sabato 16 ottobre 2010

Ignazio Marino: «Si riapra la discussione sulla legge 40»

l’Unità 5.10.10
Ignazio Marino: «Si riapra la discussione sulla legge 40»
La scelta degli accademici svedesi riaccende i riflettori sulla norma in vigore nel nostro paese dal 2004 che pone una serie di ostacoli alla possibilità offerta dalla scienza e dalla medicina
di Federica Fantozzi

Merci da Sophie, felicidades da Diego, congratulations da Yuan e Xinwen. Anche dall’Italia: «Grazie Mr. Edwards, se abbiamo ancora una piccola speranza di diventare genitori è solo grazie a lei». Firmato: «Una coppia infertile».
La scelta svedese di premiare lo scienziato inglese Robert Edwards, padre putativo di oltre 4 milioni di
bambini nati grazie alla fecondazione in vetro negli ultimi trent’anni, suscita entusiasmo. Non nel Vaticano. E nel nostro Paese è perplessa parte del mondo cattolico, dall’Associazione Scienza & Vita al sottosegretario Roccella.
Così, l’attribuzione del Premio Nobel riapre il dibattito sulla Legge 40 che regola la fecondazione assistita. Forse, un segno del destino. Nel 1968, quando il progetto partì a Cambridge, si parlò di scandalo e atto contro natura, si predisse un fallimento, si faticò a reperire i finanziamenti. Oggi, lo si definisce all’unanimità progresso.
In Italia la Legge 40, è stata approvata dopo un braccio di ferro politico nel 2004 ed è sopravvissuta a un referendum che vide in prima linea la Cei allora guidata da Ruini. È una delle più controverse e restrittive nel settore. Vieta la fecondazione eterologa, la donazione di ovociti, il ricorso da parte di single e gay. Circa 10mila coppie all’anno hanno scelto il «turismo riproduttivo» rivolgendosi ad accoglienti strutture svizzere, spagnole, belghe, slovacche.
Come previsto da molti medici, la Legge 40 è già stata sconfessata in sede giudiziaria. Nel 2009 la Corte Costituzionale ha bocciato il divieto di crioconservazione dell’embrione e abolito il correlato limite di tre embrioni da impiantare insieme. Norma pericolosa, hanno ritenuto i giudici, per la salute della donna e del feto. Maggiore potere decisionale spetta ai medici, spesso impegnati a seguire gravidanze multiple, a rischio, in età non giovanissima. Irrisolta la cruciale questione della diagnosi preimpianto che consente di individuare malattie genetiche o ereditarie: il divieto è stato bocciato da Tar e tribunali di merito, ma servono nuove linee guida.
Ieri è stato Ignazio Marino, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta su Ssn a riaprire le danze: «Se sono normali i controlli prima di una gravidanza per individuare eventuali malattie, perché in uno Stato laico non dovrebbe essere normale, con lo stesso obiettivo, la diagnosi preimpianto? Interveniamo prima dei tribunali».
La Radicale Donatella Poretti invita «moralisti e bigotti» a riflettere su una scienza che «amplia la libertà di scelta delle persone». E Rita Levi Montalcini plaude a «un premio ben meritato per un lavoro scientifico di fondamentale importanza per il progresso della biomedicina».

mercoledì 13 ottobre 2010

Rinviato alla Consulta il divieto all'eterologa «È discriminatoria»

Rinviato alla Consulta il divieto all'eterologa «È discriminatoria»

Eleonora Martini, Il manifesto, 07 ottobre 2010

Per la quarta volta un tribunale civile italiano solleva dubbi di incostituzionalità sulla legge 40, il baluardo ideologico dei governo Berlusconi che limita nel nostro Paese la procreazione medicalmente assistita (Pma), e la rinvia al giudizio della Consulta. Questa volta la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi, chiamata in causa dal Tribunale di Firenze, sull'articolo 4 che vieta la fecondazione eterologa, dopo che nel 2009 aveva abrogato perché «illegittimo» l'articolo 14 della legge, quello che vietava la crioconservazione degli embrioni, ne limitava a tre la produzione e ne imponeva il contemporaneo impianto nell'utero della donna. È la prima volta che ciò accade: mai prima un giudice ordinario aveva accolto il ricorso di chi giudica «irragionevole e discriminatorio» il divieto per una coppia sterile alla fecondazione eterologa, il tabù per eccellenza della cordata pro-fife che ha permesso nel 2004 l'approvazione della legge 40.
Al foro di Firenze si era rivolta una coppia coniugata, sterile a causa della mancanza di spermatozoi nell'uomo causata da terapie ricevute durante l'adolescenza. «La coppia ha deciso di chiedere aiuto all'Associazione Luca Coscioni - spiega uno dei legali dei ricorrenti, l'avvocata Filomena Gallo, vicepresidente dell'associazione radicale che insieme ad "Amica Cicogna", "Cerco un bimbo" e "Liberi di decidere" si è costituita "ad adiuvandum"' dopo aver appreso del caso dell'Austria che è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo proprio riguardo il divieto di ricorso all'eterologa».
I giudici fiorentini davanti ad una richiesta considerata legittima ma vietata dalla legge, hanno interrotto il processo e rinviato tutto alla Consulta. «Secondo il foro fiorentino - spiega ancora Gallo - il comma 3 dell'articolo 4 delle legge 40 entra in contrasto con gli articoli 8 e 14 della Carta europea dei diritti umani, quelli che tutelano il principio di uguaglianza e il diritto al rispetto della vita familiare. E ha ravvisato un conflitto con la nostra Costituzione, in particolare con gli articoli 2 e 3 (diritti fondamentali e inviolabili dell'uomo, principio di uguaglianza, ndr) e con l'articolo 13 (libertà personali inviolabili, ndr)». Non solo: per il Tribunale di Firenze «c'è un conflitto tra la norma italiana e il diritto comunitario ravvisabile tramite articolo 117 nostra costituzione». «Il Giudice ha rilevato profili di manifesta irragionevolezza del divieto assoluto di Pma eterologa per l'evidente sproporzione mezzi-fini spiega l'altro legale della coppia, l'avvocato Gianni Baldini - e di illegittima intromissione del legislatore in aspetti intimi e personali della vita privata». Sul tavolo dei giudici costituzionali la legge 40 era già arrivata la prima volta nel 2007 su ricorso del Tribunale di Cagliari ma non ci fu alcuna pronuncia per vizi di procedura.
La seconda volta, nell'aprile 2009, la Consulta abrogò l'articolo 14 rispondendo a tre distinte ordinanze: una del Tar del Lazio e due dello stesso Tribunale di Firenze ai quali si erano rivolti rispettivamente il Warm, un centro di medicina riproduttiva, e una coppia di Milano affetta da una malattia genetica incurabile e trasmissibile che chiedeva di poter valutare con il medico il numero di embrioni da produrre e congelare. La terza volta, nel marzo di quest'anno, la Corte dietro ricorso del tribunale civile di Milano ha ribadito quanto già espresso nel 2009, sostenendo l'incostituzionalità degli articoli 14 e 6, aprendo una deroga alla crioconservazione. Ma a ricorrere alla Consulta sono stati anche i pro-life che hanno invano tentato di cancellare le linee guida riscritte dalla ministra Pd Livia Turco dopo che nel 2008 il Tar del Lazio aveva bocciato le precedenti, accogliendo il ricorso di una coppia che chiedeva di accedere alla diagnosi preimpianto.

Eutanasia: e se provassimo a discutere?

l’Unità 13.10.10
Quattro anni dopo Welby
Eutanasia: e se provassimo a discutere?
di Carlo Troilo

Sono passati quattro anni da quando il Presidente Napolitano, rispondendo alla lettera di Pier Giorgio Welby che chiedeva «di poter ottenere l’eutanasia», auspicò su questo tema «un confronto politico nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio». Invece di cogliere questa significativa apertura del Capo dello Stato, noi laici ritenemmo più realistico rinviare a tempi migliori il discorso sull’eutanasia e puntare ad introdurre nella nostra legislazione il testamento biologico. Una scelta sbagliata, visto che dopo quattro anni la Camera dei Deputati si accinge ad approvare una legge in aperta violazione dell’articolo 32 della Costituzione («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario»): in realtà, una vendetta postuma per come si è conclusa la vicenda di Eluana Englaro
Così, l’Italia è il solo Paese del mondo occidentale dove non si può fare un testamento biologico e dove di eutanasia non si può nemmeno parlare, mentre Svizzera, Olanda e Belgio l’hanno legalizzata, la Spagna la introdurrà entro il 2012 e negli altri tre grandi Paesi comparabili con l’Italia (Francia, Germania e Gran Bretagna) se ne discute in tutte le sedi politiche, le Chiese non interferiscono e i giudici assolvono regolarmente quanti aiutano a morire i propri congiunti malati terminali.
Eppure, si tratta di un dramma molto più frequente di quanto si creda. Nel 2004 dopo il suicidio di mio fratello Michele, malato terminale di leucemia resi pubblici i dati dell’Istat secondo cui ogni anno mille malati terminali, non potendo ottenere l’eutanasia, si suicidano nei modi più atroci. E Mario Riccio, il medico di Welby ha spiegato di recente che in Italia si verificano negli ospedali migliaia di casi Welby ed Englaro.
Questa arretratezza in materia di scelte di fine vita, che colloca l’Italia fuori dall’Europa sui temi “eticamente sensibili”, riguarda anche altre questioni di notevole rilievo morale e sociale. Ricordo le due principali: la pessima legge 40 sulla procreazione assistita e la mancanza di una legge sulle coppie di fatto, etero ed omosessuali, benché il loro numero raddoppi ogni anno.
Vorrei fare appello ai leader del centro sinistra ma anche a quei parlamentarli del Pdl che hanno sempre invocato, su questi temi, la libertà di coscienza perché non considerino “minori” le tematiche della laicità dello Stato e dei diritti civili. C’è bisogno dell’impegno di tutti per dar vita, come negli anni settanta, a una nuova stagione di conquiste civili che ponga fine alla “diversità” dell’Italia e la riporti nel contesto europeo.

domenica 10 ottobre 2010

Il Nobel all’uomo che ha favorito la vita

l’Unità 5.10.10
Il Nobel all’uomo che ha favorito la vita
di Maurizio Mori

Una bella notizia, il Nobel a Bob Edwards. Lo scienziato inglese che dagli anni ’60 del secolo scorso si è impegnato nel mettere a punto la fecondazione in vitro con trasferimento di embrione: una tecnica che ha cambiato il modo di attuare la riproduzione umana e dato una svolta agli studi sull’embrione. Il Nobel non solo corona una vita dedita alla ricerca di un grande studioso di notevole spessore culturale, ma soprattutto è il sigillo dato dal mondo scientifico alla bontà della fecondazione assistita: la scienza riconosce che l’ampliamento del controllo umano della riproduzione è qualcosa di buono per l’umanità, di meritevole della massima onorificenza per uno scienziato. Di fronte a un simile riconoscimento a dir poco impallidiscono le critiche mosse da alcune religioni alla nuova tecnica, accusata essere contraria alla “vita” e alla “dignità della procreazione”. Non si capisce proprio in che senso si possa dire che sia contraria alla vita una tecnica che ha consentito la nascita di ormai oltre 4.000.000 di bambini. Si dovrebbe dire al contrario che è una tecnica che favorisce la vita e consente alle persone di avere figli anche quando la natura non li dispensa più. Ancora più difficile è capire perché dovrebbe essere contrario alla “dignità della procreazione” ricorrere all’assistenza tecnica per avere figli. Forse lo si può dire solo assumendo la “naturalità” come criterio normativo, supponendo che la natura sia buona e dimenticando come invece in realtà sia spesso avara e matrigna. Fortuna che l’uomo grazie alla scienza e alla tecnica riesce a rendere il mondo meno duro e più agevole. Solo inveterati pregiudizi antiscientifici possono far pensare il contrario. Il Nobel a Edwards deve essere anche uno stimolo a ripensare l’etica e la politica sulla fecondazione assistita. In Italia, sfruttando abilmente lo sgomento generato da alcuni casi eclatanti di fecondazione assistita si è detto che c’era una preoccupante deregulation (il Far West), e si è approvata una legge liberticida che non solo penalizza un numero alto di cittadini nell’impegno di avere figli, ma ha fatto anche arretrare l’intera riflessione bioetica, favorendo ‘idea che la scienza comporti una sorta di “eccesso” da reprimere. Oggi questo clima conservatore informa il disegno di legge Calabrò sul fine della vita che ci riporta a prima degli anni ’50, e aleggia come uno spettro sulla campagna elettorale che molti danno per imminente. Il premio Nobel a Edwards ci ricorda che la scienza è vettore di progresso morale e che molte delle remore diffuse sono frutto di pregiudizi e tabù. Invece di chiedere perdono per gli errori tra qualche anno, come già hanno fatto su altri temi, è bene chi i critici della scienza si ravvedano da ora, evitando inutili sofferenze.

mercoledì 6 ottobre 2010

Robert Edwards è stato il pioniere della fecondazione in vitro. Il Vaticano attacca «Una scelta completamente fuori luogo»

l’Unità 5.10.10
Robert Edwards è stato il pioniere della fecondazione in vitro. Il Vaticano attacca «Una scelta completamente fuori luogo»
Il Nobel al «papà» dei bimbi in provetta La Chiesa: inaccettabile
Il Karolinska Institutet di Stoccolma ha assegnato il Nobel per la medicina a Robert Edwards, pioniere della fecondazione in vitro. Che, a partire dal ’78, ha portato alla nascita di 4 milioni di persone in tutto il mondo.
di Cristiana Pulcinelli

I messaggi arrivano da tutto il mondo: Portorico, Messico, Francia, Danimarca, Iran, Russia, Stati Uniti, Nepal, Sudafrica. Tutti scrivono sul sito della Fondazione Nobel per congratularsi con Robert Edwards, vincitore del premio per la medicina 2010. Sono soprattutto genitori e nonni di bambini nati grazie alla procreazione assistita, ma c’è anche un «grazie» firmato da «un bambino in provetta» ormai diventato adulto. Poi ci sono i colleghi che hanno applicato nel loro paese la tecnica Fivet inventata dal biologo ed embriologo inglese. Tutti ringraziano, anche chi per ora non ha avuto risultati, ma non rinuncia a sognare come la coppia italiana che scrive: «Se abbiamo ancora una piccola speranza di diventare genitori è solo grazie a lei».
Il Nobel per la medicina probabilmente non è mai stato così popolare. Anche chi pensa di non conoscere il nome del vincitore, ricorderà tuttavia quello di Louise Brown, la prima «bimba in provetta» che nacque proprio grazie a Edwards e al ginecologo Patrick Streptoe (forse il Nobel oggi sarebbe andato anche a lui se non fosse morto nel 1988). Era il 1978 e la foto di Louise finì sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Oggi Louise ha 32 anni ed è mamma a sua volta, Edwards ne ha 85 e nel mondo sono più di 4 milioni le persone nate grazie alla Fivet.
Edwards cominciò a lavorare alla tecnica per combattere la sterilità fin dagli anni Cinquanta: pensava che fecondare l’ovulo al di fuori del corpo della donna potesse permettere di superare alcuni ostacoli. Dopo molti tentativi, nel 1969 riuscì a fecondare un ovulo in una provetta. In quello stesso anno entrò in contatto con Streptoe e, grazie alla collaborazione con il ginecologo, la tecnica passò dal laboratorio alla pratica medica. Nonostante molti buoni risultati, i due scienziati non ottennero i fondi pubblici per continuare le loro sperimentazioni. Il fatto era che le loro ricerche trovarono l’opposizione della Chiesa e di alcuni bioeticisti cattolici. Fu solo grazie a una donazione privata che gli studi continuarono e che, infine fu messa a punto la tecnica che consisteva nel prelevare l’ovulo, fecondarlo in provetta e poi reinserirlo nell’utero della donna. Un’idea talmente geniale che ancora oggi la Fivet viene utilizzata in tutto il mondo per combattere l’infertilità, un problema che colpisce tra il 15 e il 20% delle coppie e la cui incidenza è in aumento.
I successi di Edwards sono sotto gli occhi di tutti, tuttavia, c’è chi non è d’accordo con la scelta compiuta dagli Accademici di Stoccolma. Radio Vaticana, per esempio, che, attraverso la voce del presidente dell’Associazione Scienza e Vita, Lucio Romano, sottolinea come quella a Edwards è «un’assegnazione che disattende tutte le problematiche di ordine etico e che rimarca che l’uomo può essere ridotto da soggetto ad oggetto». Gli fa eco monsignor Roberto Colombo, docente della Cattolica di Milano e membro della Pontificia Accademia della Vita e del Comitato nazionale di bioetica, il quale dichiara che la Chiesa cattolica, pur riconoscendo «l’importante scoperta scientifica» di Edwards, ricorda «che la fecondazione in vitro suscita gravi interrogativi morali quanto al rispetto della vita umana nascente e alla dignità della procreazione umana». E ancora, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Ignacio Carrasco de Paula dichiara: «Ritengo che la scelta di Robert Edward sia completamente fuori luogo» e i «motivi di perplessità non sono pochi». Mentre, padre Gonzalo Miranda, docente di bioetica all’università Pontificia Regina Apostolorum a Roma esprime il timore che la fecondazione in vitro lasci «aperti molti dubbi, a partire dallo spreco di vite umane che si realizza con gli embrioni, spesso prodotti già in partenza con lo scopo di non far nascere bambini». E qualcuno già si preoccupa che il Nobel a Edwards rimetta in discussione la tristemente famosa legge 40 in vigore nel nostro paese.