sabato 30 luglio 2011

I padroni della vita

La Repubblica 8.7.11
I padroni della vita
Dopo 20 anni di dibattiti e altrettante proposte, la Camera sta per approvare una legge sul biotestamento. Contestata dai laici e dai medici
di Maria Novella De Luca

Coscioni: il testo è nato sull´onda del caso Englaro per non lasciare il verdetto ai giudici
Vent´anni di dibattiti, 15 di battaglie parlamentari, più di 20 proposte di legge. E il risultato, in dirittura d´arrivo alla Camera, è una norma che toglie al malato l´ultima libertà di scelta E allontana l´Italia dal resto d´Europa
Melazzini: gli infermi vogliono essere curati, l´unica loro paura è quella di essere abbandonati

Una legge che decide sul come e il quando. Sui confini della vita e della morte. Sul domani di chi si ritrova ad un tratto prigioniero della malattia, della disabilità, del dolore. Del non essere più padrone delle proprie funzioni più semplici. E dunque senza voce, guidato, condotto, imboccato, vestito, portato per mano, in braccio, seppure con amore e rispetto. Legato ad una macchina, ad un respiratore, ad un sondino, ad una carrozzina, ad un letto. La legge sul biotestamento che la Camera approverà (probabilmente) tra feroci polemiche la prossima settimana, racconta tutto questo. Legifera su tutto questo. Ossia sul diritto a vivere o morire di persone incatenate ad una condizione senza speranza. E ci sono voluti vent´anni di dibattiti, 15 di battaglie parlamentari, più di 20 proposte di legge.
Alla fine si è arrivati a un testo che la maggioranza definisce "storico" e l´opposizione e gran parte del mondo scientifico ritiene invece "mostruoso". Perché come ha sintetizzato in una battuta cruda eppure efficace il segretario del Pd Pierluigi Bersani, è questo ciò che dice il legislatore: «Ti libererò dalla tecnica, dalle macchine e dai tubi soltanto quando sarai morto…».
Non c´è spazio né per la scelta né per la libertà del paziente nell´attuale testo sulle "Dichiarazioni anticipate di trattamento", che vieta la sospensione dell´idratazione e della nutrizione ai pazienti anche in stato terminale, prevede che il malato possa indicare soltanto i trattamenti a cui vuole essere sottoposto in caso di perdita di coscienza ma non quelli che rifiuta. Ma soprattutto, ed è l´elemento chiave, restringe la possibilità di utilizzare le "Dichiarazioni anticipate di trattamento" soltanto quando il paziente si trovi nello stato di "morte corticale". «In realtà – spiega Maria Antonietta Coscioni, co-presidente dell´Associazione radicale che prende il nome da suo marito Luca, affetto da sclerosi laterale amiotrofica e morto nel febbraio del 2006, dopo una lunga battaglia per i diritti civili dei malati - questo è un testo deciso due anni fa, nel giorno della morte di Eluana Englaro, il 9 febbraio del 2009, quando il partito pro-life del centro destra ma non solo, decise che i giudici non potevano né dovevano più decidere se fosse legittimo o meno interrompere la nutrizione e l´alimentazione di una persona in stato vegetativo». Come Eluana appunto. Che pure era stata bella e forte e aveva più volte ripetuto che per lei quello "stato" non poteva chiamarsi vita. Ma chi può e deve decidere della nostra vita? Può la politica sancire per legge il diritto a vivere o a morire?
È lunga la storia del dibattito sul Biotestamento in Italia, ha diviso partiti e coscienze, il primo documento del Comitato Nazionale di Bioetica è del 1995, sull´onda di una discussione già attiva da anni in tutta Europa, con alcuni stati come la Danimarca che fin dal 1992 si erano dotate di una legge sul cosiddetto "living will", che dava cioè la possibilità ad alcune categorie di malati terminale di chiedere l´interruzione delle cure e del nutrimento.
«In tutti i pareri del Comitato di Bioetica – racconta il ginecologo Carlo Flamigni, che ne è tuttora membro – pur con un grande lavoro di sintesi tra laici e cattolici restava sempre aperta una porta alla libertà di scelta del paziente. Nel 2003, nel 2005, fino al 2008 quando però le cose sono cambiate, l´influenza del Vaticano si è fatta più forte, ed è passata la tesi che l´alimentazione e l´idratazione fossero non terapia ma cure dovute per alleviare la sofferenza….Tesi confutate da tutte le società scientifiche, eppure anche tra quelle posizioni già restrittive, e il testo che vedo oggi in Parlamento c´è una grande differenza. È come se di fatto si volesse fare una legge per renderla inapplicabile».
Una legge fatta di no dunque, sulla scia della legge 40 sulla fecondazione assistita, e sulla quale già si annuncia non soltanto un referendum, ma anche una valanga di ricorsi dei malati ai tribunali, e di sentenze che potrebbero, esattamente come per la legge 40, smantellarne l´intero impianto. Eppure, come precisa il medico e senatore Ignazio Marino, «il 90% degli italiani in realtà vorrebbero semplicemente poter scegliere». Decidere cioè se «utilizzare ogni tipo di tecnica presente e futura, ogni tipo di trattamento e cura pur in una condizione terminale - dice Marino, che tiene a precisare la sua fede cattolica – oppure poter decidere di interrompere lo stato di sofferenza in cui si trovano. Io so che molti cattolici condividono il mio pensiero, l´obiettivo del legislatore di destra, con una legge che autorizza le dichiarazioni anticipate di trattamento soltanto quando il paziente è praticamente morto, è quello di far fallire la legge sul Biotestamento. Quanti italiani andranno a depositare il loro testamento biologico, rinnovandolo ogni tre anni, sapendo che tanto l´ultima parola è del medico e che la loro voce non conta? Forse – conclude Marino anche lui con una battuta grottesca – forse a questo punto la maggioranza dovrebbe introdurre un emendamento che sancisca per legge il divieto di morire, introducendo magari l´obbligo di cure per i deceduti…».
Eppure, al di fuori della battaglia politica, e con toni pacati, c´è chi questa legge la difende. E la sua voce va ascoltata, perché Mario Melazzini, oncologo famoso e oggi presidente dell´Aisla, l´Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, la malattia la vive sulla propria pelle. Aveva poco più di 40 anni Mario Melazzini, sposato felicemente e con tre figli, quando nel 2002 gli viene diagnosticata la Sla. Da medico Melazzini diventa paziente, attraversa il dolore, la disperazione, la paura, la sofferenza, la voglia di morire prima di ritrovarsi in carrozzina, del tutto dipendente dall´aiuto degli altri. «Invece ad un certo punto – racconta Melazzini – ho deciso che volevo e potevo convivere con la malattia, che volevo e potevo essere nutrito con un sondino, non la ritengo una violazione del mio corpo, da sempre mi occupo dei malati più gravi, quelli oncologici, nessuno mi ha mai chiesto di aiutarlo ad "andare via". I malati vogliono essere curati, l´unica loro paura è quella di essere abbandonati. Ritengo indispensabile che in Italia ci sia una legge sul fine vita, e ritengo giusto non interrompere l´idratazione e la nutrizione, che sono strumenti di supporto vitale per non inasprire le sofferenze dei malati e non sono certo cure. E difendo anche il ruolo decisionale del medico, che si fa carico del paziente, e di fronte ad alcune scelte può anche dire no… Perché magari dal momento in cui il malato ha scritto le proprie volontà a quando la malattia si manifesta potrebbero essere arrivate nuove terapie, nuovi farmaci che possono aiutare quel paziente non a prolungare la sua sofferenza, ma a stare meglio. E il medico deve agire».
Melazzini ha scelto. Molti altri pazienti non possono scegliere perché da tempo hanno perso il dono della lucidità o perché invece quel loro volere non possono esprimerlo, imprigionati in corpi senza voce e senza più forze. Da mesi in realtà gli stessi medici, e soprattutto i rianimatori, esprimono le loro perplessità su questo testo di legge (inasprito anche rispetto alle altre versioni votate dal centrodestra) al ministro Fazio, di fronte ad un corpus di norme che li rende enormemente responsabili. Racconta un medico anestesista di un famoso nosocomio romano: «Ci sono pazienti che si attaccano anche all´ultimo soffio di vita, altri che invece te lo chiedono con la voce, con gli occhi, con le mani: voglio la pace, voglio andare via…Non sarebbe giusto che potessero scegliere?».

martedì 26 luglio 2011

Biotestamento, norma beffa: è vietato rifiutare le terapie

l’Unità 8.7.11
Biotestamento, norma beffa: è vietato rifiutare le terapie
Votato un emendamento Binetti (Udc) e Barani (Pdl) per il quale si possono indicare solo i trattamenti a cui si vuole essere sottoposti ma non quelli che si rifiutano. Ristretta la platea alle persone in stato vegetativo.
di Jolanda Bufalini

Un testacoda, quelle che dovevano essere “disposizioni anticipate di trattamento” sono diventati divieti. Dice la deputata Pd Donata Lenzi: «Evidentemente si è perso il filo, tanto vale non fare alcun testamento» perché «se si va a ricostruire il testo finale, non si può fare il Dat in caso di coma permanente, le disposizioni valgono solo per l’ultimo stadio, non si possono esprimere opzioni, non si può dire no alla nutrizione forzata, quello che si scrive esprime solo un orientamento, non una volontà». Lenzi (bolognese e cristiano sociale) dà ragione al Fli Della Vedova, per il quale questo testo spalancherà le porte al contenzioso, al ricorso alla magistratura, «la maggioranza sta pensando di abolire l’ultimo articolo, quello che, dopo il comitato etico, prevede la possibilità di rivolgersi al magistrato. Ma è l’ordinamento generale che prevede questa possibilità, non il dat». Un altro testacoda, quindi, se la parlamentare d’opposizione ha ragione, poiché Fabrizio Cicchitto ha rivendicato, anche ieri, quella che definisce «un'operazione legislativa difficilissima, che alla fine riporterà la vicenda fuori dall'ordine dell'intervento di giudici e sentenza». Di più, il testamento biologico riguarda solo chi è in una condizione di «accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale». Per Eluana Englaro non si sarebbe potuto fare nulla. Ignazio Marino si rassegna all’ironia: «La maggioranza sancisca per legge il divieto di morire». Margherita Miotto, anche lei parlamentare cattolica del Pd «Qui stiamo parlando del diritto di lasciarsi morire e quindi di rinunciare a trattamenti sanitari, questo diritto è precluso dall’emendamento approvato che azzera due anni di lavoro in commissione». E se non bastasse «la validità della Dat inizia nel momento della morte corticale, che non è reversibile».
Sul testo che verrà approvato martedì alla camera ma che dovrà tornare (dopo l’estate) al senato, aleggia un referendum, Antonio Palagiano, relatore di minoranza (Idv): «Questa è una legge contro il testamento biologico, fatta per compiacere qualcuno, ma che va contro la volontà dei cittadini».
Sull’articolo 3, cuore del provvedimento perché affronta la questione di idratazione e nutrizione, si sono pronunciati in Aula Per Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. Bersani si è rivolto al Parlamento facendo appello, con «il cuore in mano», «alla pietà verso la persona umana» dei parlamentari. Perché con questa legge «la libertà alle persone vere sarà lasciata solo da morti». La risposta di Casini al segretario del Pd è stata aperta nella forma, «nessuno può sottovalutare questo appello», ma ha sottolineato che «molti deputati Pd si sono astenuti o hanno votato con noi». Potrebbe trattarsi di una disponibilità a lavorare e smussare posizioni distanti.

domenica 24 luglio 2011

È vietato morire: la camera approva il biotestamento

il Fatto 13.7.11
È vietato morire: la camera approva il biotestamento
Applicabile solo a pazienti senza attività cerebrale. Pd spaccato
di Caterina Perniconi

Duecentosettantotto voti favorevoli, duecento-quattro contrari. La Camera approva la legge sul biotestamento.
Dopo 782 giorni di discussione, più della metà dei deputati italiani hanno stabilito come devono morire i cittadini. O meglio, come “non possono morire”.
Il biotestamento (o Dat, dichiarazione anticipata di trattamento) sarà infatti valido solo nei pazienti con “accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale” praticamente, spiega il senatore e medico Ignazio Marino, “questa legge dice che si possono staccare le macchine solo quando il paziente sarà già clinicamente morto. Bella scoperta”.
Nonostante siano trascorsi più di due anni dalla scomparsa di Eluana Englaro, momento nel quale è cominciato il dibattito sulla necessità di una dichiarazione anticipata sulle volontà terapeutiche, il dibattito a Montecitorio si è avvitato sul tema dell’eutanasia. Come se chiedere l’interruzione di nutrizione e alimentazione artificiali - il cosiddetto “sondino di Stato” - sia equiparabile a un’iniezione letale.
Nella sua dichiarazione di voto in Aula anche l’Udc Rocco Buttiglione è stato costretto ad ammettere che ha pensato molte volte “che fosse meglio nessuna legge rispetto a questa legge”. Ma, dopo le volontà espresse pubblicamente dalla Chiesa, in molti hanno premuto il tasto verde turandosi il naso.
Il Partito democratico si è spaccato e ha espresso tre voti diversi: Giuseppe Fioroni, con alcuni dei suoi, ha votato a favore, mentre 13 deputati guidati da Pierluigi Castagnetti hanno preferito non votare perché “non serviva una legge, il fine vita deve rimanere affidato a decisioni sobrie, discrete e particolari, da assumere caso per caso, in circostanze che saranno sempre uniche ed irripetibili, come unico ed irripetibile è il destino di ogni persona umana”. Ma c’è anche chi pensa che legiferare a senso unico su un tema così delicato sia giusto. “La legge sulle Dat approvata alla Camera è un buon testo, saggio ed equilibrato, che rende finalmente obbligatorio il consenso informato permettendo al paziente di scegliere le terapie”, commenta il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Di tutt’altro avviso la Libdem Daniela Melchiorre: “Questa legge arriva ad osare quel che nessuno fino ad oggi ha osato in Italia: privare, per piaggeria politica, l’individuo della disponibilità di se stesso, e nelle condizioni più dure e più difficili. Si annienta la volontà del singolo e la sostituisce con quella altrui: quella di questa maggioranza”. Certo è che tra i voti degli emendamenti e quelli degli articoli la maggioranza cambiava al ribasso. E alla fine 7 deputati del Pdl si sono astenuti dal voto finale, a dimostrazione che la decisione non è tutt’altro che condivisa.
Ieri mattina, intanto, in una sala di fronte a Montecitorio, Ignazio Marino ha riunito Mina Welby, moglie di Piergiorgio e Beppino Englaro per commentare, a pochi passi dal luogo dove stava avvenendo la votazione, la norma che il padre di Eluana ha definito “incostituzionale”. E per annunciare la battaglia referendaria che partirà non appena la legge sarà licenziata da entrambi i rami del Parlamento. “Nelle leggi non bisogna scrivere principi etici ma giuridici – ha dichiarato il presidente della commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale – si obbligano le persone, anche coloro che hanno indicato di non volere un tubo nell’intestino, a riceverlo per legge. Inoltre le indicazioni che ognuno lascerà non saranno vincolanti per il medico. Questo è incivile e inaccettabile”. Per Marino una consultazione è necessaria “perché bisogna dare un segno a questa politica che non può più calpestare i diritti delle persone”.
Alla fine della conferenza stampa Beppino Englaro ricorda le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che hanno lasciato dentro la sua famiglia una ferita difficile da rimarginare: “Quella ragazza potrebbe anche avere un figlio”. Il commento è commosso, e arrabbiato: “Lui sapeva, era stato informato dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia delle condizioni di Eluana. Quella frase fu una mancanza di rispetto nei suoi confronti, e in quelli di un padre e di una madre che stavano affrontando un momento difficilissimo. Un vero squallore”. Pensiero simile al giudizio sul testo che tornerà al Senato per il voto finale in autunno. Salvo un cambio di governo.

sabato 23 luglio 2011

Alimentazione artificiale è definita «sostegno vitale» e sottratta alla volontà del paziente

l’Unità 13.7.11
Alimentazione artificiale è definita «sostegno vitale» e sottratta alla volontà del paziente
Non vincolante Testamento solo orientativo. Beppino Englaro: «È incostituzionale»
Passa il biotestamento targato centrodestra Pd: una legge pessima
La Camera ha approvato a larga maggioranza il Ddl sul testamento biologico. Pd: «Una brutta legge che riduce la libertà delle persone». Livia Turco: «C’è uno spirito vendicativo nei confronti del caso Englaro».
di Jolanda Bufalini

Prigionieri di un unico caso, quello di Eluana Englaro. In «spirito di vendetta» carica Livia Turco che accusa, «con questa legge si può dire al massimo ‘mi chiamo Livia Turco e per favore evitate l’accanimento terapeutico’». E c’è l’ossessione di impedire che un giudice possa pronunciarsi. È stato il leit motiv delle argomentazioni del centro-destra, «siamo stati costretti a legiferare sottraendo alla sfera della riservatezza una materia tanto delicata», anche ieri, nell’intervento di Enrico La Loggia. Ma l’obiettivo di evitare l’intervento della magistratura nei casi estremi dell’incerto confine fra la vita e la morte non è stato centrato, ne è convinta Margherita Miotto, capogruppo Pd agli Affari sociali, cattolica: «È una legge che contiene troppi divieti e troppe contraddizioni, apre la strada a lunghi ricorsi alla magistratura», ne è convinto Benedetto Della Vedova, Fli di provenienza radicale: «L’unica cosa scritta in chiaro nel ddl è che non ci debbono essere maggiori oneri. Come legislatori non avremmo dovuto impalcarci nei piani alti in cui si giudica il bene e il male, ma solo indicare alcune procedure». Fuori dall’Aula ne è convinto Peppino Englaro: «Si violano Costituzione e convenzione di Oviedo, ma una legge non può vietare la libertà delle persone».
La discussione in Aula sul testamento biologico parte alle 11 del mattino dall’articolo 3, architrave della legge, che definisce idratazione e nutrizione sostegno vitale e non trattamento sanitario. È la definizione che consente al legislatore di aggirare il diritto sancito dalla Costituzione di sottrarsi ai trattamenti sanitari. C’è di più, la maggioranza approva due emendamenti identici Baretti (Pdl) Binetti (Udc) nei quali si stabilisce che l’alimentazione artificiale si può sospendere solo nei casi di «malati terminali», stravolgendo due anni di lavoro del comitato dei nove. Clinicamente Eluana Englaro non era «terminale». «È un'operazione di sottrazione della libertà delle persone. sostiene Margherita Miotto Non si tratta di sancire il diritto a morire ma il diritto a lasciarsi morire». Un diritto, argomenta il relatore di minoranza Palagiano (Idv) che non può essere tolto a chi è vigile. Ma non basta, nella Dat si esprime un «orientamento» non una «volontà», i pochi interventi di centro-destra (hanno scelto di non parlare troppo per garantire un percorso spedito alla legge) poggiano sull’espressione «tener conto» della Convenzione di Oviedo. Risponde dai banchi dell’opposizione Della Vedova: «È un non senso giuridico, meglio non fare la Dat». Meglio nessuna legge che una cattiva legge, è la posizione che si è fatta strada nei banchi del Pd a cui risponde La Loggia: «Siete voi ad aver avviato l’iter legislativo». Negli atti parlamentari, il testo ormai stravolto ha ancora in calce il nome di Ignazio Marino. E il senatore suscitando malumore nei colleghi della Camera convoca una conferenza stampa quando i lavori sono ancora in corso, insieme a Mina Welby e Peppino Englaro. Marino prospetta il referendum. Quanto alla possibilità di non legiferare: «Non mi sembra accettabile, un’indagine del 2005 ci dice che nelle ultime 72 ore di vita i medici rianimatori applicano la desistenza terapeutica, senza poterla documentare in cartella perché sul piano legale si tratta di omicidio volontario».
Rosy Bindi, nella dichiarazione di voto sull’art. 3, si rivolge all’Udc, alla Lega nord: «Questa non è una legge di ispirazione liberale e cristiana, certo non cristiana perché non fa affidamento sulla libertà della persona».
I distinguo non fanno breccia su una maggioranza ampia, sostenuta dai voti Udc (e alcuni Pd). Viene bocciato un emendamento radicale in cui si chiede di rendere esplicito il divieto dell’accanimento terapeutico. L’articolo 5, modificato in commissione, grazie a un emendamento Pd, sull’assistenza ai malati in stato vegetativo, è privo di copertura finanziaria.

venerdì 22 luglio 2011

Medici e pazienti nella trappola del biotestamento

il Fatto 16.7.11
Medici e pazienti nella trappola del biotestamento
Nessun dottore potrà decidere senza rischi penali
di Chiara Paolin

Roma, caldo torrido anche se il sole è tramontato. La gente esce dal grande ospedale: fine turno per il personale, scaduto l'orario di visita per i parenti. Ma c'è un reparto dove i familiari stanno ancora dentro. Al secondo piano il cartello dice: “13.30-18.30 un familiare, 18.30-22.00 turnazione tra familiari”. Poi verrà la notte, i visitatori usciranno, nelle stanze solo i malati e quelle mogli, quei figli, che dormiranno ancora una volta rannicchiati su una poltrona o una sdraio da spiaggia.
UN SONNO nero, interrotto da passi in corridoio e porte che cigolano, odore di detergente e profumo di caffè. Anche una sigaretta fumata alla finestra, di nascosto, ragionando su quello che si può e non si può più fare quando una persona cara sta male e non ha speranza di guarire. “Aspettiamo. Cerchiamo di capire. Più che altro ci fidiamo dei dottori : se non sanno loro cosa fare, figurati noi”. Lorenza ha un marito malato di cancro, in coma da un mese. “Dicono che può durare giorni, ma anche mesi – dice lei guardando il pavimento -. Dormo qui perché voglio esserci quando muore. Forse è già morto, ma non lo lascio solo finché se ne andrà fuori da questa stanza”.
Se il disegno Calabrò sul biotestamento diventerà legge, Lorenza e suo marito dovranno aspettare a lungo. Perché anche nel caso in cui un malato terminale rifiuti il prolungamento delle cure parlandone direttamente coi medici o depositando una Dichiarazione anticipata di trattamento (Dat), la nuova norma prevede che sia sempre e comunque il medico a prendere la decisione finale, con l'obbligo di somministrare al paziente “idratazione e alimentazione” fino a quando il cuore batte, magari aiutato dalle macchine. Il che vuol dire mesi, anni, distesi in un letto attaccati a fili e flebo. Spiega Davide Mazzon, direttore dell'Unità di rianimazione dell'Ospedale di Belluno: “Finora avevamo come guida i principi della Costituzione e i doveri della professione medica. Non leggi dettagliate, ma validi binari su cui incanalare scelte responsabili e condivise. Adesso invece dobbiamo confrontarci con l'ipotesi peggiore: politici che si mettono a fare gli scienziati, norme che già a una prima lettura sono prive di ogni applicabilità causa totale ignoranza delle questioni tecniche. Per non parlare dell'articolo 32 della Costituzione che garantisce a tutti la libera scelta e il rifiuto delle cure: il Calabrò è un imbroglio per i cittadini e un oltraggio per i medici. Non è possibile fare una legge su un tema tanto importante solo per dire ai cattolici: ecco, abbiamo vietato l'eutanasia. Qui c'è gente che soffre e ha problemi serissimi, giocare sulla pelle delle persone solo per compiacere il Vaticano è inaccettabile”.
In concreto, cosa dovrebbe cambiare? Ancora non è chiaro, le modifiche al testo si sono affastellate fino all'ultimo creando ampie contraddizioni e vuoti incomprensibili. Per ora, solo ipotesi pensando a quello che è già successo. Per esempio, se un medico decidesse di togliere il sondino di alimentazione a una persona nello stato di Eluana Englaro, in base al ddl commetterebbe un reato: l'omicidio colposo, o forse addirittura volontario. Anche se tutto si smonterebbe in fase giudiziaria: il termine alimentazione fa riferimento a sostanze ingerite per bocca, mentre il sondino è in genere applicato all'addome. Oppure: se anziché interrompere idratazione e alimentazione si fermasse la ventilazione meccanica, sarebbe reato o no?
GIUSEPPE Gristina, coordinatore gruppo di studio Bioetica della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, spera che intelligenza e sensibilità possano sopravvivere al decreto: “Diciamo innanzitutto che la legge verrebbe applicata solo agli stati vegetativi permanenti. Si tratta di circa tremila casi in Italia. Per il resto avremo solo problemi in più: vincoli assurdi da rispettare, reparti dove si opera secondo una certa logica e altri dove invece si va all’opposto, un pasticcio dannoso e inutile”. Col rischio che anche le cure d’urgenza e fine vita diventino ostaggio della medicina difensiva, quella fatta col timore di incorrere in guai e sanzioni. “Di fatto questa legge non cambierà molto le cose” prevede Rita Formisano, responsabile della Sezione post-coma della Fondazione Santa Lucia, struttura romana a rischio chiusura per i tagli alla sanità. “Si parla tanto di etica e filosofia mentre centri come i nostri devono lottare per esistere. E' giusto pensare al fine vita, ma occupiamoci anche di chi vuol essere assistito in maniera dignitosa nella fase acuta e soprattutto in quella cronica della malattia, quando malati e famiglie sono abbandonate a se stessi. Ecco un tema serio: dove troviamo le risorse per sostenere questi pazienti, che sono sempre di più?''.
Al reparto oncologia dell'ospedale immerso nell'afa dopo la notte umida i letti sono tutti occupati. Una ragazza giovane, bionda, scheletrica, sta distesa sopra le lenzuola. Accanto un uomo le parla piano. Ci vorrà tempo.