domenica 23 maggio 2010

La cellula e la Chiesa. La vita artificiale secondo Bagnasco

l’Unità 22.5.10
La cellula e la Chiesa. La vita artificiale secondo Bagnasco
di Maurizio Mori

La notizia della “cellula artificiale” ha suscitato sgomento e confusione. Di fatto non si è creato nulla, tantomeno la vita, ma si è riprogrammato un batterio, che è diverso. Quel che interessa, tuttavia, sono le reazioni. Alcuni vescovi come Domenico Mogavero, presidente del consiglio Cei per gli affari pontifici hanno subito preso le distanze dagli «scenari della vita artificiale, dall’uomo bionico creato in laboratorio», sottolineando che «l’incubo da scongiurare è la manipolazione della vita, l’eugenetica. E chi fa scienza non dovrebbe mai dimenticare che esiste un solo creatore: Dio». Modificare in modo tanto profondo la vita porta a far sì che siano «chiamati in causa sia il futuro dell’uomo sia il senso dell'umano», chiedendo così di porre «uno stop immediato all'anarchia della scienza».
Dall’altra parte, però, sia Angelo Bagnasco, presidente della Cei, sia monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, hanno preso posizioni diverse: il primo ha rilevato che nella nuova scoperta «si vede l’intelligenza dell’uomo, che è un grande dono di Dio», precisando poi che «l’intelligenza non è mai senza responsabilità» e che tutte le forme di intelligenza come di acquisizione scientifica «pur se valide in sé devono essere sempre commisurate ad un’etica che ha al suo centro sempre la dignità umana nella prospettiva del Creato». L’altro ha sottolineto che ogni scoperta scientifica «è sempre un bene per l’umanità» e che dobbiamo «capire l’uso che verrà fatta della scoperta ... Per ora si tratta di una scoperta teorica di cui bisognerà poi verificare l’utilizzo: se sarà per il bene dell’uomo, cioè per curare le patologie» o se si ricorrerà a un suo uso «discriminatorio».
Mentre rileviamo questa forte discrepanza all’interno della stessa Chiesa cattolica, fa piacere rilevare come due autorevoli vescovi cerchino di evitare condanne sommarie che potrebbero dar luogo a casi simili a quello di Galileo. Tuttavia emergono alcune domande: se la vita artificiale è segno dell’intelligenza come grande dono di Dio, perché non lo è anche l’artificialità nella vita? Perché non dire lo stesso delle tecniche di fecondazione assistita, artificiali anch’esse. E se vanno apprezzati gli eventuali risvolti terapeutici di questa scoperta, perché rifiutare quelli legati alle staminali embrionali?
Il vero problema è che stiamo sempre più capendo i meccanismi della vita e acquisendo il suo controllo: si dissolve cioé quella sacralità della vita che valeva quando essa era avvolta nel mistero. In passato il passaggio della cometa di Halley era era segno di sventura: quando si è calcolata la sua orbita, la stessa cometa ha cessato di terrorizzare le coscienze. Ora qualcosa di analogo sta avvenendo coi processi della vita, ed è giunto il tempo che si cambi paradigma. Almeno speriamo.

mercoledì 19 maggio 2010

"Sul biotestamento seguiamo la Costituzione"

"Sul biotestamento seguiamo la Costituzione"

Il Tempo del 18 maggio 2010

Andrea Gagliarducci

«Basta la Costituzione, che sancisce l’inviolabilità della vita», scandisce il senatore Domenico Nania. «L’inviolabilità della vita porta automaticamente all’indisponibilità della vita», sottolinea monsignor Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio della Vita.
Mentre il ddl sul testamento biologico viene esaminato alla Camera, Nania illustra la sua proposta in un libro intitolato: «Il testamento biologico. La terza via» (Koiné edizioni), presentato ieri a Roma. Una proposta che si basa sulla lettera della Costituzione. Spiega Nania: «Fermo restando il principio del rifiuto di ogni forma di eutanasia, resta da chiarire meglio il profilo della responsabilità del "paziente". Penso che per impedire l’eutanasia basti il principio di inviolabilità della vita sancito dalla Costituzione». In questo dibattito, i singoli concetti sono fondamentali: chi sostiene l’indisponibilità della vita, afferma che la vita non è un bene proprio. Scendendo nella pratica, scegliere anticipatamente quando porre fine alla propria esistenza non è un diritto, perché non va al di là del principio del rifiuto dell’accanimento. Il principio di inviolabilità della vita, invece, mette l’accento sul valore della vita, senza però impedire alla persona di fare le proprie scelte. Afferma Nania: «Una persona dovrebbe poter decidere di non avere un sostegno vitale. Il medico, sulla base del principio del consenso informato, deve spiegare che l’eutanasia non è riconosciuta dallo Stato, Ma, dopo che una persona rifiuta le cure, questa deve poter tornare nella sua personale libertà, e non essere più curato, consapevole che si sta suicidando».
Per Nania, l’eutanasia è «coinvolgere terzi in decisioni personali». Fisichella non è d’accordo. Auspica
una legge «il più possibile condivisa» in Parlamento, confida in un «dibattito serio», ma avverte: «Il limite che non può essere superato è accettare in forme evidenti o nascoste il principio di eutanasia».

domenica 9 maggio 2010

"Quelle ultime notti accanto a Eluana tra pietà e polemiche"

La Repubblica 8.5.10
"Quelle ultime notti accanto a Eluana tra pietà e polemiche"
In un libro il racconto del dottor De Monte
di Piero Colaprico

Il volume scritto a quattro mani con la moglie Cinzia. Insieme accudirono la ragazza in coma
Pagine ricche di dubbi e riflessioni per capire quei giorni nella clinica di Udine
"Su questa vicenda sono state scritte tante bugie, a volte in buona fede, ma spesso interessate"

MILANO - Una parola che ricorre spesso è «bugia». Esce in queste ore un libro che mette in primo piano la realtà scientifica della storia e della morte di Eluana. L´hanno scritto il medico e l´infermiera, marito e moglie, Amato De Monte e Cinzia Gori, che hanno vegliato a Udine la figlia di Beppino Englaro. Chi crede di trovare in questo «Gli ultimi giorni di Eluana» (Edizioni della biblioteca dell´Immagine) gente con la verità in tasca si sbaglia di grosso, anzi le pagine sono ricche di dubbi, riflessioni anche sorprendenti: per esempio quando il medico, alla fine, accompagna Eluana in autoambulanza e si sente (parole sue) ormai «incastrato», non può più dire di no.
Ma, carte alla mano e documentazione clinica finalmente alla luce del sole, si comprende meglio che cosa è accaduto dietro le quinte di questa vicenda. E la diversità di vedute con le suore Misericordine di Lecco (a parte suor Rosangela, che per quindici anni ha accudito Eluana) è fortissima. C´è una questione cruciale e inedita: «Mi sono spesso imbattuta, in seguito, in storie fantasiose di individui estranei che - si legge in un capitolo - in quei giorni di ricovero sarebbero passati a portare dei fiori a Eluana e l´avrebbero vista "bellissima, tranquilla, sdraiata nel suo letto". Si tratta di racconti totalmente inattendibili», dicono gli autori. «Dov´erano i sorrisi, lo sguardo che ti segue, la pelle bellissima?», si chiede l´infermiera quando prende in carico Eluana dopo il viaggio Lecco-Udine.
C´è chi, senza averla mai visitata, sosteneva che Eluana potesse deglutire: anche questo era diventato un tema fondamentale per le polemiche. Su questa ragazza, diventata donna dopo i lunghi diciassette anni in stato vegetativo, a Udine notano però «due brutte escrescenze alle orecchie», all´inizio inspiegabili. Poi, «proseguendo nella sistemazione delle sue cose trovai - racconta l´infermiera - anche una serie di telini bianchi piegati e ben ordinati. A quale uso erano destinati lo avrei scoperto, inaspettatamente, molto presto». Da sola perché mancano informazioni: «Niente consegne infermieristiche... Mi domandavo: era stato fatto apposta, era una superficialità, una semplicemente una svista o cos´altro?». Che cosa nascondeva la clinica di Lecco?
La scoperta dell´indicibile avviene durante la prima notte, quando si sente Eluana tossire. È una strana e improvvisa tosse, l´infermiera accorre e dopo un «momento di stupore incredulo», aiuta Eluana a respirare: è piena di saliva. Com´era possibile? «Ripensai al mattino e finalmente capii a cosa servivano tutti i telini bianchi... Posizionati al lato della bocca di Eluana, servivano ad assorbire la saliva». Hanno dunque una spiegazione anche le piaghe alle orecchie della malata: «Sono dovute al fatto che veniva tenuta sul fianco per evitare che affogasse nella propria saliva, potevano anche dircelo, no?!».
Il giorno dopo le suore lecchesi inviano, attraverso i giornali, questo messaggio: «Accarezzare Eluana, osservare il suo respiro e ascoltare il battito del suo cuore». Hanno sempre avallato le ricostruzioni più demenziali, mentre l´autopsia rivelerà che i «polmoni stavano diventando di pietra e osso» per una rara malattia e che le zone della percezione erano lesionate e quindi non aveva alcuna relazione possibile con il mondo esterno.
Quello che più conta, in queste 250 pagine, non sono tanto le precisazioni nei confronti di una politica che non vuol sentire le cose come stanno, ma è il ripercorrere «dall´interno» una vicenda umana e clinica senza precedenti. Con il ricordo un altro ragazzo sfortunato, Roby Margutti, del tutto sconosciuto ai più. Nel 1990, a ventun anni, per un incidente era diventato tetraplegico. Per diciott´anni aveva vissuto con uno «stimolatore diaframmatico»: una dozzina di scosse al minuto gli permettevano di respirare. Dopo altre complicazioni, Roby per un po´ resistette alla grande, rifiutò le cure che non curavano. Amato De Monte ne ricorda le parole della madre: «"Vola libero mio tesoro" diceva al figlio morto, mentre lo baciava e piangeva».
Torna perciò in mente l´ultima telefonata di Amato a papà Beppino: «E je lade Bepino, tu le as liberade», «se n´è andata Beppino, l´hai liberata». Mentre, «a tutti noi - si legge - rimaneva il bagaglio indimenticabile» del confronto con Eluana: un bagaglio che ancora non si chiude.

domenica 2 maggio 2010

Embrioni crioconservati. Verso un decreto ministeriale

Embrioni crioconservati. Verso un decreto ministeriale

Terra del 30 aprile 2010

Federico Tulli

In tempi di crisi come quelli in cui sono gli Stati a ritrovarsi col portafoglio a secco, una banca dalle casse vuote non fa notizia. Ma, pur avendo in comune con i normali istituti di credito il fatto di essere un luogo deputato a conservare oggetti dal valore inestimabile, quella allestita nel Padiglione Marangoni del Policlinico di Milano non è una banca come le altre. Istituita nel 2004 per volontà dell’allora ministro della Salute Girolamo Sirchia, la banca del Padiglione Marangoni è dotata di speciali cassette di sicurezza in cui dovrebbero essere crioconservati gli embrioni orfani prodotti in sovrannumero prima della legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita (appunto entrata in vigore nel 2004). Il condizionale è d’obbligo, poiché, nonostante uno stanziamento iniziale di 400mila euro, in quelle cassette, in questi sei anni, non un solo embrione "avanzato" dalle operazioni di fecondazione assistita è mai entrato. Stiamo parlando di 2527 embrioni che da allora sono crioconservati presso i centri di fecondazione italiani in attesa che qualcuno a livello istituzionale decida finalmente il loro destino. A cominciare dal loro trasferimento nei 6 contenitori di acciaio della superbanca creati appositamente per congelare in azoto liquido gli embrioni abbandonati a suo tempo (anche 20 anni fa) dai legittimi proprietari con dichiarazione scritta. Della questione se ne è occupato un gruppo di esperti appositamente nominato a giugno 2009 dal ministero del Welfare e guidato dal presidente dell’Unione giuristi cattolici Francesco D’Agostino, la Commissione di studio sugli embrioni crioconservati nei centri di Pma. A gennaio scorso, dopo 7 mesi di lavoro, la Commissione ha presentato al ministro Maurizio Sacconi la relazione conclusiva, ma la notizia ha iniziato a circolare solo in questi giorni e dell’intero documento non v’è alcuna traccia sul sito del Welfare.
Ecco in sintesi alcuni passaggi chiave del testo, nel quale si mette subito in chiaro che «è necessario modificare le attuali disposizioni normative relative all’istituzione della banca degli embrioni cosiddetti "abbandonati"» e che «rimane il divieto di distruzione degli embrioni stessi». La Commissione auspica quindi «un investimento nella ricerca scientifica al fine di individuare criteri certi, attualmente non definiti, per stabilire la morte o la perdita di vitalità degli embrioni, ed evitarne quindi una possibile conservazione a tempi indefiniti». Il documento è attualmente allo studio del ministro Sacconi per la valutazione di eventuali provvedimenti. In base al testo, l’unico elemento di novità rispetto ai 6 anni appena trascorsi potrebbe essere la chiusura della superbanca di Milano, senza che questa abbia mai assolto il compito per cui fu creata.
Una misura che darebbe ragione a chi come l’associazione Luca Coscioni denunciava la volontà del ministro e della sua sottosegretaria Eugenia Roccella (che questa settimana si è vista rinnovare dal Sacconi la delega alla Bioetica) di creare la Commissione per «bloccare» ogni decisione in merito agli embrioni crioconservati. Il trasferimento a Milano comporterebbe infatti l’obbligo di una decisione definitiva sul loro destino e questa non può che prendere due vie: o utilizzarli per fini scientifici o impiegarli per tecniche eterologhe.
Quel che è certo, osserva Filomena Gallo, vice segretaria dell’associazione Coscioni, «è che per definire il destino degli embrioni c’è bisogno di un decreto ministeriale che dica di preciso cosa farne». Sin dal 2005 sia le associazioni di pazienti infertili sia l’associazione Coscioni propone un documento in cui si chiede che gli embrioni idonei per una gravidanza siano usati per la fecondazione l’eterologa, e che quelli non idonei siano destinati alla ricerca scientifica. «Invece abbiamo avuto per un anno una commissione che è arrivata a conclusioni che non portano da nessuna parte. E questo vuol dire spreco di tempo e denaro dei contribuenti».