Corriere della Sera 16.2.09
Il chirurgo «C'è bisogno di gente come me»
«Io isolato? Macché Tanti hanno chiamato da Amato a Pollastrini»
di Margherita De Bac
Da chirurgo, di fronte a una situazione critica, faccio un piano A e un piano B. Il piano A è correggere il testo della legge. Il piano B è il referendum
ROMA — «Isolato? Deluso? Macché. Io vado avanti. Per me la politica è passione. Significa riuscire a realizzare dei progetti utilizzando la propria competenza. Quindi non mi fermo. D'altra parte lasciare adesso sarebbe sbagliato. Ritengo che ci sia molto bisogno di gente come me. Di tecnici». Ignazio Marino ieri pomeriggio è volato a Verona dove stamattina deve operare. Ha passato la giornata a riguardare le cartelle cliniche. Giura che le polemiche che soffiavano da Roma, dopo la sua proposta di indire un referendum per abrogare la legge sul testamento biologico non ancora fatta, non lo hanno investito. «Guardi neppure sapevo che hanno chiesto le mie dimissioni dalla presidenza della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema sanitario», sdrammatizza.
E adesso che lo sa, come replica?
«Osservazione irrilevante. Punto ».
Però quest'idea sul referendum le ha creato non pochi guai. Attaccato da tutti nel centrosinistra. Marini dice è una trovata da scienziato. Come dire che lei non sa fare il politico. Si sente isolato?
«Affatto. Il mio compito è portare avanti le idee. Inoltre sono stato male interpretato. Da chirurgo di fronte a una situazione critica io sono solito definire un piano A e un piano B. In questo caso il piano A, al quale non rinuncio, è correggere il testo della legge, molto deficitario. Se l'operazione non riesce, passiamo al piano B, il referendum, strumento che la Costituzione ci mette a disposizione».
Quindi lei insiste con il referendum anche se tutti nel Pd hanno messo in atto un unico piano: voltarle le spalle. Ha sentito Veltroni e D'Alema negli ultimi due giorni?
«Nel fine settimana non ci sentiamo mai né con l'uno né con l'altro. E poi chi dice che sono isolato sbaglia. Mi hanno chiamato in tanti. Tra i primi Giuliano Amato, da New York. Guarda Ignazio, condivido il tuo percorso. E poi Gianrico Carofiglio, Marinaro, Cuperlo, Pollastrini».
Perché non torna a fare il chirurgo a tempo pieno, non ne ha piene le scatole della politica?
«Me lo chiedono un giorno sì e l'altro pure di tornare solo a operare. Ma io sono molto soddisfatto di quello che sto facendo qui in Italia. In finanziaria è stato inserito il mio emendamento per il risarcimenti ai danneggiati di sangue infetto. E' un modo molto efficace di assistere i malati no?».
Dove hanno origine le sue certezze sul testamento biologico che, secondo lei, deve dare piena libertà di scelta alla persona e dargli facoltà di rinunciare a ogni cura?
«Hanno origine nella mia esperienza professionale. Pensi, c'è chi mi considera vicino a posizione eutanasiche, soltanto perché sabato scorso sono andato a un convegno dei radicali, e invece nell'ambiente medico vengo giudicato fin troppo rispettoso della vita. Ho lottato per la vita dei miei pazienti anche quando non c'era niente da fare. I colleghi mi dicevano dai Ignazio ora basta e leggevo nei loro occhi l'accusa di accanimento terapeutico».
Racconti, allora...
«Ricordo una donna in coma epatico che decisi di trapiantare di fegato per la seconda volta. Il primo trapianto era andato male. Stava morendo, i miei collaboratori mi dicevano, lasciamola andare. Andai avanti. Dopo alcuni mesi di terapia intensiva il giorno di Natale quella donna baciò suo figlio».
Come si concilia il comportamento del chirurgo Marino con quello del senatore Marino che si batte per rimettere in mano al paziente le decisioni, tutte le decisioni, sul fine vita?
«Proprio perché sono a contatto con dolore a sofferenza credo che il medico, una volta compiuti tutti gli sforzi, debba accettare le richieste del malato. Noi dobbiamo accompagnare non accanirci».
Il chirurgo «C'è bisogno di gente come me»
«Io isolato? Macché Tanti hanno chiamato da Amato a Pollastrini»
di Margherita De Bac
Da chirurgo, di fronte a una situazione critica, faccio un piano A e un piano B. Il piano A è correggere il testo della legge. Il piano B è il referendum
ROMA — «Isolato? Deluso? Macché. Io vado avanti. Per me la politica è passione. Significa riuscire a realizzare dei progetti utilizzando la propria competenza. Quindi non mi fermo. D'altra parte lasciare adesso sarebbe sbagliato. Ritengo che ci sia molto bisogno di gente come me. Di tecnici». Ignazio Marino ieri pomeriggio è volato a Verona dove stamattina deve operare. Ha passato la giornata a riguardare le cartelle cliniche. Giura che le polemiche che soffiavano da Roma, dopo la sua proposta di indire un referendum per abrogare la legge sul testamento biologico non ancora fatta, non lo hanno investito. «Guardi neppure sapevo che hanno chiesto le mie dimissioni dalla presidenza della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema sanitario», sdrammatizza.
E adesso che lo sa, come replica?
«Osservazione irrilevante. Punto ».
Però quest'idea sul referendum le ha creato non pochi guai. Attaccato da tutti nel centrosinistra. Marini dice è una trovata da scienziato. Come dire che lei non sa fare il politico. Si sente isolato?
«Affatto. Il mio compito è portare avanti le idee. Inoltre sono stato male interpretato. Da chirurgo di fronte a una situazione critica io sono solito definire un piano A e un piano B. In questo caso il piano A, al quale non rinuncio, è correggere il testo della legge, molto deficitario. Se l'operazione non riesce, passiamo al piano B, il referendum, strumento che la Costituzione ci mette a disposizione».
Quindi lei insiste con il referendum anche se tutti nel Pd hanno messo in atto un unico piano: voltarle le spalle. Ha sentito Veltroni e D'Alema negli ultimi due giorni?
«Nel fine settimana non ci sentiamo mai né con l'uno né con l'altro. E poi chi dice che sono isolato sbaglia. Mi hanno chiamato in tanti. Tra i primi Giuliano Amato, da New York. Guarda Ignazio, condivido il tuo percorso. E poi Gianrico Carofiglio, Marinaro, Cuperlo, Pollastrini».
Perché non torna a fare il chirurgo a tempo pieno, non ne ha piene le scatole della politica?
«Me lo chiedono un giorno sì e l'altro pure di tornare solo a operare. Ma io sono molto soddisfatto di quello che sto facendo qui in Italia. In finanziaria è stato inserito il mio emendamento per il risarcimenti ai danneggiati di sangue infetto. E' un modo molto efficace di assistere i malati no?».
Dove hanno origine le sue certezze sul testamento biologico che, secondo lei, deve dare piena libertà di scelta alla persona e dargli facoltà di rinunciare a ogni cura?
«Hanno origine nella mia esperienza professionale. Pensi, c'è chi mi considera vicino a posizione eutanasiche, soltanto perché sabato scorso sono andato a un convegno dei radicali, e invece nell'ambiente medico vengo giudicato fin troppo rispettoso della vita. Ho lottato per la vita dei miei pazienti anche quando non c'era niente da fare. I colleghi mi dicevano dai Ignazio ora basta e leggevo nei loro occhi l'accusa di accanimento terapeutico».
Racconti, allora...
«Ricordo una donna in coma epatico che decisi di trapiantare di fegato per la seconda volta. Il primo trapianto era andato male. Stava morendo, i miei collaboratori mi dicevano, lasciamola andare. Andai avanti. Dopo alcuni mesi di terapia intensiva il giorno di Natale quella donna baciò suo figlio».
Come si concilia il comportamento del chirurgo Marino con quello del senatore Marino che si batte per rimettere in mano al paziente le decisioni, tutte le decisioni, sul fine vita?
«Proprio perché sono a contatto con dolore a sofferenza credo che il medico, una volta compiuti tutti gli sforzi, debba accettare le richieste del malato. Noi dobbiamo accompagnare non accanirci».
Nessun commento:
Posta un commento