venerdì 31 luglio 2009

Testamento biologico: la maggioranza di centro destra vuole una legge feudale e retrograda per compiacere le gerarchie vaticane. ...

Testamento biologico: la maggioranza di centro destra vuole una legge feudale e retrograda per compiacere le gerarchie vaticane. Piuttosto che questa legge, meglio nessuna legge.

di Maria Antonietta Farina Coscioni

Quello che segue è l’intervento di Maria Antonietta Farina Coscioni in commissione Affari Sociali della Camera, dove si sta discutendo il ddl sul testamento biologico e il fine vita.



Signor Presidente, colleghe, colleghi, parlo in assenza del Governo.

Preliminarmente desidero ripetere quanto ho già affermato nei giorni scorsi. Chiedo scusa per la ripetizione, ma credo sia opportuno e necessario farlo anche in questa sede, non fosse altro perché ne resti traccia in un resoconto parlamentare, di modo che chi vorrà, in futuro, ripercorrere le varie fasi del dibattito in materia di testamento biologico e fine vita ne possa venire a conoscenza. Un contributo, insomma, a che non si smarrisca la memoria di quello che accade, perché è importante che la memoria abbia un futuro.



Dicevo ieri, e ripeto oggi, che rimangiandosi pubblici impegni, il capogruppo del PdL in commissione Affari Sociali ha proposto, di fatto, di strozzare il dibattito generale sul testamento biologico; le audizioni sono giudicate inutili, in quanto sarebbe sufficiente il lavoro effettuato dal Senato, e come testo base occorrerebbe adottare il testo di legge Calabrò licenziato da Palazzo Madama. Una posizione, una proposta pretestuosa e grave.



Una proposta inaccettabile sotto un doppio profilo: perché si annullano, si espropriano prerogative e funzioni di una commissione della Camera dei Deputati; rivelano una curiosa, singolare concezione del rispetto delle istituzioni e delle prerogative parlamentari. Ma anche sotto il profilo sostanziale, perché questa fretta – ma non credo di esagerare se parlo anche di arroganza – manifestata a ogni pié sospinto, ha una sola spiegazione: si vuole, in tempi rapidi portare in dono alle gerarchie ecclesiastiche il testo di legge sul testamento biologico; e si vuole che sia il testo di legge che le stesse gerarchie vogliono e hanno letteralmente dettato; in questo modo patetico e offensivo per le coscienze di tantissimi cattolici, la PdL intende farsi perdonare stili di vita e personali comportamenti del suo leader, l’attuale presidente del Consiglio: in pubblico difensore di virtù e morale, che privatamente in modo plateale contraddice e smentisce. Dunque, almeno, si sia meno ipocriti: si abbia il coraggio di dirlo e sostenerlo apertamente: giorno dopo giorno, tassello dopo tassello, le tessere del mosaico che si sta componendo rivelano un quadro deprimente e inquietante, e si procede verso quello che altri molto più autorevoli di me, hanno definito “Stato etico”: la blindatura, da parte del Governo, del ddl Calabrò annunciata dal ministro Sacconi in un’intervista al quotidiano della CEI “Avvenire”; il colpo di mano sulle cure palliative, con gli emendamenti presentati dal relatore alla Commissione Affari Sociali che stravolgono l’intero testo di legge e vanificano il paziente lavoro svolto in questi mesi; i finanziamenti negati alla ricerca sulle cellule staminali embrionali con una modalità ancora tutta da chiarire; la composizione di una commissione a senso unico con il compito di fornire le nuove linee guida in conseguenza alla sentenza della Corte Costituzionale, che – lo ricordo – ha letteralmente demolito un’altra legge da Stato etico, e mi riferisco alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita…



Assicurare un nuovo ciclo di audizioni anche da parte della Commissione Affari Sociali potrebbe, per esempio, consentirci di toccare con mano una drammatica realtà, vissuta quotidianamente, dai malati e dalle loro famiglie. La realtà, per esempio, di Giancarlo Frignone, affetto di SLA dal 2006, che ha già scritto il suo testamento biologico: “Io ho già scelto e deciso per la mia morte naturale: in nessun caso voglio che mi sia praticata una tracheotomia, per la respirazione artificiale. Non riconosco a nessun parente, tutore, medico o leggi, che possano decidere diversamente da quanto io stia dichiarando qui…desidero solo essere aiutato con sedazione e terapia antidolore”; la realtà di Delia D’Ettorre, una insegnante di Francavilla Fontana di 54 anni, malata di Sla da sedici anni. “Non escludo che in momenti di disperazione, io scelga la sospensione dell’alimentazione…Perché i politici si sono affrettati a emanare un decreto legge che sospendeva la sentenza che ha permesso ad Eluana di porre fine al suo calvario, mentre non fanno niente per i malati di SLA che hanno la sfortuna di vivere in regioni più povere?”. Così cominciava il suo intervento al recente secondo congresso della Cellula Coscioni di Francavilla Fontana, letto dal marito Francesco Mellone. E perché la commissione non dovrebbe acquisire la testimonianza, preziosa, di Paolo Ravasin che dichiara: “A partire dal momento in cui non fossi più in grado di nutrirmi ed idratarmi attraverso la mia bocca”, sostiene, “rifiuto la somministrazione di qualsiasi terapia medica destinata a trattare la malattia di cui sono affetto e oltre altre patologie sopravvenienti intese come complicazioni. Accetto unicamente i farmaci necessari a trattare i sintomi dolorosi derivanti…”. Siamo, siete certi che ascoltare le loro testimonianze, i loro racconti, le loro drammatiche esperienze non sia utile e necessario per il nostro lavoro? Da dove deriva questa vostra certezza?



Il dibattito, colleghe, colleghi, non è tra di noi, ma tra qui e i cittadini la fuori. Ed è uno dei più importanti e più autorevoli che ci troviamo a svolgere. E la differenza non risiede nello scontro tradizionale tra destra e sinistra ma tra visioni diverse della persona, della dignità della vita, del rapporto tra cittadino e lo stato. E proprio su questo ultimo aspetto che si caratterizzerà il dibattito non solo in questa legislatura, ma in uno Stato che si vuole laico, libero e democratico.



Il capogruppo della PdL della Commissione Affari Sociali, e quanti si dichiarano d’accordo con lui, si assumono una grave, pesantissima responsabilità: quella di negare la conoscenza su quanto ogni giorno accade in questo paese, dove migliaia di pazienti con le loro famiglie sono condannati a inutili, spesso atroci sofferenze; perché poco o nulla si è finora fatto sul versante delle cure palliative; e ricordo che si era stabilito che ci si sarebbe occupati di testamento biologico e fine vita contestualmente alle cure palliative; al tempo stesso si tradisce il dettato costituzionale: l’articolo 32 stabilisce – lo sapete, ma è sempre bene rammentarlo - che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.



Ripeto: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Come si sa, è a Aldo Moro e a Giovanni Leone che si deve la stesura della parte finale dell’art 32,secondo comma della Costituzione. Aldo moro ebbe a dichiarare nella seduta della Commissione per la Costituzione del 28 gennaio 1947 che quel limite era necessario perché il legislatore non cadesse “nella tentazione dell’onnipotenza legata a considerazioni di carattere generale e di mala intesa tutela degli interessi collettivi”.



E nel testo che deriva dal lavoro del Senato, l’autodeterminazione, la libertà di scelta che possono e devono essere temperati da altri diritti a me sembra che vengano totalmente negati.

E si ricade in quella mala intesa tutela degli interessi collettivi di cui parlava Aldo Moro.



Esiste l’articolo 3 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, sul diritto all’integrità della persona. Dispone che ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica; e che nell’ambito della medicina e della biologia devono essere particolarmente rispettati il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge. C’è infine la convenzione di Oviedo, con il suo articolo 9: “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”. Insomma, la volontà del paziente è preminente. Negarla, come la si sta negando con il ddl Calabrò significa porsi fuori dalla Costituzione. Vorrà dire che, al pari della legge 40 o dei ricorsi che la maggioranza di centro destra ha voluto opporre in merito a un inesistente conflitto di interessi a proposito della vicenda Englaro, la Corte Costituzionale provvederà, come mi auguro, a ripristinare il diritto violato.



Ma nel frattempo migliaia di cittadini saranno costretti a pagare sulla propria pelle l’invasione e l’arroganza di una politica che di fatto è lontana dalle loro istanze.



Cosa può essere una persona privata della libertà di scegliere nei momenti della sua vita, quando non fa danno ad altri? Il danno è già stato qualificato dallo Stato liberale, con alcuni pilastri fondamentali, cioè quello che il peccato non automaticamente è reato, e l’altro appunto che non c’è reato se non c’è vittima.



Credo si debba essere chiari e al tempo stesso onesti. Il paese, ci chiede che nelle scelte relative al fine della vita sia rispettato il diritto all’autodeterminazione di ciascun cittadino, per abbattere il fenomeno dell’eutanasia clandestina e di quella cattiva morte “all’italiana”, fatta di violenza contro i malati, accanimento terapeutico e imposizione di inutile sofferenza.



Il paese ci chiede il riconoscimento legale di “un testamento biologico” attraverso il quale siano obbligatoriamente rispettate le scelte individuali, compresa quella di non ricorrere alla nutrizione e all’idratazione artificiale.



E’ giunto il momento, colleghe e colleghi, di schierarsi. Lo dico alle colleghe e colleghi del centro-sinistra; ancor più lo dico alle amiche e agli amici laici del centro-destra. Vedete: le battaglie per il diritto a una buona vita, e a una buona morte non riguardano solo la libertà della ricerca e le questioni legate alla bioetica, ma anche e soprattutto all’etica della vita. Quello che dobbiamo affermare, difendere, conquistare sono i valori dello Stato di diritto e della laicità. Nessuno ovviamente intende negare il diritto del Vatiano di esprimere le proprie idee, i propri principi. Quello che si chiede, però, è che l’Italia sia un paese sovrano, e non subisca ingerenze da parte di altri Stati.



Il testo di legge sul testamento biologico proposto dalla maggioranza non rispecchia il sentire degli italiani; e credo sia sufficiente leggere qualche sondaggio per rendervi conto quanto la comunità scientifica sia desiderosa che il nostro sia un paese più laico e moderno.



Negare, come si intende negare, la possibilità di audizioni e di acquisire informazioni e ulteriori “saperi” serve, tra le altre cose, a rinunciare a prendere atto che il ddl Calabrò è un testo che non ha corrispondenza con le legislazioni degli altri paesi europei e occidentali.



Gli Stati Uniti hanno regolamentato la materia fin dal 1991, a conclusione di un lungo e approfondito dibattito cominciato negli anni Settanta. In quel paese nutrizione e idratazione sono considerati trattamenti sanitari, non un mezzo per il mantenimento della vita, il paziente cosciente può rifiutare i trattamenti, anche se di sostegno vitale; per quanto riguarda il paziente non più cosciente, va rispettata la sua volontà quando espressa in condizione di capacità, e documentabile; altrimenti è un fiduciario a decidere.



In Belgio è prevista l’eutanasia su richiesta esplicita del paziente. Ai cittadini viene riconosciuta la possibilità di predisporre un testamento biologico con dichiarazione anticipata di trattamento, scegliendo a quali cure sottoporsi e quali rifiutare.



In Danimarca è stata istituita una banca dati elettronica, che custodisce le direttive anticipate dei cittadini. In caso di malattia incurabile o di grave incidente, i danesi che hanno depositato il testamento medico possono chiedere l’interruzione delle cure e dei trattamenti e di non essere tenuti in vita artificialmente. Nel caso di sopravvenuta incapacità, il diritto del malato può essere esercitato dai familiari.



In Francia la materia è regolata con una legge del 2005 che riconosce il diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico. E’ riconosciuta la figura del fiduciario, da consultare nel caso in cui il paziente sia incapace di esprimere le proprie volontà.



In Germania il testamento biologico trova attuazione nella legge recente e di questa legge ne ha evidenziato le pecularietà il collega Della vedova.



L’Olanda è il primo paese al mondo che, fin dal 2001, ha modificato il suo codice penale per rendere legali, in alcune circostanze rigorosamente normate, sia l’eutanasia che il suicidio assistito dal medico. Questa normativa contiene anche le disposizioni relative al testamento biologico. Le dichiarazioni di volontà possono essere sottoscritte anche dai minori, se c’è l’accordo dei genitori e se il minore ha un’età compresa tra i 12 e i 16 anni.



In Spagna le norme sulle dichiarazioni anticipate di volontà sono all’interno di una più ampia legge sui diritti dei pazienti che risale al 2003. Al cittadino maggiorenne è riconosciuto il diritto di manifestare anticipatamente e per iscritto la propria volontà in merito a cure e terapie cui essere sottoposto, nel caso dovesse perdere la capacità di esprimerle personalmente. Può inoltre nominare un suo rappresentante-fiduciario, che funge da interlocutore con i medici per realizzare le sue volontà ed evitare che ci sia accanimento terapeutico.

E tanti altre realtà sono disponibili nel lavoro fatto dall’Ufficio Studi.



Possiamo ben dire che l’Europa, il mondo civile ci guardano. Il ddl Calabrò si configura come una destrutturazione totale di tutto quello che ha fatto la giurisprudenza fino ad oggi. Stabilire che nutrizione e idratazione non sono terapie, e che pertanto il medico ha la facoltà di disattendere le disposizioni redatte dal cittadino è lo svuotamento – stile legge 40 – di una pratica che a livello giurisprudenziale si era già affermata. Il ddl Calabrò è a tutti gli effetti una controriforma non tanto rispetto a una “riforma” che non c’è mai stata, quanto a quel che prescrive la Costituzione. Si vanifica, inoltre quanto fatto, con l’istituzione nel 2001 di una Commissione proprio sulla definizione di idratazione e nutrizione artificiale, che stabilì che si trattava, a tutti gli effetti, di trattamenti sanitari, e come tali vanno interrotti qualora non apportino miglioramenti dello stato complessivo del paziente, e ne prolunghino le sue sofferenze.



Non c’è persona ragionevole che sia favorevole all’accanimento terapeutico; ognuno di noi sa di persone in coma irreversibile, che da anni vegetano in quella terra di nessuno che è la vita-non-vita, legata a un polmone artificiale o a una alimentazione endo-gastrica; tutti noi abbiamo pensato che in quelle condizioni – quelle di Eluana Englaro, per intenderci – avremmo preferito la morte. “I paladini del martirio e della morte”, come li definiva Luca Coscioni, ieri erano contrari al divorzio, all’aborto, alla ricerca sulle cellule staminali; oggi lo sono all’eutanasia, e sono però favorevoli ai nuovi roghi, vittime malati sofferenti senza speranza, purché questo rogo avvenga “nell’intimità delle mura domestiche, lontano dai riflettori, purché il dibattito e il confronto politico non abbiano luogo”. Noi questo dibattito e questo confronto vogliamo che esploda.



Un dibattito non ideologico, un dibattito non fuorviante così come invece è stato quello del capogruppo del PdL con tutta una serie di richiami sui “malati scomodi”, di giudici “simili (…) agli spartani che sacrificano(…)i bambini deformi, malati e non utili alla dura società di Sparta”; e ancora, continua il capogruppo del Pdl, “ sono cambiati i metodi di uccisione e di selezione, nella opulenta società occidentale, ma non la sostanza, se i giudici decidono se far vivere o morire un essere umana”.



Ma cosa c’entra tutto questo? Chi sta parlando di disabili gravi? Non è stato forse Luca Coscioni ad occuparsi di più dei disabili gravi e gravissimi? Facendo della sua malattia la più grande battaglia per il diritto all’assistenza personale 24 ore su 24, all’assistenza autogestita con progetti di vita indipendente, anche con gli strumenti tecnologici più avanzati con la scrittura con gli occhi, con la testa, per permettere ai malati e ai disabili di uscire, finché possibile,di uscire dalla prigionia del silenzio?



Perché parliamo di disabili gravi? O pensa il collega capogruppo del PdL di essere il solo a pensare che anche l’esistenza di un disabile grave ha il diritto a vivere? Perché mischiamo tali questioni? Qualcuno sta forse proponendo di sopprimere i malati scomodi? Tutto ciò a me non risulta. Semmai risulta una forte disattenzione ai malati. Una carenza di risposta alla solitudine dei tanti Luca Coscioni, Welby, Nuvoli, Ravasin, di coloro che letteralmente “dal corpo del malato” sono arrivati “al cuore della politica”. Vi chiedo rispetto e di non cadere in quella disonestà intellettuale che caratterizza quanti vorrebbero contrapporre un partito della vita a quello della morte.





Nessuno vuole imporre nulla a nessuno, nessuno si sogna di imporre ad altri la propria “morale” e valori. Però a quanti si oppongono a una regolamentazione di queste questioni e non riconoscono la facoltà a porre fine ad atroci e inutili sofferenze, e lo fanno in nome “della vita” e della sua sacralità, va chiesto cosa vi sia di misericordioso, in questa situazione; e ognuno di noi si deve chiedere se sia o no più misericordioso interrompere la sofferenza, quando viene chiesto dallo stesso malato. Bisogna chiedere ragione del sordo opporsi all’introduzione del “testamento biologico, con il quale il cittadino, SE VUOLE, stabilisce preliminarmente quali cure gli devono o non gli devono essere prestate, nel caso in cui si venga a trovare in uno stato di incapacità totale o parziale di intendere e volere, nominando un fiduciario che garantisca delle sue volontà.



Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli, Paolo Ravasin e tanti altri malati al momento non noto al pubblico, che della loro sofferenza, del loro dolore, del loro corpo hanno fatto, letteralmente politica, tutto questo hanno disvelato, ed è grazie a loro se queste questioni, che si voleva relegati tra i “problemi di coscienza” sono diventati “cosa” di cui tutta la città parla, e di cui anche la politica deve occuparsi. Grazie a Luca, Piergiorgio, Giovanni, Paolo, il paese ha preso coscienza e conoscenza di una realtà esistente e negata, sommersa e ignorata: quella di migliaia di persone vive, lucide, capaci di amore per la vita e per il diritto. I mille Luca, Piergiorgio e Giovanni che lottano contro malattie crudeli che li hanno aggrediti; e devono patire, in più, l’aggressione crudele di uno Stato, di politici, di leggi e di “morali” che negano loro quel diritto alla libertà che un giorno forse li potrebbe salvare, o comunque aiutare a vivere con dignità e morire con minor sofferenza.



C’è un diritto a non soffrire inutilmente, e di questo diritto siamo titolari perché siamo persone libere, e perché lo scopo della terapia medica presuppone la persona; e che dunque abbia a che fare con una persona la cui volontà deve essere rispettata.



La battaglia da combattere è, da una parte, quella per la libertà della ricerca scientifica; dall’altra per affermare i diritti umani fondamentali, fra i quali il diritto alla vita, alla salute; a una vita dignitosa fino all’ultimo istante che ciascuno considera degno di essere vissuto, scegliere di vivere senza sentirsi dire da altri; questo o quello non lo puoi fare. L’attuale maggioranza sostiene che occorre scongiurare il ripetersi di nuovi casi come quello di Eluana Englaro. Quello dunque che si vuole scongiurare è dunque il diritto di tutti i cittadini di questo paese a poter predisporre il proprio testamento biologico, compreso il diritto a includere la eventualità della rinuncia all’alimentazione e all’idratazione artificiale. Quando si dice: “Un caso Englaro non deve essere più possibile”, quello che in realtà si dice, si vuole dire, è il potere di vita e di morte, i nostri corpi, appartengono ad altri, al Vaticano. Ufficialmente, pubblicamente, beninteso; perché poi nella realtà si continuerà nella pratica di sempre, il classico “si fa ma non si dice”. Quello che importa – la posta in gioco – è che un padre, una madre, una moglie o un marito, un figlio o una figlia, un amico o una compagna non possono, non devono, rivendicare apertamente il diritto naturale e costituzionale a fare quello che altri cittadini sono costretti a combinare di nascosto, confidando nella pietà e nella misericordia di un medico, di un’infermiera. Vogliono continuare a detenere il potere sui nostri corpi, perché per loro noi non siamo cittadini, ma sudditi, gregge.



In questi giorni, con le associazioni “Luca Coscioni”, “A buon diritto”, la “Fondazione Veronesi” e altre organizzazioni e cittadini, si stanno raccogliendo le dichiarazioni anticipate di volontà; si sta lavorando perché nei comuni si istituisca un registro del testamento biologico: per responsabilizzare le amministrazioni pubbliche nella ricezione e validazione gratuita dei biotestamenti; e soprattutto per mandare un messaggio chiaro a chi ha il compito di fare le leggi e specificatamente a chi lavora per confiscare questo diritto di tutti; ci si sta insomma cautelando, nel caso di definitiva approvazione di questa legge proibizionista, realizzando un atto che potrà essere utilizzato per impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale. Perché è evidente che se sarà approvata una legge che obbliga forzatamente un cittadino che non può più deglutire e ingerire cibo, a subire un intervento contro la sua volontà che gli inserisce una cannula nello stomaco e a condannarlo a sofferenze atroci invece che ad essere assistito e accompagnato a spegnersi nel modo più sereno possibile; una legge che condanna chi entra in coma a essere ricoverato in ospedale, a essere nutriti e idratati artificialmente, è evidente che una legge simile sarà portata decine, centinaia di volte in tribunale, perché quell’imposizione confligge con i diritti costituzionali del cittadino.



Libertà della persona (uso volutamente questa espressione cara al personalismo cristiano), e diritto di autodeterminazione non valgono a senso unico: sono tali proprio per assicurare la possibilità di consapevoli scelte diverse. Quella dei trattamenti di fine vita è una zona opaca sulla quale non per un caso la maggioranza del Parlamento non vuole compiere alcuna inchiesta, nonostante indagini demoscopiche condotte in forma ovviamente anonima ma con criteri scientifici, documentino come si faccia ricorso a forme di eutanasia clandestina molto più diffuse di quanto si dica e si ammetta, e il tutto avviene in solitudine, tra il disinteresse e il silenzio. Uno Stato che sceglie di imporsi con violenza contro la libertà della persona e il suo diritto di autodeterminazione non costituisce una garanzia per nessuno. La violenza non è mai a senso unico, esattamente come non lo è la libertà di scelta.



Termino ricordando a me stessa e a tutti noi quello che disse un indiscutibile credente, papa Giovanni Paolo II nella fase ultima della sua vita, gravemente malato. E per evitare una qualsiasi obiezione circa la fonte, così come è avvenuto nella seduta di ieri, dal sottosegretario Roccella, cito la fonte: gli "Acta Apostolicae Sedis"; si tratta della raccolta ufficiale degli atti della Santa Sede. Nel supplemento del 17 aprile 2005, a pagina 460, si riferisce: "Giovedì 31 marzo (...) Veniva rispettata l'esplicita volontà del Santo Padre di rimanere nella sua abitazione, ove era peraltro assicurata una completa ed efficiente assistenza". Nella successiva pagina 461 si può poi leggere: "Sabato 2 aprile (...) Verso le ore 15,30, con voce debolissima e parola biascicata, in lingua polacca, il Santo Padre chiedeva "lasciatemi andare alla casa del padre". Poco prima delle 19 entrava in coma".



Vorrei che la libertà di scelta di Giovanni Paolo II, sia garantita per tanti altri malati.

In sostanza: non esiste obbligo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che la scienza offre. Esattamente quello che nel testo Calabrò viene negato.



Per questo e per le motivazioni che ho argomentato chiedo di fermarvi. Qualora non riuscissimo a rispondere alle istanze che ci vengono dai cittadini italiani, è preferibile nessuna legge.

dal sito: radicali.it

venerdì 24 luglio 2009

Ordini dei Medici/Testamento biologico, Viale: Referendum tra i medici

da radicali.it
Ordini dei Medici/Testamento biologico, Viale: Referendum tra i medici

Torino, 23 luglio 2009

Dichiarazione di Silvio Viale rappresentante dell’Associazione Luca Coscioni e di Exit.Italia

A proporlo è Silvio Viale, ginecologo torinese impegnato nelle battaglie per i diritti civili, dopo che 18 presidenti provinciali (Aosta, Bologna, Caserta, Catania, Ferrara, Lodi, Lucca, Messina, Mantova, Milano, Oristano, Palermo, Pavia, Potenza, Roma, Rovigo, Trapani, Trieste) con una lettera hanno criticato la posizione assunta dalla FNOMCEO in tema di direttive anticipate di trattamento.

Silvio Viale, che fa parte dell’Associazione Luca Coscioni e di Exit.Italia e che aveva definito “un mezzo passo avanti” la posizione espressa dalla FNOMCeO a Terni, critica la lettera dei 18 e le dichiarazioni del presidente del’Ordine di Roma Mario Falconi.

Silvio Viale ha dichiarato:

“E’ curioso che sui temi etici si invochi l’unanimità dei presidenti provinciali, come fanno Mario Falconi e coloro che hanno risposto alla convocazione del PDL, perché questo significherebbe mettere la museruola ad ogni confronto ed imprigionarlo nei veti delle ideologie. E’ curioso che a dirlo sia Mario Falconi, l’attuale presidente dell’Ordine di Roma, e mi chiedo se sia lo stesso Mario Falconi, allora presidente della FIMG, che il 23-24 luglio 2002 intervenne al Convegno “DIRITTO A VIVERE – DIRITTO A MORIRE” voluto da ENZO BOGIORNO presso l’aula magna dell’Ospedale San Giovanni Calabita Fatebenefratelli. In quel convegno sull’isola Tiberina, organizzato da Cittadinanza con il patrocinio della World Federation of the Right to Die Societies, Mario Falconi assunse l’impegno di promuovere in autunno una grande discussione tra i medici di famiglia sull’eutanasia e la morte, che attendo tuttora. Non so cosa sia accaduto nel frattempo, ma il tentativo di limitare la portata della posizione espressa a Terni dalla FNOMCeO mi sembra in contrasto con quanto da lui affermato nel 2002. Poiché credo che il documento di Terni sia solo uno scontato mezzo passo avanti contro una legge che offende sia i medici che i cittadini, chiedo ai 18 firmatari della lettera di Roma di sostenere la mia proposta di un referendum tra i medici italiani. Se i 18 firmatari condividono e sostengono il DDL approvato dal Senato non dovrebbero temere di dirlo apertamente. D’altra parte, come potrebbero mai esserci posizioni unanime dei medici sull’aborto, sulla fecondazione assistita, sulle cellule staminali, sulla contraccezione di emergenza, sulla RU486, sull’eutanasia volontaria e su tant’altro se bastasse il potere di veto di alcuni per bloccare ogni risoluzione?”

(Silvio Viale 339.3257406)

lunedì 20 luglio 2009

Testamento biologico rimandato a settembre

Testamento biologico rimandato a settembre

Left del 17 luglio 2009, pag. 84/85

Simona Nazzaro

Il richiamo delle vacanze è stato più forte delle pressioni vaticane. Proprio quando sembrava che quella appena conclusa fosse la settimana decisiva per il disegno di legge sul testamento biologico, portato in tutta fretta l’8 luglio scorso in commissione Affari sociali dai deputati della maggioranza, la discussione del testo è stata rinviata al rientro dalle ferie estive. Approvato a fine marzo dal Senato, il ddl Calabrò è stato pianificato dal centrodestra con l’obiettivo di sfruttare l’onda emotiva della vicenda di Eluana Englaro, che proprio in quei giorni arrivava all’epilogo. Una "singolare" coincidenza del testo con precise dichiarazioni delle gerarchie ecclesiastiche sulla fine della vita umana ha poi originato feroci polemiche tra i due schieramenti, che hanno accompagnato tutto l’iter della prima approvazione. Ora, anche alla Camera si prospetta uno scontro duro; lo stesso inizio di discussione in commissione è stato frenato dalle diatribe sulla legge inerenti le cure palliative, che secondo gli accordi doveva essere calendarizzata prima di quella sul testamento biologico. Questo repentino cambio di programma ha provocato le proteste dell’opposizione ritardando l’avvio dei lavori. Tanto che la relazione introduttiva sul progetto di legge del deputato Pdl Domenico Di Virgilio, si è svolta in tarda serata. La decisione di procedere oltre il normale orario di lavoro, lì per lì, ha confermato la tesi di chi accusava il centrodestra di voler procedere rapidamente, come al Senato, per far passare il testo prima dell’estate. Ma il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha fugato ogni sospetto dichiarando che non ci sarà nessuna accelerazione, e che il testo ancora non è stato calendarizzato per l’Aula. Lo snodo dei confronto, che molto probabilmente riprenderà a metà settembre, alimentazione e idratazione forzata, che secondo la maggioranza e i teodem dell’opposizione sono da considerarsi sostegni vitali indisponibili e non trattamenti medici. Intanto, al di là dell’iter parlamentare, c’è chi cerca. di mobilitarsi per altra via. L’associazione Luca Coscioni continua a procedere con la raccolta firme per la petizione al Parlamento, ma rilancia anche la campagna sul territorio per l’istituzione dei registri dei testamenti biologici nei Comuni italiani. Di fatto il registro è già attivo in otto amministrazioni locali che hanno deliberato a tal riguardo, ed è già operativo in grandi città come Roma e Pisa. I testamenti dei cittadini, intanto, sono accolti anche a Rimini, Lecco e Massa; mentre in altri comuni come Genova sono state presentate o preannunciate proposte nel Consiglio comunale, e in 8 municipalità - tra le quali Torino, oltre alla stessa Roma - sono state raccolte le firme per proposte di delibere di iniziativa popolare comunale. Ad Avellino si stanno già raccogliendo firme per la convocazione di referendum comunali, e in decine di comuni sottoscrizioni su petizioni comunali. La campagna sta avendo un grande seguito popolare, confermando quanto da sempre emerge da tutti i sondaggi demoscopici in materia di trattamenti di fine vita. In settimana li dibattito politico sull’istituzione dei registri, come specchio delle reazioni provocate in tutto il territorio, è andato in scena a Torino. Mina Welby e Beppino Englaro sono stati ricevuti dal sindaco Chiamparino per illustrare i contenuti della delibera di iniziativa popolare per l’istituzione di tale registro. Chiamparino ha definito l’iniziativa un utile strumento a disposizione dei cittadini, ma ha sottolineato che i punti più «politici» come alimentazione e idratazione forzata, non sono messi in discussione dal registro: «Sarà il Parlamento a legiferare su questo». Le dichiarazioni di Chiamparino arrivano in risposta alle polemiche che, nell’ambito del Pdl torinese, si sono scatenate dopo l’incontro con Welby ed Englaro, in cui l’iniziativa popolare era stata definita come un bieco tentativo di strumentalizzazione nei confronti della proposta di legge in discussione alla Camera. Nel panorama di tutti questi aspri contrasti, sia a livello parlamentare che territoriale sembra, però, essersi aperto uno spiraglio di dialogo. In un articolo del 15 luglio su Il Secolo d’Italia, Benedetto Della Vedova, parlamentare del Pdl, ha proposto una"soft law” , un passo indietro da parte dei sostenitori delle posizioni più nette ma speculari, per giungere a formulare «un testo inclusivo e non divisivo», ricevendo il plauso di Roberto Giachetti, deputato del Pd. Secondo Giachetti le parole di Della Vedova non vanno fatte cadere nel vuoto perché potrebbero essere un punto di partenza per evitare che su una materia così delicata si producano solo danni per tutti. Speriamo che l’estate porti consiglio.

domenica 19 luglio 2009

Biotestamento. La Chiesa si fida di Silvio

il Riformista 15.7.09
Biotestamento. La Chiesa si fida di Silvio
di Paolo Rodari

VERSO UNA LEGGE. Inizia oggi alla Camera il dibattito sul ddl Calabrò. I sospetti di accelerazione forzata non spaventano la maggioranza. E nemmeno la Cei, sicura della promessa del premier di 5 mesi fa.

Mentre il ddl sicurezza è destinato a rallentare la sua corsa verso l'entrata in vigore al fine di approvare, contestualmente, quella sanatoria tanto apprezzata dalla Chiesa italiana che prevede la possibilità di regolarizzare colf e badanti, si parla in queste ore di un movimento contrario riguardante un altro ddl, quello sul biotestamento che inizia oggi l'esame alla Camera. Movimento contrario che significherebbe accelerazione e, dunque, allineamento dell'iter parlamentare ai voleri della Chiesa italiana.
Le cose stanno così? Davvero, come hanno denunciano i radicali, il centrodestra imponendo la discussione sul ddl in sede di commissione Affari Sociali della Camera ha di fatto manifestato la volontà di procedere a tappe forzate? Davvero la manovra del Pdl sarebbe «politica» e cioè mirerebbe a rendere impossibile qualunque discussione e modifica del ddl stesso assecondando in questo modo le aspettative della Chiesa italiana? Oppure ha ragione il relatore, Domenico Di Virgilio (Pdl), secondo il quale «sarà una normale discussione, senza alcun paletto sui tempi», insomma un «dibattito che si spera sia tranquillo, sereno» e «su basi scientifiche e non ideologiche»?
Difficile rispondere. Certo è che un accordo Chiesa-maggioranza di Governo sull'argomento non c'è stato. C'è stata, questo sì, una promessa avanzata da Silvio Berlusconi nelle ore immediatamente successive la scomparsa di Eluana Englaro. Questi - e le sue parole sono state recepite bene dal segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone - ha promesso che una legge ci sarebbe stata. Non ha detto quando, ma la certezza della Chiesa italiana è che la cosa si farà senz'altro entro l'anno. E questa certezza basta e avanza.
Gli incontri tra Berlusconi, esponenti del Governo e importanti rappresentanti della Chiesa italiana (e anche del Vaticano) furono due. Il primo avvenne immediatamente dopo la morte di Eluana Englaro. Il secondo poco dopo, nella metà del mese di febbraio durante il ricevimento all'ambasciata italiana della Santa Sede in occasione degli 80 anni dei patti Lateranensi e dei 25 anni della revisione del Concordato. Berlusconi, dopo aver incontrato Bertone e il presidente della Cei Angelo Bagnasco, assicurò che «il tema della fine della vita è un problema che non è assolutamente di parte ma riguarda tutti, quindi l'auspicio è che si possa trovare una soluzione condivisa». E ancora, disse che tra il Governo e il Vaticano «vi sono visoni comuni».
Quale poi sia il contenuto di questa visione comune lo spiegò bene, sempre alla metà del mese di febbraio, un altro importante esponente vaticano, il cardinale Camillo Ruini. Al Tg1 tornò sul caso Englaro affermando che la vicenda di Eluana «ha insegnato che è necessaria una legge che escluda l'eutanasia e l'accanimento terapeutico. Quindi che non consenta di rinunciare a idratazione e nutrizione, una pessima forma di eutanasia. Serve una legge - disse - che lasci al medico le sue responsabilità professionali, una legge che chieda che sia espressa la volontà del paziente, una volontà informata e scritta. La Chiesa non è un legislatore e non vuole esserlo, ma come qualunque altro soggetto vuole esprimere la sua opinione».
Oggi, al di là della questione morale, al di là delle ripetute critiche (la maggior parte indirette e consumate a mezze parole) dei vescovi italiani intorno al libertinaggio, alla necessità di fare chiarezza, a una certa condotta morale che si ritiene importante per chi guida un Paese, la Chiesa sembra avere chiara una cosa: la promessa del premier sarà da questi mantenuta.
Un segnale positivo per Berlusconi sul fronte ecclesiastico è venuto nelle scorse ore da Avvenire. Il giornale dei vescovi italiani, dopo qualche critica sul ddl sicurezza e anche sulla questione morale, ha lodato la gestione del G8. E la cosa non è secondaria. Inoltre, quanto al testamento biologico, il giornale della Cei non ha mai offerto particolari spunti di frizione o di scontro con la maggioranza, come fosse consapevole che, in un modo o nell'altro, la cosa si farà.
A conti fatti l'unica accelerazione reale dell'iter parlamentare potrà venire "per colpa" delle forze avverse al ddl Calabrò. Ovvero da coloro che ritengono di poter modificare i contenuti del ddl in chiave eutanasica. Se poi Ignazio Marino imposterà la campagna verso il congresso del Pd tutta ruotante attorno alle questioni etiche - bio testamento incluso - sarà inevitabile la messa in campo d'una reale accelerazione da parte del Pdl (con la scontata benedizione della Chiesa italiana).

Noi medici tra legge e volontà del paziente

La Repubblica 15.7.09
Noi medici tra legge e volontà del paziente
risponde Corrado Augias

C aro Augias, nella nostra storia medica ci sono stati in passato numerosi momenti di sintesi fra evidenze scientifiche, principi dell'ordinamento, differenti visioni etiche. Questo ha consentito la stesura di ottime leggi che noi medici applichiamo in piena coerenza. Ad esempio la legge 194/78 sull'interruzione di gravidanza, la legge 578/95 sull'accertamento della morte. Negli ultimi anni questa armonizzazione è venuta meno con preoccupante crescendo. Presupposti ideologici, in cui ha avuto un peso il magistero Cattolico, sono stati presentati come certezze «non negoziabili», giustificando scelte politiche in contrasto con l'oggettività delle evidenze scientifiche. Così la Legge 40/04 sulla procreazione assistita per la cui stesura non è stata tenuta in alcun conto né l'opinione delle società scientifiche né quella dei giuristi che vi scorgevano un impianto anticostituzionale. Infatti una sentenza della Corte Costituzionale ha poi affermato che «in materia di pratica terapeutica la regola di fondo deve essere la autonomia e la responsabilità del medico che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali». La stessa linea scientificamente errata informa ora il disegno di legge detto 'testamento biologico' approvato al Senato e tra poco in discussione alla Camera. I cittadini sempre più spesso chiedono di conciliare le possibilità del progresso scientifico con le proprie scelte esistenziali, in un contesto di pluralismo etico e culturale. Saremo capaci di corrispondevi?

Davide Mazzon Direttore Dipartimento Chirurgico Ospedale di Belluno

N on lo so. Sul testamento biologico (dichiarazione anticipata di volontà sul proprio fine vita) s'è scatenata una guerra di religione. La Chiesa vuole dimostrare la forza con la quale sa condizionare le scelte legislative; il capo del Governo potrebbe usare il provvedimento come moneta di scambio, dopo le note oscenità, per recuperare favore nelle gerarchie vaticane. In una parte della lettera che ho dovuto tagliare, il professor Mazzon elencava le numerose società scientifiche e mediche, oltre al Codice di deontologia medica, che hanno affermato, più volte, «che il paziente può rifiutare qualsiasi trattamento, compresi quelli che il medico ritenesse proporzionati». Tra le numerose mostruosità contenute nel progetto di legge c'è quella di cui all'art. 3 comma 6 dove si afferma con assoluta antiscientificità che la Nutrizione artificiale forzata non è trattamento medico bensì «sostegno vitale destinato ad alleviare la sofferenza». Chiede il professor Mazzon, e io con lui: si può immaginare il sollievo di un morente nell'essere ingozzato per legge? Meglio non immaginare, il solo pensiero è raccapricciante.

sabato 18 luglio 2009

Intervista a Beppino Englaro

l’Unità 16.7.09
L’Italia sta cambiando, le leggi da «Stato etico» non passeranno
Da Torino a Genova molte città stanno approvando i registri per il testamento biologico
L’opinione pubblica conta sempre di più. Incostituzionale il testo licenziato dal Senato
Intervista a Beppino Englaro di Federica Fantozzi

Neotesserato Pd, Beppino Englaro ieri era a Milano ad un incontro pubblico a sostegno di Ignazio Marino, il “terzo uomo” in pista per il congresso autunnale dei Democratici. E stasera dialogherà di bioetica con Nando Dalla Chiesa e don Paolo Farinella nell’ambito della Settimana dei Diritti che si apre a Genova. Fino a mercoledì 22 luglio, il capoluogo ligure si occuperà di libertà di stampa, vittime di mafia, disabilità, immigrazione. Ad invitare Englaro è stato un gruppo di associazioni impegnate sul fronte della laicità e di docenti universitari, ad accoglierlo il sindaco Marta Vincenzi.
Signor Englaro, è cominciata la discussione sul biotestamento a Montecitorio. Che legge si attende?
«Se non rispettano la Costituzione, come ha rilevato anche Fini, se continuano su posizioni da Stato etico, se non rispettano le libertà fondamentali, c’è poco da dire. Non è possibile invadere il tuo corpo contro la tua volontà. Nessuno ha questo potere. neppure lo Stato. È semplice, quasi banale: una legge uguale a quella uscita dal Senato sarebbe illegittima e incostituzionale».
Ha fiducia nell’azione del presidente della Camera?
«Non solo in lui, anche nei deputati. Vedremo gli sviluppi del dibattito parlamentare».
Lei è stato a Torino per l’istituzione del registro sul biotestamento. Si stanno muovendo così anche Genova, Pisa, Bologna, Roma. La petizione online promossa da Marino e Giuliano Amato ha raccolto 300mila firme. La società civile si muove in direzione diversa dalla politica. Potrà influenzare il dibattito in corso?
«Assolutamente sì. L’opinione pubblica ha fatto passi da da gigante. Noi vogliamo proprio che la società civile si faccia sentire: la gente non si fa più imporre nulla. La mia convinzione è che che questo percorso non potrà non incidere sulla legge in fieri perché il clima culturale sta cambiando».
È stata approvata ieri la mozione Buttiglione che impegna il governo in sede Onu contro l’aborto come contraccettivo. Un altro diritto in pericolo?
«Guardi, non entro in cose che non conosco. Difendo le libertà fondamentali che mi riguardano o possono riguardarmi. Sulla vicenda di Eluana avevo promesso di andare fino in fondo e l’ho fatto. Anche io potrei trovarmi in qualsiasi momento nella stessa situazione, dunque faccio sentire la mia voce. Ma resto in quel campo: non sono un tuttologo».
Lei si è iscritto al Pd in aperto appoggio del terzo candidato, Ignazio Marino, che ha conosciuto durante la sua battaglia per far rispettare la volontà di Eluana. Oltre a essere un medico competente, ritiene che possa essere un valido leader di partito?
«Conoscendo la persona non ho il minimo dubbio. Senza le qualità necessarie non sarebbe sceso in campo. La mia non è idolatria: in 3 anni di conoscenza ho verificato che può affrontare in modo efficiente un problema estremo, figuriamoci gli altri. È un cattolico che rispetta i laici, attenzione però: non identifichiamo Marino solo con laicità e bioetica. Se vince sarà un uomo all’altezza della carica. E io farò di tutto per aiutarlo».
Come procede l’inchiesta giudiziaria che la vede indagato per omicidio insieme al primario anestesista Amato De Monte ed altri componenti dell’équipe medico-infermieristica della clinica udinese dove è morta sua figlia?
«Manca l’ultimo tassello. La fine delle indagini è attesa per fine agosto, inizio settembre. Noi siamo tranquillissimi perché abbiamo sempre operato nella legalità. Non ci aspettiamo qualcosa di diverso dall’archiviazione».

martedì 7 luglio 2009

Embrionali, lo strano caso dei finanziamenti negati

Embrionali, lo strano caso dei finanziamenti negati
Terra del 7 luglio 2009, pag. 10

Federico Tulli

Nel Paese dove le leggi vengono emanate a colpi di fiducia e i dibattiti tra parlamentari si svolgono più che altro nel salotto di Bruno Vespa accade pure che un vice ministro risponda a un’interrogazione parlamentare dalle pagine di un giornale prima che al question time previsto dal calendario istituzionale. È il caso di Ferruccio Fazio, che ha la delega alla Salute, il quale come osserva il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, «in un’intervista di ieri al Corriere della sera ha ricostruito la vicenda dell’esclusione dai finanziamenti pubblici della ricerca realizzata sulle cellule staminali embrionali, attribuendo ogni responsabilità alle Regioni che avrebbero imposto l’aggiunta sul bando della clausola discriminatoria contro le embrionali». La storia del bando risale a fine febbraio e riguarda il "Programma per la ricerca sanitaria 2008: attività di Ricerca sulle cellule staminali", nel quale si precisa che sono «esclusi i progetti che prevedono l’utilizzo delle cellule staminali embrionali di origine umana». Questa clausola ha dato il là all’interrogazione parlamentare dei senatori radicali del Pd Donatella Poretti e Marco Perduca, datata 6 marzo e tuttora rimasta senza risposta "ufficiale". Nel testo I due senatori chiedevano al ministro dell’Istruzione e al ministro del Lavoro, salute e politiche sociali quali fossero «le motivazioni scientifiche» in base alle quali si era deciso di «discriminare preventivamente un filone di studio particolarmente promettente nella ricerca di una cura per malattie che colpiscono 10 milioni di italiani». Oltre alla reazione politica l’esclusione dei progetti pubblici di ricerca sulle embrionali ha avuto ripercussioni anche in ambito accademico. E non solo in Italia. Il 24 giugno, contro la decisione del governo, c’è stato il ricorso al Tar Lazio presentato da tre scienziate di fama internazionale in questo campo: la direttrice del Centro interdipartimentale di ricerca sulle cellule staminali dell’università Statale di Milano, Elena Cattaneo, la farmacologa dell’università di Firenze Elisabetta Cerbai, e la biologa all’università di Pavia Silvia Garagna. A smentire la tesi di Fazio c’è peraltro la ricostruzione pubblicata sull’ultimo numero di Nature. «Il finanziamento della ricerca sulle staminali, a cura del ministero della Salute, ha una storia turbolenta», si legge sull’articolo di Nature. A partire dalla Commissione di esperti nominata dal vice ministro Ferruccio Fazio, allora sottosegretario alla Salute, per emanare un bando trasparente. Nel documento degli scienziati, coordinati dal direttore dell’istituto cellule staminali del San Raffaele di Milano, Giulio Cossu, non c’erano distinzioni fra i tipi di staminali, ma quando il bando viene reso pubblico, dopo la Conferenza Stato-Regioni del 26 febbraio, riporta l’esclusione dei progetti di ricerca sulle cellule embrionali. «Fazio - prosegue Nature - afferma che la modifica è stata voluta e aggiunta dalle Regioni, ma l’assessore alla Salute della Toscana, coordinatore degli assessori regionali alla Sanità, Enrico Rossi, obietta che nessuna aggiunta è stata fatta o chiesta dalle Regioni». Dal canto suo Lappato pone l’attenzione anche su un’altra questione: «Sarebbe certo importante che i rappresentanti delle Regioni, in particolare quelli che si professano laici e favorevoli alla ricerca, chiarissero il proprio ruolo nella vicenda. Ma la questione centrale è un’altra. Chiunque abbia proposto la esclusione delle embrionali - e non ci risulta che il governo si sia in alcun modo opposto, anzi - lo ha fatto contro persino la proibizionista legge 40/04 che non esclude affatto la possibilità di fare ricerca sulle cellule staminali embrionali, purché derivate da linee cellulari estratte all’estero. Si tratta della stessa limitazione che colpisce i fondi dell’Unione europea, che infatti finanziano la ricerca sulle staminali embrionali in diversi centri italiani». Infine, secondo il segretario dell’Associazione Coscioni, quando il vice ministro afferma che "le ricercatrici sono disinformate e perderanno il ricorso" sta collegando «del tutto abusivamente la questione di chi abbia voluto l’esclusione con la questione della legittimità dell’esclusione stessa».

sabato 4 luglio 2009

Una legge per le terapie del dolore

il Riformista 4.7.09
Intervista con Ignazio Marino: Niente sofferenze inutili, impariamo dagli Stati Uniti
Una legge per le terapie del dolore

Ignazio Marino non è solo il potenziale terzo "incomodo" nella sfida a due per la segreteria nazionale del Partito democratico. Il senatore, chirurgo, specializzato nella terapia dei trapianti, conosce a fondo il sistema sanitario degli Stati Uniti, dove ha svolto per quasi diciotto anni la sua professione. Nel 1999 è tornato in Italia, per dedicarsi alla fondazione di un centro trapianti a Palermo. Nel 1992 era stato nominato Direttore associato del National Liver Transplant Center del Veterans Affairs Medical Center di Pittsburgh, l'unico dipartimento per trapianti d'organo appartenente all'Amministrazione statunitense. In questo Paese ha perso la vita il 25 giugno Michael Jackson: il cantante era solito combattere il dolore, sia fisico che psichico, con dosi massicce di farmaci.
Professor Marino che cos'è il dolore secondo lei che è medico?
Il dolore ha una componente fisica e una psicologica. Spesso, però, queste due componenti si mischiano tra loro e la componente psicologica influenza quella fisica. Me ne rendo conto essendo un medico specializzato in trapianti. Basta pensare a quello del fegato, che prevede una fase post operatoria molto travagliata, dove il dolore all'addome assume una parte centrale. Ci sono casi in cui il dolore è minimo. Altri in cui è esacerbante e spesso psicologico. È qui dovere del medico parlare con il paziente, spiegando i motivi di questo dolore.
Quali sono le differenze di trattamento del dolore tra l'Italia e gli Stati Uniti?
L'approccio è diametralmente opposto. Negli Stati Uniti la cura del dolore assume un aspetto fondamentale, quasi essenziale, nella cura del paziente, il quale si aspetta di non provare alcun dolore ed è impegno dei medici non fargliene percepire alcuno.

«Abbiamo una cultura totalmente diversa da quella degli Stati Uniti, lì il paziente si aspetta di non provare mai la sofferenza».
Perché secondo lei?
Io credo si tratti di una questione prettamente culturale. L'approccio negli Stati Uniti è di tipo calvinista, dove non si accetta che una persona debba soffrire. L'approccio cattolico invece lascia un margine di tollerabilità del dolore. Non sto facendo un ragionamento di tipo filosofico o religioso, credo sia una differenza intrinseca interna alle due culture.
In termini pratici come si sviluppa questa differenza?
In America, la prima cosa che un medico fa, accogliendo un paziente che soffre, è somministrargli spesso antidolorifici a base di oppioidi per sedare il dolore. In questo modo, può anche succedere di ritrovarci di fronte a casi di addiction: è un atteggiamento che ha il rischio di provocare dipendenza. Ho seguito personalmente il caso di una donna che dopo un trapianto di fegato, perfettamente guarita e madre di due bambini, girava per ospedali mostrando il taglio all'addome semplicemente per ricevere oppioidi. Il dolore non c'èra più, ma era diventata dipendente.
E in Italia?
Nel nostro Paese avviene esattamente l'opposto. Si fa meno uso di oppioidi e succede che ci siano centinaia di persone che non fanno uso di farmaci appropriati o che continuano a soffrire inutilmente. Tra poco entrerà in vigore la liberalizzazione delle prescrizioni di farmaci per il dolore, da assumere per via orale. Ho cercato di portare avanti questa legge nella precedente legislatura. Poi il governo Prodi è caduto, ma l'attuale ministro Fazio ha comunque deciso di approvarla, con mia grande soddisfazione.
Non c'è il rischio che con la liberalizzazione dei farmaci possano esserci pure in Italia casi di addiction?
Assolutamente no, deve essere chiaro. Siamo in un Paese completamente diverso dagli Stati Uniti. Siamo all'estremo opposto nel modo di usare gli antidolorifici a base di oppioidi.
In Italia i medici specializzati si lamentano di un fatto: a differenza di altri Paesi non c'è differenza tra dolore cronico e cure palliative?
Il motivo è sempre da ricercare nella nostra cultura. Capita ad esempio nel leggere il messaggio che arriva dall'uso della morfina. Nel nostro Paese c'è ancora la convinzione che nel momento in cui si somministra morfina non ci siano più speranze di vita. In realtà, l'uso di questi farmaci può essere molto utile nella cura del dolore cronico.
C'è bisogno di una legge sulle cure palliative?
In Italia evidentemente la vita ha una qualità diversa che in altri Paesi. Una legge in merito è stata dichiarata inammissibile. È invece stata approvata una legge sul testamento biologico che non rispetta l'autodeterminazione del paziente. La politica non può scrivere delle leggi che hanno a che fare con la medicina, la scienza e con i diritti costituzionali delle persone senza tenere conto di che cosa pensano i medici, perché sono loro che con questi temi hanno a che fare ogni giorno, nell'esercizio di una professione difficile e delicatissima.
Come bisogna intervenire?
È necessario ampliare della rete degli hospice, ossia le strutture che forniscono con umanità e tecnologia le cure palliative ai malati terminali.
Ora invece la situazione qual è?
Dei 120 hospice presenti nel nostro paese, ben 103 si trovano al Nord. La metà della popolazione dunque non può usufruire di cure che riducono la sofferenza nelle fasi finali della vita. È in gioco la dignità dell'individuo e il diritto di ciascuno di noi ad affrontare nel modo più sereno possibile il momento più imperscrutabile: quello del passaggio dalla vita alla morte. E sono convinto che si tratti di un tema su cui laici e credenti non possano non trovarsi d'accordo.