sabato 28 marzo 2009

L'inutile testamento

L'inutile testamento

Il Manifesto del 27 marzo 2009, pag. 5

Eleonora Martini

Il paradosso del voto di ieri con il quale il Senato ha licenziato, peggiorandolo, il ddl Calabrò sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), è che tutti - a destra e a sinistra, pro e contro questa legge - confidano che il testo «venga migliorato alla Camera». Un auspicio che non è mancato in qualunque dichiarazione di voto, dei gruppi o dei dissenzienti. Come a dire: un`ala del Parlamento ostaggio di se stessa, che mai come questa volta benedice il nostro bicameralismo perfetto. Una maggioranza ostaggio, secondo l`opposizione, di un governo che non ha alcun rispetto dell`autonomia parlamentare, di un Presidente del Consiglio incaponito nella sua crociata anti magistratura e che ha bisogno di «un pennacchio da portare al prossimo congresso» fondativo del Pdl (un sacrificio da offrire all`ala An non finiana). E, last but not least, di un Berlusconi che ha trovato il modo di "comprare" il silenzio dei vescovi sulle politiche governative anti immigrati. Anche l`opposizione, secondo la maggioranza, sarebbe ostaggio di un drappello di radicali che vogliono introdurre in modo strisciante l`eutanasia e di un Beppino Englaro che ha «deciso di immolare la figlia sull`altare di un interesse politico» (parole del leghista Rizzi, accolte dai suoi con grandi applausi e pacche sulle spalle elargite platealmente in diretta tv). Non stupisca, perché il capogruppo Pdl Gasparri - che ha lasciato la dichiarazione di voto finale al suo vice Quagliariello ricevendo in cambio l`omaggio a chi ormai «appartiene a una sola casa» - ha dedicato «la vittoria del partito della vita contro quello della morte e dell`eutanasia, a Eluana». Così, dopo la «buona maratona» della mattinata, come l`ha chiamata il presidente Schifavi, che ha liquidato in poche ore tutti i rimanenti emendamenti e articoli (dal 4 al 9) cambiando solo le virgole e con una sostanziale modifica che evita una volta per tutte qualunque possibile pasticcio, dopo due settimane di finto dibattito, l`Aula ha approvato con 150 sì, 123 no e 3 astenuti una legge che impedisce a chiunque la possibilità di lasciare un testamento biologico. Grazie all`emendamento dell`Udc Antonio Fosson, nel primo comma dell`articolo 4 è stata cassata la frase che definiva le Dat «vincolanti, fatte salve le previsioni dell`articolo 7», Nella versione finale, dunque, le Dichiarazioni anticipate di trattamento rimangono solo «non obbligatorie». Si è così evitato di creare confusione con l`articolo 7, appunto, che dà al medico l`ultimo insindacabile giudizio dopo aver preso solo «in considerazione» le volontà del paziente in stato vegetativo (l`unico stato in cui le Dat «assumono rilievo»), e sempre che si applichi il «principio dell`inviolabilità della vita umana». Ricapitolando: il testamento biologico si può fare, va rinnovato ogni cinque anni, ma non vale nulla. Viene letto, appuntato sulla cartella clinica dal medico, (e dimenticato), solo nel caso in cui ci si ritrovi in uno stato vegetativo permanente. In tutti gli altri casi non viene nemmeno guardato. Mai, comunque, né con le Dat né senza Dat si può rinunciare a farsi intubare per essere nutriti e idratati artificialmente. E sorge anche il dubbio che tali trattamenti "sanitari" (perché necessitano di un sanitario, anche se chiamate «forme di sostegno vitale») si possano rifiutare almeno quando si è pienamente capaci di esprimersi, visto che l`articolo 2 del ddl Calabrò subordina qualunque trattamento al consenso informato «fatti salvi i casi previsti dalla legge». Grazie a un emendamento della Lega, poi, non si potrà neppure fare più ricorso alla magistratura. Il Movimento per la vita ringrazia, «soddisfatto». Un testo come questo è riuscito a ricompattare tutti i casi «di coscienza» del Pd, compresa la capogruppo della commissione Sanità, Dorina Bianchi, tranne i teodem Emanuela Baio e Claudio Gustavino che hanno votato sì, mentre il loro collega Luigi Lusi non ha partecipato al voto. Dall`altra parte dell`emiciclo, quella che Marcello Pera ha chiamato «una legge eticamente e costituzionalmente sbagliata» si è guadagnata il suo no, appunto, e il no di Antonio Paravia, Ferruccio Sano e Lucio Malan («questo ddl induce i cittadini ad aver paura che una volta ricoverati non possano più disporre del proprio corpo», ha spiegato Malan). Non ha partecipato al voto, ma per motivi esattamente opposti, l`ultrà pro-life Laura Bianconi preoccupata, dice, che l`introduzione delle Dat «modificheranno il costume degli italiani» (in senso amorale, si presume). E stato il discorso di Anna Finocchiaro - espresso con pacata autorevolezza e passione a ricompattare i dissenzienti (in una riunione di tutto il gruppo, poco prima di tornare in Aula nel pomeriggio per il voto finale, la capogruppo Pd aveva soprattutto ascoltato, ma senza esprimersi). «Questo disegno di legge - ha esordito - è fondato sul tradimento e su parole ingannevoli», «usate come spade», perché fa credere che si possano dichiarare anticipatamente le proprie volontà. «Il tradimento, invece, arriverà nel momento di maggiore debolezza, quando non si è capaci di dire sì o no», aggiunge, E ancora: «Vi sfugge che la Costituzione non crea diritti, li riconosce, perché appartiene a uomini che nascono liberi e uguali». «Io ho imparato a dubitare e l`ho fatto: è stato un privilegio che mi è anche costato tanto, ma noi non abbiamo avuto paura di farlo»: il re è nudo, ma nessuno lo può dire. «Tra pochi minuti, inesorabilmente - conclude - morirà la libertà e la dignità dell`uomo come la scrisse Aldo Moro nel secondo comma dell`articolo 32». Il problema è che «nessuno vi autorizza, tranne la vostra prepotenza».

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