martedì 27 settembre 2011

"Ogm, embrioni e staminali sono temi chiave. Ma Chiesa e politici li stravolgono"

La Repubblica 22.9.11
Le critiche di Redi, accademico dei Lincei, nel suo libro
"La biologia è democrazia ma in Italia la ignorano tutti"
"Ogm, embrioni e staminali sono temi chiave. Ma Chiesa e politici li stravolgono"
di Luca Fraioli

Non risparmia nessuno: politici e filosofi, gerarchie vaticane e giornalisti. «Sono indignato con chi ha le redini del nostro Paese, i politici e i grandi (si fa per dire) pensatori. Non mostrano la benché minima umiltà nel chiedere di sapere, nell´informarsi sulle conoscenze biologiche necessarie per condurre una società laica e giusta». Carlo Alberto Redi, accademico dei Lincei e genetista dell´Università di Pavia si autodefinisce "biologo furioso". Che poi è titolo del saggio appena mandato in libreria per Sironi Editore (pagg. 224, euro 18). «Ho cercato di fare chiarezza su alcuni dei temi più controversi del momento: dalla tutela degli embrioni alla vita artificiale, dalle cellule staminali agli Ogm. Ma nei capitoli finali mi sono lasciato andare anche a qualche divagazione più "leggera"». Imperdibili i capitoli sull´origine delle mestruazioni e sul perché è bene convincere la propria ragazza a lasciarsi baciare almeno per sei mesi prima di troncare la relazione.
Ma torniamo all´indignazione. Perché è furioso, professor Redi?
«La nostra è una società del sapere e della conoscenza: nell´Ottocento era la chimica, nel Novecento la fisica, ora sono le scienze della vita. Eppure l´attenzione per questi temi è pari a zero. I politici si guardano bene dal chiedere un parere alle istituzioni scientifiche quando c´è da affrontare il fine vita, l´uso delle staminali o gli Ogm. Straparlano di argomenti che non conoscono, per cui non fanno nulla. Con un paradosso: si formano giovani scienziati e poi li si regala agli altri paesi che grazie a loro si arricchiscono di conoscenze».
Tuttavia negli anni ´70 e ´80 l´Italia ha partecipato a grandi progetti: dal Cern di Ginevra ai Laboratori del Gran Sasso. I fisici erano più bravi di voi biologi a convincere i politici, o i democristiani erano più attenti alla scienza di quanto lo siano destra e sinistra oggi?
«Propendo per la seconda spiegazione: in quegli anni democristiani sono state fatte cose importantissime, oggi si investe in ricerca meno della Tunisia. E così si mette a rischio la democrazia».
La democrazia?
«Certo. Negli anni Ottanta i cittadini potevano anche ignorare la fisica delle particelle, potevano non sapere cosa fosse il bosone di Higgs. Ora invece si devono conoscere i risultati ottenuti dai biologi, perché riguardano tutti. Riguardano il modo in cui verranno alla luce i nostri figli, ciò che mangeremo, come moriremo. Ed ecco il rischio: creare un mondo dove solo una piccola parte dei cittadini, informata e dotata di carta di credito, potrà accedere ai servizi biologici. E questa non è democrazia».
Il biologo furioso se la prende anche con la Chiesa.
«Le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche su temi come le staminali e l´uso dell´embrione sono contro ogni evidenza scientifica. E pensare che fino a 50 anni fa dell´embrione non importava a nessuno. Ora lo considerano una persona. E chiedono di non toccare i 50mila embrioni conservati nei freezer, "condannandoli" così a morte certa. Mentre invece potrebbero essere impiegati per aiutare la vita».
Passiamo ai filosofi...
«Abbiamo un grande bisogno di filosofi...».
Però?
«Però sono ancora fermi alla fisica, alla mela di Newton che cade dall´albero. Pochi studiano la biologia. Habermas parla dei pericoli della "genetica liberale" e chiede di chiudere i laboratori. Lo vada a dire a chi soffre di patologie gravi che possono essere curate solo grazie alle biotecnologie. E poi in biologia esistono genetiche mendeliane, molecolari, quantitative... ma liberali no».
Possibile sia solo colpa degli altri? Che in tutto questo i biologi italiani non abbiano alcuna responsabilità?
«Sono pronto a riconoscere che è anche colpa nostra. Non possiamo più chiuderci nei laboratori, dobbiamo andare in strada e spiegare alla gente perché negli esperimenti abbiamo bisogno dei topolini. E non dobbiamo "pompare" ogni risultato delle ricerche pur di avere fondi. L´effetto collaterale è che si finisce per spaventare i cittadini sulle possibili applicazioni».
Ma perché il nostro Paese ha così paura della scienza?
«La risposta è scritta sul palazzo della Civiltà e del Lavoro all´Eur: siamo un popolo di santi, poeti, artisti, navigatori... solo in ultimo di scienziati. È il retaggio neoidealista che privilegiava la cultura umanista. Ma oggi bisogna sapere di scienza per poter decidere su argomenti come il nucleare, gli Ogm, la fecondazione in vitro. È giusto combattere le grandi aziende che vogliono il monopolio, ma non le conquiste scientifiche come gli Ogm che potrebbero servire per combattere la fame».
Nell´introduzione invita i lettori a stracciare i giornali... Che ne facciamo di questa intervista?
«Naturalmente è una provocazione contro quei media che con i loro titoli a effetto distorcono il senso della ricerca scientifica. Ho visto con i miei occhi ministri italiani prendere decisioni anche molto delicate in base alla rassegna stampa. In Inghilterra Cameron decide dopo aver sentito il parere della Royal Society».

domenica 4 settembre 2011

Bellocchio: presto il film ispirato da Eluana

Corriere della Sera 3.9.11
Bellocchio: presto il film ispirato da Eluana
di Chiara Maffioletti

MILANO — «Stavo lavorando da mesi all'idea, avevo scritto il soggetto, poi la sceneggiatura...». Ora, finalmente, c'è anche il produttore. Marco Bellocchio realizzerà Bella addormentata, il suo prossimo film che si sviluppa dal dramma di Eluana Englaro. Ospite della serata «La vita: istruzioni per l'uso», alla Festa Democratica Nazionale di Pesaro, il regista ha confermato: «Fortunatamente ho trovato un produttore che, in un tempo in cui trionfano commedie, e questo è chiaramente un dramma, mi ha incoraggiato ad andare avanti. Speriamo di poterlo realizzare».
«C'è un buon accordo con Cattleya, le riprese dovrebbero iniziare a inizio anno», ribadisce Bellocchio, che mesi fa aveva confessato di aver pensato di rinunciare al progetto perché troppo difficile. La vicenda non è la storia di Eluana — la ragazza che tutti abbiamo imparato a conoscere per lo strazio di quei suoi 17 anni in stato vegetativo e per la determinazione con cui il padre, Beppino, voleva rispettata la volontà della figlia di porre fine alla sua vita — ma parte da lì: «Tutto si svolge nei sei giorni che sono stati l'ultimo atto della vita di Eluana: dal suo arrivo nella clinica di Udine, il 3 febbraio 2009, alla sua morte, il 9. La fine di quel dramma mi colpì molto e divise l'Italia. Essendo la vicenda così complessa, alla fine questo tempo di elaborazione è servito».
Non è un film di denuncia, precisa il regista (che il 9 riceverà il Leone d'oro alla carriera), «perché il cinema di denuncia è stato bruciato dalla tv, da Internet. Per temi di questa grandezza c'è bisogno di riflessione. Nel film ci sono personaggi di fantasia. In quei sei giorni avvengono storie, in varie regioni d'Italia, collegate emozionalmente al caso Englaro che era per tutti una presenza costante in quel periodo, attraverso i media. Ci sarà un'elaborazione di quel materiale».
Pur partendo solo dalla storia di Eluana, il regista ha sentito il bisogno, mesi fa, di contattare il padre della ragazza: «Abbiamo parlato più volte. È un uomo per cui provo un'enorme stima, che ha portato avanti una battaglia di legalità ed è riuscito nella sua impresa. Nessuno lo dimenticherà. Non è un personaggio del film, nessun attore interpreta il suo ruolo, e ho voluto esporgli questa differenza. C'è una realtà, una cronaca: io prendo quello che si è visto e lo mescolo con immagini inventate». Si parlerà della valenza politica del film... «Politicizzare è sbagliato. Ci saranno i soliti intolleranti ottusi che utilizzeranno il film per portare avanti le loro tesi, lo fecero già con Buongiorno, notte. Ma il film non è questo». Ma lei ha un punto di vista netto sul tema... «Parto da un punto di vista laico, ma ci sono personaggi di diversi schieramenti, posizioni contrapposte, c'è una dialettica. Il film non è una volata verso una tesi».