 13 per cento al personale medico. Quel 51 per cento che ritiene che spetti alla volontà dell’individuo decidere dice anche che tra le cose che una persona può indicare nel suo testamento biologico, c’è anche il non ricevere alimentazione e idratazione artificiale. Da questo come da altre ricerche e indagini, si ricava che la maggioranza degli italiani è favorevole alla libertà di scelta. Del resto, già nel 2006 un sondaggio EURISPES, a proposito dell’eutanasia ha rivelato che il 38 per cento dei cattolici praticanti e il 69 per cento dei laici era favorevole; e un sondaggio IPSOS del 2007 rilevava che il 74 per cento dei cattolici praticanti ritiene che la voce della Chiesa vada ascoltata, ma che alla fine “decide la coscienza individuale”. E questo nonostante che di queste cose nelle televisioni e sui giornali se ne parli poco e male. Questa la situazione, questi i fatti.

"Aiutai Eluana a morire da allora la mia vita non è più la stessa"

La Repubblica 9.2.10
"Aiutai Eluana a morire da allora la mia vita non è più la stessa"
Il medico De Monte: sotto scorta per mesi
di Piero Colaprico

Ho lasciato passare l´onda del lutto, poi mi sono scese le lacrime Il libro l´ho scritto per raccogliere le emozioni

MILANO - Un anno fa c´era alla clinica La Quiete un medico robusto, con il camice slacciato, gli occhi arrossati, in una sorta di "corazza" professionale. Oggi Amato De Monte, anestesista, primario, l´uomo che osservò Eluana spegnersi e ne avvisò il padre è - come successo a non poche persone dopo quella tragedia personale e collettiva - un uomo cambiato.
Professore, c´è una domanda che s´impone: quali contraccolpi ha avuto dalla storia di Eluana?
«Pensavo che nella fase acuta, del tritacarne tra politica e telegiornali, avessi quasi quasi dominato la situazione meglio di quanto pensassi. Invece allora ero sotto stress e dovevo essere presente, reagivo. Le cose più pesanti sono venute fuori dopo».
Non si riferisce solo all´inchiesta...
«No, anche se quando sono partite le denunce di omicidio, sono rimasto di stucco. È stata anche brutta da sopportare la consegna del silenzio, in modo da essere rispettosi dell´indagine. Terribile poi non poter ribattere al "battage" sul fine vita, a libri e articoli con cose inventate di sana pianta. E che dire della scorta?».
Due mesi di scorta per timore di qualche pazzo...
«Queste difficoltà mi hanno un po´ minato. A uno come me non andava proprio giù di essere accusato e indagato per aver fatto una cosa che era "passata in cassazione". Solo in Italia sembrava non aver valore. Tutto alla fine passa, ma è che mi è successo quello che annunciava Borasio».
Il professore Borasio, milanese, cattolico, palliativista, e consulente della Chiesa tedesca sul "testamento biologico", che oltre le Alpi approvano.
«Già, da collega mi aveva avvertito. Ti arriverà l´onda del lutto, lasciala passare. Io pensavo di non essere toccato, non è mia parente, mi dicevo. E noi medici, un po´ come alcuni di voi giornalisti, ne vediamo da vicino di cose terribili. Invece un giorno mi sono scese le lacrime, copiose».
Come se l´è spiegato?
«Per me, ora come allora, Eluana è morta diciassette anni prima, per l´incidente d´auto. Non sottovaluto il condizionamento mediatico. Anzi, faccio fatica a dire che Eluana non sia la persona virtuale di cui si vedono le foto dovunque, ma è quel povero essere... Quante menzogne sono state diffuse sulla sua salute, io lo so bene, eppure "vedo" l´Eluana delle foto».
Lei è cambiato come medico?
«Sì, certo. Prima con le persone ero più controllato, più riflessivo. Ora mi viene più facile parlare con i parenti, mi è più facile trovare le parole per ricordare che la morte è l´unica cosa certa che abbiamo nella nostra vita».
E sulla vita e la morte? Ha trattato Eluana come doveva o...?
«Il mio punto di vista medico non è cambiato, ero e resto sicuro che in quella stanza ho assistito a un processo di morte naturale. Non occorre essere anestesisti o grandi specialisti per capirlo. Lo spegnersi Eluana per la sospensione della nutrizione e dell´alimentazione è molto simile alla morte a casa sua dell´anziano, che non si alza dal letto, a cui si affievoliscono funzioni vitali. È che prima non me ne occupavo, lavoravo molto nella terapia intensiva. Adesso mi sono accorto che anche accompagnare alla morte una persona, senza farle perdere dignità, è importante».
Non ha tenuto un diario?
«Avevo preso degli appunti. E sa la cosa strana? Con mia moglie, che è stata anche la mia capoinfermiera (Cinzia Gori, ndr) un po´ evitavamo di parlare delle nostre sensazioni, dei vari episodi, forse per non stare a rivangare. Ma poi scopro che anche lei ha preso appunti. Ci siamo detti delle cose che entrambi abbiamo vissuto. "Ma perché non me l´hai detto subito?", ci siamo chiesti, ma non esistono risposte in un episodio come questo, che non è passato liscio sulle nostre vite».
Fatene un libro più serio degli altri che contestate, o no?
«Sì, uscirà tra un paio di mesi. Esiste un prima e un dopo Eluana, descrivere per onore di documentazione e raccogliere le nostre emozioni ci serve».

Un anno dopo mi batto ancora in nome di Eluana

La Repubblica 9.2.10
Un anno dopo mi batto ancora in nome di Eluana
di Beppino Englaro

Caro direttore, un anno è passato dalla «fine di un incubo». Era un incubo nostro, degli Englaro, perché avevamo un componente della famiglia in balìa di mani altrui, contro la sua volontà. Ma credo che questo incubo familiare sia entrato in molte case. Incontro sempre più persone che vogliono stringermi la mano, salutarmi e dirmi grazie. Penso che questa gente abbia capito il senso dei diritti individuali di libertà delle persone. Sono convinto che molti si siano resi conto del prezzo che abbiamo pagato.
C´è una questione che viene sempre capovolta. Mi sento dire: «Mai più Eluane». E cioè, mai più contro la sacralità della vita e la sua indisponibilità. Ma, secondo me, è l´esatto contrario. E cioè, nessuno deve avere il potere di disporre di un´altra vita com´è avvenuto per Eluana. Il miglior modo di tutelare la vita in tutte le situazioni è affidarne le decisioni a chi la vive. Sia a chi è in condizioni di intendere e volere, sia a chi non è più capace, ma ha spiegato che cosa avrebbe voluto per sé. Che cosa mi diceva Eluana? «La morte l´accetto, fa parte della vita, ma che altri mi possano ridurre a una condizione di non-morte e di non-vita, no, questo non l´accetto». C´è chi la pensa in maniera diversa, e lo so bene. Ma so bene anche che mentre Eluana moriva, il Parlamento aveva organizzato una corsa per approvare una norma che annullasse quello che aveva stabilito la corte di Cassazione.
C´era un giudicato e c´erano dei politici che volevano sovvertirlo. C´era una nostra lunga e dolorosa battaglia, e c´era chi voleva farne carta straccia. Sembrava che quella legge fosse indispensabile per gli italiani. Che fosse fondamentale per la salvaguardia ideologica di alcuni partiti. Adesso io vorrei dire: è passato un anno, e la legge non c´è. Come mai? A che punto è? Tutta quella forza d´urto lanciata mentre una ragazza moriva dov´è finita?
Vedo che non hanno capito niente: i politici ne fanno una questione di conflitto di poteri, di chi decide che cosa. Dimenticano che la corte costituzionale s´è già espressa, avallando l´operato della magistratura di fronte a un cittadino che s´era rivolto a loro per il riconoscimento di un suo diritto. E se questi politici leggono bene la sentenza del 16 ottobre 2007, capiscono che è perfettamente allineata ai principi della nostra Costituzione.
Se i politici vogliono riappropriarsi, come del resto a loro spetta, del diritto "dell´ultima parola" su temi eticamente controversi, devono tenere conto di quello che è accaduto sinora. E come diceva Pulitzer, «un´opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema». I sondaggi ci sono, dicono che il mio è il sentire comune. E invece questa legge, così come viene formulata, non tiene e non terrà. E poi come non considerare che anche la terza carica dello Stato si è espressa sul tema, mettendo in guardia il legislatore da autoritarismi da stato etico?
I cittadini, come era esasperatamente cittadina Eluana, vogliono essere messi in condizione di assumersi le loro responsabilità. E non essere trattati come se non fossero responsabili delle loro scelte di coscienza. Un anno dopo la morte di Eluana, io voglio semplicemente separare la tragedia privata di aver perso una figlia dalla violenza terapeutica. Non credo che la medicina giusta sia quella che offre una «vita senza limiti». Eluana un anno dopo è come un anno fa, o diciotto anni fa: un simbolo pulito della libertà individuale. Ed è nel mio cuore costantemente.

Il caso Eluana tra scienza e ideologia

l’Unità 9.2.10
I dati di una ricerca e l’Avvenire
Il caso Eluana tra scienza e ideologia
di Carlo Albero Defanti

Domenica 7 febbraio, commentando su Avvenire l’articolo di Martin M. Monti e collaboratori apparso sul New England Journal of Medicine, nel quale si descrivono i risultati di uno studio condotto dai due principali centri attivi nella ricerca sul coma (Oxford e Liegi) su una serie di pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza, Assuntina Morresi sottolinea il fatto, certamente importante, che in questo studio è stato dimostrato che in 2 pazienti (su 23) diagnosticati in stato vegetativo sono state rilevate, con tecniche sofisticate, risposte di aree corticali che suggeriscono la persistenza di funzioni cognitive. Il dato era già noto dopo lo studio di Owen del 2006 (su un caso singolo, studiato 5 mesi dopo il trauma); la novità è che le risposte rilevate sembrano comportare una componente di volontà e che i due casi avevano una durata di malattia maggiore (inferiore comunque ai 30 mesi). Morresi ne trae la conclusione che tutti gli stati vegetativi sono «persone vive» e sono in grado potenzialmente di comunicare con noi. Non solo, ma si chiede che cosa sarebbe accaduto se Eluana Englaro fosse stata sottoposta a queste indagini.
In realtà la conclusione generale di Morresi non è affatto giustificata e la sua illazione tendenziosa riguardante Eluana non tiene conto né della sua lunghissima fase di malattia (pari a 17 anni), né dei risultati dell’esame neuropatologico, che è stato condotto in maniera estremamente scrupolosa ed è stato molto chiaro sia sulla coerenza con la diagnosi di stato vegetativo permanente sia sull’irreversibilità delle lesioni.
Quel che è certo è che negli ultimi anni si è aperta una nuova era nel campo degli studi sui disturbi di coscienza e che le nuove metodiche promettono di cambiare profondamente il nostro sapere in materia. Come suggerisce Alan Ropper nell’editoriale che, sul New England Journal of medicine accompagna l’articolo di Monti, è presto però per trarre da questo studio conclusioni circa la pratica clinica. E, aggiungo io, è del tutto fuori luogo leggere questo importante contributo scientifico alla luce di un partito preso ideologico. Io spero soprattutto che grazie a queste nuove indagini si possano trarre in un prossimo futuro indicazioni utili per formulare una prognosi più attendibile e un congruo programma di cura.
Carlo Albero Defanti, il neurologo che ha seguito Eluana Englaro, è primario emerito presso l’Ospedale Niguarda di Milano ed è membro della Consulta di Bioetica onlus.

lunedì 8 febbraio 2010

Eluana: continuano le ciniche e volgari speculazioni di sedicenti difensori della vita

da radicali.it
Eluana: continuano le ciniche e volgari speculazioni di sedicenti difensori della vita

di Maria Antonietta Farina Coscioni

A un anno dalla morte di Eluana Englaro, continua il cinico e volgare spettacolo di chi, in nome di una malintesa difesa della vita, in realtà vuole condannare ad agonie e sofferenze senza speranza anche chi chiede dignità e rivendica di poter decidere come e quando porre fine alla propria esistenza.



Costoro, proprio in nome del loro rinnovato cinismo e della strumentalità che li caratterizza, non meritano risposta o replica. Gli italiani, come tutti i sondaggi demoscopici unanimi certificano, hanno detto in modo inequivocabile e netto con chi sono in sintonia, se con Beppino Englaro, Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, i radicali, o con questi penosi epigoni degli zuavi pontifici.



Qui e ora sia sufficiente ricordare (e riconoscersi) nelle parole caritatevoli e misericordiose di persone di fede, non a caso silenziate. Monsignor Giuseppe Casale, vescovo emerito di Foggia: «Non si è voluto dare la morte ad Eluana, si è soltanto posto fine al suo calvario e questo è un atto di misericordia, non un assassinio…parlare di omicidio è un’accusa gratuita, volgare e ingiusta. Non si è voluto dare la morte a questa giovane, L’alimentazione e l’idratazione artificiali sono assimilabili a trattamenti medici. E se una cura non porta a nessun beneficio, può essere legittimamente interrotta, questo non è omicidio».



Arcivescovo Giancarlo Maria Bragantini, già impegnatissimo nella denuncia della 'ndrangheta quand’era a Locri, e spedito, contro la sua volontà, a guidare l’arcidiocesi di Campobasso: «Sono vicino a Peppino Englaro, che invece di ricorrere a sotterfugi è sempre stato corretto e ha creduto nella giustizia. Bisogna apprezzare la sua rettitudine… È stato grande nell’aver voluto una soluzione legale senza mai cercare scorciatoie sotto banco… Avremmo dovuto camminare più insieme alla famiglia Englaro, accompagnarla di più in questi anni…».

mercoledì 3 febbraio 2010

Dopo Englaro quanto tempo è stato perso

Dopo Englaro quanto tempo è stato perso

Il gazzettino del 3 febbraio 2010

Francesco Paolo Casavola

E passato un anno dalla fine di Eluana Englaro. La emozione che allora tutti ci coinvolse, quale che fosse la scelta reclamata, della vita ad oltranza o della sua cessazione, sembra rimossa. La memoria di quei giorni doveva essere custodita dal Parlamento, cui si demandava il compito di preparare una legge sul fine vita. Un testo apprestato, sulla base di una decina di proposte, dal Senato, è fermo alla Camera, che dovrebbe correggerlo e restituirlo al primo ramo, da cui dovrà riprendere un secondo
percorso. Il clima di contesa tra poteri, che colorò la sentenza dei giudici come un atto di usurpazione di prerogative legislative, fino a produrre un conflitto di attribuzione tra Parlamento
e magistratura dinanzi alla Corte costituzionale, parve sollecitare la via di una legge. La attendiamo e la auspichiamo ancora, più che mai. In primo luogo, perché vicende dolorose di vite protratte o di morti differite sono assai più numerose di quante non rivelino le cronache, e destinate a moltiplicarsi in ragione dei progressi della bíomedícina e dell`uso dei suoi ritrovati. In secondo luogo, perché la società non è attraversata e guidata da persuasioni univoche dinanzi al rispetto della vita e della morte. Da un lato è in discussione la competenza e la decisione del medico, dall`altro il desiderio del pazíente-e dei familiari. Sul primo versante si teme o l`abbandono o l`accanimento terapeutico, sul secondo la richiesta eutanasica, motivata dalla insopportabilità della sofferenza direttamente patita o
indirettamente osservata. Va da sé che una nuova legge non potrebbe mai allinearsi a quegli ordinamenti che prevedono il diritto a morire, perché è per noi inderogabile il principio della salvaguardia della vita. Ma il secondo comma dell`articolo 32, della nostra Costituzione vieta che si sottoponga una persona ad un trattamento sanitario contro la propria volontà. Occorre intendere bene in quale spazio opera il principio di autodeterminazione. Non certo fino al punto di consentire il suicidio. Ma sì, invece, nel rifiutare trattamenti, invasivi delle corporeità, e dunque di quella sfera della persona, dai confini, dì per sé inviolabili. Fanno problema quei trattamenti considerati non unanimemente sostegno vitale e non terapeutici, come l`idratazione e l`alimentazione forzata. Se dal
cosiddetto testamento biologico fosse bandita la disposizione di rifiuto di tali sostegni vitali, a
molti apparirebbe violato il principio costituzionale di autodeterminazione. Questo è il punto morto cui sembra essersi fermato il dibattito parlamentare. Per superarlo occorre aprirsi due vie. La prima è quella di eliminare ogni condizionamento della volontà del malato terminale.
Bisogna liberarlo dal terrore della morte lenta.
La medicina palliativa, da noi finora trascurata, deve poter investire tutte le sue risorse, farmacologiche e psicoterapiche. La seconda è di cercare una convergenza tra scienza medica e bioetica su che cosa sia vita degna della persona umana, e su che cosa sia invece illusione tecnologica. Anziché volere lo scontro tra laici e cattolici, si provi a risolvere le contraddizioni all`interno di argomenti razionali, che scienze della vita e filosofie della vita contengono nella giusta e sufficiente misura.

Torino, lunedì 8 febbraio 2010, ore 17,30: veglia con fiaccole sotto il Municipio ad un anno dalla morte di Eluana Englaro

Torino, lunedì 8 febbraio 2010, ore 17,30: veglia con fiaccole sotto il Municipio ad un anno dalla morte di Eluana Englaro

8 febbraio 2010

Il 9 febbraio 2009 moriva Eluana Englaro. Nei giorni precedenti il governo Berlusconi tentò di far passare un decreto-legge per bloccare l’équipe di medici che, nella clinica di Udine, stavano semplicemente dando attuazione alle sentenze dei tribunali della Repubblica, frutto dell’impegno civile di Beppino Englaro, durato oltre dieci anni.

Il tentativo del governo fu sventato sia per le chiare prese di posizione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, sia per la grande mobilitazione popolare: sabato 7 febbraio 2009, oltre duemila cittadini torinesi si ritrovarono a manifestare sotto la Prefettura, rispondendo all’appello dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta, lanciato solamente venti ore prima e diffuso dal tam tam telematico, a “mouse battente”.



Lunedì 8 febbraio 2010, dalle ore 17:30 alle ore 19:30, l’Associazione Radicale Adelaide Aglietta e la Cellula Coscioni di Torino invitano i cittadini torinesi a ritrovarsi sotto il Municipio di Torino (Piazza Palazzo di Città) per una veglia con fiaccole per ricordare Eluana Englaro e per richiedere l’istituzione del registro comunale dei testamenti biologici; le due associazioni radicali hanno depositato sei mesi fa ben 2.733 firme di cittadini a sostegno di tale richiesta.



Silvio Viale e Giulio Manfredi (Lista Bonino/Pannella) hanno dichiarato:



Lanciamo un appello ai cittadini affinché, come un anno fa, scendano in piazza per manifestare la loro vicinanza a Beppino Englaro (solo recentemente è stata archiviata l’indagine aperta dalla Procura di Udine dopo la morte di Eluana) e la loro determinazione di vedere istituito in Comune il registro dei testamenti biologici. Sarà anche un bel modo per ribadire un NO radicale al disegno di legge del governo, in discussione in questi giorni presso la Commissione Affari Sociali della Camera, che nega al cittadino qualsiasi decisione sulle scelte di fine vita … e hanno la faccia tosta di definirsi “Popolo delle Libertà”!



Saranno presenti alla veglia di lunedì, tra gli altri, Bruno Mellano (presidente di Radicali Italiani), Igor Boni (segretario Associazione Aglietta) e Alessandro Frezzato (presidente Cellula Coscioni di Torino).

Testamento biologico, Farina Coscioni: governo e maggioranza prigionieri e ostaggi, ancora una volta, della Lega. Laici del centro-destra: se non ci s

da radicali.it
Testamento biologico, Farina Coscioni: governo e maggioranza prigionieri e ostaggi, ancora una volta, della Lega. Laici del centro-destra: se non ci si dissocia ora, quando?

2 febbraio 2010

Sono già due sedute – e altre se ne annunciano – che la discussione sul testamento biologico e il fine vita in commissione Affari sociali della Camera è di fatto paralizzata da un inaccettabile e pretestuoso emendamento dei parlamentari della Lega Nord, emendamento che di fatto vanifica ogni dichiarazione che può rendere il malato, anche quando questa viene resa in modo inequivocabile. Una linea che vede, al solito, consenziente, la sottosegretaria Eugenia Roccella. Insomma, si afferma e conferma una linea che confligge con la Costituzione, il buon senso e il senso buono, in omaggio a logiche clerical-oltranziste che larghissima parte dello stesso mondo cattolico rigetta e respinge. A questo punto, lo si dica almeno con chiarezza: la Lega si offre e opera come braccio armato dei voleri delle gerarchie vaticane, e il Governo e la maggioranza, supini, per supposte opportunità elettorali e pavidità, si adeguano, prigionieri e ostaggi. Ai laici del centro-destra, una sola domanda: se non ci si dissocia ora da queste assurde e odiose logiche, quando?”

Dichiarazione di Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni

martedì 2 febbraio 2010

La coscienza dei medici i diritti delle donne. Gli ospedali nelle mani degli obiettori

l’Unità 2.2.10
La coscienza dei medici i diritti delle donne. Gli ospedali nelle mani degli obiettori
Mario Riccio

Anche gli infermieri italiani criticano duramente il ddl Calabrò, al punto di appellarsi alla “clausola di coscienza” prevista dal loro Codice deontologico pur di non applicare i precetti più contrari alla normale pratica sanitaria. Questa soluzione mi sollecita a riflettere sulla compatibilità tra l’esigenza di garantire alcune forme di obiezione di coscienza e l’efficiente erogazione della prestazione al cittadino. Sembra infatti diffusa l’idea che l’obiezione di coscienza del sanitario possa limitare l’erogazione del servizio: tesi non vera. Per capirlo, esaminiamo le problematiche che riguardano l’interruzione di gravidanza: la metodica cosiddetta chirurgica. Per via dell’elevato numero di obiettori sembra che in molte realtà ospedaliere i tempi di attesa per effettuare una interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) siano talmente lunghi da rischiare che venga superato il termine massimo delle 12 settimane di gestazione. Addirittura vi sono ospedali che sostengono di non poter erogare la prestazione per l’assoluta mancanza di personale sanitario non obiettore. Non sono in grado di valutare se in questo caso sia violato il diritto costituzionale alla tutela della salute. Una ordinaria prestazione sanitaria – come l’Ivg – non viene erogata laddove risiede il cittadino che ne fa richiesta. Costringendo pertanto, nella fattispecie, la donna ad un umiliante peregrinare alla ricerca della struttura accettante più vicina. In verità gli ospedali, al fine di ridurre le liste di attesa, sono autorizzati – qualora non obbligati – ad attuare quanto stabilito nei decreti Bindi del 1999. Ovvero a richiedere ai propri dipendenti prestazioni aggiuntive di tipo libero professionale, al di fuori dell’orario contrattuale e remunerate a parte. Si intende che il costo di dette prestazioni è a carico del Sistema sanitario nazionale e non certo dell’utente. Pertanto ogni ospedale potrebbe facilmente ridurre, se addirittura non azzerare, il tempo di attesa per l’Ivg incentivando il personale non obiettore con richieste di sedute aggiuntive. Un ospedale può anche richiedere personale proveniente da altra struttura ospedaliera qualora la richiesta vada inevasa al proprio interno. Inoltre così procedendo, nessuna struttura ospedaliera si troverebbe a dover rifiutare una prestazione sanitaria – l’Ivg o altre – che oltretutto molto spesso riveste carattere d’urgenza, per i suddetti limiti temporali imposti dalla legge. Tale sistema incentivante è già oggi largamente praticato, per altre prestazioni – per lo più chirurgiche – derivanti dalla presenza di operatori di eccellenza per un determinato intervento. Potrebbe essere applicato per risolvere l’umiliante e talvolta tragica condizione delle donne costrette a mendicare il proprio diritto a interrompere – in sicurezza e legalità – una gravidanza non voluta.
Mario Riccio è membro della Consulta di Bioetica, Milano