martedì 10 febbraio 2009

Marino: ora evitiamo una cattiva legge

l’Unità 10.1.09
Marino: ora evitiamo una cattiva legge
intervista di Federica Fantozzi

Ignazio Marino è chirurgo di fama specializzato in trapianti nonché senatore del Pd. Cattolico, ha dialogato con il cardinale Martini sulle possibilità di incontro tra scienza ed etica cristiana.
Professore, l’autopsia su Eluana potrà fornire un punto fermo alle congetture mediche? La certezza dell’impossibilità di un risveglio applicabile a casi analoghi?
«Dal punto di vista della medicina non c’è nulla di nuovo da apprendere. La scienza progredisce ogni giorno e vengono approntate nuove tecnologie per studiare le funzioni del cervello di persone in stato vegetativo. Ma il punto centrale che spesso sfugge è un altro».
Qual è il punto centrale della vicenda?
«Il nodo di situazioni che hanno interessato i tribunali di tutto il mondo, dagli Usa a Francia e Spagna, non è quanto possano migliorare o ricevere diagnosi più sofisticate persone come Eluana, Terry Schiavo o Karen Kinlan che nel ‘76 ottenne per prima dalla Corte Suprema il diritto a sospendere ogni forma di terapia senza che configurasse reato. In gioco c’è la libertà di scelta. Ed è un interrogativo che tanti ci poniamo».
Lei che cosa sceglierebbe di fare o non fare?
«Io ho depositato il mio testamento biologico in una cassetta di sicurezza a Filadelfia. Per me il problema non è sapere se e quando potrò recuperare da una disabilità fisica bensì chiarire fino a che punto voglio si spingano le cure. Come a molti altri non mi interessa tornare dopo 17 anni a una vita normale. Mi interessa non rimanere in un limbo tecnologico. Se non posso vivere con mezzi che ritengo proporzionati preferisco accettare la fine della vita».
La Chiesa risponde che non è una prospettiva cristiana.
«Non è così. Io sono credente e non credo si debba avere timore di accettare la morte. In un dialogo on line con una suora le ho chiesto cosa farebbe un grande santo di fronte all’ipotesi di interrompere cure eccessive e tornare alla casa del Padre».
Cosa le ha risposto?
«Con l’esempio di San Francesco. Quando si ammalò i suoi confratelli volevano prolungargli la vita ma lui disse: lasciatemi stare. Non è suicidio assistito o eutanasia, ai quali sono contrario, ma il diritto costituzionale a non doversi curare per forza».
Quali sarebbero le conseguenze di una legge restrittiva?
«Se io mi ammalassi di cancro al fegato e non potessi deglutire, il mio medico mi proporrebbe di inserire una cannula e io rifiuterei. Ma se entrassi in coma lui dovrebbe fare i conti con la legge: se rispetta il codice deontologico e la sacra alleanza con il paziente e dice no commette reato. Mi dica lei se avremmo uno o migliaia di casi Englaro...».
È legittimo che in coscienza si possano rifiutare certe cure e appena la si perde si sia costretti ad accettarle?
«Non sono un costituzionalista ma mi sembra assurdo. Credo che ci sarà materia per la Corte Costituzionale».
Nel Pd c’è chi trova meglio una cattiva legge che nessuna legge.
«Sarebbe un errore gravissimo. Un partito che ha l’ambizione di guidare il Paese deve avere una posizione sui grandi temi etici».
Quale scenario prevede?
«Una legge restrittiva causerebbe ricorsi alla Consulta, poi un referendum e finalmente una normativa come esiste in tutto il mondo. Ci sarà un motivo se dappertutto si è legiferato in un modo, non crede?».

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