venerdì 18 settembre 2009

Il Tar: non si può imporre l’alimentazione artificiale

l’Unità 18.9.09
Il Tribunale accoglie il ricorso del Movimento difesa cittadini. Influirà sul Testamento biologico
Sconfessati l’ordinanza Sacconi e il testo del Senato. Il ministro: subito la «leggina Eluana»
Il Tar: non si può imporre l’alimentazione artificiale
di N.L.

Il Tar del Lazio: alimentazione e idratazione forzata non si possono imporre a nessuno. Una sentenza che «chiarisce ambiguità» per Marino, Pd. Sacconi vuole subito la «leggina» che impone i trattamenti.
Ignazio Marino: «La sentenza chiarisce: non si possono discriminare i pazienti»

L’alimentazione e l’idratazione forzata non possono essere imposte. A nessuno, né in stato cosciente, né incosciente, e anche se si trova in stato vegetativo un cittadino può esprimere, ex post, la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili. Volontà che possono essere ricostruite, per non discriminare tra pazienti che possono esprimere il loro consenso. Il Tar si rifà al «diritto di rango costituzionale della libertà personale», inviolabile secondo l’art. 13 della Costituzione.
A sette mesi dal caso Eluana, il Tar del Lazio di fatto boccia il cuore della legge sul testamento biologico passata al Senato, ora in commissione alla Camera. Il tribunale regionale ha accolto il ricorso del «Movimento di difesa dei cittadini» contro l’ordinanza del ministro Sacconi emanata l’anno scorso, che imponeva alimentazione e idratazione forzata. Principi contenuti nel testo Calabrò: sono trattamenti che il malato in stato vegetativo non può rifiutare neppure con una dichiarazione anticipata di trattamento.
Ignazio Marino del Pd, afferma invece che la sentenza «chiarisce molte ambiguità» che si sono create sul caso Englaro, perché afferma che non si possono imporre l'alimentazione e l'idratazione artificiale ad un paziente, nemmeno se si trovi in stato vegetativo permanente». L’imposizione, secondo il chirurgo, causerebbe «delle discriminazioni tra due pazienti, tra due cittadini italiani, che devono avere gli stessi identici diritti rispetto alla scelta delle terapie, come prevede del resto la nostra Costituzione».
Il ministro del Welfare Sacconi riparte all’attacco e tuona che «è ancora più urgente la “norma Englaro”». Sarebbe la «leggina» che impone come «inalienabile diritto» alimentazione e idratazione forzata. Il ministro fa un pressing sulla soluzione lampo rilanciata ieri da Eugenia Roccella, «nel caso alla Camera si allungassero i tempi». La «leggina», varata dal consiglio dei ministri a febbraio (per bloccare la scelta del padre di Eluana), è «ferma al Senato», spiega Roccella.
RISPETTO DELLA COSTITUZIONE
Una sentenza «molto importante», commenta Vittoria Franco del Pd: «Conferma quanto sostenuto dalla sentenza della Corte di Cassazione a proposito del caso Englaro: stabiliva che la libertà della persona rispetto alle terapie è una libertà assoluta». «Il ministro getta benzina sul fuoco», per Livia Turco, Pd, «la norma che vorrebbe è un' imposizione che impedirebbe il più elementare sentimento di pietas e di rispetto della persona umana». La notizia è accolta con soddisfazione dai radicali, apprezzata anche dall Fp Cgil Medici.
La sentenza del Tar si inserisce nella discussione sulla legge del biotestamento, che Marino spera sia cambiata in modo «equilibrato». Come la vorrebbe il presidente della Camera, Fini. Ieri a Montecitorio ha avuto un colloquio con Savino Pezzotta, dell’ Udc: «Abbiamo parlato di laicità e della riflessione che oggi impone la multireligiosità», ha raccontato l’ex segretario della Cisl. Il fronte teocon del Pdl fa muro, Maurizio Gasparri bolla sprezzate come «fantasie amministrative» la sentenza del Tar.

giovedì 17 settembre 2009

Se la medicina si trasforma in polemica

l’Unità 16.9.09
Se la medicina si trasforma in polemica
L’Avvenire e la diagnosi di Eluana
di Carlo Alberto Defanti, neurologo

Essendo stato per tredici anni il neurologo di Eluana, mi sento in dovere di formulare qualche considerazione su quanto affermato dal mio collega Gianluigi Gigli sugli aspetti scientifici dello stato vegetativo persistente (Avvenire, 10 settembre). Citando articoli recenti e un’intervista di Steven Laureys, neurologo di Liegi, in occasione del Congresso della European Neurological Society tenutosi a Milano a giugno, Gigli non fa che ricordare un dato noto, ossia l’elevata percentuale di errori commessi nel diagnosticare la mancanza di coscienza in questi pazienti. Come neurologi siamo sollecitati ad una maggiore attenzione sia nel porre questa diagnosi sia a ricorrere a scale di valutazione standardizzate oggi non ancora diffuse. Su questo punto non si può che concordare. Meno scontata, invece, è la tesi dell’importanza delle indagini strumentali (Pet, Risonanza Magnetica Funzionale, ecc.) per avvalorare la diagnosi. È vero che negli ultimi anni vi sono stati progressi nello studio strumentale, ma il significato delle nuove acquisizioni è ancora incerto e le indagini citate non sono fra le linee guida per la diagnosi di stato vegetativo.
Il vero obiettivo di Gigli è polemico: sostenere che senza le misurazioni strumentali le diagnosi basate sulle proprie convinzioni cliniche possono essere fuorviate, «specie se influenzate dall’ideologia o da influenze esterne». Così sostiene che «purtroppo di quanto accaduto nel mondo scientifico negli ultimi quindici anni non c’è traccia nel decreto della Corte di appello di Milano con cui si è autorizzata la sospensione dell’idratazione e della nutrizione in Eluana».
Quest’ultimo ragionamento è sbagliato: una cosa è sottolineare il dovere alla prudenza nel diagnosticare lo stato vegetativo – punto su cui non posso che concordare –, altro è voler riferire l’invito alla cautela al caso di Eluana, che in 17 anni di decorso non ha mai manifestato alcun segno di coscienza. Trovo offensivo il sospetto avanzato da Gigli che sulla diagnosi di Eluana, che altri prima di me avevano posto ma di cui porto la responsabilità, possano aver interferito «ideologia o influenze esterne», in altre parole la volontà da fare di lei l’agnello sacrificale di una battaglia bioetica “laicista”. Il fatto che io sia stato sia l’esperto che fa la diagnosi sia il sostenitore della battaglia del padre per far rispettare la volontà della figlia può apparire una contraddizione agli occhi di coloro che vedono nella difesa della vita sempre e comunque il dovere assoluto del medico. Io penso invece che essere a fianco del malato significhi non solo difenderne la vita, ciò che credo di aver fatto durante tutta la mia carriera, ma anche porsi al suo servizio quando, in condizioni terminali o di estrema menomazione, manifesti la volontà di rinunciare ai trattamenti di sostegno vitale.

Le cure palliative diventano un diritto

Corriere della Sera 17.9.09
Passa all’unanimità alla Camera la legge che garantisce anche la terapia del dolore
Le cure palliative diventano un diritto
di Margherita De Bac



Le cure palliative diventano un diritto per tutti i cittadini, dal Pie­monte alla Sicilia. Dovranno esse­re assicurate con criteri uniformi, sostenute da un finanziamento proprio: 150 milioni presi in parte dal Fondo sanitario nazionale (100), il resto dall’ultimo decreto anticrisi. Semplificate in modo permanente le procedure per i far­maci antidolorifici. Sono alcuni dei passaggi salienti della legge ap­provata ieri dalla Camera.
Sanità La Camera approva il testo in due sedute. Il piano sarà finanziato con 150 milioni di euro

ROMA — Le cure palliative escono dall’ombra e diventano diritto di tutti i cittadini, dal Pie­monte alla Sicilia. Dovranno es­sere assicurate in ogni Regione, con criteri uniformi, sostenute da un finanziamento proprio. In tutto 150 milioni presi in par­te dal Fondo sanitario naziona­le (100), il resto dall’ultimo de­creto anti crisi. Semplificate in modo permanente le procedu­re per i farmaci antidolorifici.
(...)
l 'articolo completo su corriere.it

lunedì 7 settembre 2009

Biotestamento e medici Martini riapre il confronto

Corriere della Sera 7.9.09
Biotestamento e medici Martini riapre il confronto
Patti: volontà del paziente decisiva. D’Agostino: troppi rischi
di Gianna Fregonara

ROMA — «Forse è tempo di fermarsi un po’ a pensare, prima di riprendere la discussione sul testamento biologico». Il cardinal Martini che fa la recensione del­l’ultimo saggio di Ignazio Marino, deputa­to pd e autore di una delle proposte di leg­ge sul fine vita più indigeste per la Chiesa, ha un primo effetto collaterale non irrile­vante: mette d’accordo in pochi minuti due punti di vista molto lontani, quello del teodem Enzo Carra (Pd) e dell’ideolo­go del pensiero laico di Gianfranco Fini, Alessandro Campi. Non solo, permette an­che ad un radicale come Marco Cappato di intravvedere «nei dubbi di Martini, un’impostazione liberale che indica come non vi possa essere una soluzione unica per ogni situazione».
(...)
l'articolo completo sul sito del "corriere della sera"

venerdì 4 settembre 2009

Marco Bellocchio "Girerò una storia su Eluana Englaro"

La Repubblica 22.8.09
Marco Bellocchio "Girerò una storia su Eluana Englaro"
"Un film per parlare di amore per la vita"
intervista di Paolo D'Agostini

Il regista parla del suo nuovo progetto cinematografico sul caso Englaro Intanto parte per presentare al pubblico internazionale il suo "Vincere"
Ho elaborato l´idea partendo dal caso di Eluana, ma i miei saranno personaggi d´invenzione
A questa costrizione a far vivere chi è già morto, oppongo un´altra costrizione a far vivere chi può e deve vivere
Visti i tempi, il declino generale del cinema, quello della politica direi che l´esito è stato buono
"Vincere" sarà distribuito all´estero dalla stessa società di "Gomorra"

ROMA. In partenza per un tour americano che sarà anche l´inizio della campagna di promozione del suo Vincere in vista dei prossimi Oscar, Marco Bellocchio (70 anni il 9 novembre) dà la notizia. Il prossimo film nascerà dalle riflessioni e dalle emozioni provocate in lui dal caso Englaro.
Così annuncia il progetto. «Tre elementi. Il primo è la fiaba della Bella addormentata. Il secondo: la tragedia della ragazza Eluana e del personaggio eroico del padre che vuole rispettare la volontà della figlia - viva ma solo vegetalmente - rispettando la legge, pretendendo l´applicazione della legge. Senza cercare scorciatoie. Il terzo, tema opposto e mia profondissima convinzione: quando invece ci sono condizioni per riportare alla vita qualcuno che vuole morire per forza - e penso alle anoressiche o ai depressi che vogliono uccidersi, che vogliono morire - lì non solo lo psichiatra ma anche chi è loro vicino, familiari o genitori, deve costringerli a vivere. Da una parte il rispettare la volontà della povera ragazza e quindi permetterle di morire. Dall´altra invece il caso di qualcuno che lotta fisicamente per impedire di morire, per costringere a vivere una persona che vuole morire ma che ha tutte le possibilità per poter vivere, per rinascere. Questa doppia storia mi interessa raccontare. Non so se riuscirò, è un tema secondo me molto positivo ma certo non molto divertente».
Un film nel quale dovrebbero convivere due storie.
«Esatto. Anche se non nascondo che ho iniziato a elaborare quest´idea a partire da Eluana, naturalmente i miei saranno personaggi d´invenzione. In un certo senso sono due aspetti della stessa lotta per la vita. Quella di un padre-eroe. E quella di chi lotta e impedisce di morire, costringe a vivere chi - penso anche ai giovani perduti nella droga degli anni passati - ha tutte le potenzialità per vivere una vita straordinariamente ricca. Nella stessa Italia, contemporaneamente forse in due città diverse, immagino queste due lotte. Una nei confronti dello Stato e dell´ipocrisia di chi per paura di perdere l´appoggio della Chiesa cattolica, pur non condividendone i principi, si è inchinato per conformismo e pavidità. A questa costrizione a far vivere chi è già morto, oppongo un´altra costrizione a far vivere chi può e deve vivere».
Può essere la metafora di qualcosa di più ampio? Un discorso sull´occuparsi degli altri, del prossimo, delle vite che ti circondano? Sull´esporsi, scegliere, impegnarsi. Sullo scambio fra discrezione e indifferenza?
«Penso a quella che è stata la fragilità di tutta la cultura di sinistra. Un certo tipo di "discrezione", sì. Adesso ha buon gioco la Lega che in nome di principi assurdi e disumani fa valere la voce del "no". Un certo tipo di durezza, o forse sicurezza, è qualcosa di cui la sinistra o quello che ne rimane dovrebbe appropriarsi. Vincere la paura di dire "no"».
Dunque, intanto, l´America. La vita internazionale che si dischiude a Vincere con le vendite e le uscite su altri mercati. A partire da Australia e Francia. In Nordamerica, dove il film sarà distribuito dalla stessa società che ha distribuito Gomorra, Vincere è stato invitato tra gli altri dai festival di Telluride, Toronto e New York da dove partirà il viaggio verso la conquista della candidatura all´Oscar di marzo. «Ho sempre saputo e detto che la celebrità della figura di Mussolini nel mondo ha il suo peso. Ma l´interesse un po´ speciale che effettivamente il film ha riscosso forse non dipende soltanto da questo. Ma anche dal come io ho visto e raccontato Mussolini, dallo stile del film. Il contrasto fascismo-antifascismo si è indubbiamente un po´ sbiadito. Nessun esponente politico o istituzionale di rilievo di matrice fascista, per esempio, in Italia è intervenuto. Quando ho presentato il film al cinema Eden di Roma mi ha fermato la nipote di Starace per dirmi che lo aveva apprezzato. Ma insomma non è un film che ha cercato la provocazione o lo scandalo, e non ho neanche sollecitato il confronto tra il Duce e Berlusconi, non ho soffiato sul fuoco. In realtà il film ha raccolto soprattutto un´attenzione di tipo estetico. Non di tipo ideologico. O di facile implicazione tra passato e presente. Semmai le implicazioni sono da cogliere in modo indiretto. Quando l´ho mostrato a Eugenio Scalfari mi ha colpito il suo commento. Ha detto che secondo lui oggi in Italia c´è la stessa "puzza" di allora. La puzza di una situazione nella quale ognuno pensa a sé: allora le mille lire al mese oggi le gratificazioni del Grande Fratello».
Il film è stato sottovalutato, incompreso?
«Prendere un premio a Cannes avrebbe favorito forse esiti migliori, ma onestamente - visti i tempi non favorevoli, la stagione già quasi estiva, il declino generale del cinema, quello della politica - direi che l´esito è stato buono».

Sul biotestamento si può inceppare il congresso del Pd

il Riformista 4.9.09
Sul biotestamento si può inceppare il congresso del Pd
di Alessandro Calvi

DOPO IL CASO BOFFO. Se il Pdl imprimesse un'accelerazione sul fine-vita alla Camera, potrebbero esplodere le contraddizioni interne alle mozioni. Il detonatore è nelle mani del premier.

Le posizioni sono sempre le stesse di sempre. Nessuno sembra aver cambiato idea. Anche perché, per la verità, da mesi nel Partito democratico di testamento biologico quasi non si parla più. Tema cancellato, sacrificato come altri, del resto, sull'altare delle primarie. E però proprio la corsa alla segreteria e la nascita delle tre mozioni ha rimescolato le carte in tavola, portando gli avversari di un tempo a sedere l'uno accanto all'altro, creando una mistura tendenzialmente instabile, tanto che potrebbe finire per deflagrare in tutta la sua potenza anche sul congresso democrat.
Il Pd, infatti, potrebbe avere ben nascosto in casa propria un candelotto di dinamite pronto ad esplodere. Il detonatore, però, è altrove, è nelle mani del Cavaliere il quale, per le note vicissitudini tra le due sponde del Tevere, potrebbe avere tutto l'interesse ad accenderlo quanto prima.
Sostiene Ignazio Marino che, in questi giorni nei quali sta girando l'Italia, è la chiarezza che la gente chiede al Pd. E aggiunge: «Noi sui diritti civili, come su tutto il resto, siamo stai chiari. Abbiamo costruito la nostra mozione su una comunione di idee, le altre due mozioni hanno costruito una comunione di correnti che però, avendo idee diverse, quella comunione non possono realizzarla». D'altra parte, il primo a lanciare l'allarme era stato proprio Marino. In una recente intervista al Riformista aveva spiegato che «chi guida il partito è in una situazione in cui è impossibile dire dei sì e dei no chiari e dare una identità al partito». «Eppure - aveva aggiunto - i cittadini hanno diritto di sapere cosa propone il Pd». Se per i cittadini questo è un diritto, però, per il partito sembra più che altro un rischio. Soprattutto nel caso in cui i temi della bioetica, sui quali il partito si è sempre diviso, dovessero tornare prepotentemente di attualità e, dalle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti delle varie mozioni ai giornali, legittimamente influenzate dalla corsa alla segreteria, si dovesse tornare improvvisamente a esprimere una posizione di partito.
Cosa farebbero, allora, Enrico Letta e Gianni Cuperlo, oggi entrambi sostenitori di Bersani ma su fronti opposti quanto alla bioetica? E lo stesso vale per il fronte opposto. Non sarebbe facile far andare d'accordo due persone così diverse come Debora Serracchiani e Dorina Bianchi, tanto per fare due nomi. Difficile dimenticare l'esordio sulla ribalta nazionale della prima, con quel suo discorso all'assemblea dei circoli a Roma, quando, davanti a Franceschini al quale non riusciva a dare del tu, strappava applausi menando fendenti a destra e a manca fino all'affondo sul testamento biologico. «Trovo che sia un errore assoluto - disse - quello di aver indicato come capogruppo alla commissione sanità del senato chi non è portatore della posizione prevalente». Si riferiva, per l'appunto, proprio a Dorina Bianchi, oggi sua collega di mozione.
Nel Pd, però, le preoccupazioni per ora sembrano essere rivolte a ben altro. E non si fa fatica a crederlo, considerando che il traguardo della nuova segreteria si avvicina sempre più velocemente. Così, Giorgio Tonini, braccio destro del Veltroni segretario e oggi nella trincea di Dario Franceschini, non respinge l'osservazione e, anzi, la accoglie e rilancia la palla a destra. «Il problema vero - dice - non è quello degli schieramenti o delle convenienze tattiche ma di dare al paese la miglior legge possibile. E se ci fosse questa possibilità, io affronterei molto volentieri anche qualche tribolazione al nostro interno». Ma, dice ancora Tonini, «se il Pdl deciderà di accelerare, questo non potrebbe che significare una blindatura sul testo del Senato. E, allora, con un paradosso, potrei dire che questo sarebbe lo scenario meno preoccupante per noi».«Se fossi nella maggioranza - dice ancora, passando di paradosso in paradosso - questa sfida io la lancerei. Se invece decideranno di chiudersi a riccio faranno un pessimo servizio al Paese, non a noi».
Anche Gianni Cuperlo, fronte Bersani, è convinto del fatto che «fino a quando il Pdl è compatto su quella legge sta facendo un danno al paese». E anche Cuperlo prova a tenere distinti i piani, quello parlamentare e quello congressuale anche se, spiega, «la cosa principale è concentrarci sul merito della legge. E il merito continua ad essere irricevibile». Dunque, nessuna preoccupazione per eventuali voti in uscita dal Pd alla Camera che Rocco Bottiglione, ieri sul Riformista, valutava tra i 10 e i 20. E nessuna preoccupazione per eventuali contraddizioni che il percorso parlamentare potrebbe innescare su quello congressuale. «Faremo tutto ciò che possiamo - dice ancora Cuperlo - per modificare gli aspetti più gravi del testo uscito dal Senato, ovvero la sottrazione del corpo alla personalità del malato in nome di una visione etica e di parte che non è conciliabile con la nostra Costituzione».