sabato 28 febbraio 2009

Basta cure: la scelta di papa Wojtyla. Il diritto di dire no

l’Unità 27.2.09
Basta cure: la scelta di papa Wojtyla. Il diritto di dire no
di Mario Riccio

Il Professor Proietti, in una intervista ad Avvenire è intervenuto ieri sull’impossibile analogia - a suo dire - tra il “lasciatemi morire” di Papa Wojtyla e una legittima rinuncia ai trattamenti sanitari. Ammnetto di essere stato il primo, nel febbraio 2007, a formulare un tale paragone per spiegare la vicenda Welby. Soprattutto la sua legittimità giuridica e deontologica al rifiuto della ventilazione, in quel tempo fortemente contestate. Paragone poi più volte ripreso da altri autorevoli interventi e sostenuto attraverso l’analisi delle dichiarazioni ufficiali della stampa vaticana.
Andiamo per ordine. È noto che Papa Wojtyla da anni era affetto da una sindrome parkinsoniana. Pertanto era inevitabile che sarebbe andato incontro a una progressiva insufficienza respiratoria e una incapacità a deglutire. Il dott. Melazzini in una occasione pubblica - Cremona, febbraio 2007 - ha addirittura sostenuto che Papa Wojtyla avrebbe rinunciato fin dall’inizio alla terapia farmacologica contro il Parkinson. Non avendo motivo di dubitare della parola del Melazzini, devo credere che il paziente Wojtyla avesse iniziato già da molto tempo a rinunciare a quella terapia (sicuramente in grado di rallentare la malattia), esercitando pertanto il suo legittimo diritto al rifiuto o alla limitazione della terapia stessa e contribuendo - con quella scelta - al peggioramento delle sue condizioni generali. Condizioni generali che già molti mesi prima della sua morte stavano progressivamente e visibilmente deteriorandosi.
L’articolata intervista al Prof. Proietti - nel tentativo di mascherare l’ulteriore, chiaro e legittimo esercizio al diritto di rifiuto di terapia - non fa altro che confermarne i principi stessi. Si continua a non comprendere per quale motivo si sia praticata una tracheotomia se non vi era indicazione o volontà del paziente stesso ad essere connesso a breve al ventilatore. Così come risulta perfettamente inutile posizionare un sondino nasogastrico a un paziente se poi non si intende nutrirlo artificialmente. Solo per permettergli una sopravvivenza di poche ore o un paio di giorni? Motivazioni che lo stesso Proietti nell’intervista ritiene giustamente insensate? Non credo che si possa invece definire “futile” o “inutile” ventilare o nutrire artificialmente un paziente che non riesce a farlo autonomamente.
Tutte le persone affette da patologie neurologiche degenerative - come era Papa Wojtyla - si trovano a dover decidere se sottoporsi ad una terapia nutrizionale e ventilatoria quando viene meno rispettivamente la capacità muscolare di deglutire o di muovere i muscoli respiratori. Forse al solo Papa è riservata la possibilità al rifiuto dei trattamenti sanitari? Sicuramente si tratta di quei casi particolari, prudentemente ricompresi nella “terza via” proposta da Rutelli.
di Mario Riccio

Il Professor Proietti, in una intervista ad Avvenire è intervenuto ieri sull’impossibile analogia - a suo dire - tra il “lasciatemi morire” di Papa Wojtyla e una legittima rinuncia ai trattamenti sanitari. Ammnetto di essere stato il primo, nel febbraio 2007, a formulare un tale paragone per spiegare la vicenda Welby. Soprattutto la sua legittimità giuridica e deontologica al rifiuto della ventilazione, in quel tempo fortemente contestate. Paragone poi più volte ripreso da altri autorevoli interventi e sostenuto attraverso l’analisi delle dichiarazioni ufficiali della stampa vaticana.
Andiamo per ordine. È noto che Papa Wojtyla da anni era affetto da una sindrome parkinsoniana. Pertanto era inevitabile che sarebbe andato incontro a una progressiva insufficienza respiratoria e una incapacità a deglutire. Il dott. Melazzini in una occasione pubblica - Cremona, febbraio 2007 - ha addirittura sostenuto che Papa Wojtyla avrebbe rinunciato fin dall’inizio alla terapia farmacologica contro il Parkinson. Non avendo motivo di dubitare della parola del Melazzini, devo credere che il paziente Wojtyla avesse iniziato già da molto tempo a rinunciare a quella terapia (sicuramente in grado di rallentare la malattia), esercitando pertanto il suo legittimo diritto al rifiuto o alla limitazione della terapia stessa e contribuendo - con quella scelta - al peggioramento delle sue condizioni generali. Condizioni generali che già molti mesi prima della sua morte stavano progressivamente e visibilmente deteriorandosi.
L’articolata intervista al Prof. Proietti - nel tentativo di mascherare l’ulteriore, chiaro e legittimo esercizio al diritto di rifiuto di terapia - non fa altro che confermarne i principi stessi. Si continua a non comprendere per quale motivo si sia praticata una tracheotomia se non vi era indicazione o volontà del paziente stesso ad essere connesso a breve al ventilatore. Così come risulta perfettamente inutile posizionare un sondino nasogastrico a un paziente se poi non si intende nutrirlo artificialmente. Solo per permettergli una sopravvivenza di poche ore o un paio di giorni? Motivazioni che lo stesso Proietti nell’intervista ritiene giustamente insensate? Non credo che si possa invece definire “futile” o “inutile” ventilare o nutrire artificialmente un paziente che non riesce a farlo autonomamente.
Tutte le persone affette da patologie neurologiche degenerative - come era Papa Wojtyla - si trovano a dover decidere se sottoporsi ad una terapia nutrizionale e ventilatoria quando viene meno rispettivamente la capacità muscolare di deglutire o di muovere i muscoli respiratori. Forse al solo Papa è riservata la possibilità al rifiuto dei trattamenti sanitari? Sicuramente si tratta di quei casi particolari, prudentemente ricompresi nella “terza via” proposta da Rutelli.

mercoledì 25 febbraio 2009

Il testamento biologico e gli spauracchi

l’Unità 25.2.09
Il testamento biologico e gli spauracchi
di Sergio Bartolommei, Università di Pisa e Consulta di bioetica

Francesco D’Agostino interviene sul Giornale del 17 febbraio a sostegno del progetto di legge Calabrò sul “testamento biologico” che vieta al paziente di esprimersi per sospendere idratazione e nutrizione artificiali. Gli argomenti di D’Agostino sono tre: 1) non sono atti medici (suscettibili di essere rifiutati) come non lo è «mettere un bimbo nato prematuro nell’incubatrice»; 2) sono atti di «immenso valore simbolico» e sarebbe «simbolicamente atroce far morire d’inedia un malato»; 3) la sospensione di questi trattamenti dovrebbe essere accompagnata, come nel caso Englaro, da una sedazione che ha carattere «eutanasico».
Sul primo punto l’esempio è improprio. La possibilità per i neonati fortemente pretermine di essere tenuti in vita oltre i tempi consentiti dalla “natura” è un dato recente legato all’avvento delle tecnologie mediche di rianimazione e sostegno vitale. Non c’è prova più evidente di quanto siano pervasivi gli atti medici delle terapie intensive neonatali. Ed è in corso una discussione se sia lecito mantenere in vita a tutti i costi neonati che presentano gravissime patologie incompatibili con la vita stessa. Ostinarsi in questa direzione, in alcuni casi, serve solo a infliggere crudeltà gratuite.
Sul secondo punto va detto che intorno al tema della “sopravvivenza” umana si mobilitano forti sentimenti che non si registrano in fatto di vita non umana e di materia inorganica. Ciò non impedisce di ritenere il valore assegnato a certi simboli non un fatto naturale, ma il prodotto di tradizioni suscettibili di cambiamento. Inoltre non è possibile sottostimare il carattere atroce (al pari della tortura) che, dal punto di vista simbolico, assume condannare le persone a idratarsi e nutrirsi contro la loro volontà. Infine occorre avanzare qualche dubbio circa la capacità di “presa” simbolica di un sondino nasograstrico che alimenta coercitivamente una persona ridotta a involucro biologico: cosa sia più “sconvolgente”, da un punto di vista simbolico, tra intubazione coatta e morte guadagnata tra cure confortevoli, è tutto da stabilire...
Sul terzo punto l’autore gioca sulle parole. È vero che eutanasia significa “dolce morte” e che la morte di Eluana Englaro è stata (con ogni probabilità) “dolcissima”. Non tutte le dolci morti però sono il prodotto di atti eutanasici, e quello di Eluana non lo è stato. Nel suo caso si è trattato di un “rifiuto delle cure”, al pari di altre decisioni attuate da chi rifiuti di sottoporsi a terapie mediche anche salvavita. La novità del caso sta nell’aver applicato a una persona in stato di incoscienza un principio fatto valere per le persone coscienti. Denominare “eutanasia” l’atto col quale si è conclusa la vita di Eluana è agitare spauracchi che potranno servire forse a mobilitare un legislatore in vena di rivalse, non certo a chiarire la realtà dei fatti.

martedì 24 febbraio 2009

Il “Martello delle streghe”: Berlusconi, Ruini, Barragan, Scola, Saccomanno, Costalli, Fisichella, Gasparri

da radicali.it
Il “Martello delle streghe”: Berlusconi, Ruini, Barragan, Scola, Saccomanno, Costalli, Fisichella, Gasparri

a cura di Va. Ve.

BERLUSCONI: CON IL VATICANO VISIONE COMUNE

Ai cronisti che gli chiedevano se, nel corso del colloquio con Angelo Bagnasco, si fosse parlato anche della viocenda di Eluana Englaro, Silvio Berlusconi ha risposto che sull'argomento c'era stato precedentemente un confronto e ha aggiunto che tra il governo e il Vaticano «ci sono visioni comuni…Il tema della fine della vita è un problema che non è assolutamente di parte ma riguarda tutti, quindi l'auspicio è che si possa trovare una soluzione condivisa». E’ quanto ha detto il presidente del Consiglio al termine del ricevimento all'ambasciata italiana presso la Santa Sede con cui si sono celebrati gli 80 anni dei patti Lateranensi ed i 25 della revisione del Concordato. Berlusconi, commentando l'incontro avuto con il presidente della CEI Angelo Bagnasco ed il segretario di Stato del Vaticano Tarcisio Bertone, ha spiegato che la ricorrenza dell'anniversario per la firma dei Patti è stata l'occasione per «fare un punto sulla recente storia degli ultimi anni nei rapporti tra lo Stato Vaticano e la Repubblica italiana», e ha parlato di un clima ed un'atmosfera come «mai si era verificata» prima, tanto che - ha commentato - da tutti i «rappresentanti della Santa Sede c'è stato un riconoscimento entusiasta».



RUINI: RINUNCIA A IDRATAZIONE E ALIMENTAZIONE PESSIMA FORMA DI EUTANASIA

Il cardinale Camillo Ruini, intervistato dal “Tg1”, è tornato sul caso Englaro, affermando che la vicenda di Eluana «ha insegnato che è necessaria una legge che escluda l’eutanasia e l’accanamento terapeutico. Quindi che non consenta di rinunciare a idratazione e nutrizione, una pessima forma di eutanasia. Serve una legge che lascia al medico le sue responsabilità professionali, una legge che chieda che sia espressa la volontà del paziente, una volontà informata e scritta. La Chiesa non è un legislatore e non vuole esserlo, ma come qualunque altro soggetto vuole esprimere la sua opinione».



BARRAGAN: TESTAMENTO BIOLOGICO, UN PRETESTO PER L’EUTANASIA

“La Conferenza episcopale italiana non accetta il testamento biologico per il pericolo che nasconda un’intenzione eutanasia”. Lo ha detto all’ANSA il “ministro della salute del Vaticano”, cardinal Javier Lozano Barragan a margine di un convegno sulla bioetica, senza riferirsi specificatamente al DDL sul testamento biologico approvato dalla Commissione Sanità del Senato. Barragan ha poi criticato la manifestazione promossa da “Micromega” a piazza Farnese a Roma: “Tante volte si manipolano le cose che invece devono appartenere ad una persona, alla sua privacy e si costruisce una bandiera di simbolo e di mito, questo è nocivo per la società”.



SCOLA: IDRATAZIONE E ALIMENTAZIONE NON SI DISCUTONO

Per il patriarca di Venezia Angelo Scola anche sul tema dei diritti fondamentali “in Italia il popolo è sovrano”. Sulla vicenda di Eluana Englaro, Scola dice che a Lecco, nella stanza accanto a quella dov’era la donna “c’è un mio amico nelle stesse condizioni, e nessuno mi può far dire che non è vivo…nessuno mi può dimostrare il contrario, e quindi idratazione e alimentazione vanno mantenuti. Nel dubbio anche se minimo, sono favorevole alla vita”.



SACCOMANNO: FA PARLARE BEPPINO ENGLARO. FAZIOSO

“La tenacia con la sofferenza nel cuore ha caratterizzato il Beppino Englaro prima maniera, sia pure in una battaglia grazie a Dio non condivisa da tutti, ma il Beppino fase due, testimonial stacanovista contro il Parlamento e per di più in mano a Fazio su Rai Tre, rappresenta lo svilimento di un dramma che ha coinvolto l’Italia intera e che in qualche modo ha reso Eluana patrimonio comune e lacerante delle coscienze”. Lo dice il senatore del PdL Michele Saccomanno a proposito della partecipazione di Beppino Englaro alla puntata di “Che tempo che fa”, il programma condotto da Fabio Fazio. “In una operazione politico-ideologica come questa organizzata da Fazio non è pensabile che si realizzi un monologo o, peggio, con l’appoggio dello stesso conduttore, un duetto contro il Parlamento, contro il Governo, contro i cattolici. Il canone RAU è pagato da destra e da sinistra, allo stesso modo, così come i compensi a Fazio. Almeno su un tema così sensibile e coinvolgente provi Fazio a non essere così Fazio…so”.



COSTALLI: CI OPPORREMO AL PIU’ CINICO LAICISMO

“Non c’è bisogno di essere cristiani per ritenere che il calvario di Eluana abbia inferto una ferita alla ragione e alla natura dell’uomo. Se qualcosa di utile si può trarre da questa dolorosa vicenda è la necessità che ora il Parlamento, e non un tribunale, disciplini la materia di fine vi”a". Lo afferma il presidente del Movimento Cristiani Lavoratori Carlo Costalli. “A un grave vuoto legislativo”, prosegue, “si è risposto con un caso di eutanasia e ora non sarebbe meno pericoloso un testamento biologico che si limitasse a porre il timbro dello stato su questa deriva di morte. Ciò che la legge potrebbe prevedere è invece il ricorso a cure palliative, alle terapie antidolore ed il rifiuto di quelle sproporzionate, di accanimenti terapeutici e vogliamo ribadire che rinunciare a idratazione e nutrizione è solo eutanasia, nella sua forma peggiore, una strada da seguire è quella del testo Calabrò. La legge deve lasciare al medico le sue responsabilità professionali, chiedere che la volontà del paziente sia espressa, informata e scritta. Opinioni che avanziamo senza doverci scusare del diritto, di cui siamo consapevoli e orgogliosi, che i cattolici e la chiesa hanno di partecipare ad un dibattito che non può essere lasciato sotto alibi fin troppo scoperti al più cinico laicismo”.



FISICHELLA: NESSUNO PUO’ STABILIRE COSA SIA NORMALE

Nessuno può stabilire chi è normale e chi non lo è, e in base a questo usare la scienza ai propri scopi. Lo afferma il presidente della Pontificia Accademia per la vita, monsignor Rino Fisichella: “Credo che ci sia una grande arroganza in chi stabilisce la normalità , in chi, come uomo e come donna debba stabilire la normalità e la felicità di vita di altri esseri umani. C’è invece una ricchezza profonda in ogni essere umano, perciò non limitiamoci e non abbassiamoci neppure a dover stabilire stili di vita che appartengono alla libertà di ognuno, ma appartengono a quel progetto fondamentale che ognuno di noi possiede in relazione con gli altri”.



GASPARRI: NON CI FAREMO INTIMIDIRE DA BEPPINO ENGLARO

“Le parole di Beppino Englaro dimostrano che non eravamo soltanto di fronte ad un dramma umano e familiare, ma a una precisa iniziativa politica”. Lo dice il presidente del PDL al Senato Maurizio Gasparri a proposito delle critiche del papà di Eluana Englaro. “Englaro da un lato voleva che la politica non si occupasse di questa vicenda, dall’altro invade il campo con espressioni offensive nei confronti del Parlamento, dove invece esiste una forte maggioranza schierata in difesa della vita. Non ci faremo intimidire da questa campagna politica a favore dell’eutanasia e il rispetto per le singole persone, anche se dedite a speculazioni politiche, non ci impedirà di esprimere la nostra volontà”.

Lo spauracchio «eutanasia»

Corriere della Sera 24.2.09
Lo spauracchio «eutanasia»
di Silvio Viale, comitato scientifico di Exit.Italia

Caro Direttore, Panebianco bluffa quando parla di guelfi e ghibellini, collocandosi dubbiosamente in mezzo. Bluffa, e sbaglia, perché attribuisce ai ghibellini una posizione non loro. Mentre per i neoguelfi la «sacralità della vita» è davvero un valore assoluto non negoziabile da imporre, per i neoghibellini non è affatto vero che vogliono affermare «il principio secondo cui la decisione della morte di un uomo è nell'esclusiva e libera disponibilità di quell'uomo ». I neoghibellini non chiedono la deregulation del suicidio, che peraltro già non è reato, ma solo la possibilità di non essere costretti a prolungare una vita ormai consumata nella sofferenza della malattia in presenza di condizioni precise. Solo in questi casi i neoghibellini chiedono una morte quanto più possibile indolore e senza sofferenza con l'aiuto della medicina. Insomma i neoghibellini sono un po' guelfi perché vogliono dei paletti precisi, mentre i guelfi non sono per niente un po' ghibellini. La vera ipocrisia italiana è quella di temere la parola «eutanasia» e di circoscrivere il dibattito ad un suo surrogato di risulta come è il rifiuto delle terapie, sebbene addolcito da un po' di enfasi sulle cure palliative e appesantito da un po' di confusione sull'accanimento terapeutico.
Infatti, le cure palliative, se ben condotte, non sono così lontane da una terapia eutanasia, mentre l'accanimento terapeutico, che nessuno sa definire, è diventata la litania buona per ogni minestrone. Panebianco sbaglia quando parla di «due torti che si fronteggiano » e la prova del nove sta negli esempi delle leggi sull'eutanasia di Olanda, Belgio ed, ora, Lussemburgo, nonché nella prassi svizzera del «suicidio assistito». Dove sarebbero i torti per i neoguelfi o per i neoghibellini italiani? Ognuno potrebbe continuare a mantenere e propugnare le proprie ragioni. I guelfi potrebbero cercare di persuadere a non ricorrere alla legge. I ghibellini potrebbero accontentarsi di avere un'opportunità in caso di ultima necessità. I guelfi olandesi non sono limitati dalla legge olandese sulla interruzione della vita. Anzi, sia i guelfi e sia i ghibellini olandesi potranno avvalersene se le circostanze, il destino e le convinzioni dovessero farli approdare ad essa. In fondo, noi ghibellini, favorevoli all'eutanasia, siamo solo persone che amano talmente la vita da volerle bene anche nel suo viaggio terminale. Come fu per il divorzio, come fu per l'aborto, non è indifferente per nessuno quale torto finirà per prevalere nel regno dei guelfi.

Pena di morte se la Chiesa non dice no

l’Unità 24.2.09
Pena di morte se la Chiesa non dice no
di Luigi Manconi

Mercoledì 11 febbraio, Benedetto XVI ha riaffermato l'intangibilità della vita umana "dal momento del suo inizio fino al suo naturale compimento". È la frase più frequentemente utilizzata dalla cultura cattolica, per argomentare il rifiuto di scelte come la sospensione di nutrizione e idratazione artificiali. Ed è stata così tante volte ribadita, da assumere la forza di un dogma irrinunciabile della concezione antropologica della Chiesa cattolica. Ma siamo proprio sicuri che quella frase abbia effettivamente l'assolutezza di una verità irrinunciabile e inderogabile? Per giunta, nei giorni scorsi alcuni cattolici hanno irriso i sostenitori della scelta di Bepino Englaro in questi termini: ma come? siete contro la pena di morte, come lo siamo noi, e poi volete infliggerla alla povera Eluana… L'argomento è già di per sé traballante, ma se preso seriamente può riservare sorprese. La Chiesa cattolica è contro la pena di morte? Vediamo. Nel "Catechismo della Chiesa cattolica" in vigore fino al 1999 si poteva leggere: "Articolo 2266. Difendere il bene comune della società esige che si ponga l'aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, l'insegnamento tradizionale della Chiesa ha riconosciuto fondato il diritto e il dovere della legittima autorità pubblica di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto, senza escludere, in casi di estrema gravità, la pena di morte". Questo ancora nel 1999. Nella successiva edizione del Catechismo, quella attualmente in vigore, la stessa formula risulta attenuata. Attenzione: non abrogata, bensì solo edulcorata. Eccola: "2267. L'insegnamento tradizionale della Chiesa (…) non esclude, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani". Qui emerge un'ambiguità: sembrerebbe che si debba difendere un inerme da un aggressore mentre l'aggressione è in corso. Ma questa è né più né meno che legittima difesa: contraddittoria rispetto all'uso della formula "pena di morte", che richiama inevitabilmente una sentenza comminata da un tribunale. Dunque, si tratta di una vera a propria deroga - ben inteso: in situazioni eccezionali - al principio assoluto. Ma ciò rende meno assoluto quel principio. È inconfutabile che, se si accetta quella possibilità di deroga, l'eccezione può valere anche in altre, e diversissime circostanze (e non siamo stati noi a proporre la comparazione): in presenza, ad esempio, di un caso di stato vegetativo persistente e di un trattamento di nutrizione e idratazione forzate, che prolungano artificialmente una vita ormai esaurita.

lunedì 23 febbraio 2009

Se il Parlamento non ascolta la scienza e apre le porte allo Stato etico

Se il Parlamento non ascolta la scienza e apre le porte allo Stato etico

Carlo Flamigni

Il Manifesto del 20/02/2009

Lo stato vegetativo persistente appartiene alla famiglia allargata del coma, una condizione definita anche «degli stati neurobiologici da basso livello». È forse il meno compreso e il più controverso disturbo della coscienza e segue in genere a uno stato di coma causato da una grave lesione. Si tratta di una condizione neurologica nella quale manca completamente la coscienza di sé e dell'ambiente, e che è accompagnata dal mantenimento del ritmo sonno-veglia e delle funzioni autonomiche.
Perché si possa parlare di stato vegetativo occorre che si realizzino le seguenti condizioni: nessuna consapevolezza di sé e dell'ambiente; incapacità di interagire; nessuna evidenza di comportamenti riproducibili in risposta a stimoli tattili, uditivi o dolorosi; nessun segno di comprensione o di espressione verbale; uno stato di intermittente vigilanza, compatibile con il ritmo sonno-veglia; il parziale mantenimento delle funzioni del tronco e dell'ipotalamo sufficienti a garantire la sopravvivenza in presenza di cure mediche; incontinenza; variabile conservazione delle risposte riflesse dei nervi cranici.
Quando questa condizione è irreversibile, ci troviamo davanti a un corpo che è stato abbandonato dalla persona che lo abitava, perché della persona (caratterizzata dalla capacità di interagire, ricordare, programmare, esprimersi, utilizzando acconce capacità cognitive) non ha più nessuna proprietà. Se siamo certi che le cose stanno così e ci adoperiamo per mantenere in vita quel corpo disabitato, significa che stiamo assegnando valore inestimabile a un intestino che continua a contrarsi e a capelli che continuano a crescere: è evidente che stiamo commettendo una sorta di sacrilegio che dovremmo avere il coraggio di interrompere. Se riteniamo possibile che quel corpo torni ad essere abitato, allora dobbiamo avere per la sua sopravvivenza tutta l'attenzione possibile. In entrambi i casi è molto importante sapere cosa avrebbe voluto da noi la persona che è vissuta in quel corpo fino a che è stata costretta a lasciarlo, per poterci adeguare ai suoi desideri.
Ci sono due problemi dunque che debbono essere risolti: il primo riguarda l'accertamento della volontà della persona che abitava in quel corpo, accertamento che può essere fatto sulla base di documenti che ci sono pervenuti o di testimonianze di parenti e di amici e che deve di necessità poter essere fatto nel modo più semplice possibile (mandare i cittadini dal notaio ogni tre anni è una odiosa presa per i fondelli). Il secondo punto consiste nello stabilire se quella persona ha il diritto di lasciarci detto che, una volta accertata l'irreversibilità dello stato vegetativo, tutte le cure debbano essere sospese, un diritto che, per le persone vigili, è sancito dalla Costituzione.
Mi fermo su questo ultimo punto, che è quello sul quale si sta preparando la grande prevaricazione della maggioranza clerical-nascista (Nb: nascista è esatto). In questo momento il Parlamento si prepara ad approvare una legge secondo la quale la somministrazione di liquidi e di sostanze nutritive non deve essere considerata una terapia e pertanto non può essere interrotta. Se passa - e passerà - una legge con questi contenuti, si tratta di una ennesima limitazione delle liberà individuali e di un nuovo passo verso la creazione di uno Stato etico. Ma vediamo come stanno le cose.
Se qualcuno, un qualsiasi cittadino di qualsiasi Paese, vuole sapere come stanno realmente le cose a proposito di un qualsiasi argomento che ha a che fare con la medicina, deve anzitutto accettare l'idea che la medicina è una disciplina empirica che non possiede verità, ma che si basa quasi esclusivamente sui consensi, cioè sull'opinione dei medici che sul quel tema specifico vengono considerati particolarmente esperti. Questi consensi - la cui vita, bisogna ammetterlo, non è mai lunghissima - vengono prevalentemente espressi dalle Società scientifiche, che sanno scegliere e dare voce alle persone più qualificate. Non accettare le loro definizioni, perciò, è presuntuoso e stupido.
Ecco allora cosa scrive, nel gennaio del 2007, la commissione di Bioetica della Società italiana di nutrizione parenterale ed enterale: «La nutrizione artificiale (Na) è un trattamento medico. Da considerarsi a tutti gli effetti un trattamento medico fornito a scopo terapeutico o preventivo. La Na non è una misura ordinaria di assistenza (come lavare o imboccare un malato non autosufficiente), si configura come un trattamento medico sostitutivo (come ad esempio la ventilazione meccanica e la emodialisi)». Ed ecco ancora cosa scrive la stessa Società a proposito della miscela di nutrizione: «La miscela nutrizionale è da ritenere un preparato farmaceutico che deve essere richiesto con una ricetta medica e deve essere considerato una preparazione galenica magistrale, non essendo un prodotto preconfezionato in commercio. Si tratta comunque di un trattamento medico a tutti gli effetti tanto che prevede il consenso informato del malato o del suo delegato, secondo le norme del codice deontologico».
La destra clerico-nascista se ne fregherà altamente del parere degli esperti e dei loro consensi, lasciando alla sinistra un'unica possibilità: non partecipare alla discussione, disertare l'aula, preparare il terreno per tutti i ricorsi possibili alla Corte Costituzionale e per un referendum abrogativo, che avrà come primo immediato vantaggio l'uscita della signora Binetti dal partito e ci darà l'opportunità di coagulare tutte le forze sane della sinistra intorno alla difesa della Costituzione e dei diritti dei cittadini e dei lavoratori. Chissà che non sia la volta buona.

La legge sul fine vita. I confini della politica

Corriere della Sera 23.2.09
La legge sul fine vita. I confini della politica
di Angelo Panebianco

La frittata è fatta. Non c'è modo di tornare indietro. Lo scontro sui contenuti della legge che deve, con delicato linguaggio burocratico, «regolamentare il fine vita » dilanierà il Paese per molti anni. Forse era inevitabile. Come poteva un Paese iper politicizzato come il nostro non arrivare, prima o poi, a politicizzare anche la morte? Resta da sapere come verrà, alla fine, regolamentato il fine vita, se con la legge voluta dai neo guelfi o con il referendum contro la legge brandito dai neo ghibellini.
L'aspetto più impressionante della feroce disputa in atto è l'esibizione, da parte dei vari esponenti delle due fazioni, di certezze, oltre che di muscoli. Una volta tolti dal mazzo coloro che sono di tempra troppo debole per essere in grado di coltivare il dubbio, che dire degli altri? Come possono esibire certezze in una materia che per sua natura non le ammette? Pur con le dovute eccezioni, molti, mi sembra, stanno esibendo certezze per ragioni politico- strumentali. Come sempre accade quando una questione viene politicizzata, essa entra nel tritacarne delle logiche di schieramento. La questione del fine vita è ora diventata un'altra posta in gioco nel conflitto fra berlusconiani e antiberlusconiani: un conflitto transitorio, contingente, che tuttavia, nel caso in questione, va a incastrarsi in una divisione antica, quella fra guelfi e ghibellini.
Due madornali errori di valutazione, a me pare, sono stati commessi da chi ha voluto gettare fra i piedi del Paese una questione di tale portata. Il primo è stato di avere sopravvalutato le capacità della democrazia di gestire questo problema. La democrazia può occuparsi di tutto, tranne che dell'essenziale (le questioni della vita e della morte, appunto). Non è attrezzata per fronteggiare un conflitto filosofico radicale fra opposte concezioni della vita.
I fautori della «sacralità della vita», i neo guelfi, sbagliano di grosso a volere imporre per legge a tutti i loro valori (la sacralità della vita è un concetto privo di senso per chi non crede in Dio). Facendo ciò essi attentano a quel pluralismo degli orientamenti di cui solo può vivere una società liberale. Ma sbagliano anche i fautori della «libertà di scelta». Costoro la fanno troppo semplice, banalizzano in maniera inaccettabile il problema. Non è vero che essi si limitano a rivendicare un «diritto» che i credenti sono liberi di non praticare. Perché pretendendo una legge che riconosca quel diritto essi, per ciò stesso, intendono fare prevalere la loro concezione della vita e della morte, imporre il principio secondo cui la decisione sulla morte di un uomo è nell'esclusiva e libera disponibilità di quell'uomo. Un principio che non può non ripugnare ai fautori della diversa e opposta concezione.
Non è un caso che anche nelle società più liberali, dove i diritti di libertà sono più solidi (e più rispettati che da noi), su questi temi possano esplodere conflitti micidiali. Non stiamo parlando di un diritto qualitativamente simile ai più tradizionali diritti di libertà. Proprio perché la democrazia non è fatta per fronteggiare conflitti filosofici di questa portata, sia le prassi ispirate al principio della sacralità della vita sia quelle ispirate al principio opposto della libertà di scelta, dovevano (come si è sempre fatto) rimanere «al di qua» dello spazio pubblico, affidate al silenzio, agli sguardi e alle parole a mezza bocca scambiate fra i medici e gli assistiti o fra i medici e le persone affettivamente vicine agli assistiti. In un precedente intervento («Quel silenzioso terzo partito », Corriere del 9 febbraio) avevo parlato dell'importanza di preservare una zona grigia protetta (così mi ero espresso) da una «necessaria ipocrisia». Qualche amico, pur favorevole alle mie tesi, ha criticato l'uso del termine ipocrisia. Penso invece che fosse appropriato. In queste questioni l'ipocrisia non è, come si suole dire, una manifestazione del vizio che rende omaggio alla virtù. È essa stessa virtù. È la virtù grazie alla quale si possono cercare empiricamente (al riparo dai riflettori) soluzioni atte a ridurre le sofferenze dei malati senza offendere la sensibilità e le credenze delle persone coinvolte. Contemporaneamente, è la virtù che consente di non trasferire nella pubblica piazza ciò che non è assolutamente idoneo ad essere esposto in piazza.
Il secondo micidiale errore è stato quello di credere che solo la «legge» possa salvarci dall'arbitrio, dei medici o di chiunque altro. È un effetto di quell'ideologia italiana che assume che tutti i problemi debbano avere una soluzione «giuridica». È il riflesso di un Paese schizofrenico che, da un lato, ha della legge una visione cinica («la legge si applica ai nemici e si interpreta per gli amici», recita il detto) e, dall'altro, non sa evitare di farne un feticcio. Ma in un ambito come quello qui considerato la legge non riduce l'area dell'arbitrio. Anche ammesso, e non concesso, che possa eliminare le forme di abuso fin qui forse praticate, essa ne genera comunque altre. La legge è uno strumento troppo grossolano, troppo rozzo: pretendendo di imporre uguale trattamento in casi diversissimi, essa crea, più o meno involontariamente, le condizioni per nuovi arbitrii.
Senza contare che la legge, di sicuro, è il luogo più inadatto, più inospitale, per depositarvi visioni ultime della vita. Checché ne pensino i feticisti della legge, ci sono molte più cose in cielo e in terra di quante non ne possano contenere i loro codici e i loro commi. Qui siamo dunque, purtroppo. E non ne usciamo. Due ragioni, o due torti, si fronteggiano. Il problema verrà affrontato a colpi di maggioranza (e nessuno, per favore, se ne lamenti: è la democrazia, bellezza). Vorrà dire che faremo l'alternanza, a seconda di chi vince e di chi perde le elezioni, anche delle concezioni della vita e della morte. Davvero un bel risultato.

Testamento biologico, 150mila firme per l’appello on line di Ignazio Marino

l’Unità 23.2.09
Testamento biologico, 150mila firme per l’appello on line di Ignazio Marino
di F. Fan.

Quota 150mila firme per l’appello on line sul testamento biologico promosso dal chirurgo e senatore del Pd Ignazio Marino.
L’appello «per il diritto alla libertà di cura» chiede che sia rispettato l’articolo 32 della Costituzione: «Chiediamo che la legge sul testamento biologico rispetti il diritto di ogni persona a poter scegliere... Dia a chi lo vuole, e solo a chi lo vuole, la possibilità di indicare, quando si è pienamente consapevoli e informati, le terapie alle quali si vuole essere sottoposti, così come quelle che si intendono rifiutare, se un giorno si perderà la coscienza e con essa la possibilità di esprimersi». E ancora, si legge nel testo: «Rifiutiamo che una qualunque terapia o trattamento medico siano imposti dallo Stato contro la volontà espressa del cittadino. Vogliamo una legge che confermi il diritto alla salute ma non il dovere alle terapie».
Tra i primi firmatari della campagna - che ha raggiunto anche Facebook - ci sono l’ex premier Giuliano Amato, Marcello Lippi, Stefano Rodotà, Eugenio Scalfari, il teologo Vito Mancuso, l’oncologo Umberto Veronesi, l’ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelski.
Il 5 marzo il disegno di legge (PdL) sul testamento biologico approda nell’aula del Senato. Il neo leader Pd Franceschini ha già detto che i principi che lo ispirano sono inaccettabili, suscitando l’ira della teodem Paola Binetti.

domenica 22 febbraio 2009

Sul testamento biologico meglio un referendum

La Repubblica 21.2.09
Sul testamento biologico meglio un referendum
risponde Corrado Augias

Caro Augias, di una cosa sono sicuro: una persona dev'essere libera di accettare o non accettare cure mediche; nello stesso modo il medico deve essere libero di non accettare le richieste del paziente. Questo viene impedito dalla Chiesa che entra in merito alle decisioni dello Stato in teoria laico. Non voglio certo dire che il papa e i suoi adepti debbano tacere. Dicano pure il loro pensiero ma senza imporlo a tutti. Che siano i medici e i pazienti cattolici ad ascoltarlo ma gli altri devono essere liberi di decidere secondo coscienza.
Roberto Fuschi robertoche@hotmail.it

E gregio dott.Augias, Il ddl che il Governo (e non solo lui) sta preparando sul testamento biologico, si sta dimostrando un atto di estrema violenza contro la libertà di ogni cittadino. Il lavaggio del cervello che Tv, radio e giornali stanno facendo è un fatto che penso non succeda in nessun altro paese d'Europa. Spero che la voce di chi porta avanti questa vera battaglia di libertà continui a farsi sentire per evitare che venga scritta un'altra brutta pagina di storia.
Piero Gardenghi Imola pgardeng@libero.it

Il disegno di legge sul testamento biologico è stato redatto nel modo più arretrato possibile in modo che, anche dopo possibili emendamenti, mantenga il segno d'una concezione originaria che si può così riassumere: il parere del soggetto interessato dev'essere manifestato ripetutamente, convalidato ogni volta alla presenza di un medico e davanti a un notaio. In ogni caso il medico curante potrà tenere o non tenere conto della volontà espressa. Leggi come queste sono sempre concepite in modo da rendere lungo, costoso, incerto l'ottenimento del diritto. E' la vecchia regola dei regimi autocratici fatta per scoraggiare le persone più semplici e lasciare spazio di manovra agli 'azzeccagarbugli'. Torna, anche in questo ddl, la vecchia Italia nella quale si pensa che più il popolo rimane a testa bassa, ignaro dei suoi diritti, ostacolato nell'ottenerli, meglio è. In questo pantano la proposta del senatore Marino (se passa questo ddl, si va al referendum) ha suscitato scalpore sia a destra sia a sinistra. Marino è abituato agli Stati Uniti dove le cose si dicono con chiarezza. Qui la chiarezza fa paura, anche all'interno di quel Pd che non ha mai avuto una linea in proposito. La deputata Paola Binetti si è affrettata a dire che se passa Marino lei lascia il partito. La mia opinione è che se mai questo referendum si facesse passerebbe con largo vantaggio per una semplice ragione. Al contrario di quanto è accaduto con quello sulla Legge 40 (procreazione assistita) qui il quesito è chiaro: volete o no essere padroni di decidere della vostra vita? E, se fosse il caso, della vostra morte? Sono questioni che, come per il divorzio, come per l'aborto, tutti capiscono; e hanno a cuore.

Manifestazione per il testamento biologico

Liberazione 22.2.09
L'iniziativa di Micromega a Roma: la borghesia illuminata stanca di Veltroni promette un referendum. Englaro: «Sono con voi»
Manifestazione per il testamento biologico
La piazza contro i tentennamenti del Pd
di Laura Eduati

Un ddl che dichiara la vita umana «indisponibile» e vieta la sospensione di idratazione e alimentazione artificiale nonostante i medici che si occupano di malati terminali abbiano già diffuso un documento di allarme spiegando che in punto di morte la nutrizione forzata prolunga e acuisce le sofferenze.
«La vita appartiene a chi la vive. Con quale diritto Bagnasco, Formigoni e Roccella decidono sulla nostra vita?» argomenta pacatamente Paolo Flores D'Arcais, uno degli organizzatori, che conclude amaramente: «Inizia la più difficile delle nostre lotte, mai avremo immaginato di dover combattere per impedire di venire espropriati del nostro corpo». Poco dopo Lidia Ravera ricorderà che il dominio del dogma sul corpo è già cominciato con la legge 40 sulla fecondazione assistita.
Promossa dagli ex girotondini Pancho Pardi e Flores D'Arcais con le adesioni illustri di Eco, Garrone, Maraini, Hack e Rodotà, la manifestazione doveva avvenire in piazza Navona, poi non concessa.
E dunque piazza Farnese, salottino pregiato e illuminato dalla elegantissima ambasciata di Francia si riempie di normali cittadini intambarrati, facce silenziose e quiete, molti capelli bianchi e visi rugosi e senza giri di parole una piazza poco popolare, la borghesia illuminata e intellettuale che legge Repubblica e l' Unità , stimati professionisti e studenti, giornalisti in pausa lavoro e signore che torneranno in una casa comoda e calda, a pochi passi. Se ci fosse Berlusconi, fantasma spesso evocato negli interventi e fischiato a più riprese, direbbe: comunisti radical-chic.
Tuttavia questa piazza non vuole definirsi laica in contrapposizione ai cattolici, e piuttosto la sua rabbia trattenuta vuole rivolgerla ad un Pd che non fa opposizione.
Verso la fine, quando ormai fa buio, sale sul palco Ignazio Marino (Pd). Il senatore chirurgo, autore di una proposta di legge sul testamento biologico che piace molto da queste parti, si dice «soddisfatto» delle rassicurazioni ricevute dal neo segretario Dario Franceschini sulla laicità del (nuovo?) Partito democratico, e promette una battaglia per eliminare la parte del ddl Calabrò che vieta la sospensione di ogni terapia che potrebbe provocare la morte del paziente, persino di quei malati coscienti e lucidi come Welby.
Emma Bonino non usa la stessa cortesia e fiducia: Veltroni ha tentennato sulla questione del testamento biologico, e forse anche per questo è caduto dal piedistallo.
Tra gli aderenti all'iniziativa c'è don Franzoni delle comunità cristiane di base, cita un passo dell'Utopia di Tommaso Moro dove viene consigliata la dolce morte in casi di sofferenze terminali insopportabili. Un testo del 1516.
Le uniche bandiere sono quelle degli atei razionalisti dell'Uaar, un vessillo di Rifondazione svetta di primo pomeriggio e poi viene ammainato. Hanno aderito i partiti come il Prc, i radicali, Sinistra democratica e Italia dei Valori. Paolo Ferrero arriva e dice: «Il ddl della maggioranza contiene l'accanimento terapeutico poiché vieta a persone in stato vegetativo da dieci o quindici anni di arrivare ad una morte sacrosanta e questo è chiaramente incostituzionale».
Hanno aderito i partiti, ma Flores D'Arcais vuole ringraziare particolarmene l'Italia dei Valori che ha prestato il palco e le apparecchiature.
Di Pietro è presente e prende la palla al balzo per una stoccata al Pd: «Questa manifestazione è la riposta di tanti mister tentenna e a un governo che anche sulla vita e sulla morte vuole decidere lui sostituendosi al cittadino».
E' Camilleri a parlare, applauditissimo, di «cosiddetta opposizione». Perché qui è chiaro che l'ingerenza del Vaticano avrà passato pure ogni limite, ma la responsabilità ultima resta al governo e specialmente ad un Pd debole e preda dei problemi di coscienza.
«Lotteremo» dice Lidia Ravera «non perché siamo di sinistra, laici o anti-berlusconiani ma perché siamo pietosi e non vogliamo una legge crudele e cinica».

Il corpo come luogo pubblico

La Repubblica 22.2.09
Il corpo come luogo pubblico
di Stefano Rodotà

Con il passare dei giorni si fa più netta la natura del conflitto intorno al tema del testamento biologico, che nella prossima settimana verrà discusso al Senato. Nel fuoco delle polemiche che hanno accompagnato le ultime giornate della vita di Eluana Englaro sembrava che una legge dovesse avere una finalità precisa, quella di risolvere le due questioni che avevano appassionato e diviso l´opinione pubblica: le modalità del testamento biologico, per eliminare ogni dubbio sull´effettiva volontà della persona; e l´ammissibilità della rinuncia all´idratazione e alla alimentazione forzata. Ma il disegno di legge della maggioranza ha reso manifesta un´intenzione diversa, più generale, e tanto più inquietante perché incide profondamente sui diritti fondamentali della persona, e così altera lo stesso quadro costituzionale.
Ciò di cui si discute è il rapporto della persona con il suo corpo, dunque l´area più intima e segreta dell´esistenza, alla quale la politica e la legge dovrebbero accostarsi con rispetto e prudenza, consapevoli che vi sono aspetti della vita che la Costituzione ha messo al riparo da ogni intervento esterno, che ha voluto intoccabili. Negli ultimi anni, invece, in Italia si è venuto consolidando un orientamento diverso, che descriverei ricorrendo al titolo di un libro di Barbara Duden: Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull´abuso del concetto di vita. Del corpo della donna il legislatore si è pesantemente impadronito con l´autoritaria e proibizionista legge sulla procreazione assistita, negando la libertà femminile e creando davvero quel far west legislativo che si diceva di voler combattere. Oggi, infatti, migliaia di donne emigrano ogni anno in altri paesi per sfuggire agli assurdi divieti di quella legge, obbligate a pesanti costi finanziari e umani, mettendo pure a rischio la salute loro e dei figli che nasceranno.
Ora si vuole far diventare "pubblico" il corpo di tutti noi. Il rifiuto di cure, diritto ovunque riconosciuto e caposaldo della stessa soggettività morale, viene sostanzialmente negato dalla proposta della maggioranza. La sorte del corpo nel tempo del morire è sottratta alla libera decisione dell´interessato, viene affidata ad un medico investito del ruolo di funzionario di uno Stato etico che, appunto, ha proceduto alla "pubblicizzazione" del corpo.
Il testamento biologico diviene un simulacro vuoto, una formula che contiene il suo opposto. Si obbligano le persone ad un infinito iter burocratico, con obblighi continui di recarsi dal notaio, di chiedere firme del medico, di effettuare rinnovi periodici. Tutto questo per approdare al nulla. Il delirio formalistico non produce una volontà da rispettare, ma un "orientamento" che il medico può ignorare del tutto. E non solo viene esclusa la possibilità di rinunciare a trattamenti come l´alimentazione e l´idratazione forzata. Si finisce con il sottrarre alla libera scelta delle persone materie nelle quali il rifiuto è stato finora riconosciuto, dalla trasfusione di sangue alla dialisi, all´amputazione di un arto, al ricorso a tecniche meccaniche e farmacologiche.
Non è di una vicenda specifica, sia pur rilevantissima, di cui dobbiamo preoccuparci. Siamo di fronte ad una ideologia riduzionista del senso e della portata dei diritti fondamentali, che vuole impadronirsi dell´intera vita delle persone. Del nascere si è già impadronita, ora vuole farlo per il morire, e pone pesanti ipoteche sul vivere, come accade quando si rifiuta ogni riconoscimento alle unioni di fatto.
Mettendo così le mani sulla vita delle persone, si mettono pure le mani sulla prima parte della Costituzione che, a parole, si continua a proclamare intoccabile. Si manipolano principi fondativi del nostro sistema, che la Corte costituzionale ha dichiarato immodificabili. E tutto questo avviene mentre tutte le rilevazioni ci dicono che la maggioranza dei cittadini interpellati ritiene che proprio le decisioni sulla vita debbano rimanere patrimonio dell´interessato e della sua famiglia. Si apre così non solo una questione di rispetto della Costituzione, ma di rappresentanza politica. Molti, sempre di più e più spesso, si riuniscono, scendono in piazza. In quali luoghi della politica ufficiale arriverà questa voce?

La nuova pillola si chiama sondino. La Chiesa e il bio-testamento

l’Unità 22.2.09
La nuova pillola si chiama sondino. La Chiesa e il bio-testamento
di Maurizio Mori, presidente Consulta di bioetica

Tanti oratori si susseguono nella piazza piena sino alle sette di sera. «La nostra non è una battaglia di parte, riguarda la libertà di tutti». È in difesa della Costituzione che garantisce l’inviolabilità della persona.

Perché i cattolici, in buona parte, insistono tanto nell’affermare che la alimentazione e idratazione artificiale sono solo una forma di “sostegno vitale” contro il parere delle associazioni scientifiche? Come ha dichiarato la Sinpe nel gennaio 2007 (la Sinpe è la Società italiana di nutrizione artificiale - parenterale ed enterale - e metabolismo) la nutrizione artificiale «è un trattamento medico a tutti gli effetti; non è una misura ordinaria di assistenza (come lavare o imboccare il malato non autosufficiente); si configura come la ventilazione meccanica o la emodialisi». La risposta alla domanda iniziale è semplice: se non è un trattamento medico come gli altri, allora non può essere oggetto di testamento biologico, atto che riguarda solo la sospensione di terapie mediche. Anche questa tesi è inconsistente, perché qualsiasi atto sulla persona è illegittimo senza il consenso. Ma perché puntare su un contrasto tanto palese e acuto?
Di solito lo si spiega con l’atteggiamento antiscientifico ancora diffuso. C’è molto di vero in questa spiegazione, che però non considera la mentalità sottesa all’altro modo di ragionare, in cui la nutrizione artificiale non va mai sospesa «per l’immenso valore simbolico» che avrebbe. Chi crede che sia un trattamento medico mette in campo dei fatti, mentre gli altri rimandano a simboli - aspetto che rivela come si parlino due lingue diverse.
L’immenso valore in gioco è la indisponibilità o sacralità della vita umana. Un tempo questo valore era insito nell’esistenza quotidiana, ora va affermato almeno solo a livello simbolico. Ma con determinazione fino all’intransigenza per evitare il ripetersi di ciò che è accaduto negli anni ‘60 con la riproduzione. L’incertezza nel condannare la pillola contraccettiva ha finito per avvallare la tesi che le persone hanno la facoltà di controllare le sorgenti della vita. Per contenere la frana c’è voluto il blocco sull’aborto prima e sull’embrione poi, ma la battaglia è partita in svantaggio per via degli iniziali dubbi.
Per la gerarchia ecclesiastica va evitato un errore analogo sul fine della vita. L’appello alla pietà nelle condizioni tragiche non deve diventare veicolo dell’autodeterminazione. Si può concedere che, in casi eccezionali, quando non c’è più niente da fare e il paziente è ormai uno straccio che non ce la fa proprio più, lo si lasci andare. Ma non deve essere lui a decidere, perché va sempre rispettato il ritmo sacro della vita e della morte. Va riaffermato il valore simbolico della nutrizione artificiale per lasciare il pungiglione della sacralità della vita nella nuova situazione del mondo, nella speranza di tempi migliori per ristabilire l’ordine ora perduto. Come si cerca di fare con la riproduzione.

"Per Eluana non hanno avuto rispetto lasciarsi morire è un nostro diritto"

La Repubblica 22.2.09
Beppino Englaro è intervenuto in audio al sit-in romano, poi da Fazio a "Che tempo che fa". "Dobbiamo attenerci alla Costituzione"
"Per Eluana non hanno avuto rispetto lasciarsi morire è un nostro diritto"
"La mia battaglia da cittadino, chiunque potrebbe essere come mia figlia"
di C. P.

ROMA - Lo hanno chiamato boia, assassino. Ma Beppino Englaro ha sopportato in silenzio per mesi quelle accuse violente. «Ci sono riuscito solo perché ero a posto con la mia coscienza, sapevo che finalmente potevo rispettare le indicazioni di mia figlia Eluana. Per lei però mi sarei aspettato più rispetto». Lo ha raccontato ieri sera alla trasmissione «Che tempo che fa» con Fabio Fazio. Alla fine di una lunga giornata densa di parole. Con quei dieci lunghissimi minuti di applausi che da piazza Farnese sono saliti come un forte abbraccio quando si è sentita la sua voce al telefono da Milano. Dopo che il costituzionalista Rodotà lo aveva indicato come un «eroe civile». Con voce pacata ha ripetuto di non voler assolutamente entrare in politica, ma di voler far sì che la sua esperienza, i suoi «6233 giorni» di dolore possano essere utili per gli altri.
Sul disegno di legge Calabrò in discussione al Senato ha pochi dubbi. «Sono sicuro che gli italiani non si faranno imporre questa legge che è incostituzionale e antiscientifica. È una barbarie: considera alimentazione e idratazione non terapie e quindi irrifiutabili. Così si impongono condizioni di vita che praticamente nessuno si sognerebbe di dover subire. Una barbarie, imposta dall´alto. Ci vuole invece una legge semplice che dia voce e garantisca le libertà fondamentali, di dire sì o no alle terapie, in anticipo per quando non potrà farlo».
E con i molti che da piazza Farnese hanno fatto appello alla Costituzione, all´articolo 32 che, come dice il senatore del Pd Marino «ci dà il diritto alla salute ma non all´obbligatorietà delle cure», Beppino è d´accordo. «Noi ci dobbiamo attenere alla Costituzione. Che poi ci siano altre ideologie è chiaro che vanno rispettate, non ci sogneremmo mai di non rispettarle. Quello che loro non riescono a rispettare siamo noi, che abbiamo una concezione diametralmente opposta. Noi non ci sogneremmo mai di imporre a loro questo. Se vogliono essere curati oltre ogni limite vanno curati e nessuno può togliere loro questo diritto. Ma nessuno può togliere agli altri il diritto di non curarsi, di lasciarsi morire». E sull´idratazione? «Una volta che la sentenza della Corte Suprema di Cassazione chiarisce che l´alimentazione e l´idratazione forzata sono una terapia, noi sappiamo che la grande conquista del consenso informato, dell´autodeterminazione, è parte integrante della Costituzione italiana». E sull´eutanasia: «Dire di no ad una terapia salvavita non ha niente a che vedere con l´eutanasia, nella maniera più assoluta. È semplicemente lasciare che la natura faccia il suo corso. È quasi banale non capire questa situazione. Una cosa è chiedere un´iniezione letale, un´altra e chiedere di lasciarsi morire: l´ha chiesto anche Giovanni Paolo II».
(c. p.)

Englaro: così la legge non passerà

La Repubblica 22.2.09
Englaro: così la legge non passerà
Testamento biologico migliaia in piazza
"Con questa legge si torna al medioevo" Fine vita, migliaia in piazza per dire no
di Caterina Pasolini

Roma, manifestazione gremita contro il ddl. "Se passa, referendum"

"Una legge da medioevo" Fine vita, la piazza dice no
Sotto il palco tanta gente comune, giovani, anziani e famiglie senza bandiere di partito

ROMA - «Il commissario Montalbano sarebbe sicuramente qui, anche se è già chiaro chi è il colpevole: una maggioranza, con un Berlusconi prono ai voleri del Vaticano, che ha preparato una legge per impedire a ciascuno di vivere e morire come vuole. Io sono qui perché non voglio avere la vergogna di andarmene lasciando ai miei nipoti un´Italia senza libertà devastata nella morale pubblica e privata. Una qualsiasi legge che limiti la libertà di scelta sarà usata come grimaldello per leggi sempre più restrittive».
Un lungo applauso accoglie lo scrittore Andrea Camilleri in una piazza Farnese stracolma di gente. A migliaia sono venuti alla manifestazione indetta da Micromega contro il disegno di legge sul testamento biologico voluto dal centro destra, un ddl «medievale» spiega il suo direttore Paolo Flores d´Arcais. «Perché la vita non è della chiesa né dello Stato, è di chi la vive. Noi siamo per la libertà di scelta, c´è chi vorrà le macchine staccate come Welby e chi no». E da più parti arriva la promessa, l´impegno: «se passa questo disegno di legge si farà il referendum».
Sotto il palco tanta gente comune. Giovani, pensionati, impiegati, dipendenti di call center, amiche in gruppo, genitori con i figli ancora in carrozzina. Non hanno bandiere di partito, solo qualche cartello in difesa della laicità dello Stato e contro il Vaticano. Sono genitori con bambini, come Roberto Ledda e la moglie convinti di «voler decidere noi della nostra fine perché l´unico comandamento è non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te». Cattolici e pensionati come Angela Vita, professoressa di Lettere persuasa «che l´esistenza non è un valore assoluto senza la dignità e la libertà di scelta». O femministe d´antan come Andreina Andreotti, 60 anni, col suo cartello «giù le mani dalla mia vita e dalla mia morte», che non pensava di ritrovarsi in piazza tanti anni dopo per dire ancora «io sono mia», né della chiesa né dello stato.
E sono forti gli applausi quando il costituzionalista Stefano Rodotà parla di legge truffa «perché non è vincolante il parere del cittadino ed è incostituzionale visto che nega il diritto a rifiutare le cure», quando palesa i suoi timori per «una deriva autoritaria fondamentalista contraria quel 75 % di italiani che vuole decidere di persona o in famiglia sulla propria fine». Il succo del problema lo sottolinea Furio Colombo, senatore Pd: «Il Vaticano parla ma negli altri paesi europei fanno leggi secondo la loro coscienza. Da noi riesce invece ad imporsi grazie al caos nella maggioranza e ad un´ opposizione spaccata». Dal congresso del Pd arriva Marino, ex presidente della commissione sanità. Lunedì presenterà gli emendamenti al ddl «perché ognuno possa decidere, perché ci si occupi di terapie del dolore, aiuti alle persone in difficoltà». E il nuovo segretario Franceschini, assicura, è sulla stessa linea. In piazza Paolo Ferrero di Rifondazione - «no ad una legge che è tortura di stato» e anche Antonio di Pietro, dell´Idv: «Questa manifestazione è la risposta a tanti mister tentenna e ad un governo che anche sulla morte vuole decidere lui sostituendosi ai cittadini. Io sono cattolico e non se se avrei il coraggio di decidere di farmi staccare la spina, ma se c´è qualcuno che vuole farlo io non ho il diritto di decidere per lui. Questo è un momento caldo per la laicità dello stato e va affrontato con gli antibiotici». Poi chiama Beppino Englaro, e quando sente la sua voce la folla lo abbraccia con dieci minuti di applausi.

Fine vita, piazza gremita contro la tortura di Stato

l’Unità 22.2.09
Fine vita, piazza gremita contro la tortura di Stato
Manifestazione a Roma per una legge giusta sul testamento biologico
Englaro: alt alla legge ingiusta
di Jolanda Bufalini

In piazza Farnese a Roma migliaia di persone senza bandiere e simboli
Ignazio Marino: da Franceschini parole molto chiare. Domani il Senato riprende l’esame

Il marchese del Grillo ispira il cartello più divertente della piazza: la Costituzione secondo Berlusconi? Io so tutto e tu non conti un c...
Qualche minuto prima delle tre piazza Farnese è piena e gli organizzatori spostano le transenne per fare più spazio. La folla deborda verso campo de’ Fiori. Le bandiere gialle e nere degli atei e agnostici sono le uniche, su un lato. Per il resto non ci sono simboli o bandiere di partito. Chi è venuto lo ha fatto per sé: forza e debolezza di un’iniziativa che non vuole essere di parte ma a cui è mancato il sostegno della principale forza di opposizione. Lo noterà, durante la maratona che si prolunga sino alle sette di sera, Furio Colombo: «Come fa la collega di partito Dorina Bianchi a dire che la vita umana appartiene alla collettività? È un’affermazione sovietica». E Emma Bonino: «Ho chiesto a Veltroni, ho chiesto al Pd di mobilitarsi». La parlamentare non pronuncia la parola referendum perché il film che ha davanti è quello della legge sulla procreazione assistita. «Non c’è rispetto delle regole, non c’è stato di diritto nell’informazione». Si devono usare tutti i tempi della discussione parlamentare per raggiungere il maggior numero di cittadini possibile. Ignazio Marino arriva sotto il palco dalla fiera di Roma. È soddisfatto delle parole «molto chiare» di Dario Franceschini: «il legislatore deve avere una mentalità laica e non può mettere in discussione la libertà di scegliere le terapie». Lunedì ci sarà la presentazione degli emendamenti e, dice il medico senatore, «nel gruppo c’è unanimità per l’abrogazione dell’articolo 2 del disegno di legge Calabrò». «Secondo quell’articolo un testimone di Geova non potrebbe rifiutare la trasfusione; quella signora che rifiutò l’amputazione sarebbe obbligata ad accettarla». Sarebbe il contrario della libertà di scelta.
La voce di Beppino Englaro
Il senatore si interrompe perché si sente, dagli altoparlanti, l’inconfondibile accento delle montagne della Carnia di Beppino Englaro. È il momento di maggiore emozione in una piazza che «a Peppino, a Eluana, alla moglie Saturna vuole bene» e lo sottolinea con il calore degli applausi. Beppino ribadisce: «Quella legge sarebbe una barbarie». «La sentenza della Cassazione il 16 ottobre ha stabilito che idratazione e nutrizione forzata sono una terapia». «Non c’è naturalità, Eluana ha cominciato a morire 17 anni fa ma quel processo è stato interrotto». Poi, intervistato a “Che tempo che fa” ha detto di non volersi impegnare in politica, ma «per 6233 giorni ho dovuto affrontare una situazione che potrebbe capitare anche a me, è stato giusto affrontarla insieme ad altri». E ancora: «Dire di no a una terapia salvavita non ha nulla a che vedere con l’eutanasia».
«In un paese civile - aveva detto Paolo Flores d’Arcais dal palco di piazza Farnese - non sarebbe necessario manifestare». «Solo in uno stato totalitario la decisione sulla vita appartiene al governo o alla gerarchia ecclesiastica». Flores sottolinea la differenza fra la gerarchia e «i venti sacerdoti che hanno aderito alla manifestazione; i molti fedeli che non pensano alla religione come a una forma di oppressione ma come carità cristiana».
Gli scrittori
Lidia Ravera: «Che fortuna i cani che non hanno l’anima. La mia anima non sono i valori, la coscienza secondo quale vivo. La mia anima è Aline, avamposto di un esercito straniero perché - a causa sua - non posso decidere se diventare madre, di diventare madre, di aiutare mia madre se soffre troppo e inutilmente».
Andrea Camilleri: «L’illegalità istituzionale inquina le coscienze come le polveri sottili inquinano l’aria che respiriamo».
Habeas Corpus
Stefano Rodotà quasi rimpiange i tempi della Dc - «Un vecchio democristiano mi ha detto, per te è facile ma per me è intollerabile sentire la gerarchia ecclesiastica, questi politici pronunciare la parola assassinio».
Nonostante la campagna televisiva, ricorda il costituzionalista, il 77% della popolazione si è dichiarata vicina alla famiglia Englaro. La maggioranza del paese difende la libertà di scelta. E aggiunge: «Già la Magna carta si impegnava con gli uomini liberi: «Non metterò le mani su di te». Si sta parlando di principi che affondano le loro radici in sette secoli di civiltà e diritto.
E poi, sottolinea Rodotà, il consenso informato nasce al processo di Norimberga, dopo le testimonianze dei medici sugli orrori del nazismo. Solo la scelta degli individui - da non confondersi con l’individualismo - garantisce dall’intervento dello Stato. Questi stessi principi sono nella nostra Costituzione. La più bella del mondo, aveva detto Furio Colombo.

venerdì 20 febbraio 2009

Il diritto di disporre della nostra vita

La Repubblica 20.2.09
Il diritto di disporre della nostra vita
risponde Corrado Augias

Caro Augias, la pletora di parole e buoni sentimenti che ci ha inondati tutti, nei giorni scorsi, sulla vicenda umana di Eluana Englaro, è la prova provata di quanto due misteri silenziosi, come la vita e la morte, siano puntualmente "tirati per la giacchetta" da quanti politici, media, cardinali e vescovi sembrano essere pronti a darsi battaglia per rivendicare la fondatezza di una Tesi o la sacralità di un Principio, sulla pelle degli altri. Mentre quella vita, così lieve, andava via e, simbolicamente, portava con sé tante altre vite come quella, pensavo che non ci fosse nulla di davvero irrinunciabile da dire.
Oggi, invece, è tempo di parlare ed esercitare il proprio diritto di critica. Sono due i riferimenti che mi hanno accompagnato nella riflessione che le propongo. Il primo è un documento della Società Italiana di Cure Palliative e della Federazione Cure Palliative che spiega come con la nuova legge, che rende obbligatorie nutrizione e idratazione forzate, si moltiplicherebbero le sofferenze dei malati terminali. Mi è parso, quello dei medici dei malati terminali, un contributo fondamentale al dibattito: una legge siffatta, "estenderebbe tale obbligo anche a coloro che vivono una fase di inevitabile e prossima terminalità, per le quali non si tratta di non iniziare o sospendere una terapia ma di accompagnarle a una fine dignitosa".
L'altro documento è quello dei teologi del Centro studi teologici di Milano: "È significativo il nuovo oscurantismo tutto cattolico, che mentre proibisce le tecniche di supporto scientifiche e le metodiche sofisticate per permettere alle donne una procreazione assistita (dicono artificiale) in caso di grave e irreversi-bile sterilità, e quindi si oppone alla nascita di una nuova vita, vuole invece che altrettanto sofisticate macchine e ausili di supporto continuino a funzionare per tenere in vita una vita morta".
Ora, invece, quando tutte le provocazioni verbali sembrano essersi assopite e per esercitare il sacrosanto diritto, democratico, dunque libero, di espressione "politica" nel senso più alto del termine della nostra cittadinanza, credo sia giunto il momento di "manifestare" l'esistenza di un senso più alto che la vicenda di Eluana ci ha lasciato "in eredità": a Roma, a piazza Farnese, sabato 21 febbraio alle ore 15. Perché, leggo nell'appello lanciato da tanti intellettuali italiani e sottoscritto da migliaia di cittadini, "La vita di ciascuno non appartiene al governo e non appartiene alla Chiesa. La vita appartiene solo a chi la vive".
Ilaria Donatio Roma

Del testamento biologico bisognerà credo parlarne molto nei prossimi giorni. La sostituzione del senatore Marino alla presidenza della commissione Salute è stata un pessimo segnale. Un altro segnale molto negativo viene dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio. Prendendo la parola all'uscita del ricevimento per la ricorrenza del Concordato, ha detto di essere pienamente d'accordo con le posizioni del Vaticano. La somma di questi due segnali ci dice che bisognerà avere notevole capacità d'iniziativa e di resistenza per continuare a disporre della nostra vita, compreso il momento e il modo in cui lasciarla.

Testamento biologico Sì in commissione al ddl che esclude la sospensione della nutrizione.

Corriere della Sera 20.2.09
Testamento biologico Sì in commissione al ddl che esclude la sospensione della nutrizione. Bufera sulla capogruppo democratica
«Fine vita», Pd diviso. Duello Englaro-Pdl
di Margherita De Bac

Il padre di Eluana: barbarie. La replica: offende il Parlamento. La Bianchi si astiene
Pollastrini e Chiaromonte attaccano la collega di partito, che replica: ho premesso che non parlavo a nome di tutto il Pd

ROMA — Passa in commissione Sanità del Senato il disegno di legge sul testamento biologico che esclude dalle volontà la richiesta di sospendere alimentazione e idratazione artificiali. Beppino Englaro non usa mezzi termini su MicroMega: «Una barbarie». Alla conta ci sono 13 favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti, questi ultimi tutti del Pd, che si spacca in un clima da «resa dei conti », come dice il segretario del partito socialista, Riccardo Nencini.
In mezzo alle polemiche, Dorina Bianchi, da pochi giorni al posto di Ignazio Marino come capogruppo in commissione dei democratici, un passato nella Margherita. Con Daniele Bosone e Claudio Gustavino è tra i tre astenuti e ha attirato su di sé critiche feroci dai colleghi di un partito già con i nervi scoperti per le dimissioni di Walter Veltroni. Accusata di non aver rispettato i patti, di aver mantenuto un comportamento ambiguo non dichiarando con sufficiente chiarezza che la sua astensione era una scelta personale, di minoranza, e che il Pd non avrebbe appoggiato il testo presentato da Raffaele Calabrò, Pdl.
«Cronaca di un evento annunciato, una cronaca avvilente. La Bianchi aveva il dovere di farsi carico della posizione maggioritaria oppure in subordine doveva rinunciare alla funzione che ricopre», attacca Barbara Pollastrini. Franca Chiaromonte e Donatella Poretti esprimono «stupore soprattutto alla luce della chiusura a qualsiasi confronto da parte del Pdl».
Subito dopo il voto i democratici si sono riuniti per un confronto. Tra l'altro è stato deciso di affidare a Marino e Bosone il compito di selezionare gli emendamenti del gruppo.
Scelta che secondo alcuni indicherebbe la volontà di oscurare la senatrice che si sarebbe resa responsabile di questo nuovo incidente di percorso. La Bianchi però con Anna Finocchiaro, Luigi Zanda e Nicola Latorre coordinerà il lavoro dei Pd. Lei si difende: «Non è vero, ho premesso che mi esprimevo a titolo personale e che nel gruppo c'erano sensibilità diverse. Chi non la pensa così, vada ad ascoltare le registrazioni. E poi nei miei confronti c'è preconcetto. Le diversità sui temi etici sono una ricchezza. Non siamo un partito caserma. L'astensione voleva significare dare credito alla possibilità di apertura del relatore di maggioranza». E attacca il suo predecessore Marino: «Chi parla di referendum vuol far naufragare il dialogo».
In tarda serata Calabrò ha negato esplicitamente che si possa trattare sui principi della legge: «Non si toccano, la richiesta di sospendere alimentazione e idratazione non sarà prevista dal testamento biologico ». Marino non si faceva illusioni: «Se questo è l'atteggiamento porteremo avanti un'azione di contrasto parlamentare rigorosa, con tutti gli strumenti disponibili. Ho pronunciato un discorso di apertura. Calabrò invece sbarra la porta». Il piano del Pd potrebbe essere quello di bloccare con una pioggia di emendamenti (da presentare entro lunedì) i lavori della Commissione. Il testo andrà in aula il 5 marzo.
«La legge è una barbarie vera e propria» secondo Beppino Englaro. Il padre di Eluana, morta due settimane fa, ha aderito ma non sarà presente alla manifestazione «Sì alla vita, no alla tortura di Stato», organizzata per sabato a Piazza Farnese. Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliarello (Pdl) replicano: «Offende il parlamento ».
Padre Beppino Englaro nella casa di Lecco circondato dalle foto della figlia Eluana, morta il 9 febbraio scorso nella clinica La Quiete di Udine

Englaro sul testamento biologico: «Una barbarie, tutti in piazza»

Liberazione 20.2.09
Il testo del Pdl approvato in commissione. Sabato la manifestazione "sì alla vita no alla tortura di Stato"
Englaro sul testamento biologico: «Una barbarie, tutti in piazza»

La notizia più importante è che Beppino Englaro - uno che purtroppo se ne intende - definisce la legge sul testamento biologico una barbarie. La seconda notizia è che la commissione sanità del Senato ha dato il via libera al progetto di legge della destra berlusconiana. Infine, per gli amanti del gossip, la curiosità di un Pd diviso in tre: c'è chi, come la capogruppo in commissione Dorina Bianchi, fa «un'apertura di fiducia nei confronti del relatore», chi, come il senatore Ignazio Marino, ha già invocato il referendum su una legge che vieterebbe la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiali, e chi, come la senatrice Paola Binetti, ha già lanciato la mobilitazione contro la «minaccia» del referendum. Insomma il Pd, con le sue differenze di sensibilità.
Il disegno di legge Calabrò sul testamento biologico, ovvero il testo della maggioranza, ha raccolto ieri mattina il suo primo voto: la commissione Sanità del Senato lo ha scelto come testo base per arrivare a una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Un testo che non prevede la possibilità per il soggetto di decidere sui trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale e che raccoglie varie critiche, a partire da quelle di Beppino Englaro: la legge che il Parlamento si appresta ad approvare, ha detto, «è una vera e propria barbarie». La crociata della destra continua, Berlusconi & c non guardano in faccia nessuno. Sono o non sono la maggioranza?
Il via libera al ddl Calabrò è arrivato con la votazione di ieri mattina: 13 i sì della maggioranza, mentre il Pd si è diviso, con 6 senatori che hanno votato no e 3 che si sono astenuti, tra cui la capogruppo Pd Bianchi. Un voto su cui la direzione del Pd, con la commissione Sanità, ha cercato di ricompattarsi. Intanto a Micromega, Beppino Englaro afferma la propria posizione: la legge sul testamento biologico che il parlamento si appresta ad approvare, dice, «è assurda, incostituzionale. E' assolutamente necessario che i cittadini facciano sentire la propria voce e scendano in piazza a manifestare». Beppino Englaro ha inoltre aderito alla manifestazione "Sì alla vita, no alla tortura di Stato", che si svolgerà a Roma domani in piazza Farnese. Paolo Ferrero ringrazia Englaro «per le sue parole e il suo coraggio», Rifondazione sarà in piazza.
Per il momento, comunque, la polemica è innanzi tutto sul voto in Senato: «Sono molto contento che sia questo il testo sul quale lavorare con gli emendamenti - ha commentato Raffaele Calabrò (Pdl), relatore del ddl - fatti salvi il no ad eutanasia, accanimento terapeutico e suicidio assistito, credo che si possa migliorare tutto nel tentativo di fare una buona legge». Sul fronte Pd la giornata è stata più intensa. Mentre Dorina Bianchi ha spiegato che «il voto di astensione è stato un atto di fiducia verso il relatore, che ha mostrato delle aperture agli emendamenti dell'opposizione», Ignazio Marino e altri senatori sono di tutt'altro avviso: «Il senatore Calabrò ha mostrato una chiusura totale sui punti indicati dalla opposizione - ha detto Marino - se questo è l'atteggiamento, ne prendiamo atto e porteremo avanti un'azione di contrasto parlamentare rigorosa». Ed un altro fronte si è aperto con le dichiarazioni di Paola Binetti che, rispetto alla «minaccia» del referendum annunciato da Marino contro la futura legge sul testamento biologico, lancia nel Paese una «mobilitazione e battaglia culturale» per «ricostruire il tessuto dei valori in favore della vita». Ti pareva. Anche Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, presidente e vicepresidente del Pd al Senato, valutano il testo Calabrò come «un arretramento rispetto a quello approvato all'unanimità in commissione nel 2005». Dopo una riunione nel pomeriggio sembra comunque che, almeno per il momento, il Pd sia riuscito a trovare un accordo. I senatori Ignazio Marino e Daniele Bosone lavoreranno alla redazione e selezione degli emendamenti del gruppo, il cui termine di presentazione scade lunedì 23 alle 11. A fare da raccordo e coordinamento saranno Dorina Bianchi, e la direzione del gruppo al Senato con Finocchiaro, Zanda e Latorre. La cifra degli emendamenti ancora non si conosce, «ma saranno chiari, netti e in numero congruo - precisa Bosone - tra i punti su cui interverremo c'è senz'altro la nutrizione e idratazione artificiale, la durata della dat, la sua vincolatività, l'uso del notaio e l'obiezione di coscienza del medico». E Bianchi aggiunge che «se il ddl rimarrà tale il nostro voto sarà di dissenso».
In serata Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, capogruppo e vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato, attaccano Beppino Englaro, lo accusano di voler assassinare i vivi, altro che eutanasia. Senza garbo, senza stile, senza civiltà politica.

Englaro: ora tutti in piazza

La Repubblica 20.2.09
Testamento biologico, il padre di Eluana in campo. E la destra l’attacca
Englaro: ora tutti in piazza
Il padre di Eluana si collegherà con la manifestazione convocata domani da Micromega
di Caterina Pasolini

Primo sì al testamento biologico Englaro: "Barbarie, ora in piazza"
Il centrodestra lo attacca. Pd diviso nel voto sul testo

«Una vera e propria barbarie, una legge assurda e incostituzionale che nega le libertà fondamentali. La decisione sulla propria vita deve essere affidata a chi la vive» dice Beppino Englaro.
Il papà di Eluana continua così la sua battaglia e boccia senza mezzi termini il disegno di legge sul testamento biologico approvato ieri mattina in commissione Sanità del Senato con 13 voti di maggioranza e la spaccatura annunciata nel Pd: 6 contrari e 3 astenuti.
Beppino, che ha lottato 16 anni nelle aule di giustizia perché fosse rispettata la volontà di sua figlia, è nettamente contrario a questo disegno di legge appena approvato. Tanto che ha invitato «tutti i cittadini a far sentire la loro voce, a scendere in piazza contro un provvedimento incostituzionale, che mette in discussione i diritti fondamentali mettendo le basi per uno stato etico». Per questo parteciperà in collegamento telefonico alla manifestazione organizzata da Micromega che si terrà domani in piazza Farnese alle 15 «Per la vita e contro la tortura di stato», alla quale hanno aderito da Eco a Margherita Hack, da Camilleri a Rodotà e anche 17 sacerdoti. Cattolici in disaccordo con la linea del Vaticano che anche ieri è tornato a discutere «se si possa considerare morta una persona in coma irreversibile a cui batte il cuore».
Englaro e l´opposizione contestano - del ddl presentato dal senatore Pdl Calabrò - il fatto che non preveda la possibilità per la persona di rinunciare ai trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale, e che considera comunque l´opinione del paziente non vincolante per il medico.
«Così rendono inutile una legge sul testamento biologico», sottolinea Ignazio Marino, medico chirurgo, senatore del Pd, che nella passata legislatura aveva presentato un testo che aveva raccolto 100 firme da colleghi di opposti schieramenti in nome della libertà di scelta. E aggiunge: «È un arretramento rispetto al testo approvato all´unanimità del 2005. Avevamo lavorato perché le persone potessero decidere preventivamente quali cure chiedere o rifiutare nel caso in cui si fossero trovate incoscienti. Con questo disegno di legge nessuno, neppure in piena lucidità, potrà decidere sul fine vita. Non solo, in contrasto con l´articolo 32 della Costituzione che dice che a nessuno si possono imporre cure o trattamenti sanitari, questo avverrà. Il testo rende impossibile ai medici di seguire le indicazioni dei malati, come Welby o la donna che preferì morire di cancrena piuttosto che farsi amputare una gamba. In questi due casi i sanitari sarebbero messi sotto accusa oppure obbligati a intervenire, a tagliare la gamba e a non togliere il respiratore. Disattendendo così le volontà del paziente».
Il via libera al ddl Calabrò è arrivato con la votazione che ha visto i 13 i sì della maggioranza, mentre il Pd si è diviso, con 6 senatori che hanno votato no e 3 astenuti, tra cui il capogruppo Dorina Bianchi che ha motivato il suo voto come «un atto di fiducia verso il relatore». Nel pomeriggio la frattura nel Pd si è ricomposta con la Bianchi che ha annunciato che voterà «contro nel caso il testo del disegno di legge resti uguale». Rispetto ad altri testi presentati mancano riferimenti alle cure palliative, agli aiuti alle famiglie con malati terminali e in difficoltà. Entro lunedì verranno presentati gli emendamenti - tra gli altri Buttiglione (Udc) chiederà che vengano consentite terapie anti dolore anche se queste rischiano di affrettare la morte il malato terminale - ed entro il 5 marzo andrà in votazione. Col voto a favore comunque di Paola Binetti, teodem del Pd, che contraria all´ipotesi del referendum lanciata da Marino nel caso passi questo testo, ha promosso invece una «battaglia per i veri valori della vita».
Difficili i cambiamenti al testo sostanziali visto che Raffaele Calabrò (Pdl) che lo ha presentato, si è detto disposto a valutare gli emendamenti «fatti salvi il no ad eutanasia, accanimento terapeutico e suicidio assistito». In serata Quagliarello e Gasparri del Pdl hanno accusato Beppino Englaro di aver «offeso gratuitamente il parlamento» con le sue affermazioni.

giovedì 19 febbraio 2009

Fine di un dramma, fine di un sopruso

Fine di un dramma, fine di un sopruso

Dino Greco

Liberazione del 10/02/2009

Eluana è morta. Scriviamo "libera" e ci permettiamo solo adesso di pubblicare la foto di Eluana giovane e bella. Ora vogliamo ricordarla così. Contrariamente a quanti - e sono tanti - hanno stampato e ristampato il suo giovanile ritratto per dare ad intendere che quel bel viso sorridente e in realtà sfinito da tanti anni di coma vegetativo, fosse proprio quello che si voleva crudelmente cancellare. Si spengano i riflettori, si lasci finalmente il diritto al dolore privato ad un padre e ad una madre che hanno portato il pesante fardello per diciassette anni. Cessato l'artificio dell'accanimento sanitario, la natura ha fatto il suo corso naturale. Andandosene Eluana ha sconfitto l'inverecondo sciacallaggio politico che sul suo corpo e sul dolore della sua famiglia si è consumato in questi giorni. Nulla ci è stato risparmiato del peggior repertorio della strumentalità, dell'opportunismo, dell'ipocrisia, della profonda immoralità di una politica che non ha esitato a fare un uso perverso di una vicenda privata per imporre una scelta da «Stato etico». E che, contemporaneamente, va a scardinare l'intero edificio istituzionale: le prerogative del capo dello Stato, le sentenze - definitive e dunque inoppugnabili - della Corte di Cassazione, il ruolo del Parlamento. Quello che Berlusconi ha provato (sta provando) a determinare, con una formidabile accelerazione, è lo smottamento della democrazia costituzionale. Di più: è l'affermazione della forma preliberale, quella che fa del monarca un "dominus legibus solutus", affrancato da ogni vincolo, detentore esclusivo della sovranità che esercita senza altro limite che non sia la sua propria volontà. Berlusconi pensa ed opera come se la fonte di emanazione del suo potere, il voto del popolo, gli conferisse una giurisdizione assoluta. Quali esempi, fra quelli che la storia ci ha consegnato, possono essere evocati per cogliere il senso profondo di questa caduta verticale della democrazia? La vigilia del 1925 nell'Italia dell'incombente regime fascista? Oppure l'assolutismo regio riassunto dalla celebre frase di Luigi XIV: L'ètat c'est moi . Non paia, questa, un'iperbole polemica, una escogitazione gratuita. Un passo dopo l'altro, una vulnerazione dopo l'altra, una sequenza continua di amputazioni dei principi e dei diritti sanciti dalla Carta, stanno cambiando profondamente la realtà del Paese. E' come in chimica: quando un elemento supera, in un composto, una soglia critica, la soluzione «precipita» e cambia radicalmente natura. Allora, qualsiasi intervento risulta tardivo, ogni sforzo è compromesso. Rimane spazio solo per le recriminazioni, per l'inventario delle reticenze, degli errori, degli atti mancati. Il declivio si fa più ripido. E' più complicato risalirne la china. Siamo ancora in tempo per scongiurare al nostro Paese un'altra drammatica caduta.

Il pasticcio della nutrizione obbligatoria per tutti

Il pasticcio della nutrizione obbligatoria per tutti

Laura Eduati

Liberazione del 10/02/2009

Una legge pasticcio, ambigua, da correggere perché altrimenti costringerebbe centinaia di migliaia di italiani - anche quelli temporaneamente non autosufficienti ma sicuramente coscienti - alle sacche nutrizionali via cannula. Anche ora che Eluana smette di essere l'obiettivo unico del disegno di legge voluto dal governo. Ecco il testo in via di approvazione al Senato, tre righe contestatissime che potrebbero essere modificate nelle prossime ore: «In attesa dell'approvazione di una completa e organica disciplina legislativa in materia di fine vita, l'alimentazione e l'idratazione, in quanto forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono in alcun caso essere sospese da chi assiste soggetti non in grado di provvedere a se stessi». Proprio per colpire Eluana Englaro, Maurizio Sacconi voleva cambiare la dicitura sulla sospensione visto che alla donna ricoverata a Udine era già stata interrotta la nutrizione. E dunque il testo, se rimarrà formulato in questa maniera, obbligherà alla nutrizione e idratazione tutti coloro che «non sono in grado di provvedere a se stessi»: una categoria che include certo i pazienti in stato vegetativo permanente ma anche i paralizzati coscientissimi e vigili che non possono mangiare e lavarsi autonomamente ma certamente possono esprimere il rifiuto delle cure. Rifiuto delle cure che viene garantito dall'art. 32 della Costituzione e dall'articolo 53 del codice di deontologia medica e per questo anestesisti e rianimatori di tutta Italia stanno rivolgendo accorati appelli al Parlamento per fermare un ddl giudicato gravemente sbagliato e poco rispettoso dei criteri scientifici.
«Se un paziente non è autosufficiente ma può manifestare la propria volontà, il medico è tenuto al consenso informato e non può imporre alcun trattamento sanitario» ricorda Lina Pavanelli, l'anestesista vicina ai Radicali che ripercorse la malattia di Wojtyla scrivendo che il papa aveva rifiutato la nutrizione artificiale per abbandonarsi alla malattia e dunque alla morte. E quindi perché non possono farlo i malati nella condizione di Eluana, tramite una dichiarazione di volontà anticipate? «Una legge senza senso e ambigua, noi medici sappiamo che alimentazione e idratazione non sempre sono tollerate e positive per l'organismo di certi pazienti». La verità, sostiene Pavanelli, è che se la legge così come è formulata diventasse effettiva, discriminerebbe soltanto i malati incapaci di intendere e volere creando una divisione insopportabile e incostituzionale tra pazienti di serie A e pazienti di serie B.
«Ciò significa che se prima di cadere nell'incoscienza avevo espresso la volontà di sospendere alimentazione e idratazione, con questa legge non lo potrò più fare», conclude la dottoressa. In realtà già oggi, prima che il caso Eluana invadesse le istituzioni e la politica, i pazienti non coscienti devono sottostare al parere dei medici che nei casi gravi e terminali possono sospendere l'alimentazione artificiale, o la escludono dal principio, in quanto l'organismo sta andando incontro ad un naturale deperimento che la nutrizione non può comunque contrastare. Diverso il caso dell'idratazione, spesso fornita non soltanto per dare sollievo al corpo ma anche per somministrare farmaci per via endovenosa. Ad ogni modo con la nuova legge gli operatori sanitari saranno obbligati a imporre nutrizione e idratazione, altrimenti potrebbero finire alla sbarra. Di converso i pazienti non potrebbero rifiutare l'intervento chirurgico per inserire il tubo nello stomaco che consente il passaggio del composto nutritivo; e quindi, come sottolinea il chirurgo Ignazio Marino (Pd), questo diventerebbe «trattamento sanitario obbligatorio» per ora previsto soltanto per chi è pericoloso per se stesso e per gli altri «e non credo che persone come Pier Giorgio Welby o Giovanni Nuvoli fossero pericolose perla società». Mario Riccio, l'anestesista di Piergiorgio Welby che venne prosciolto per omicidio di consenziente dal gup di Roma, commenta la legge con amara ironia: «Pare il vaticinio della sibilla cumana». O peggio: «Una terribile barzelletta». E spiega perché: «Se la legge entrerà in vigore gli ospedali dovranno ordinare camion di sacche nutrizionali da imporre a tutti i pazienti non autosufficienti. Una follia». Quello che viene eluso, spiega Riccio, è che nelle corsie il 63% dei malati terminali muore per interruzione delle terapie quando queste vengono ritenute inutili. «E spesso anche la nutrizione, nelle ultimissime fasi, è inutile» parla il medico dall'ospedale di Cremona. Dunque, conclude, il medico dovrà obbligare il paziente a nutrirsi e idratarsi anche quando ha espresso una volontà contraria: «Siamo alla violenza privata».

Eluana è morta dopo un'agonia lunga 17 anni

Eluana è morta dopo un'agonia lunga 17 anni

Castalda Musacchio

Liberazione del 10/02/2009

Il padre Beppino: «Ora voglio soltanto stare solo»

Eluana è morta. Si è spenta ieri alle 20.10. A darne notizia un secco comunicato d'agenzia. Si è spenta in modo sereno, dicono i medici. Si è spenta dopo 17 anni di coma vegetativo nel clamore sollevato da una vicenda, la sua non vita e la sua morte, che ha spaccato le coscienze, la politica, un intero Paese. Se n'è andata via, mentre nelle aule, in una vera e propria corsa contro il tempo, si andava impostando quella "turbolegge" che avrebbe dovuto fermare una sentenza inoppugnabile, contro la quale il governo continua ad essere deciso a modificare persino la Costituzione.
E dire che, neppure di fronte alla morte, si sono fermate le polemiche. Quel "baillame" è continuato nonostante tutto. Con un putiferio scatenato al Senato. Con un centrodestra e una parte del centrosinistra (i teodem,ndr) privi di qualsiasi "pietas" ad inveire ancora, a dubitare della natura della morte, a chiamare «assassini» medici e infermieri che l'hanno assistita fino all'ultima ora. Con il Vaticano ad esordire alla notizia del decesso con un «Dio li perdoni» da far tremare le vene ai polsi. E dire ancora che un accanimento giudiziario, politico, legislativo, come quello sul caso Englaro, non si è mai verificato. La giornata di ieri l'ha dimostrato.
Una giornata concitata, l'ennesima, dopo il ricovero deciso alla clinica "La Quiete" dove da tre giorni erano state sospese idratazione ed alimentazione per dar seguito alla sentenza inoppugnabile della Corte. Si sono cercati tutti i pretesti, i cavilli, giuridici legislativi amministrativi, per dar seguito solo ad un puro attacco ideologico, in nome di quella battaglia, questa sì disumana, che si è consumata sul corpo di Eluana. Così si è deciso di inviare i Nas per accertare se vi potessero essere gli estremi persino di un sequestro preventivo della struttura. Struttura che, invece, nonostante gli accertamenti della Regione, nonostante il diktat di Berlusconi, nonostante tutte le ispezioni eseguite dalla Procura per approfondire ogni eventuale «anomalia», è risultata «perfettamente idonea», tanto che la Regione non ha potuto far giungere nessuno stop alla casa di riposo. In definitiva non c'era nessuna condizione, nessuna anomalia, nessuna illegalità per procedere a commissariare la clinica, come avrebbe voluto il premier.
E' stato l'anestesista Amato De Monte a telefonare al papà per comunicare la notizia. Il medico era stato subito allertato ai primi segnali di malore e una staffetta della polizia inviata dalla Questura lo ha prelevato a casa sua e condotto in pochi minuti alla clinica. Un decesso, ha spiegato anche il neurologo Carlo Alberto Defanti che l'aveva in cura, «improvviso. Non previsto». Sulla cui natura dirà una parola certa solo l'autopsia che verrà eseguita. Ma, come detto, neppure di fronte a quella che dovrebbe essere una giornata di riflessione si fermano le polemiche. La procura di Udine ha acquisito tutte le cartelle cliniche per appurare anche la corretta applicazione del protocollo per fugare ogni dubbio sulla morte di Eluana. Morte che arriva nel giorno della discussione in aula del Ddl voluto fortemente dal centrodestra. Lo stesso Sacconi ha chiesto che il provvedimento possa essere portato a conclusione, «per evitare che il sacrificio di Eluana sia stato vano».
Il Paese? Resta diviso su una vicenda sulla quale si sono innestati ormai i tanti temi sollevati. Questioni etiche, sensibilità politiche. Oggi comunque si andrà in piazza contro la volontà espressa da Berlusconi di voler fare a pezzi la Costituzione. Si manifesterà in difesa della laicità. E in tutt'Italia continueranno le manifestazioni non solo di solidarietà alla famiglia Englaro ma dello stesso Napolitano. In migliaia, ieri, hanno manifestato di fronte a Palazzo Chigi, e a questa è seguito subito dopo un corteo spontaneo per le vie del centro gridando al "Rispetto per Eluana" e in difesa della Carta. A Milano è successo lo stesso. A Napoli sono stati esposti striscioni con su scritto: «Sono fiero di essere Napolitano». A Palermo in centinaia hanno partecipato al sit in promosso dalla Cgil di fronte alla procura. Presidi, volantinaggi e manifestazioni si sono ancora svolti in Veneto, in Calabria. E i messaggi ovunque sono chiari: «Lo Stato laico non si tocca». E c'è chi invoca di smetterla con gli insulti contro un padre che «è un eroe». E contro una famiglia che oggi chiede, è la preghiera di Beppino Englaro, «silenzio» e rispetto.

Testamento biologico: il trionfo della menzogna sulla verità

da radicali.it
Testamento biologico: il trionfo della menzogna sulla verità

di Maria Antonietta Farina Coscioni

E’ stato a un “Porta a porta” della fine di novembre, che mi sono resa conto di come la verità sul caso di Eluana Englaro, e la più generale questione del testamento biologico, del fine vita, sarebbe stata brutalmente cancellata, con un uso cinico e sistematico della menzogna.



A quel “Porta a porta” quello che a tutti gli effetti si può definire il “partito vaticano”, ha fatto ricorso a espressioni che poi sono diventate tristemente comuni: si voleva far morire di fame e di sete Eluana; si trattava di un delitto, un assassinio; Eluana doveva continuare a rimanere prigioniera in un corpo che vegeta per chissà quanto tempo, perché diciassette anni non erano una tortura sufficiente…



Alla mia semplice osservazione che si deve garantire a tutti quel diritto che era stato riconosciuto a papa Giovanni Paolo II, quando ha chiesto (e ottenuto) di esser lasciato “andare alla casa del Padre”, monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, con un’espressione torva e seccata, mi ha chiesto dove mai avessi letto queste affermazioni, chi le avesse mai fatte; il tono e l'atteggiamento era quello di chi lascia intendere che avessi detto una falsità.



Era sufficiente recarsi alla libreria vaticana, e procurarsi gli "Acta Apostolicae Sedis", la raccolta ufficiale degli atti della Santa Sede. Nel supplemento del 17 aprile 2005, a pagina 460, si legge:"Giovedì 31 marzo…veniva rispettata l'esplicita volontà del Santo Padre di rimanere nella sua abitazione, ove era peraltro assicurata una completa ed efficiente assistenza". Nella successiva pagina 461 poi si può leggere: "Sabato 2 aprile…verso le ore 15,30, con voce debolissima e parola biascicata, in lingua polacca, il Santo Padre chiedeva "lasciatemi andare alla casa del padre". Poco prima delle 19 entrava in coma".



Ecco la mia fonte, la raccolta ufficiale degli Atti della Santa Sede. Eppure, davanti a milioni di telespettatori, sono stata trattata come una bugiarda, come una che si inventava affermazioni mai fatte…



Falsificazioni e menzogne, che poi sono continuate. Eccone un florilegio.



“Fermate quella mano assassina. Interrompere alimentazione e idratazione equivarrebbe ad un abominevole assassinio” (cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del pontificio consiglio per gli operatori sanitari)



“Fra pochi giorni l’Italia, che in nome della inviolabilità della vita umana propugna nel mondo l’abolizione della pena di morte per i colpevoli anche dei più efferati delitti, eseguirà la prima condanna a morte dopo il 1948; la condanna di una innocente cui, attraverso una lunga agonia, verrà negato il fondamentale diritto all’alimentazione e all’idratazione” (Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno).



“Il boia si è messo il cappuccio: la morte per fame e per sete, che sta per essere comminata alla cittadina italiana Eluana Englaro. E’ una atrocità non degna di un paese civile come l’Italia, questo delirio nichilista deve essere fermato” (Isabella Bertolini, direttivo del PdL alla Camera dei Deputati).



“E’ iniziato l’omicidio di Eluana che rischia di avvenire impunemente e senza turbare convenzioni e erogazioni di pubblico denaro. Si protesta per salvare un albero. Si è invece ignorato l’appello delle suore di Lecco, che si erano offerte per proseguire la loro opera di assistenza; la protervia di alcuni magistrati ha scandito i tempi di una tragedia”(Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del PdL).



“C’è un disegno volto a imporre un modello culturale per cui la ‘pietas’ consiste nell’eliminare il malato anziché curarlo” (Paola Binetti, deputata PD).



“Adesso serve un’azione perentoria se vogliamo che non si abbia in Italia una forma di eutanasia atroce” (Paolo Scarpa Bonazza Buona, senatore PDL).



“Non credo che ci si possa lavare la coscienza affermando che si tratta di una questione etica e non politica. Anche un tale che si chiamava Ponzio Pilato fece più o meno così” (Roberto Menia, sottosegretario all’ambiente).



“Se le strutture sanitarie, pubbliche e private, si trasformano in luoghi dove si procura la morte si perverte il ruolo del medico e della struttura stessa” (don Antonio Sciortino, direttore di “Famiglia Cristiana”).



“Sono sicuro che troveremo il modo di fermare quella che si configura come una vera e propria eutanasia” (Maurizio Lupi, vice-presidente della Camera, PdL).



“Bisogna a tutti i costi fermare il boia pronto ad eseguire la condanna a morte di Eluana Englaro” (Gabriella Carlucci, PdL).



“Non è possibile che in assenza di una normativa si proceda ad un intervento che tutti sappiamo può paragonarsi a un vero e proprio omicidio” (Antonio Mazzocchi, presidente del Movimento dei Cristiano-Riformisti, deputato PdL).



“Quella parte della magistratura che ha aperto la porta al consumarsi di un’ingiustizia verso una disabile grave incapace di esprimere oggi la sua volontà porta una responsabilità immane. Grechi e le altre toghe che con tanta arroganza hanno piegato i fondamenti del diritto per creare il mostro giuridico dell’onnipotente volontà individuale, forse non hanno realizzato quale architrave si rischi di svellere con il loro consenso” (“Avvenire”, editoriale).



“Se nessuno può togliere la vita a un altro, togliere la vita ad una persona totalmente indifesa è una barbarie” (“SIR”, agenzia dei Vescovi, editoriale).



“Si sta per compiere un vero e proprio omicidio. Si fermino, hanno ancora il tempo per riflettere e valutare le conseguenze della loro azione. Nessuno ha il diritto di interrompere una vita privandola dell’alimentazione e dell’idratazione” (Enrico La Loggia, vice-presidente del gruppo PdL alla Camera).



Sono una manciata di dichiarazioni tra le tante che sono state rilasciate in questi giorni. Hanno tutte una caratteristica, in comune: sono prive di misericordia. Non so come definire compiutamente le affermazioni che ho appena letto: “mano assassina”, “abominevole assassinio”, “Boia”, “omicidio”, “condanna a morte”, “lunga agonia”, “barbarie”, “vero e proprio delitto…”. Il loro parlare è stato tutto così. Una continua, sistematica, brutale, cinica manipolazione della verità…



Poi monsignor Fisichella – ancora lui! – intervistato da “Repubblica” si è detto spiaciuto per gli “insulti violenti”, e dice “basta con quelle parole che pesano come macigni”.

Quello stesso giorno si potevano leggere le dichiarazioni del cardinale Ersilio Tonini: “Eluana è stata usata per affermare una cultura diversa, in cui i deboli valgono meno dei forti. E’ il tentativo dello scardinamento dell’umano…C’è l’allargarsi di una cultura nichilista, un gusto della potenza fisica, dell’efficienza; in sostanza un superomismo. Non è peraltro la prima volta che queste idee compaiono nella storia: l’eliminazione degli handicappati e dei malati di mente precede, nel nazismo, la persecuzioni degli ebrei…”.

Su “Avvenire” si insinuava: “Scatta l’ora della verità. Ora vogliamo sapere cos’è successo a Eluana. Il dubbio resta e deve essere chiarito. Serve trasparenza sulla morte di Eluana…”. E nella pagina seguente: “Solo l’autopsia fugherà le ombre. Forse”.

“SIR”, l’agenzia dei vescovi italiani scriveva: “Eluana è stata uccisa ed ora il caso non si può considerare chiuso”.

Il cardinale Barragan, a reti pubbliche unificate diceva: “Nel caso di Eluana Englaro è stato violato il quinto comandamento, quello che dice ‘non uccidere…In Italia ci sono 9.500 persone che vivono in stato vegetativo, come Eluana, speriamo che non si pensi di voler violare anche per loro il quinto comandamento”.

Il vescovo di San Marino-Montefeltro Luigi Negri, intervistato da una trasmissione della radio pubblica, diceva: “La verità è che è stato compiuto un gesto di violenta eliminazione della vita su una persona debole ed indifesa…Bisogna dire la verità e la verità è che è stato compiuto un gesto di violenta eliminazione della vita su una persona debole ed indifesa”.

Il rammarico di monsignor Fisichella è che “intorno al caso di Eluana Englaro si sia creato un enorme caso mediatico che ha portato a una radicalizzazione delle posizioni. Questa vicenda ha avuto una presenza pubblica gigantesca, credo che lo sbaglio iniziale sia stato proprio questo: sia stato quello di avere voluto una evidenza mediatica oltremisura…”.

Certamente monsignore avrebbe preferito che tutto si svolgesse nel silenzio, nella clandestinità, nella letterale ignoranza di quello che accadeva. Si preferiva quello che accade tutti i giorni negli ospedali e nelle cliniche, la morte pietosa e liberatrice di sofferenze senza speranza e scopo, affidata alla mano di un medico, di un’infermiera. Si preferiva che non si sapesse del dramma di Eluana e della sua famiglia, come non si doveva sapere di Luca Coscioni, di Piergiorgio Welby, di Giovanni Nuvoli. Così come monsignore evidentemente voleva non si sapesse dell’ultima invocazione di Giovanni Paolo II, “lasciatemi tornare alla casa del padre”.



Televisioni e giornali ci hanno spiegato che per la Chiesa Cattolica la nutrizione artificiale non è un trattamento medico, e sospenderla equivale all'eutanasia. Ce l’hanno detto e ripetuto. Peccato che non sia del tutto vero: c’è un documento ufficiale, naturalmente ben nascosto, ma mai sconfessato o smentito, la Carta degli Operatori Sanitari del 1995, del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sanitari, che il Vaticano si è guardato bene dal citare.

Al paragrafo 120 ultimo capoverso si legge: "L'alimentazione e l'idratazione, anche artificialmente amministrate, rientrano tra le cure normali dovute sempre all'ammalato quando non risultino gravose per lui: la loro indebita sospensione può avere il significato di vera e propria eutanasia".



Ripeto: “Quando non gravose per lui”. E non si dice nulla rispetto a chi debba stabilire la gravosità. Insomma, la Chiesa consente la sospensione della nutrizione artificiale in alcuni casi.



Dunque ecco quello che rischia di accadere: sulla morale – chiamiamola così -, su una posizione sbandierata dalla Chiesa, ma che in realtà è contraddetta dai documenti ufficiali, si sta costruendo una legge italiana sul testamento biologico, che, in realtà lo nega, se è vero che come dice il testo di legge governativo, "Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento". Non si potrà. insomma rifiutare né nutrizione, né sondino, né Peg. E’ sarà l’ulteriore trionfo della menzogna sulla verità.