martedì 7 luglio 2009

Embrionali, lo strano caso dei finanziamenti negati

Embrionali, lo strano caso dei finanziamenti negati
Terra del 7 luglio 2009, pag. 10

Federico Tulli

Nel Paese dove le leggi vengono emanate a colpi di fiducia e i dibattiti tra parlamentari si svolgono più che altro nel salotto di Bruno Vespa accade pure che un vice ministro risponda a un’interrogazione parlamentare dalle pagine di un giornale prima che al question time previsto dal calendario istituzionale. È il caso di Ferruccio Fazio, che ha la delega alla Salute, il quale come osserva il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, «in un’intervista di ieri al Corriere della sera ha ricostruito la vicenda dell’esclusione dai finanziamenti pubblici della ricerca realizzata sulle cellule staminali embrionali, attribuendo ogni responsabilità alle Regioni che avrebbero imposto l’aggiunta sul bando della clausola discriminatoria contro le embrionali». La storia del bando risale a fine febbraio e riguarda il "Programma per la ricerca sanitaria 2008: attività di Ricerca sulle cellule staminali", nel quale si precisa che sono «esclusi i progetti che prevedono l’utilizzo delle cellule staminali embrionali di origine umana». Questa clausola ha dato il là all’interrogazione parlamentare dei senatori radicali del Pd Donatella Poretti e Marco Perduca, datata 6 marzo e tuttora rimasta senza risposta "ufficiale". Nel testo I due senatori chiedevano al ministro dell’Istruzione e al ministro del Lavoro, salute e politiche sociali quali fossero «le motivazioni scientifiche» in base alle quali si era deciso di «discriminare preventivamente un filone di studio particolarmente promettente nella ricerca di una cura per malattie che colpiscono 10 milioni di italiani». Oltre alla reazione politica l’esclusione dei progetti pubblici di ricerca sulle embrionali ha avuto ripercussioni anche in ambito accademico. E non solo in Italia. Il 24 giugno, contro la decisione del governo, c’è stato il ricorso al Tar Lazio presentato da tre scienziate di fama internazionale in questo campo: la direttrice del Centro interdipartimentale di ricerca sulle cellule staminali dell’università Statale di Milano, Elena Cattaneo, la farmacologa dell’università di Firenze Elisabetta Cerbai, e la biologa all’università di Pavia Silvia Garagna. A smentire la tesi di Fazio c’è peraltro la ricostruzione pubblicata sull’ultimo numero di Nature. «Il finanziamento della ricerca sulle staminali, a cura del ministero della Salute, ha una storia turbolenta», si legge sull’articolo di Nature. A partire dalla Commissione di esperti nominata dal vice ministro Ferruccio Fazio, allora sottosegretario alla Salute, per emanare un bando trasparente. Nel documento degli scienziati, coordinati dal direttore dell’istituto cellule staminali del San Raffaele di Milano, Giulio Cossu, non c’erano distinzioni fra i tipi di staminali, ma quando il bando viene reso pubblico, dopo la Conferenza Stato-Regioni del 26 febbraio, riporta l’esclusione dei progetti di ricerca sulle cellule embrionali. «Fazio - prosegue Nature - afferma che la modifica è stata voluta e aggiunta dalle Regioni, ma l’assessore alla Salute della Toscana, coordinatore degli assessori regionali alla Sanità, Enrico Rossi, obietta che nessuna aggiunta è stata fatta o chiesta dalle Regioni». Dal canto suo Lappato pone l’attenzione anche su un’altra questione: «Sarebbe certo importante che i rappresentanti delle Regioni, in particolare quelli che si professano laici e favorevoli alla ricerca, chiarissero il proprio ruolo nella vicenda. Ma la questione centrale è un’altra. Chiunque abbia proposto la esclusione delle embrionali - e non ci risulta che il governo si sia in alcun modo opposto, anzi - lo ha fatto contro persino la proibizionista legge 40/04 che non esclude affatto la possibilità di fare ricerca sulle cellule staminali embrionali, purché derivate da linee cellulari estratte all’estero. Si tratta della stessa limitazione che colpisce i fondi dell’Unione europea, che infatti finanziano la ricerca sulle staminali embrionali in diversi centri italiani». Infine, secondo il segretario dell’Associazione Coscioni, quando il vice ministro afferma che "le ricercatrici sono disinformate e perderanno il ricorso" sta collegando «del tutto abusivamente la questione di chi abbia voluto l’esclusione con la questione della legittimità dell’esclusione stessa».

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