lunedì 30 marzo 2009

La fine della vita - La moralità deIl’eutanasia

James Rachels
La fine della vita - La moralità deIl’eutanasia
Edizioni Sonda, pagg. 361,
a cura di Valentina Barbero

Contro l’intera tradizione occidentale che nel corso dei secoli ha teorizzato su moralità e immoralità del togliere la vita, il filosofo americano James Rachels azzarda una posizione radicalmente nuova, destinata a suscitare scalpore ed interesse.
Rachels, docente di filosofia morale all’Università dell’Alabama, appartiene all’attivo filone della filosofia anglosassone contemporanea attento ai problemi dell’etica pratica e della bioetica in una prospettiva spesso vicina a quella dell’utilitarismo di Bentham e Mill.
Come Tom Reagan e Peter Singer, già noti al lettore italiano, ha partecipato al dibattito sui diritti degli animali, e dalla metà degli anni Settanta si occupa fra l’altro del riconoscimento morale e legale dell’eutanasia. Il libro pubblicato recentemente dalle Edizioni Sonda è il suo trattato più completo sull’argomento.
Pur riconoscendo che la teoria tradizionale, legata alla morale cristiana, riguardo al diritto alla vita è quella più sistematica ed influente, Rachels ne scardina le basi mettendone in luce le contraddizioni e costruendo su nuovi pressuposti, totalmente laici, una rigorosa teoria alternativa, decisamente degna di attenzione.
Nell’analisi di Rachels il precetto tradizionale non uccidere prevede una serie di distinzioni. Le prime due forniscono un criterio di discriminazione secondo il quale sono protette solo alcune categorie di esseri umani, ma lo è uccidere gli animali; e mentre non è lecito uccidere esseri umani innocenti, lo è uccidere persone non innocenti (si veda la difesa tradizionale della pena di morte e delle uccisioni del nemico in guerra). Sono poi tradizionalmente ammesse alcune eccezioni: è moralmente ammissibile l’atto non intenzionale contro quello intenzionale, il lasciar morire contro l’uccidere, e ancora il mancato impiego di cure mediche straordinarie (accanimento terapeutico) contro l’obbligo delle cure ordinarie.
Al contrario, la posizione di Rachels ha un’unico presupposto fondamentale, accettato il quale crollano tutte le distinzioni tradizionali, la differenza fra avere una vita ed essere vivi. Il diritto sacro ed inviolabile di ogni essere vivente non è il diritto ad essere vivi in senso biologico, ma il diritto ad avere una vita propria, intesa in senso biografico (“la somma delle nostre aspirazioni, decisioni, attività, progetti e relazioni umane”, p. 11).
Quando la possibilità di una vita biografica è chiusa per sempre, non ha senso proteggere la vita.
La regola morale non uccidere viene così riformulata: non è lecito uccidere se si danneggia una vita in senso biografico.
Su questa base, e attraverso numerosi casi, Rachels giustifica in primo luogo la moralità dell’eutanasia involontaria: “Dal punto di vista di un individuo vivente, essere vivo non ha altra importanza che costituire la possibilità di avere una vita.
In assenza di una vita cosciente, è indifferente per il soggetto ditale vita vivere o morire” (p. 33) — e intende i vegetali umani, i malati in corna irreversibile, e i neonati gravemente malformati, per i quali è esemplare il noto caso di Baby Jane Doe.
Come già accennato, Rachels si rifà al principio etico fondamentale dell’utilitarismo: è morale fare ciò che è meglio per chi viene coinvolto dal nostro comportamento, è immorale causare sofferenze. Non a caso gli utilitaristi sono stati i primi filosofi moderni a diffendere l’eutanasia. Dal loro punto di vista l’uccisione di un essere vivente non è un male di per sé, ma solo se comporta conseguenze negative su chi viene ucciso o su chi gli sta vicino, in primo luogo se priva l’ucciso della possibilità di una vita futura piacevole.
A questo stesso principio si ricollega anche la giustificazione dell’eutanasia volontaria, praticata su soggetti, malati terminali coscienti, che la richiedono con lo scopo fondamentale di evitarsi inutili quanto atroci sofferenze. Il caso tipico presentato dall’autore è quello di Matthew Donnelly, malato di cancro alla pelle, che ormai infermo, cieco, il corpo completamente martoriato vittima di una perpetua agonia, chiese ed ottenne dal fratello di essere ucciso con un colpo di pistola. L’azione del fratello, colpevole sia davanti alla legge che alla morale tradizionale, benché mossa da comprensibile pietà, nella prospettiva di Rachels non solo è accettabile ma altamente morale. Nonostante i medici avessero dato a Donnelly ancora un anno di vita, quali prospettive aveva per il futuro? Perché non liberarlo da inutili sofferenze, e da un anno di esistenza che alla sua vita biografica non avrebbe aggiunto nulla di positivo?
La sfida di Rachels coinvolge tutti quanti: chi può limitarsi a giudicare, come chi ha la disgrazia di trovarsi a dover scegliere. In particolare, il libro esamina con ampiezza e lucidità tutte le implicazioni della questione, tanto sul piano pratico quanto su quello emotivo e della coscienza, non solo per i parenti dei malati, spesso protagonisti dei più clamorosi casi di eutanasia, ma per il personale medico ed ospedaliero che da sempre è coinvolto.
Nell’ultimo capitolo l’autore affronta il tema della legalizzazione, proponendo per l’eutanasia uno status giuridico simile a quello della legittima difesa.
Certamente la sfida più provocatoria è quella rivolta al senso comune religioso, che condanna l’eutanasia come interferenza nei piani di Dio, cui spetta la prerogativa di decidere della vita e della morte. Perché, chiede Rachels, le cure mediche non sono considerate un’interferenza? Perché, se la sofferenza viene da Dio, la si allevia con i farmaci? Perché fra i tanti mali minori accettati dal senso comune non può rientrare anche l’eutanasia?

Da Riza scienze, dicembre 1989, pp. 86-89

CONFERENZA CON BEPPINO ENGLARO (1/4) - VOGLIO POTER DECIDERE

sabato 28 marzo 2009

L'inutile testamento

L'inutile testamento

Il Manifesto del 27 marzo 2009, pag. 5

Eleonora Martini

Il paradosso del voto di ieri con il quale il Senato ha licenziato, peggiorandolo, il ddl Calabrò sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), è che tutti - a destra e a sinistra, pro e contro questa legge - confidano che il testo «venga migliorato alla Camera». Un auspicio che non è mancato in qualunque dichiarazione di voto, dei gruppi o dei dissenzienti. Come a dire: un`ala del Parlamento ostaggio di se stessa, che mai come questa volta benedice il nostro bicameralismo perfetto. Una maggioranza ostaggio, secondo l`opposizione, di un governo che non ha alcun rispetto dell`autonomia parlamentare, di un Presidente del Consiglio incaponito nella sua crociata anti magistratura e che ha bisogno di «un pennacchio da portare al prossimo congresso» fondativo del Pdl (un sacrificio da offrire all`ala An non finiana). E, last but not least, di un Berlusconi che ha trovato il modo di "comprare" il silenzio dei vescovi sulle politiche governative anti immigrati. Anche l`opposizione, secondo la maggioranza, sarebbe ostaggio di un drappello di radicali che vogliono introdurre in modo strisciante l`eutanasia e di un Beppino Englaro che ha «deciso di immolare la figlia sull`altare di un interesse politico» (parole del leghista Rizzi, accolte dai suoi con grandi applausi e pacche sulle spalle elargite platealmente in diretta tv). Non stupisca, perché il capogruppo Pdl Gasparri - che ha lasciato la dichiarazione di voto finale al suo vice Quagliariello ricevendo in cambio l`omaggio a chi ormai «appartiene a una sola casa» - ha dedicato «la vittoria del partito della vita contro quello della morte e dell`eutanasia, a Eluana». Così, dopo la «buona maratona» della mattinata, come l`ha chiamata il presidente Schifavi, che ha liquidato in poche ore tutti i rimanenti emendamenti e articoli (dal 4 al 9) cambiando solo le virgole e con una sostanziale modifica che evita una volta per tutte qualunque possibile pasticcio, dopo due settimane di finto dibattito, l`Aula ha approvato con 150 sì, 123 no e 3 astenuti una legge che impedisce a chiunque la possibilità di lasciare un testamento biologico. Grazie all`emendamento dell`Udc Antonio Fosson, nel primo comma dell`articolo 4 è stata cassata la frase che definiva le Dat «vincolanti, fatte salve le previsioni dell`articolo 7», Nella versione finale, dunque, le Dichiarazioni anticipate di trattamento rimangono solo «non obbligatorie». Si è così evitato di creare confusione con l`articolo 7, appunto, che dà al medico l`ultimo insindacabile giudizio dopo aver preso solo «in considerazione» le volontà del paziente in stato vegetativo (l`unico stato in cui le Dat «assumono rilievo»), e sempre che si applichi il «principio dell`inviolabilità della vita umana». Ricapitolando: il testamento biologico si può fare, va rinnovato ogni cinque anni, ma non vale nulla. Viene letto, appuntato sulla cartella clinica dal medico, (e dimenticato), solo nel caso in cui ci si ritrovi in uno stato vegetativo permanente. In tutti gli altri casi non viene nemmeno guardato. Mai, comunque, né con le Dat né senza Dat si può rinunciare a farsi intubare per essere nutriti e idratati artificialmente. E sorge anche il dubbio che tali trattamenti "sanitari" (perché necessitano di un sanitario, anche se chiamate «forme di sostegno vitale») si possano rifiutare almeno quando si è pienamente capaci di esprimersi, visto che l`articolo 2 del ddl Calabrò subordina qualunque trattamento al consenso informato «fatti salvi i casi previsti dalla legge». Grazie a un emendamento della Lega, poi, non si potrà neppure fare più ricorso alla magistratura. Il Movimento per la vita ringrazia, «soddisfatto». Un testo come questo è riuscito a ricompattare tutti i casi «di coscienza» del Pd, compresa la capogruppo della commissione Sanità, Dorina Bianchi, tranne i teodem Emanuela Baio e Claudio Gustavino che hanno votato sì, mentre il loro collega Luigi Lusi non ha partecipato al voto. Dall`altra parte dell`emiciclo, quella che Marcello Pera ha chiamato «una legge eticamente e costituzionalmente sbagliata» si è guadagnata il suo no, appunto, e il no di Antonio Paravia, Ferruccio Sano e Lucio Malan («questo ddl induce i cittadini ad aver paura che una volta ricoverati non possano più disporre del proprio corpo», ha spiegato Malan). Non ha partecipato al voto, ma per motivi esattamente opposti, l`ultrà pro-life Laura Bianconi preoccupata, dice, che l`introduzione delle Dat «modificheranno il costume degli italiani» (in senso amorale, si presume). E stato il discorso di Anna Finocchiaro - espresso con pacata autorevolezza e passione a ricompattare i dissenzienti (in una riunione di tutto il gruppo, poco prima di tornare in Aula nel pomeriggio per il voto finale, la capogruppo Pd aveva soprattutto ascoltato, ma senza esprimersi). «Questo disegno di legge - ha esordito - è fondato sul tradimento e su parole ingannevoli», «usate come spade», perché fa credere che si possano dichiarare anticipatamente le proprie volontà. «Il tradimento, invece, arriverà nel momento di maggiore debolezza, quando non si è capaci di dire sì o no», aggiunge, E ancora: «Vi sfugge che la Costituzione non crea diritti, li riconosce, perché appartiene a uomini che nascono liberi e uguali». «Io ho imparato a dubitare e l`ho fatto: è stato un privilegio che mi è anche costato tanto, ma noi non abbiamo avuto paura di farlo»: il re è nudo, ma nessuno lo può dire. «Tra pochi minuti, inesorabilmente - conclude - morirà la libertà e la dignità dell`uomo come la scrisse Aldo Moro nel secondo comma dell`articolo 32». Il problema è che «nessuno vi autorizza, tranne la vostra prepotenza».

Biotestamento, quando a decidere è la politica

Biotestamento, quando a decidere è la politica

Il Messaggero del 27 marzo 2009, pag. 22

Sergio Talamo

Ormai lo so, in quest`epoca non potrò morire come gli indiani d`America, con la fine che non è un abisso ma una prateria, con me che mi allontano senza che corrano né il mio cuore né le mie gambe. E neppure potrò morire come Remy, il professore delle Invasioni Barbariche, mentre ho un ago nelle vene e stringo la mano della mia donna, e le mie figlie mi dicono grazie, e i miei amici mi guardano come se avessimo vent`anni, e il lago sembra addormentarsi insieme a me. E neppure come Thomas, il medico di Milan Kundera, avvolto in una nuvola di luce bianca dopo aver attraversato la primavera e l`autunno di Praga da uomo che non si piega a nulla. E forse neppure come Piergiorgio Welby, che salutò la vita facendole una dichiarazione d`amore: «Vita è anche un giorno di pioggia, anche la tua donna che ti lascia». Non potrò, perché in quest`epoca la politica ha deciso per me. Ha deciso che la mia volontà non basterà, neppure se oggi io la proclamo limpida, fremente, incondizionata; neppure se domani fosse la volontà di un uomo che non può più parlare né pensare. Com`è strana, questa mia epoca. È il tempo dove tutto è lecito fuorché la libertà di scegliere fino a che punto la vita meriti questo nome. Dicono che infilarmi nel colpo un tubo che mi alimenta, e un altro che mi fa respirare, e un altro che mi fa fare pipì, sia la stessa cosa che curarmi. Dicono che se mi inchioderanno ad un letto, allora la mia vita non sarà più mia: sarà dello Stato. Dicono che quel giorno rischierò di finire triturato fra giudici e giornali, fra le lacrime sincere di pochi e quelle insincere di tanti. Dicono di fare tutto questo in nome di Dio. Eppure è proprio perché c`è Lui che morire mi sa tanto di un semplice passaggio, di un sogno più lungo del solito, di una musica che per Roberto Vecchioni è della viola d`inverno. Proprio perché ci credo davvero, a quella promessa intrisa di mistero, a quel lume che si accese da bambino e non si spegnerà mai... proprio per questo voglio decidere oggi, o domani, o a 120 anni come adombra Veronesi, di andare con la mente intatta e fiduciosa incontro a ciò che verrà. Non voglio l`umiliazione inutile di esserci senza vivere, senza ciò che mi fa uomo. Non voglio che il mio futuro sia un foglio spiegazzato e accarezzato da una suora. Non voglio che la mia dignità si frantumi fra i medicinali accumulati sul comodino. Non voglio che il mio destino, e il destino di coloro che arino, siano decisi da un accordo tra maggioranza e opposizione: nel nome di Dio, sono finito nelle mani, dei capigruppo Pd e Pdl... Gli uni vogliono togliermi l`acqua, gli altri darmela a forza, nessuno che pensi a rispettare la mia volontà di morire senza torture. Mi chiedo perché questa mia epoca abbia così paura della morte, e perché la nasconda dietro la finta retorica della vita a tutti i costi. Non so più a chi dirlo, o sussurrarlo o gridarlo, che se sarà il caso voglio morire in piedi perché io non ho paura della morte: ho molta più paura di voi che ne avete paura. Di voi che nel nome della persona piazzate la politica e la burocrazia, e magari anche le telecamere, sul corpo di uno che muore e sull`anima di chi gli resta vicino. Ma io non voglio spettacoli attorno al mio letto, perché l`unico spettacolo dev`essere il film del mio ricordo e lo sguardo di chi ho amato, per così poco in terra e per sempre in cielo. A chi posso dirlo? Socrate, almeno, aveva Critone e una cicuta che ha insegnato alla gente venuta dopo, nei millenni, che a volte un valore conta più della vita. Ma io, oggi, posso dirlo solo al vento e al medico di base. E, se un giorno mi toccherà, potrò soltanto urlare con la mente «lasciatemi stare» mentre un dottorino zelante si sentirà a posto con la coscienza perché sta applicando la legge.

Legge inutile e umiliante

Legge inutile e umiliante

Liberazione del 27 marzo 2009, pag. 2

Mario Riccio

Abbiamo assistito ad un dibattito dai toni tragicomici. E mi limito alla sola parte tecnica, quella che conosco e che pratico ogni giorno. L`insostenibilità giuridica del testo di legge licenziato dal Senato è di tale evidenza che non necessita di alcun ulteriore approfondimento. La maggioranza infatti si è mossa spinta dalla convinzione che una legge sul fine vita dovesse colmare un vuoto legislativo. Al contrario c`è un pieno legislativo, per citare l`espressione del prof. Rodotà. I giudici nelle recenti sentenze Welby ed Englaro hanno - come ovvio - rispettato le leggi oggi già esistenti. Ed in particolare la Carta Costituzionale, i cui contenuti sono da anteporre a qualsiasi altra norma di rango necessariamente minore. Tale considerazione, in sintesi, aveva dominato anche la decisone della Corte Costituzionale quando ha dichiarato inammissibile il ricorso - sollevato da Camera e Senato nei confronti della Cassazione e della Corte di Appello di Milano per i loro pronunciamenti sul caso Englaro. Non mi soffermo sul carattere eversivo di tale vano tentativo di attacco alla indipendenza della magistratura. Ma ieri nell`aula del Senato abbiamo ancora una volta sentito dichiarazioni circa sentenze creative e la volontà di sostituirsi da parte della magistratura al potere legislativo. La legge licenziata dal Senato risulta inutile, nel senso letterario del termine. Infatti le volontà contenute in una dichiarazione anticipata di trattamento non hanno alcuna certezza di essere rispettate, visto che è riconosciuta al medico la totale arbitrarietà del rispetto o meno dei contenuti. La non vincolatività - garantita dalla legge - rende di fatto la compilazione di un testamento di vita un esercizio del tutto inutile. Ed anche umiliante per il paziente, che rischia di indicare una volontà che potrebbe trovarsi addirittura in contrasto con quanto il medico gli imporrà, approfittando del suo stato di incapacità di intendere e volere. Una lettura estremamente rigorosa di questa legge potrebbe addirittura inficiare anche lo strumento del consenso all`atto chirurgico. Il chirurgo potrebbe cioè modificare causa lo stato di incapacità del paziente in anestesia generale - il tipo di intervento concordato preventivamente con il paziente stesso. Il testo di legge è dominato dalla astrattezza e vaghezza terminologica, che mal si adattano ad una legge che insiste in un campo scientifico. Vale come esempio per tutti il termine di accanimento terapeutico, concetto che nessuno può definire con certezza. Salvo poter decidere, ovviamente solo per se, quale sia un limite di tollerabilità alla terapia medica. L`amputazione di una gamba? Il vivere connesso ad un respiratore artificiale? Il sottoporsi per tutta la vita residua alla dialisi? Essere oggi trasfuso con il sangue altrui e domani forse con il sangue proveniente da cellule staminali embrionali? Ma il ragionamento tecnico-giuridico più insostenibile, per non definirlo altrimenti, è stato utilizzato per imporre la terapia nutrizionale. Premesso che la diatriba sul carattere terapeutico o meno della stessa appartiene solo al nostro paese. Neanche nell’America di Bush ai tempi del caso Terry Schiavo, c`è stato il coraggio da parte del mondo conservatore - né dello stesso Bush - di sollevare tale ridicola battaglia. La nostra maggioranza invece impone per legge la terapia nutrizionale in ragione del fatto che rappresenta una forma di sostegno vitale e non una terapia. Poiché le due definizioni spesso coincidono, ne dovrebbe derivare - per quei principi di logica assenti nella legge - che tutte le forme di sostegno vitale non potrebbero essere sospese. Tali sono - nei reparti di aria critica - la ventilazione polmonare, la dialisi, la trasfusione di sangue, la somministrazione di antibiotici e di quei farmaci che sostengono più o meno completamente la funzione cardiaca. Oggi nel nostro paese si è stabilito per legge che il sole gira intorno alla terra. Senza dimenticare che tale questione è stata realmente affrontata in un passato che è cronologicamente lontano, ma che sembra pericolosamente ritornare.

I Radicali: soccorso civile per staccare il sondino

I Radicali: soccorso civile per staccare il sondino

Corriere della Sera del 27 marzo 2009, pag. 3

Maria Antonietta Calabrò

Uno, cento, mille casi Englaro. Uno, cento mille casi Welby, al grido di «Io sono mio» e di «Eutanasia libera» (slogan che ieri risuonavano a Piazza Navona). Dopo l`approvazione dei disegno di legge sul testamento biologico, i radicali passano «subito» a «una campagna di disobbedienza civile». La nuova strategia è stata annunciata da Emma Bonino: «Sarà come per l`aborto, ci autodenunceremo». La campagna comprenderà infatti anche «un vero e proprio soccorso civile» per quanti vogliono («e sono decine di casi tutti i giorni quelli che si rivolgono a noi», afferma Maria Antonietta Farina Coscioni) chiudere con la propria esistenza legata a un ventilatore o a un sondino. Questa volta, insomma, i radicali non imboccheranno, a legge definitivamente approvata, la strada del referendum abrogativo, cioè la strada seguita, perdendo, per la legge 4o sulla fecondazione assistita. Perché sostiene Bonino, «con la linea politica dell`astensione scelta dal cardinale Ruini, i referendum li perdiamo: a loro basta conquistare all`astensione solo il 25 per cento della popolazione, visto che un altro 25 per cento in ogni caso non va a votare». La «campagna di disobbedienza civile», partirà, invece, immediatamente cercando di utilizzare il «rallentamento» che l`esame del ddl subirà alla Camera, «tra poco iniziano le vacanze di Pasqua e poi si entra nel periodo preelettorale per le elezioni europee e li voglio vedere ad approvare una legge del genere in campagna elettorale». Una vera e propria fase due, dunque, «perché - secondo l`ex ministro del governo Prodi solo con un`ondata di sdegno si può sperare di cambiare qualcosa nell`altro ramo del Parlamento». In cosa consisterà la mobilitazione? Nella raccolta di firme per chiedere al Parlamento un`indagine conoscitiva sul fenomeno dell`eutanasia clandestina, nella raccolta di testamenti biologici sui siti radicali e nella richiesta ai Comuni di istituirei registri, magari telematici, delle dichiarazioni anticipate di trattamento (a Roma raccolte 8 mila firme). Ma non ci si limiterà a questo. «Noi intendiamo offrire un soccorso civile alla gente», spiega Farina Coscioni, deputata del Pd. «Lo faremo grazie alla consulenza dei nostri medici e dei nostri avvocati in modo che prima e dopo dell`entrata in vigore della legge, la gente`possa essere aiutata a fare quello che attualmente si può fare (decidere se attaccarsi`o no a un respiratore, se togliere o no il sondino, eccetera)». Insomma, potremmo avere nelle prossime settimane altri casi Englaro e Welby, «con possibili ricorsi alla magistratura e, in un secondo momento, alla Corte Costituzionale». Che la nuova linea sia questa lo conferma anche Donatella Poretti: «In ogni caso il referendum abrogativo è troppo rischioso».

Parte la campagna di disobbedienza civile dei radicali

Corriere della Sera 28.3.09
Parte la campagna di disobbedienza civile dei radicali
Manifesto sulla bioetica Mobilitate le parrocchie
In piazza per il sì alla vita. I medici: pausa di riflessione
L'associazione Coscioni: da settembre 200 richieste di intervento di «soccorso civile» e 2.500 testamenti biologici online
di M.Antonietta Calabrò

ROMA — «Non possiamo decidere da soli» dicono i medici di famiglia. «Chiediamo una pausa di riflessione» afferma all'unanimità la Federazione degli Ordini dei medici commentando il disegno di legge approvato dal Senato sul testamento biologico. Mentre è al via una mobilitazione del laicato cattolico, con la pubblicazione di un'inserzione a pagamento di una pagina-manifesto su Avvenire contro l'eutanasia e l'abbandono terapeutico. I radicali dell'Associazione Coscioni intanto affermano di aver avuto dal settembre scorso duecento richieste di intervento «di soccorso civile» (sia legale che medico) in tema di fine vita e di aver raccolto oltre 2.500 testamenti biologici telematici.
Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) ha messo in evidenza in particolare che nel nuovo ddl si «attribuiscono forti responsabilità al medico di fiducia della persona e della famiglia, cioè al medico di medicina generale, che vanno ben al di là dei compiti attuali ». Mentre nel documento della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) si ribadisce che
Il corteo
La manifestazione di giovedì dei Radicali a Roma in favore dell'eutanasia e contro il Ddl Calabrò sul testamento biologico
«nutrizione e idratazione artificiali sono, come da parere pressoché unanime della comunità scientifica, trattamenti assicurati da competenze mediche e sanitarie».
Domani invece sul quotidiano della Cei comparirà il Manifesto- appello di tre associazioni cattoliche (Scienza e Vita, il Forum delle associazioni familiari e Retinopera) che lanciano una mobilitazione capillare su tutto il territorio, a cominciare dalle parrocchie, sui temi del fine vita. Il Manifesto si intitola «Liberi per vivere-Amare la vita sino alla fine» e contiene «tre sì» (alla vita, alla medicina palliativa, ad accrescere e umanizzare l'assistenza ai malati e agli anziani) e «tre No» (all'eutanasia, all'accanimento terapeutico e all'abbandono di chi è più fragile). Sono previsti incontri e pubblici dibattiti che si intensificheranno dopo le festività pasquali.
Sul fronte opposto, i radicali di «Soccorso Civile» — che come ha annunciato da Emma Bonino, metteranno in atto «una vera e propria campagna di disobbedienza civile», con autodenunce e ricorsi alla magistratura — rendono noto di aver ricevuto, a partire da settembre scorso, circa duecento tra email e telefonate, su testamento biologico e eutanasia. Con richieste di assistenza legale e medica. Come una signora che si lamenta della «situazione disperata» di suo padre in stato vegetativo permanente «senza alcuna prospettiva (a detta dei medici) di ripresa (...)» di cui «non riesco a far rispettare la volontà, non riesco a far esercitare il suo "diritto a morire" (per usare sue parole) poiché i medici dell'ospedale sono tutti molto timorosi(...) Vi chiedo solo di mettermi in contatto con un medico anestesista per "un consulto" (...)». Dal momento che la donna ritiene «che l'eutanasia sia davvero "un atto di carità" così come dice il prof. Veronesi, un atto dovuto per non ledere la dignità di ogni uomo».

Testamento biologico, medici in rivolta

La Repubblica Firenze 28.3.09
Testamento biologico, medici in rivolta
Il presidente Panti: "La legge dice il contrario del nostro codice"
Zuppiroli, fondatore di "Liberi di decidere": "Provo vergogna e indignazione"
di Gaia Rau

Una contraddizione insanabile. La legge sul testamento biologico appena approvata dal Senato «dice l´esatto contrario di quanto stabilito dal codice deontologico dei medici». A spiegarlo è Antonio Panti, presidente dell´ordine fiorentino: «Il codice prevede che il medico informi il paziente, ne acquisisca il consenso e solo sulla base di questo agisca, somministrando o interrompendo un trattamento. Ora, la legge dice l´esatto contrario, calpestando la volontà del cittadino che non è più giudicato in grado di stabilire da sé quanta sofferenza può sopportare: non è vero che sarà il medico a decidere, ma è il Parlamento che si è arrogato la facoltà di farlo per tutti, in deroga all´articolo 32 della Costituzione».
Questo, secondo Panti, è l´aspetto più grave della legge. Ma soprattutto la più evidente incompatibilità con il documento che da 2.500 anni indica le regole di condotta dei medici. «La legge non può cambiare il codice, solo i medici possono farlo: questo non significa che il Parlamento non possa legiferare in materia, ma noi abbiamo il dovere di rispettare il codice prima ancora della legge, come è avvenuto quando abbiamo deciso di disattendere la norma che imponeva di denunciare gli immigrati irregolari». Significa che i medici violeranno la legge sul testamento biologico? «E´ presto per dirlo. Tutta questa situazione ci mette in grave imbarazzo, e i vertici dell´ordine sono già stati convocati per discuterne». Grave è, per Panti, anche l´aspetto delle spese legate al «sostegno vitale», «un concetto - avverte il medico - che non riguarda soltanto l´alimentazione e l´idratazione, ma tutte quelle cure che permettono di limitare le sofferenze del malato. Se Eluana è rimasta in vita 17 anni, è perché ha goduto di un´assistenza meravigliosa. Ora la legge, all´articolo 5, prevede che siano le singole Regioni a stabilire le linee guida dell´assistenza, e questo implicherà che non tutti i cittadini italiani saranno trattati nello stesso modo».
«Vergogna e indignazione» sono le prime reazioni di Alfredo Zuppiroli, cardiologo, presidente della commissione regionale di bioetica e tra i fondatori dell´associazione "Liberi di decidere", che nelle scorse settimane ha raccolto 500 carte di autodeterminazione alle quali si aggiungono 3.500 moduli scaricati da internet: «Così si violano principi costituzionali fondamentali: l´articolo 2 sulla libertà personale e il 3 sul divieto di discriminazioni legate alle condizioni personali: perché una persona affetta da una grave insufficienza renale può decidere di andarsene in pace rinunciando alla dialisi mentre una in stato vegetativo permanente non può rifiutare il sondino?». Per lui, l´unica strategia possibile è quella indicata da Umberto Veronesi sulle pagine di Repubblica: «La legge non è ancora in vigore: approfittiamo del poco tempo che abbiamo prima che passi alla Camera per raccogliere più testamenti biologici possibile, e poi aprire un contenzioso di massa». Il prossimo appuntamento è domani dalle 20 al teatro Puccini, con il notaio Luigi Aricò che autenticherà i testamenti. Ospite d´onore della serata, Beppino Englaro. Il gazebo di "Liberi di decidere" sarà poi in piazza dei Ciompi il 4 aprile e in piazza della Repubblica l´11.

venerdì 27 marzo 2009

Come si uccide il testamento biologico

l’Unità 27.3.09
Come si uccide il testamento biologico
di Ignazio Marino

Mai più un tribunale emetta sentenze di condanna a morte». È con questo ossessivo slogan che il centro-destra, con prepotenza e aggressività, ha voluto approvare la legge sulle dichiarazioni anticipate di volontà. Una legge sbagliata, votata senza ascoltare nessuno, ignorando le obiezioni più ovvie. Era forse inevitabile che nella discussione pesasse la drammatica vicenda di Eluana Englaro, ma è un errore gravissimo dare al Paese una norma fondata sull’ideologia e sull’emotività, una norma che limita un diritto sancito dalla Costituzione: decidere sui trattamenti sanitari. I cittadini chiedono una cosa sola: poter lasciare indicazioni, se un giorno perderanno coscienza, sulle terapie che si accettano e quelle che non si accettano. Chiedono la libertà di decidere. Non serve entrare nei dettagli di una norma che potrebbe, me lo auguro, essere modificata dalla Camera dei Deputati, ma è utile fare chiarezza: la legge va contro la libertà e calpesta il diritto all’autodeterminazione.
È una legge che è stata approvata senza ascoltare il Paese, senza capire che cosa accade negli ospedali quando un paziente arriva alle fasi terminali della sua vita ed è necessario prendere delle decisioni. È una legge che non ha fatto i conti con i disastri cui andrà incontro. Cosa accadrà se una persona incosciente sarà portata, contro la sua volontà scritta e contro quella dei familiari, in sala operatoria per inserirgli un tubo nello stomaco per nutrirlo forzatamente? Che cosa faranno i familiari uscendo dall’ospedale? Io sospetto che andranno direttamente dal giudice a sporgere denuncia, senza nemmeno passare da casa.
Mi sono interrogato a lungo in queste settimane e vorrei che tutti si ponessero la mia stessa domanda: ma che Paese è un Paese che limita la libertà dei cittadini rispetto all’invasione del proprio corpo da parte della tecnologia medica? Che Paese è un Paese dove i medici sono costretti a nutrire e idratare artificialmente i pazienti perché lo prevede la legge e non un’indicazione clinica? È un Paese che ha perso il suo umanesimo e forse anche il buon senso e la carità cristiana.
C’è un’altra considerazione. In nessun altro Paese al mondo si è riusciti a scrivere in una legge che idratazione e nutrizione artificiali non sono trattamenti sanitari, perché nessuno, nemmeno i più conservatori, hanno avuto l’arroganza di affermazioni così contrarie alla conoscenza scientifica e alla logica. Purtroppo questa legge, così attesa e combattuta, potrà servire solo a creare disagi e conflitti. Fortunatamente esistono ancora i margini per modificarla, c’è la possibilità di ascoltare le società scientifiche e dialogare con i medici, con i malati che si confrontano con la sofferenza. Ma ci vuole onestà e uno spirito libero dalle ideologie.
Presidente Commissione parlamentare d’inchiesta sul SSN

giovedì 26 marzo 2009

Una legge punitiva

Una legge punitiva

Europa del 26 marzo 2009, pag. 1

Maria Antonietta Farina Coscioni

Preceduta da una campagna di insinuazioni e affermazioni volgari contro Beppino Englaro, "colpevole" di lottare perché Eluana fosse libera, si sta approvando una legge punitiva. Una legge che non tiene conto della volontà del paziente ed espropria il diritto costituzionalmente garantito, di non essere sottoposti ad accanimento terapeutico se non lo vogliamo. Ancora una volta la differenza è tra chi vuole assicurare diritti e facoltà; e chi vuole imporre obblighi e doveri. Confortata dagli univoci risultati di tutti i sondaggi demoscopici, credo che si debba rilanciare la sfida all`offensiva oscurantista e medievale, e fare tesoro del patrimonio e dell’insegnamento che ci hanno lasciato Luca Coscioni e Piergiorgio Welby. Dunque la lotta deve continuare, e anzi, va moltiplicato l`impegno perché la legge sul testamento biologico e il fine vita voluta dall`attuale maggioranza sia sostituita da una normativa che rispetti e garantisca la volontà del malato e del cittadino. E chiedo che si disponga un indagine parlamentare sul fenomeno dell’eutanasia "sommersa" e di massa: fenomeno di cui tutti sanno, e che si vuole ignorare. Chi ha un minimo di pratica e conoscenza del mondo medico, sa quanto ci si interroghi sulla legittimità e la moralità di alcuni interventi di accanimento terapeutico, quando senza speranza di guarigione, si dilatano a dismisura, e magari a prezzo di atroci sofferenze, i tempi delle agonie. Un grande filosofo purtroppo scomparso, Hans G. Gadamer, sosteneva che «si ha questo diritto perché si è uomini liberi, e perché lo scopo della terapia medica presuppone la persona: presuppone quindi che si abbia a che fare con un uomo il cui volere deve esser rispettato. In questo senso non mi sembra affatto difficile rispondere alla domanda. Nella prassi diviene però molto più difficile poiché il morite, l`agonia stessa, è un lento paralizzarsi della libera possibilità di decidere in cui l’uomo vive come uomo consapevole e sano». Mi piace ricordare le parole con cui il sinodo della Chiesa evangelica, nel 1998, chiuse i suoi lavori: «Il medico che si rende disponibile all`eutanasia non commette un crimine, non viola alcuna legge divina, compie un gesto umano, di profondo rispetto, a difesa di quella vita che ha un nome e una storia di relazioni». Mi sembrano parole di grande misericordia e comprensione. Quella misericordia e quella comprensione che tante, troppe volte, si è smarrita.

«Il referendum? Mi sembra inevitabile». Intervista a Umberto Veronesi

l’Unità 26.3.09
«Il referendum? Mi sembra inevitabile». Intervista a Umberto Veronesi di Luca Landò

Una legge contro la Costituzione: invece di tutelare un diritto lo cancella
«Depositiamo il testamento biologico prima che la norma sia operativa»

La volontà del malato può attendere. Lo ha deciso ieri il Senato votando l’articolo 3 del disegno di legge della maggioranza sul testamento biologico. Un voto strategico che impedisce ai medici di sospendere idratazione e alimentazione artificiali e che regala all’Italia una brutta legge. «Peggio: una legge anticostituzionale e inutile», dice Umberto Veronesi, oncologo di fama e senatore del Pd, che oggi sarà di nuovo in Aula a votare il testo finale.
«È incostituzionale perché la Carta sancisce il diritto della persona di rifiutare le cure. Ora, se i cittadini possono rifiutare di essere nutriti con un sondino, non si capisce perché non abbiano più questo diritto nel caso perdano la capacità di esprimersi. Ed è una legge inutile perché il testamento biologico è nato con un solo obiettivo: poter rifiutare la vita artificiale. Poichè alimentazione e idratazione forzata sono le condizioni indispensabili per mantenere la vita artificiale, di fatto la legge nega questa possibilità. Avremo una legge che nega l’obiettivo per cui è nata: è un’assurdità».
Quali saranno i risvolti pratici?
«Che nessuno farà il testamento biologico. Perché esprimere in anticipo le proprie volontà sapendo che saranno poi disattese? Oppure tutti faranno il testamento biologico come se la legge non esistesse, sapendo di essere protetti dalla Costituzione e dal Codice di Deontologia medica che obbliga il medico a rispettare le volontà del paziente. E succederà che molti medici faranno obiezione di coscienza per rispetto dei loro malati. Se questa legge non rispetta i diritti dei cittadini, non rispetta neppure quelli dei medici. Credo che difficilmente si potrà evitare un referendum abrogativo».
Era meglio non fare nulla?
«Senza dubbio: piuttosto che una cattiva legge è meglio nessuna legge. In realtà il testamento biologico è da considerarsi già valido nel nostro ordinamento in base, come abbiano detto, alla Costituzione, al Consenso Informato, al Codice deontologico medico e alla Convenzione di Oviedo che il nostro Paese ha ratificato. Ovviamente era auspicabile una legge perché quando esiste un diritto, ci vorrebbe anche una norma che lo tuteli. Ma questa legge invece di tutelare il diritto al rifiuto delle cure, lo cancella. Dal punto di vista dei diritti civili è un grosso passo indietro».
Torniamo all’ipotesi del referendum, non è un’arma a doppio taglio visto il precedente della legge 40?
«Più che altro mi sembra inevitabile, come ho detto prima. Ma penso che il risultato sarà molto diverso da quello sulla legge 40 perché diverso è il problema su cui i cittadini sono chiamati a esprimersi. La morte e la sua naturalità, l’invasione della medicina tecnologica nella nostra vita, riguardano veramente tutti mentre la fecondazione assistita riguarda una fascia precisa di donne o meglio di coppie. La gente non andò votare perché i quesiti erano complicatissimi e perché non sentiva il problema».
Dopo la legge 40 un’altra legge che va contro i diritti dei cittadini: che sta succedendo in Italia?
«Che c’è la tendenza a imporre delle verità di fede anche a chi la fede non ce l’ha».
È solo un problema di ingerenza vaticana o c’è anche dell’altro, ad esempio una difficoltà ad affrontare temi difficili ma importanti?
«Sicuramente esiste una difficoltà culturale di base, ma proprio per questo ci vuole ancora più apertura mentale e non chiusura ideologica. Questi temi, per complessi che siano, saranno posti sempre più di frequente alla riflessione di cittadini e politici: pensiamo alle staminali embrionali, appena “liberalizzate” da Obama. Dobbiamo prepararci perché la scienza non si ferma. Per fortuna».
Ieri si è deciso con voto segreto: è vero che si trattava di un tema personale ma i cittadini non hanno diritto di conoscere le posizioni di chi li rappresenta?
«È vero, ma il voto segreto dà qualche garanzia in più di un voto secondo coscienza, più libero dalle influenze e i ricatti degli schieramenti».
Il Pd ha lasciato libertà di coscienza: lei è d’accordo o si è trattato di un modo per non affrontare il problema?
«Evitare il problema direi di no. Ci sono aspetti positivi e negativi: da un lato trovo giusto che un partito lasci libertà di coscienza e rappresenti una pluralità di idee, dall’altro le lacerazioni che sono emerse non sono certo rassicuranti».
Lei è sempre stato un convinto sostenitore della forza della ragione: lo è ancora dopo quanto accaduto?
«Legge o non legge, la gente non rinuncerà al diritto di vedere le proprie volontà rispettate. Il movimento intellettuale a favore del testamento biologico non è un fenomeno italiano, è mondiale e non si fermerà. Anche per questo invito tutti i cittadini a sottoscrivere il proprio testamento biologico, come ho fatto io, affidandolo a un fiduciario e se possibile depositandolo da un notaio, prima che si concluda l’iter di approvazione di questa legge. È un documento semplice, il modello si può trovare su internet, per esempio su You Tube, o sul sito della mia Fondazione».

La libertà di coscienza scippata ai cittadini

l’Unità 26.3.09
La libertà di coscienza scippata ai cittadini
di Maurizio Mori

Nell’approvazione dell’art. 3 della legge Calabrò che impone l’obbligo di nutrizione artificiale tutte le forze politiche si sono appellate alla “libertà di coscienza”. La “libertà di coscienza” nasce in epoca moderna per opporsi a poteri autoritari e tutelare i comuni cittadini da sopraffazioni esterne, politiche o religiose. È improprio parlare di libertà di coscienza del parlamentare, perché questi non ha sopra di sé altro vincolo che l’ordine costituzionale. Per il resto è un “sovrano”: è tanto libero da porsi a garante della libertà di coscienza dei cittadini. Suo specifico dovere è semmai quello di far sì che le leggi garantiscano davvero questa libertà. L’unico modo corretto di intendere la libertà di coscienza del parlamentare è garantire ai cittadini l’esercizio di un diritto civile che altro non è che l’estensione del consenso libero e informato – riconosciuto dalla Costituzione - a ogni atto medico in ogni fase della vita. Invertendo l’ordine delle priorità, si afferma invece che la “libertà di coscienza” va garantita al parlamentare, con un palese declassamento di ruolo, quasi fosse oppresso da forze superiori e occulte. Così in suo nome nel Pd Rutelli, Fioroni, Binetti & Co. contrastano l’idea di un partito che imponga una linea comune sui temi eticamente sensibili. E ieri l’altro Berlusconi ha ribadito ai suoi senatori che approvare compatti la legge è «dare sostanza a quei principi … (contemperando) l’etica della convinzione con quella della responsabilità» senza «contravvenire la libertà di coscienza». Tutti d’accordo, quindi! Ma c’è il trucco: Berlusconi applica la libertà di coscienza all’etica della responsabilità (politica) per rispettare l’«impegno che sono sicuro anche tu non vuoi disattendere»! Nel Pd, invece, la libertà di coscienza rimanda all’etica della convinzione cosicché ciascuno può votare come gli pare, ossia in base ai propri simboli religiosi, calcoli tattici, pregiudizi, tabù, ecc. Il risultato è una legge liberticida che ha origine in Vaticano, e che coarta quella libertà di coscienza dei cittadini che il parlamentare dovrebbe tutelare.

mercoledì 25 marzo 2009

«Questa legge sarà sommersa dai ricorsi»

l’Unità 25.3.09
«Questa legge sarà sommersa dai ricorsi»
Intervista a Felice Casson di M. Ze.

In Aula il Pdl va avanti per la sua strada, respinge tutti gli emendamenti «premissivi» e la stragrande maggioranza di quelli presentati dall’opposizione.
Felice Casson, lei appartiene al partito di coloro che dicono «meglio nessuna legge che questa legge» sul fine vita?
Sicuramente sì perché con questa legge si fa un passo indietro. La Costituzione, le leggi ordinarie e le interpretazioni della magistratura, riconoscono pienamente il principio di autodeterminazione per la persone capace di intendere e volere. Questo testo, invece, pone delle limitazioni e viola palesemente la Costituzione.
La vita può essere un diritto indisponibile?
Su questo noi abbiamo presentato degli emendamenti per eliminare la definizione cosi come è altrimenti si aprirebbe la possibilità di prevedere sanzioni penali per il tentato suicidio.
Seguendo i lavori parlamentari si percepisce una certa rassegnazione da parte dell’opposizione. Una battaglia persa?
Abbiamo assistito nei giorni scorsi ad un ordine dall’alto, “serrate i ranghi” diretto ai senatori Pdl e quindi anche le voci in disaccordo sono state fatte tacere. Ricordo una quasi minaccia di sostituzione nei confronti di due senatori Pdl della Commissione Affari Costituzionali perché avevano preannunciato un voto per l’incostituzionalità del Ddl Calabrò.
Ma anche nel Pd c’è qualche problema. Stamattina Franco Marini ha chiesto al gruppo di far propri anche alcuni degli emendamenti presentati dai cattolici.
La mediazione che abbiamo raggiunto è stata molto faticosa. Io, per esempio, non condivido alcuni degli emendamenti del gruppo perché ritengo che alimentazione e idratazione artificiale siano trattamenti medici e quindi debbono essere oggetto di dichiarazione anticipata di volontà. Non si possono chiedere ulteriori mediazioni.
In questi giorni ci sono stati diversi appelli per fermare la legge. L’ultima speranza è una moratoria dopo il voto al Senato?
Gli appelli cadono nel vuoto perché la maggioranza procede come un carro armato senza ragionare sulle conseguenze di una legge così deleteria. Speriamo che nel passaggio dal Senato alla Camera ci sia un periodo di riflessione e comunque una moratoria.
Lo crede possibile dopo le ultime dichiarazioni del cardinal Bagnasco?
La Chiesa fa il suo mestiere, sta ai politici garantire scelte autonome, nell’interesse della collettività e dei singoli.
Se dovesse entrare in vigore il ddl Calabrò ci saranno una valanga di ricorsi in tribunale, come qualcuno sostiene?
Alla prima applicazione si creerà un problema di contrasto tra medico, fiduciario o il parente stretto. Ci saranno ricorsi immediati e ripetuti all’autorità giudiziaria e a questo si potrebbe aggiungere un ulteriore serie di ricorsi in sede di Corte Costituzionale.

domenica 22 marzo 2009

La denuncia della Bonino: "Questo è un obbligo di vivere"

La denuncia della Bonino: "Questo è un obbligo di vivere"
L'Opinione del 20 marzo 2009, pag. 2

Il ddl sulle Dichiarazioni anticipale di trattamento (Dat) "introduce un obbligo di vivere che è cosa diversa dal diritto alla vita e contrasta con i diritti fondamentali della persona". Lo ha affermato la vice presidente del Senato Emma Bonino nel corso della discussione generale in corso in Aula sul ddl relativo al testamento biologico. Secondo Bonino, è anche "abusivo" il divieto alla possibilità di sospendere i trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale:. "C`è - ha detto - una inquietante deriva verso una scienza di Stato e verso un obbligo ad utilizzarla". Il "diritto alla vita - ha proseguito Bonino - non è obbligo di vivere, in particolare se lo lascio scritto". Allora, ha rilevato Bonino provocatoriamente, "cosa succederà? Si potrà rinunciare alla ventilazione forzata, che nel ddl non si menziona pur essendo l`aria `sostegno vitale` al pari di nutrizione ed acqua?". Partendo da tali considerazioni e "per la gravità della portata di questa legge - ha detto Bonino - ho chiesto di fermarci". Poi, un duro attacco alla maggioranza: "Voi state, con la forza dei numeri, che non sempre corrisponde alla difesa dei diritti, imponendo uno stato etico; state imponendo una visione dei mondo a tutti. Per questo vi chiedo di fermarvi", il tutto mentre la Finocchiaro chiede il voto segreto e Quagliarello raccoglie la sfida: "non lo temiamo".

giovedì 19 marzo 2009

Fermatevi la moratoria riprende quota

Fermatevi la moratoria riprende quota

Il Manifesto del 19 marzo 2009, pag. 4

«Bisogna togliere alla legge sul testamento biologico ogni riferimento elettorale. Mi auguro che, dopo l`approvazione al senato, ci sia una pausa di riflessione, che appunto consenta a tutti di compiere scelte così serie lontano da interessi e scadenze di voto». Ieri Marina Sereni, vicepresidente dei deputati Pd, ragionava così a proposito del prossimo approdo alla camera del ddl Calabrò, previsto per fine marzo. Nonostante i 3mila emendamenti e l`ostruzionismo dei radicali, l`aula di Palazzo Madama ha ingranato la quarta e già in una settimana, giovedì prossimo, licenzierà il testo. A questo punto la palla tocca a Montecitorio, dove il calendario d`aula prevede l`approvazione dei provvedimenti sulle quote latte, sulle intercettazioni e sulla sicurezza. Ma l`appello di Massimo D`Alema, «Fermate il parlamento. Facciamo una pausa di riflessione e apriamo un dibattito nel paese», lanciato martedì sera al convegno di Italianieuropei e diretto soprattutto ai molti malpancisti del Pdl (ce n`è ancora molti: non a caso ieri il premier ha inviato ai suoi un avvertimento a`votare bene`) non è caduto nel vuoto. Intanto fra i democratici. Meglio sarebbe stato, per il Pd, scegliere da subito di rallentare la corsa del ddl Calabrò. Aderendo alla moratoria firmata, a fine febbraio, da Pietro Ichino e Emma Borino, a cui avevano detto sì anche alcuni esponenti del Pdl e della Lega. Ma l`iniziativa è stata stroncata sul nascere: perché in una turbolenta riunione dei capigruppo svoltasi la notte stessa della morte di Eluana, il 10 febbraio, la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro aveva ottenuto il ritiro del decreto Englaro solo grazie alla promessa di una rapida approvazione di un ddl. Del resto, con rara cecità politica, proprio i senatori Pd avevano proposto e fatto approvare, nell`agosto 2008 in piena via crucis del caso Englaro una mozione che impegnava il governo a legiferare sul fine vita. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, scritti nero su bianco sul ddl oggi al senato. Ma ieri, in aula, Umberto Veronesi ha rilanciato «Meglio nessuna legge. O come in Germania, dove il medico deve tener conto delle volontà precedentemente chieste». Stessa cosa Emma Bonino, «Fermatevi». Stessa cosa stavolta anche Anna Finocchiaro.

mercoledì 18 marzo 2009

Né buona né cattiva, la Natura è indifferente
. Questioni di vita e di morte

Il manifesto 17.3.09
Né buona né cattiva, la Natura è indifferente
. Questioni di vita e di morte
di Maurizio Mori


Testamento biologico. Una tappa necessaria di quel grande processo storico chiamato rivoluzione biomedica, che a sua volta è una sorta di prosecuzione della rivoluzione industriale. Come questa ha prodotto l'Illuminismo e la filosofia moderna, sgretolando il millenario sistema aristocratico, così la bioetica, come movimento culturale, sta mandando in frantumi l'antico vitalismo ippocratico
Come è stato riconosciuto anche dai vescovi tedeschi in un documento spacciato oggi come «apertura all'eutanasia» (documento datato già dal 1999, la cui traduzione viene anticipata dalla stampa italiana e sarà integralmente pubblicata sul prossimo numero di «Micromega») la richiesta del testamento biologico, sul quale si dibatte in questi giorni, dipende dal fatto che è aumentata l'esigenza di controllo sulla fase finale della propria vita. Mentre il normale testamento dà corpo alla volontà dell'interessato per quanto riguarda i beni materiali, il testamento biologico pretende di dar corso alla volontà dell'interessato circa la propria esistenza. Il termine americano esplicita ancor meglio questo aspetto: «living will» è la «volontà sul vivente» e allo stesso tempo «volontà vivente». Il volere dell'interessato è sovrano. Ma proprio questa sovranità disturba i fautori del vitalismo (oggi difeso dai cattolici) che preferiscono parlare di regolazione del «fine vita», espressione compatibile con posizioni che danno scarso o nullo rilievo alla nostra volontà. Mentre parlare di «testamento biologico» pone subito al centro, come sovrana, la volontà dell'interessato, parlare di «fine vita» potrebbe anche prescinderne o metterla in posizione marginale. 
Un salto di paradigma morale 
La terminologia usata non è innocente, e rimanda invece a un vero e proprio salto di paradigma morale, forse analogo a quello che si è avuto nel XIX secolo circa il diritto di voto. Come osservava Antonio Rosmini «la dottrina della rappresentanza personale fu recata al suo colmo dalla Rivoluzione francese ...(quando) poche centinaia al più di prepotenti sofisti decidevano la sorte di trenta milioni .... La massa del popolo non cerca e non cercherà mai tanto (di investigare le ragioni della legittimità dei sovrani) ma si sottometterà ben volentieri a que' padroni che comandano, e se fosse altramente sarebbe ben presto distrutto il mondo. ... il popolo (è) ... nato per venir diretto e condotto da capi ... (per) un sentimento ... infuso dalla benefica natura ... sentimento comprovato dai fatti di tutti i tempi ... (che) smentisce tutti i diritti che i ragionatori politici dei nostri tempi danno ai popoli».
Oggi qualcosa di simile si dice dell'autodeterminazione in campo biomedico, e in particolare della fonte del testamento biologico: il consenso informato. C'è chi lo considera il punto cruciale, e chi invece ritiene che valga solo nel rispetto del disegno proprio del processo vitale - l'analogo della legittimità dei sovrani. Si suppone che la vita corra su dei propri binari, così la libertà umana sarebbe «autentica» o «vera» solo quando rispetta gli scambi previsti: come un locomotore è libero se viaggia rispettando i segnali e seguendo gli scambi, così l'uomo può dare il consenso informato solo per le scelte previste dal disegno insito nella vita, e la libertà (morale) sta nell'accettare o rifiutare quanto già indicato. Per questo il consenso dovrebbe essere solo «attuale» ossia dato quando si è già malati, e non prima.
Si può anche dire, però, che l'uomo somiglia, più che a una locomotiva, a un fuoristrada o a un overcraft capace di andare ovunque, e che la libertà gli consente di spingersi anche nei terreni più scoscesi e accidentati. Grazie al consenso informato può esercitare questa libertà e scegliere tra diverse forme di contraccezione, di riproduzione, di modificazione del corpo e via dicendo. Nelle fasi finali della vita il consenso prende corpo nel testamento biologico, che consente all'individuo di far valere la propria libertà e le proprie volontà anche ove non fosse più in grado di scegliere di persona. 
Il testamento, quindi, allarga il consenso informato, e questo ampliamento è richiesto dal principio di eguaglianza che impone di trattare in modo uguale situazioni uguali: sarebbe incongruo, infatti, che la libertà valesse fino a che il soggetto è in grado di esercitarla e poi cessasse al punto che le volontà precedenti non contino e gli operatori sanitari o chi per essi possano operare in modo difforme da quelle volontà solo perché l'interessato ha perso la forza fisica di farle valere. L'eguaglianza richiede che ciò che vale nelle situazioni di coscienza continui a valere anche ove questa sia venuta meno.
L'esito di un lungo processo 
Il testamento biologico estende il principio del consenso informato in due direzioni diverse: verso il futuro, in quanto consente la scelta «ora per allora»; e verso altre persone, perché consente all'interessato di scegliere un «fiduciario» che decida al suo posto in caso di incapacità. Dati gli elementi nuovi di questo ampliamento della libertà umana, sembra auspicabile una qualche norma che ne regoli la pratica. Ma deve essere una norma rivolta a garantire la puntuale esecuzione della volontà sovrana dell'interessato, e non studiata per far rientrare dalla finestra il vecchio paradigma che rimanda solo alla scelta del binario previsto dallo scambio. Purtroppo, l'attuale disegno di legge Calabrò in discussione in Parlamento sembra essere un attacco esplicito alla dottrina del «consenso informato» prima ancora che una farsa di regolazione del «testamento biologico». 
Il dibattito in corso nella politica italiana è di grande interesse perché non fa altro che dar voce al profondo contrasto tra i due paradigmi morali delineati. Il testamento biologico è un portato della bioetica come movimento culturale, e va visto non come evento isolato ma come tappa all'interno di quel grande processo storico chiamato rivoluzione biomedica, ossia una sorta di prosecuzione della rivoluzione industriale: come quest'ultima ha consentito un ampio controllo sul mondo inorganico, la rivoluzione biomedica sta consentendo un più puntuale controllo sul mondo organico. Come la rivoluzione industriale è stata «la più grande trasformazione dell'umanità di cui abbiamo documenti scritti» (Hobsbawm), così la rivoluzione biomedica comporterà trasformazioni di enorme portata (forse, ancor più sconvolgenti). Come la rivoluzione industriale ha prodotto l'Illuminismo e la filosofia moderna, sgretolando il millenario sistema aristocratico, così la rivoluzione biomedica sta producendo la bioetica come movimento culturale e mandando in frantumi l'antico vitalismo ippocratico. 
La concezione della vita che informa il paradigma vitalista risale a una protoreligione naturale che sta alla base delle diverse religioni storiche (ebraismo, cristianesimo, Islam, ecc.), le quali declinano in modo diverso la comune base della sacralità della vita (umana). Sacro e inviolabile, però, è il finalismo proprio del processo vitale, non la vita della persona. La sacralità della vita non vieta affatto l'«omicidio», dal momento che il divieto che lo riguarda ammette eccezioni, mentre i divieti derivanti dalla sacralità sono divieti assoluti, ossia che non ammettono mai deroghe. Ecco perché i fautori della sacralità si scagliano con forza contro la contraccezione, l'aborto, e così via, mentre possono tranquillamente avere reazioni più blande verso la guerra e altri attentati alla vita delle persone. 
Il cattolicesimo romano è l'indirizzo religioso che più di ogni altro ha elaborato con organicità e sistematicità il vitalismo ippocratico, la cui dottrina a molti appare essere una «cifra dell'umano» essendo stata da sempre presente nelle attuali condizioni d'esistenza. Ogni interferenza col disegno vitale appare quindi una profanazione, un atto contro la religiosità naturale che sgorgherebbe dall'osservazione del mistero della vita. Per questo i cattolici romani sostengono che le loro posizioni non sono affatto «religiose» (di fede) ma che sono semplicemente «umane» (di ragione), e sottolineano che gli argomenti addotti non si basano sulla Rivelazione, ma su considerazioni concernenti la natura della vita. Protestano di fronte ai tentativi di relegare nella dimensione «di fede» le loro pretese, osservando che la religiosità ha una valenza pubblica e una imprescindibile dimensione sociale, proprio perché sarebbe insita nella struttura dell'umano.
Si può riconoscere che in effetti i cattolici romani tendono a evitare il ricorso a tesi rivelate, ma questo non risolve la difficoltà al riguardo. Il punto cruciale, infatti, sta nel fatto che le nuove conoscenze e capacità di controllo introdotte dalla rivoluzione biomedica stanno togliendo l'alone di mistero che ha avvolto il vivente fino a pochi anni fa. Assistiamo così ad un ampliamento del processo di secolarizzazione, che dopo aver coinvolto il mondo astronomico e fisico viene ora a coinvolgere il mondo biologico e biomedico. 
Se la rivoluzione astronomica ha reso silenziosi i cieli generando lo sgomento di Pascal, la rivoluzione biomedica rende silenziosi i finalismi vitali, sconvolgendo gli animi di molti abituati al vecchio paradigma vitalista.
Dal punto di vista etico il nodo dirimente è che l'applicazione del metodo scientifico al vivente dissolve l'assioma cardine del vitalismo ippocratico, ossia che la vita (umana) sia buona in sé, e che la morte sia il peggiore dei mali. Al contrario, la concezione scientifica assume il principio di indifferenza della natura, che ci porta a distinguere tra la mera «vita biologica», che in sé non è né buona né cattiva, e la «vita biografica» che è buona o cattiva a seconda dei contenuti che presenta: è buona se i contenuti sono positivi, ed è cattiva se sono negativi. Per questo il consenso informato diventa il cardine dell'esistenza del cittadino. Non possiamo più presumere di sapere a priori se un dato intervento sia buono o cattivo per l'interessato. Per saperlo bisogna spiegarglielo e chiedergli il parere al riguardo, perché nessuno meglio dell'interessato può sapere che cosa gli interessa veramente. È vero che talvolta le persone sono confuse e non sanno discernere. Ma questa situazione è transitoria, e non può essere assunta come emblematica. 
Tra lasciar accadere e causare
Per ora la richiesta avanzata nel testamento biologico riguarda solo la sospensione delle terapie o il rifiuto di interventi non voluti. Questo perché secondo alcuni c'è una significativa differenza logica tra il «lasciar accadere» e il «causare», cosicché in certe circostanze il lasciar morire sarebbe lecito, mentre l'uccidere sarebbe sempre illecito. Tralasciando qui le analisi fatte per mostrarne la sostanziale equivalenza, si può dire che l'idea che ci sia una radicale differenza sembra essere una sopravvivenza culturale derivante dall'idea che la natura è in sé buona e che l'uomo non è responsabile dell'azione della natura. Se, invece, si assume il principio d'indifferenza della natura, allora a parità di conseguenze la presunta differenza sfuma, perché cambia poco che un determinato effetto (stato del mondo) sia frutto di un «lasciar accadere» o invece di un «fare». Questo significa che, una volta riconosciuta all'individuo la facoltà di sospendere le terapie o di rifiutare gli interventi, questi possa legittimante richiedere anche atti positivi che comportino gli stessi effetti. Il passaggio dall'una all'altra richiesta non è di carattere logico, e dipende dalla presenza di condizioni storiche favorevoli al non lasciar accadere: per esempio lunghe e penose agonie. Laddove queste condizioni si determinassero, invece, trova giustificazione la richiesta di eutanasia (attiva), ossia di un atto che causi la morte.
* Professore di bioetica all'Università di Torino e direttore di «Bioetica. Rivista interdisciplinare»

Letture sui problemi relativi alla fine della vita
Qualche titolo per approfondire gli argomenti trattati in questa pagina. Un libro che nasce dal vissuto personale, ma teoricamente articolato è quello di Mario Riccio e Gianna Milano, «Storia di una morte opportuna. Il diario del medico che ha fatto la volontà di Welby» (Sironi Editore, Milano, 2008). Per maggiori notizie sull'ippocratismo è utile la lettura del volume di Maurizio Mori, «Il caso Eluana Englaro. La "Porta Pia" del vitalismo ippocratico» (Pendragon Edizioni, Bologna, 2008). Il ventaglio più completo delle posizioni riguardo ai problemi del fine vita è quello voluta dal senatore Ignazio Marino: Dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari. Raccolta dei contributi forniti alla commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica aggiornata al 21 febbraio 2007 (Libreria del Senato, Roma, 2007). Altri studi si trovano in vari fascicoli di «Bioetica. Rivista interdisciplinare» (Vicolo del Pavone editore, Piacenza), tra cui segnaliamo quello a cura di Mariella Immacolato, «Sul diritto di autodeterminazione», 2008, no. 1. Per altri contributi che hanno aperto la strada agli ultimi sviluppi nel campo, (a cura di) Borsellino, Patrizia, Dominique Feola e Lorena Forni, «Scelte sulle cure e incapacità: dall'amministratore di sostegno alle direttive anticipate», (Insubria University Press, Varese, 2007). 
Per una chiara esposizione della posizione cattolica prima del cambiamento a favore della legge, Casini Carlo, Marina Casini e Maria Luisa Di Pietro, «Testamento biologico: quale autodeterminazione?» (Società Editrice Fiorentina, Firenze, 2007). Per quanto riguarda 
la riflessione etica, e dunque anche l'entrata in campo di questioni metafisiche, Hilary Putnam ha scritto un celebre libro, «Ethics Without Ontology» (Harvard University Press, 2004).

Vigilia del voto dominata dai veleni del caso Englaro

Corriere della Sera 18.3.09
Vigilia del voto dominata dai veleni del caso Englaro
di Massimo Franco

Il dubbio di costituzionalità è, più che accennato, quasi gridato. Piomba sulla legge che deve regolare il cosiddetto «testamento biologico» alla vigilia del suo approdo nell'aula del Senato. E schiera il Pd su una linea di resistenza al provvedimento, puntellata ed esasperata da Giuseppe Englaro, il padre di Eluana, la ragazza morta dopo diciassette anni in stato vegetativo. Ieri si è corso il rischio che nello scontro fosse coinvolto maldestramente perfino il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il modo incauto col quale Englaro ha detto che il capo dello Stato potrebbe non firmare la legge, ha costretto il centrosinistra a prendere le distanze, seppure con un pizzico di ambiguità; ed è stato accolto dal silenzio gelido del Quirinale.
L'atteggiamento dell'opposizione, infatti, è quello di chi si prepara a subire l'approvazione della legge voluta dal governo; ma poi sembra dare per scontato che verrà sconfessata dalla Corte costituzionale. «Noi ci atteniamo alla Carta fondamentale », sostiene il capogruppo Anna Finocchiaro presentando l'emendamento del Pd. E Massimo D'Alema premette che nessuno può dire a Napolitano quello che deve fare, perché «lo sa benissimo». Concede che «è prematuro » definire incostituzionale il disegno di legge presentato da Calabrò. Ma aggiunge che voterà le pregiudiziali di illegittimità.
A meno che dopo l'eventuale «sì» del Senato si blocchi tutto. «Il Parlamento si fermi» chiede D'Alema. «Diamo la parola ai cittadini. Meglio nessuna legge che questa legge ». È una posizione con la quale il Pd cerca di evitare insieme la sconfitta parlamentare ed una spaccatura interna. Non a caso l'ex premier torna a dire che «la libertà di coscienza non può essere la linea politica» del partito. Si preannuncia dunque un braccio di ferro nelle stesse aule parlamentari, destinato forse a riservare altre sorprese.
Rocco Buttiglione, dell'Udc, invita D'Alema a «non sequestrare la Costituzione»; e a non forzarne la lettera. La tensione, tuttavia, è legata al fatto che nella stessa maggioranza affiorano resistenze sull'opportunità di procedere in un clima così infuocato. Il governo teme che il Pd voglia radicalizzare le polemiche per agitare lo spettro di un referendum e spaventare i dubbiosi. L'obiettivo sarebbe quello di ottenere il rinvio. Per ora, però, il risultato è di rafforzare la determinazione del Pdl. Per il sottosegretario Eugenia Roccella, non ci può essere «nessuna moratoria» dopo anni di tentativi di fare una legge. La decisione della Corte di Cassazione sul caso Eluana, con la quale sono state sospese idratazione e alimentazione, viene additata come una spinta decisiva a legiferare.
A D'Alema che accusa la maggioranza di perseguire una «prova muscolare», il senatore Gaetano Quagliariello risponde in modo caustico. Per l'esponente del Pd, ironizza, «quando si è in maggioranza si va avanti senza problemi. Se invece si rischia di perdere ci si ferma per non essere sconfitti». L'irritazione è accentuata dalle parole di Giuseppe Englaro, accolte come uno sfogo irrispettoso nei confronti delle istituzioni. Viene respinto il tentativo di strattonare il capo dello Stato in modo improprio, e di anticipare una pronuncia negativa da parte della Corte costituzionale. Sembra di capire che gli spazi per mediare si sono esauriti: almeno per il centrodestra; e che ogni ulteriore tentativo di dialogo da parte del centrosinistra sia considerato strumentale. Lo scontro parlamentare è nelle cose. E probabilmente non offrirà un bello spettacolo.

«Biotestamento, la legge è incostituzionale»

Corriere della Sera 18.3.09
Scontro sul «fine vita» Il Pdl attacca Englaro: «Aveva promesso il silenzio, non ci faremo intimidire da speculazioni». Roccella: no alla moratoria
«Biotestamento, la legge è incostituzionale»
Il padre di Eluana: «Napolitano potrebbe non firmarla». D'Alema: il Parlamento si fermi
Buttiglione: «Il ddl è migliorabile. Bossi chiese alla moglie di farlo morire, ma ora la ringrazia»
di Alessandro Trocino

ROMA — La giornata comincia con Beppino Englaro che al Senato spiega che «piuttosto che fare una legge così sul testamento biologico, sarebbe meglio non fare alcuna legge». E che comunque «non è detto che il capo dello Stato decida di non firmarla». E finisce con Massimo D'Alema che si dice pronto a votare la pregiudiziale di costituzionalità, ma chiede anche al Parlamento di fermarsi: «È irragionevole andare avanti così. Nessuno avverte la terribile urgenza di provvedere sulla materia. Finita la prova ideologica muscolare, ci si prenda una pausa di riflessione. Il Parlamento non vada avanti come un carroarmato. Apriamo un dibattito, andiamo nelle università, ascoltiamo la società civile».
Proposta subito respinta da sottosegretario Eugenia Roccella: «Non è necessaria alcuna moratoria». Alle parole di Englaro rispondono duramente Maurizio Gasparri («Non ci faremo intimidire dalle speculazioni ») e Gaetano Quagliariello («Englaro aveva promesso il silenzio »). Nel Pd si leva invece la voce di Franca Chiaromonte, che ribadisce l'incostituzionalità della legge e chiede un relatore di minoranza per l'Aula.
Ma al convegno organizzato dalla Fondazione presieduta da Massimo D'Alema, Italianieuropei, va in scena anche un tentativo di riflessione comune. Ad aprire un varco ci prova Rocco Buttiglione che, tra una citazione di Kelsen e una di Habermas, dichiara «migliorabile» il ddl e fa sua la convenzione di Oviedo. Quella secondo la quale il medico deve «tener conto» delle precedenti dichiarazioni di volontà del paziente. Il vicepresidente della Camera rivendica il principio del «noli me tangere». Per quanto riguarda i Dat, cita Aldo Moro: «Avrebbe davvero scritto quelle lettere da libero?». E il caso Bossi: «Chiese alla moglie di farlo morire, ma ora la ringrazia».
Anche D'Alema cita Moro, ma in tutt'altra direzione. Rievocando il discorso alla Dc, durante il dibattito sul divorzio, quando spiegò che «lo spirito del tempo consigliava di vivere i valori cattolici più come testimonianza che come imposizione di legge». D'Alema si rivolge ai suoi, spiegando che «non ci si può nascondere dietro alla libertà di coscienza, pure giusta: serve una linea politica». Ora per lui una legge «è meglio non farla: il contesto giuridico è sufficiente e si rischia un'altra legge 40, inapplicabile». D'Alema considera «apprezzabili » le aperture di Buttiglione, non molto lontane dalla terza via rutelliana, ma spiega che «di fronte al mistero della morte, lo Stato dovrebbe stare alla larga». Poi un accenno alla sua storia personale: «La vera scelta morale è di chi chiede al medico di sospendere o no le cure. È quando un genitore dice — e a me è capitato — lasciatemi morire in pace».

sabato 14 marzo 2009

A chi appartiene la mia vita

La Repubblica 14.3.09
A chi appartiene la mia vita
di Corrado Augias

Gentile Augias, leggo sgomento che la terribile legge sul testamento biologico proposta dal relatore Calabrò non sarà modificata nelle parti più importanti. Ne deduco che, pur essendo in grado di intendere e di volere, non potrò decidere di sospendere la nutrizione forzata (come se non fosse una cura).

Credo di essere un buon cittadino, ho cominciato presto a lavorare, mi sono pagato gli studi, ho fatto scelte che considero «etiche» (sono vegetariano), mi sono sbattezzato per sentirmi culturalmente libero. Ho sempre pensato di essere padrone di me stesso. Mi rendo invece conto che non lo sono. Non posso decidere, in caso di malattia grave, di morire con dignità. Non posso decidere (o delegare per me qualcuno), in caso di coma irreversibile, di far sospendere l'alimentazione. Allora le chiedo: a chi appartiene la mia vita? Visto che in questo paese non posso decidere di tutelare le mie decisioni, chiedo, apertamente e con forza, alle persone che mi amano di fare di tutto, nel caso finissi come la povera Eluana, per porre fine alla mia esistenza. Non posso accettare che la Chiesa o i politici tengano in pugno la mia vita.
Marino Buzzi aracno76@libero.it

La mossa di sostituire il prof Ignazio Marino con l'ondeggiante Dorina Bianchi nella commissione senatoriale che ha preparato le norme base per il testamento biologico, s'è dimostrata una sciagura. La lettera del signor Buzzi, che faccio mia, ne dà testimonianza. In una precedente legislatura era stata approvata un'altra legge, quella sulla procreazione assistita, ugualmente dettata dalla più angusta ideologia. Questa sulla Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento) sarà peggio. Vero che in un caso e nell'altro si può andare quasi ovunque fuori d'Italia ma, a parte i soldi, un conto è andare per far nascere una vita, uno ben diverso far viaggiare una persona molto malata. Solo l'umiliazione, il peso di una cittadinanza mutilata, è uguale. La discussione in aula avrà un esito che considero scontato. L'orientamento di alcuni cattolici `non adulti' è evidente al di là di ogni ipocrisia. La destra, che non ha grandi idee al riguardo, si allineerà obbediente. Resta, annuncia già il senatore Marino, il referendum abrogativo. Ne diffido. Quando ci fu quello sul divorzio, la campagna era del tipo: «Donne, attente, i vostri mariti vi lasceranno, fuggiranno con le ballerine». Questo sarebbe: «Anziani attenti, i vostri figli vi uccideranno per rubarvi l'eredità», o qualcosa del genere. Troppe sono le persone largamente disinformate sulla elementare posta di libertà in gioco in un paese che di libertà non ne ha mai conosciuta molta. Sarebbe una campagna arretrata, per un paese arretrato.

giovedì 12 marzo 2009

Biotestamento a senso unico

Biotestamento a senso unico

Il Manifesto del 12 marzo 2009, pag. 6
Matteo Bartocci

Maggioranza blindata sul testamento biologico e le disposizioni anticipate di trattamento (Dat). Dialogo impossibile in commissione salute del senato sul punto più controverso della proposta Calabrò. Il centrodestra e l`Udc hanno votato compatti l`articolo 3: «Alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente - si legge al comma 6 - sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione anticipata di trattamento». Bocciati senza appello dunque sia l`emendamento «prevalente» del Pd, a firma di Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, che afferma la libertà di scelta del paziente sia quello di «mediazione» con le posizioni della Chiesa presentato in solitaria e con un certo scandalo dopo la morte di Eluana Englaro da Francesco Rutelli. Ben allineato alle posizioni di santa romana chiesa anche l`Udc: «Sul diritto alla vita, bene indisponibile tutelato dalla Costituzione, non può esistere alcuna mediazione politica», dice il capogruppo del partito di Casini Giampiero D`Alia. Si va al muro contro muro. E il Pd, per una volta, tiene, con la capogruppo in commissione Dorina Bianchi che ha votato insieme al resto dei senatori democratici. Unico astenuto l`immancabile teodem Claudio Gustavino, che insieme alla collega Emanuela Baio esulta per la bocciatura degli emendamenti presentati dal suo stesso partito: «Il voto della commissione conferma la nostra posizione. Il sondino è un ausilio tecnico che può essere tolto solo quando non più efficace, come avviene oggi». Sul cambiare la legge in meglio ormai ci sono poche speranze. Ignazio Marino (che ieri aveva insistito per opporsi al Pdl sul consenso informato, generando malumori tra le sparute «colombe» della maggioranza) ha ben chiaro che questa legge «va contro la Costituzione e non va incontro alla possibilità del cittadino di indicare liberamente le sue scelte per il momento in cui non si potrà più esprimere. Una legge peraltro molto restrittiva che riguarda solo le persone in stato vegetativo persistente e non tutti i pazienti». Insomma, varrà solo in occasione di nuovi «caso Englaro». Appena più morbida la capogruppo democratica in senato Finocchiaro, che però tra le righe non nasconde la sua vicinanza alle posizioni del medico senatore: «Il testamento biologico previsto dalla maggioranza è una dichiarazione di volontà`light`. Ma non può intaccare quel principio costituzionale previsto all`articolo 32 che resta a prescindere e che sarà un elemento di valutazione di questo provvedimento», Il centrodestra nel frattempo lavora di cesello su parti secondarie del provvedimento. La durata del testamento biologico viene allungata a 5 anni (contro i 3 previsti in origine) e le dichiarazioni anticipate di volontà verranno depositate presso il medico di famiglia e non più presso notai a titolo gratuito. Approvato anche un emendamento presentato da Roberto Centaro (Pdl) che rende le Dat «vincolanti» (nel testo Calabrò non erano nemmeno tali) ma sempre «fatte salve le previsioni dell`articolo 8». Il riferimento, a ben vedere, è una norma tagliola: l`ultimo articolo del ddl infatti prevede che «il medico non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente o comunque in contrasto con le norme giuridiche o la deontologia medica». Le indicazioni, precisa inoltre lo stesso articolo, «sono valutate dal medico sentito il fiduciario, in scienza e coscienza, in applicazione del principio dell`inviolabilità della vita umana e della tutela della salute, secondo i principi di precauzione, proporzionalità e prudenza». E` al medico, dunque, che spetta ogni decisione finale. Chiuso ogni spiraglio in commissione sui punti qualificanti del provvedimento la battaglia si sposterà in aula. «Ognuno è rimasto sulle sue posizioni, e a questo punto speriamo che più avanti si possa intervenire sostenendo che l`idratazione e la nutrizione artificiali effettuati con atti chirurgici si possano considerare dei trattamenti sanitari da poter rifiutare», dice la radicale Donatella Poretti. Il tempo però stringe. Ieri la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha concesso qualche giorno in più per la presentazione di emendamenti, fino a lunedì. Mercoledì 18 invece inizia la discussione in aula, con votazioni previste dal 24 marzo.

mercoledì 11 marzo 2009

L’appello: ora si discuta di eutanasia e suicidio assistito

l’Unità 11.3.09
L’appello: ora si discuta di eutanasia e suicidio assistito

È arrivato il momento di parlare apertamente di eutanasia. Una pubblica dichiarazione - tra i primi firmatari Maurizio Mori, Mario Riccio, Carlo Flamigni, Carlo Augusto Viano, Sergio Bartolommei... - lo rivendica, dopo la conclusione del caso Englaro. Eutanasia e suicidio assistito sono vietati dal codice penale, ragionano i firmatari del testo (che pubblichiamo integralmente sul nostro sito: www.unita.it) ora è giunto il momento di iniziare a discuterne le modifiche, stabilendo comunque che suicidio assistito e eutanasia vanno consentiti solo in condizioni «rigorosamente definite e con tutte le opportune garanzie per tutti».
«L’avvio di discussione in Parlamento sul testamento biologico - dice il documento - senza dubbio precipitato dal caso (ed anzi reso possibile da esso, se è vero che fino a pochi mesi fa la linea del movimento e della Chiesa cattolica stessa era contraria ad una legge ad hoc), mostra come questo risentimento si esprima nel tentativo di approvare una legge-manifesto farraginosa, ideologica, di difficile applicazione e tale da far arretrare di molto le attuali garanzie giuridiche – se non essere contraria alla Costituzione. È vero infatti che non esiste oggi in Italia una specifica legge in proposito, ma vi sono precisi riferimenti normativi (Costituzione, Convenzione di Oviedo, Codice deontologico dell’Ordine dei medici, ecc.) che impongono il consenso informato e di fatto consentono già oggi una prassi di rispetto delle dichiarazioni anticipate di volontà».
Sì a una buona legge sul testamento biologico e allo sviluppo delle cure palliative, «passaggi essenziali per raggiungere l’obiettivo della buona morte». Non esiste inconciliabilità «fra cure palliative ed eutanasia e/o suicidio assistito. Crediamo anzi che i due approcci - palliazione e autodeterminazione - non solo possano integrarsi ma siano complementari nel rispetto della volontà dell’individuo».

martedì 10 marzo 2009

Bio-testamento, vicina la prima intesa

La Repubblica 10.3.09
Bio-testamento, vicina la prima intesa
"Atti medici" subordinati al consenso del malato. Marini riunisce gli ex popolari
Resta il nodo delle norme relative ad alimentazione e idratazione artificiali
di Giovanna Casadio

ROMA - Un accordo c´è. Oggi in commissione al Senato il primo mattone del biotestamento - quell´articolo 1 che elenca i principi a cui s´ispirerà la legge sul fine-vita - potrebbe essere posto con voto bipartisan. Il centrodestra dovrebbe accogliere una modifica che il Pd considera indispensabile per avviare il confronto su tutto il resto, cioè la non obbligatorietà sempre e comunque degli "atti medici" che devono piuttosto essere subordinati al consenso informato. L´emendamento, firmato dalla capogruppo dei Democratici Anna Finocchiaro e dai vice Luigi Zanda e Nicola Latorre, dice: «Gli atti medici devono conformarsi al consenso informato in base al principio secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge e non si può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Il riferimento è all´articolo 32 della Costituzione.
Un´intesa che non risolve il complesso delle questioni, soprattutto la più scottante sollevata dal caso-Eluana: il "nodo" su idratazione e alimentazione artificiale che scompagina gli schieramenti e divide i Democratici. Per questo stasera i popolari del Pd si incontreranno con Franco Marini. L´ex presidente del Senato - una lunga esperienza sindacale a sbrogliare le situazioni complesse - ha chiamato a rapporto i senatori cattolici ex Ppi. Bisogna decidere una linea, se cioè votare a favore, come vorrebbero alcuni, o astenersi sulle norme preparate dal Pdl. Valutare inoltre se presentare un emendamento (al quale sta lavorando Daniele Bosone) che rappresenti la "quarta via", non proprio uguale al compromesso proposto da Rutelli (affidare al medico la decisione ultima) ma che preveda la possibilità, in casi eccezionali (in particolare quando c´è lo stato vegetativo e una compromissione corticale e sub-corticale, in pratica la vicenda di Eluana), di sospendere idratazione e alimentazione, se questa è la volontà espressa nel biotestamento.
Raffaele Calabrò, il relatore del disegno di legge, è convinto che sull´articolo 1 una soluzione sia vicina. Del resto, ieri la Finocchiaro e Gaetano Quagliariello, vice capogruppo del Pdl, si sono sentiti per parlare della questione. Ma sul capitolo più scottante, l´articolo 5 della legge, la distanza non sembra colmarsi tra gli schieramenti e si va al muro contro muro. «Questa è anche la nostra sfida come cattolici», rilancia Emanuela Baio, che stasera sarà al vertice con Marini. Come Dorina Bianchi, la capogruppo in commissione Sanità, per la quale incassare l´apertura sull´articolo 1 è intanto una vittoria. Stamani il presidente della commissione Sanità, Tomassini, ha convocato i capigruppo per stabile il timing dei lavori: tappe forzate, già oggi si iniziano a votare gli emendamenti, sedute anche notturne.

Testamento biologico. I padroni dell’ultima parola

l’Unità 10.3.09
Testamento biologico. I padroni dell’ultima parola
di Luigi Manconi

Ogni giorno ha la sua pena. La vicenda dell’aborto della bambina brasiliana lacera, ancora una volta, le coscienze e le intelligenze. Ma è un bene che la discussione pubblica su questi temi cruciali proceda. Qualche giorno fa, Avvenire ha ripreso un dibattito assai interessante che si è sviluppato a partire da un’affermazione di Dorina Bianchi. Intervistata dal Giornale, la parlamentare democratica, aveva affermato testualmente che la vita umana appartiene «ai cittadini e alla collettività». La Bianchi, a quanto so, non ha né rettificato né meglio chiarito il suo pensiero, che si presta inevitabilmente a un’interpretazione in chiave statalistico-autoritaria. E in effetti, gli argomenti che il centrodestra (non Dorina Bianchi) porta a sostegno del proprio disegno di legge sul Testamento biologico si ispirano a un’idea organicistica e illiberale del rapporto tra individuo e società. Da qui le critiche che le parole della Bianchi hanno suscitato, ma anche l’utilità di una discussione che sia finalmente priva di pregiudizi. Antonio Polito si è detto contrario all’«assolutismo libertario», affermando che «la vita non è esattamente una proprietà privata, ma un bene collettivo». D’accordo, a patto che quel “collettivo” sia letto come proposto da Anna Maria Riviello sul Manifesto: «la tua vita certo è tua ed è irripetibile, ma ti appartiene non alla maniera di un manufatto. È tua ma è anche storia di altri e della tua famiglia, a partire dal progetto e dall’accettazione materna». E ancora: la decisione di fine vita verrà presa da ciascuna persona «non da sola ma con le persone che la amano e che hanno cura di lei». Tommaso Gomez che, su Avvenire, riassume i termini della questione, definisce la lettura della Riviello con una classificazione derisoria: «autodeterminazione comunitaria». La formula è risibile (e non è della Riviello), ma il cuore della discussione è proprio questo ed è così riassumibile: la vita umana appartiene a chi ne è titolare - l’individuo, quindi - ma quella vita non si svolge (ci auguriamo) nel vuoto, in uno spazio deserto, nell’assenza di rapporti, comunicazioni, scambi. La soggettività primaria e profonda della persona è nella relazione con gli altri (Lévinas: l’identità è nel rapporto): dunque, agli altri, alle esperienze condivise, al “mondo vitale” nel quale esisto, chiederò soccorso per decidere sulle “cose ultime”. Chiederò con-passione: ovvero condivisione del dolore e della scelta. Ma finché ciò sarà possibile e finché avrò il privilegio di una vita di relazione. Se e quando la mia decisione dovesse entrare in conflitto con quella di chi mi è caro e a cui sono caro, sarò io (e chi altri?) a scegliere.

sabato 7 marzo 2009

Ignazio Marino: "C'è il tentativo di cambiare la Costituzione"

l'Unità 6.3.09
Ignazio Marino: "C'è il tentativo di cambiare la Costituzione"
di Jolanda Bufalini

Nel maggio del 2000 il chirurgo Ignazio Marino si trovò di fronte li caso di Milagros e Marta, le due sorelline siamesi unite in modo tale che l`intervento per separarle avrebbe dovuto sacrificarne una. «Mi rifiutai di fare quell`intervento. Tanto radicale è la mia contrarietà all`eutanasia: un chirurgo non ha studiato per sopprimere». E uno dei motivi, questo, del fastidio di Marino per la confusione creata da un «clima alterato: si contrappone il partito della vita a quello della morte per delegittimare l`avversario»
Lei ha detto oggi che l`unica via sarà l`ostruzionismo. Non crede alle parole di apertura?
«Vede, non mi fido. La destra ha presentato un Ddl incostituzionale e inapplicabile. Sono persone competenti eppure hanno scelto uno strumento inutilizzabile. Ridicolizzati hanno cambiato gli aspetti tecnici ma non quelli sostanziali: una legge nata per la libertà di scelta diventa una norma con la quale Mario Riccio, il medico di Welby, sarebbe incriminato. Oggi in commissione c`erano per il governo i sottosegretari Fazio e Roccella. Non ho sentito da loro parole di accoglimento, sulle due questioni irrinunciabili: il consenso informato e la possibilità, in ogni momento, per il paziente di esprimere il dissenso».
Umberto Bossi ha però chiesto che si lavori a una visione condivisa.
«Ho parlato ieri con Bossi. Immagino che ci vedremo la settimana prossima. Ho trovato in lui un atteggiamento di grande disponibilità al dialogo e di grande attenzione alla sofferenza. Esco incoraggiato da quel dialogo al quale ha partecipato il senatore Rizzi (Ln), anche lui medico rianimatore, e quindi una persona che si confronta con la sofferenza».
Allora c`è la possibilità di un dialogo trasversale?
«Noi stiamo affrontando il problema di terapie che allungano l`agonia delle persone. All`origine del clima attuale, a mio avviso, c`è la strumentalizzazione fatta da Berlusconi delle ultime fasi del caso Englaro. Ma nel 2005 Antonio Tomassini, medico, presentò un disegno di legge che io sottoscriverei. Anzi, non ho difficoltà a riconoscere che in molte parti del mio disegno di legge mi sono ispirato a quello dell`attuale presidente della commissione Sanità, anche lì si riconosce il diritto dei paziente di dire basta».
Sulla sospensione di idratazione e nutrizione sin qui non c`è stata nessuna convergenza
«Non sono un testone, ho passato lunghi anni in luoghi di cura. Se per nutrire devo praticare un incisione, inserire un sondino, usare prodotti farmacologici, dare punti di sutura, consultare un gastroenterologo, sottoporre al rischio di complicanze il malato, questo è un trattamento sanitario e nessuno può esservi sottoposto senza consenso. La verità è che c`è in atto un tentativo surrettizio di cambiare la Costituzione. Ma chi è contano alla libertà di scelta prevista dalla Costituzione lo proponga a viso aperto, perché è la Costituzione che prescrive di non invadere la dignità e il corpo del cittadino senza il suo consenso».
Il sottosegretario Mantovano chiede come si fa a sapere che la volontà di una persona non è cambiata, quando non è più in grado di esprimersi.
«Insisto, è la proposta della maggioranza che crea un obbligo, noi siamo per la libertà di scelta. Si può scegliere che venga fatto ogni tentativo che la tecnologia consente. Si può scegliere, nel caso che non si sia più in grado di esprimersi, un fiduciario. Una persona che ci ama e ci conosce. E che deciderà insieme ai medici».

venerdì 6 marzo 2009

Bio-testamento, salta il dialogo stop alle cure sproporzionate

La Repubblica 5.3.09
Bio-testamento, salta il dialogo stop alle cure sproporzionate
Ma resta il divieto di sospendere l´alimentazione. Pd: testo pessimo
di Carmelo Lopapa

ROMA - Testamento biologico, arriva la nuova versione. La maggioranza cambia 4 articoli su 10 del disegno di legge della discordia. Smussa alcuni punti del progetto che porta il nome del relatore Calabrò, ma non quelli più critici. I capisaldi restano immutati. L´emendamento conferma il divieto di interruzione dell´alimentazione anche in casi gravi, vincola l´attività medica alla «esclusiva tutela della vita», con tanto di sanzioni penali in caso di violazione, fa marcia indietro solo sul ricorso al notaio.
L´apertura viene giudicata parziale, comunque insufficiente, addirittura «pessima» a sentire il capogruppo Pd Anna Finocchiaro. Modifiche quasi «irridenti», le bolla Ignazio Marino. Ma i cattolici del partito restano più possibilisti («Comunque un punto di partenza» dice Daniele Bosone). Francesco Rutelli prende tempo e in Transatlantico ironizza: «Non ho letto le modifiche del Pdl. Miei emendamenti? Com´è noto, li presento negli ultimi minuti disponibili». Il Pd comunque si prepara a dare battaglia, ostruzionismo compreso (con qualche perplessità di Dorina Bianchi), a partire da oggi, quando in commissione Sanità si comincerà a fare sul serio con la votazione degli emendamenti. L´opposizione di subemendamenti al nuovo testo ne ha depositati ieri sera 332. Ben 255 portano le firme del Pd e di Idv, la radicale Donatella Poretti, da sola, ne ha siglati altri 77. E da oggi, ciascun gruppo avrà dieci minuti per ogni emendamento. In aula solo il 18 marzo. Ma Antonio Di Pietro, fin da ora, non vede «altra strada che il referendum abrogativo».
Il relatore Raffaele Calabrò presenta i due nuovi emendamenti in commissione Sanità. Con il primo vengono riscritti i primi tre articoli del ddl. Con il secondo si istituisce il «Registro delle dichiarazioni anticipate», un archivio «unico nazionale informatico». Titolare dei dati, il ministero del Lavoro. La dichirazione non si redigerà più davanti al notaio - misura oggetto di critiche - ma «presso il medico» per essere poi registrata alla Asl. Ma è il primo emendamento che riapre la polemica. Dopo le enunciazioni di principio sul valore della vita, il divieto di eutanasia e suicidio assistito (con tanto di sanzioni penali), ecco che in caso di «morte imminente» viene riconosciuto al medico il potere (non il dovere) di «astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non adeguati al rispetto delle condizioni del paziente». Il riferimento è all´accanimento terapeutico. In commissione anche un giallo. Calabrò apre in un comma alle cure palliative contro il dolore quale «diritto del paziente», come proposto da Marino. Ma il presidente di commissione e collega di partito, Antonio Tomassini, lo dichiara inammissibile. Nel pomeriggio i senatori Pd riuniti concordano la linea. Il capogruppo Finocchiaro boccia le modifiche: «Pessime, l´apertura non esiste, è finta. A questo punto ci si chiede se la dichiarazione anticipata serva ancora a qualcosa oppure no». Gaetano Quagliariello del Pdl li sferza: «Si mettano d´accordo con se stessi».

martedì 3 marzo 2009

Testamento biologico. Ddl del governo contro la Costituzione

l’Unità 3.3.09
Testamento biologico. Ddl del governo contro la Costituzione
di Tania Groppi, Università di Siena

Altro che testamento biologico. Uno dei problemi del disegno di legge all'esame del Senato è che non solo e non tanto di testamento biologico si tratta.
Infatti, con questo testo si pretende di disciplinare, in tutti i suoi aspetti, la fine della vita. E lo si fa determinando un arretramento, incostituzionale, rispetto a principi finora pacifici.
Non è vero che ci sia un vuoto giuridico sul "fine vita" nel nostro ordinamento. Il diritto non coincide per intero con la legge: nel silenzio di questa esistono principi di ordine costituzionale, internazionale, deontologico e giurisprudenziale che hanno raggiunto da anni una serie di punti fermi.
E' ormai riconosciuto il diritto al rifiuto di trattamenti sanitari, anche di sostegno vitale, da parte del soggetto capace di intendere e di volere. In conseguenza del principio del consenso informato. Il fondamento sono gli artt. 13 e 32 della Costituzione e l'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, trasfusi poi nel Codice di deontologia medica, in pareri del Comitato di bioetica, nella giurisprudenza della Cassazione. Ciò significa che il paziente può rifiutare qualsiasi trattamento, anche necessario a mantenerlo in vita.
Esiste, in definitiva, un principio di "disponibilità condizionata" del bene vita, che esclude sia un generale diritto di morire, sia un'assoluta indisponibilità della propria esistenza.
Ebbene, il disegno di legge rimette in discussione anche questo aspetto. Altro che disciplina del testamento biologico! Qui si pretende di coartare la volontà, attuale e presente, di chi è perfettamente capace.
Il diritto alla vita viene definito "indisponibile" fin dall'art.1 del testo, per stabilire poi che il medico, anche se il paziente rifiuta, debba comunque procedere ai trattamenti necessari a mantenerlo in vita: attaccarlo a un respiratore artificiale, praticare una trasfusione, amputare un arto…
Si tratta di una disciplina che non solo determina un arretramento, ma è palesemente incostituzionale. Essa viola l'art.32, comma 2, della Costituzione, secondo il quale "nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge", legge che non può "in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". E' difficile negare che imporre a un malato con la forza trattamenti che lo tengono in vita contro la sua volontà, del tutto ingiustificati da istanze di salute pubblica, sia in contrasto con la dignità della persona. Ancora una volta, non resta che prendere atto della lucidità dei Padri Costituenti e della miopia dei nostri attuali legislatori. Se questa è la voce del Parlamento, meglio il silenzio.