lunedì 31 gennaio 2011

«Vogliono rendere obbligatoria la vita artificiale»

Corriere della Sera 10.1.11
Veronesi sul biotestamento «Meglio nessuna legge»
«Vogliono rendere obbligatoria la vita artificiale»
Mario Pappagallo

«Meglio nessuna legge. Ora come ora, applicando la Convenzione di Oviedo firmata anche dall’Italia, il testamento biologico troverebbe comunque il suo rispetto e la sua applicazione. Basta un notaio. Con la legge in discussione alla Camera, invece, la vita artificiale diventa un obbligo. Un obbligo di Stato contro diritti quali la libera scelta terapeutica, l’autodeterminazione, la responsabilità della propria vita» . Umberto Veronesi, senatore, medico oncologo, ex ministro della Sanità, rilancia la sua battaglia sul testamento biologico. Veronesi, il suo, lo ha sventolato in aula durante uno dei dibattiti sulla legge... «Io l’ho fatto e affidato a persona di mia fiducia. La mia paura non è la morte, ma la perdita delle facoltà mentali, della mia coscienza. Dovesse accadere, già da ora ho deciso liberamente che non voglio trattamenti di sostegno» . Trattamenti di sostegno o accanimento terapeutico? «A me non piace il termine accanimento terapeutico, è un controsenso linguistico. Accanirsi non è terapia. I trattamenti di sostegno, compresa l’alimentazione e l’idratazione artificiale, sono invece quella vita artificiale che io per me rifiuto. Nonostante la mia età (85 anni, ndr), dovesse accadere, potrei restare "morto a cuore battente"anche per altri vent’anni. Non lo vorrei mai, soprattutto per i miei familiari» . Allora meglio senza legge... Oppure, come dovrebbe essere? «Il mio disegno di legge non riguarda il tema dello stato vegetativo permanente nella sua globalità, ma solo il diritto di ognuno di noi di rifiutare questo modo innaturale di terminare la propria vita. Oggi la decisione di come e quando prolungare l’assistenza è completamente nelle mani dei medici, mentre invece è diritto inalienabile di ogni cittadino decidere se iniziare, o quando lasciare, il trattamento di sostegno. Sfugge al legislatore che oggi il prolungamento o l’accorciamento della vita non sono valori in sé, ma lo sono in quanto assecondano il progetto di vita di ognuno di noi» . Quindi, al medico non deve spettare più l’ultima parola? «Il paternalismo è superato in tutti i modelli sociali e, negli ultimi anni, lo stesso è avvenuto nel rapporto medico paziente. La gente sente il bisogno di riappropriarsi di scelte che riguardano la propria esistenza e la sua qualità, in ogni fase. Compresa quella finale. Certo è un principio di responsabilità della vita che pare in contrasto con quello della sacralità della vita (Dio ci dà la vita e Dio ce la toglie). Questo è il grande dilemma. Che però non ci deve mai far dimenticare la laicità dello Stato» . Autodeterminazione invece di affidamento totale... Che cosa è accaduto? «E’ conseguenza dell’ipertecnologica medicina moderna. In passato c’era la paura di morire anzitempo. Oggi c’è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione. Un limbo che pone la società di fronte a dilemmi sconosciuti alla storia e al pensiero» . E a chi difende la sacralità della vita che cosa risponde? «Chi ha fede sceglierà comunque di affidarsi a Dio. O, ancora per fede, rifiuterà trattamenti che potrebbero salvarlo (le trasfusioni di sangue per i Testimoni di Geova). Chi non ha fede, potrà affidarsi ai poteri della scienza medica o scegliere quando e come stabilire dei limiti» .

giovedì 27 gennaio 2011

Sul fine vita fermiamo il tifo da stadio

Corriere della Sera 12.1.11
Sul fine vita fermiamo il tifo da stadio
Ignazio Marino

C aro direttore, dopo molti mesi di silenzio, a febbraio il Parlamento esaminerà il disegno di legge sul testamento biologico. Purtroppo è prevedibile che il dibattito sarà affrontato in un clima da stadio, con tifoserie contrapposte, con l’idea di dover vincere su un avversario, con il Pdl che tenterà la resa dei conti con Futuro e libertà, puntando sulla divisione del cosiddetto terzo polo. Come se una legge per definire le scelte relative alla fine della vita riguardasse solo il ristretto cerchio della politica, con le sue assurde dinamiche e i suoi squilibri, e non, invece, tutte le persone che prima o poi con la fine della propria vita dovranno fare i conti. Temo che non sfuggiremo allo scontro ideologico, alle offese e agli insulti in Parlamento, sui giornali e in televisione e non vi sarà alcun confronto pacato su una legge che, al contrario, dovrebbe essere rispettosa di ogni sensibilità. Partendo da questi funesti presupposti, ho letto ieri con interesse la posizione di Umberto Veronesi e, nonostante mi sia impegnato con molta determinazione per fare sì che l’Italia abbia finalmente una legge sul testamento biologico, mi ritrovo a dire che probabilmente Veronesi ha ragione: piuttosto che approvare una legge che impedisce la libertà, forse sarebbe meno dannoso lasciare le cose come stanno e non votare alcuna legge. Meglio lasciare la questione nel limbo attuale in cui ogni giorno all’interno degli ospedali, i medici decidono da soli se proseguire o interrompere le terapie seguendo le indicazioni della medicina e della propria coscienza o parlando in maniera informale con i familiari dei pazienti che non hanno più la capacità di esprimersi e di decidere da soli. Con ogni probabilità Veronesi non sarà ascoltato, perché quella sul testamento biologico è una legge simbolo per la destra e perché in Parlamento si respira l’aria di regolamento di conti. Tuttavia, penso valga la pena fare ancora uno sforzo e cercare, con senso di responsabilità, una soluzione che sia nell’interesse delle persone e di tutti i pazienti. Mettendo da parte ogni arroccamento pretestuoso, si discuta di una legge che rifletta due principi: libertà e rispetto. Basta un emendamento per sostituire interamente la legge attuale e scriverne una più semplice, di un solo articolo. Una legge che dia alle persone la libertà di indicare fino a che punto si intende essere sottoposti alle terapie, nel caso si perda la coscienza e la capacità di esprimersi senza una ragionevole speranza di recupero. E sul punto più delicato, quello che riguarda la nutrizione e l’idratazione artificiale, quel prolungamento per legge di una vita artificiale, come la definisce Umberto Veronesi, perché non scrivere che queste terapie debbano essere sempre offerte e garantite a tutti coloro che non le rifiutino esplicitamente nelle dichiarazioni anticipate di trattamento? Per me, lo ammetto, questa non sarebbe la legge ideale, ma la ritengo una proposta su cui si potrebbe trovare l’accordo di tutti. Il Parlamento abbia il coraggio e la responsabilità di fare un passo indietro per far compiere un passo avanti al Paese. senatore pd e presidente Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale

sabato 22 gennaio 2011

Un amministratore per il malato che rifiuta alcune terapie

l’Unità 13.1.11
Una sentenza del Tribunale di Firenze per il ricorso di un 70enne assistito dalla figlia avvocato
Con questo provvedimento la moglie potrà opporsi ai trattamenti nella fase terminale
Un amministratore per il malato che rifiuta alcune terapie
Un passo avanti sul tema del testamento biologico: il tribunale di Firenze dà ragione a un anziano che chiede di poter avere un «amministratore di sostegno» di sua fiducia per rifiutare alcuni trattamenti.
di Mariavittoria Giannotti

Un settantenne in buona salute. Sua figlia, avvocato. E una moglie pronta a svolgere un compito molto delicato: quello di farsi portavoce delle volontà del marito, nel malaugurato caso in cui questi non potesse più esprimere il suo parere sulle cure a cui essere sottoposto, perché incosciente. Sono questi i protagonisti di un importante passo avanti nella battaglia legale sul testamento biologico. Il tribunale fiorentino ha infatti accolto il ricorso presentato dal 70enne che, assistito dalla figlia, l’avvocato Sibilla Santoni, aveva richiesto «la nomina di un amministratore di sostegno autorizzato, per il tempo di eventuale perdita della capacità auto-determinativa ad opporsi ad alcuni trattamenti sanitari». E la sua richiesta è stata accolta. La moglie, da lui espressamente nominata, potrà intervenire – in caso di necessità per impedire ai medici trattamenti come la respirazione artificiale, ma anche l’alimentazione e l’idratazione forzate. Ma la libertà di scelta del paziente non è l’unico tema affrontato nel decreto del giudice fiorentino – che si pone sulla scia di un’analoga sentenza del tribunale di Modena, che risale al 2008 -: l’amministratore di sostegno potrà chiedere «ai sanitari di somministrare, con la maggiore tempestività, le cure palliative più efficaci al fine di annullare ogni sofferenza, compreso l’uso di farmaci oppiacei, anche se questi dovessero anticipare la fine della vita». Un passo avanti importante, in un paese dove la terapia del dolore, in molti casi, è ancora un miraggio per troppi. «Le patologie considerate nel presente ricorso scrive il giudice fiorentini si caratterizzano per il rispetto del normale percorso biologico sotto il profilo della non interferenza con il suo corso. Non viene contemplata, infatti, alcuna ipotesi che configuri fenomeni eutanasistici». Ovviamente, il ricorrente potrà cambiare liberamente idea come e quando vorrà sia sul fronte dei trattamenti sanitari che sulle cure di fine vita. Ma, al momento, le sue decisioni che hanno ricevuto un avallo anticipato di un giudice – sono tutelate e affidate a una persona di fiducia. Che ora potrebbe decidere di nominare il marito come suo tutore, nel caso in cui sia lei a non avere la possibilità di esprimersi. «Chiunque – spiega l’avvocato Santoni, che in passato si era vista respingere quattro ricorsi dallo stesso tribunale – potrà seguire lo stesso iter scelto da mio padre. Lui aveva già espresso la sua decisione in passato e si era rivolto a un notaio, ma temeva che questo non fosse sufficiente a garantirgliene l’applicazione. Per questo, ha optato per il ricorso. Il Tribunale di Firenze ha evidenziato che la libertà di scegliere a quali trattamenti sanitari essere sottoposti è garantita da numerose norme costituzionali» e che «eventuali leggi che non rispettassero tali norme sarebbero prima facile incostituzionali, oltre che non democratiche». La strada, ormai, pare aperta. «Presenteremo altri ricorsi nella speranza che vengano accolti» annuncia. La sentenza del Tribunale di Firenze non è certo passata inosservata. Quello del testamento biologico è, da tempo, un argomento che scotta e che divide le forze politiche. La legge che dovrebbe normare la possibilità di scelta degli italiani sui trattamenti sanitari a cui essere sottoposti in caso di gravissime patologie e sulle cure di fine vita è ancora in discussione: la ripresa dei lavori, in Parlamento, è una questione di giorni. «La figura dell'amministratore di sostegno è nata, nell'intenzione del legislatore, per tutelare e sostenere persone non autosufficienti nel loro diritto a vivere, non certo per introdurre il diritto a morire o forme di eutanasia» sostiene il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che parla di «un uso improprio» di questo strumento da parte di alcuni magistrati. Immediata la replica di Ignazio Marino, senatore Pd, che invita la politica a fare un passo indietro, evitando «i toni da stadio» su questioni così delicate: «Il sottosegretario è spaventata dall'autonomia del paziente ed è comprensibile poiché, in fondo, sa che la proposta di legge che sostiene è contro il testamento biologico. I cittadini ricorrono ai tribunali perché‚ si sentono minacciati da chi, solo perché‚ ha vinto le elezioni, vuol legiferare sulla fine della vita in maniera restrittiva, non rispettando la liberà di scelta delle terapie». E se Paola Binetti dell'Udc deplora «il tempismo perfetto» della sentenza e Maurizio Lupi (Pdl), bolla la sentenza come «l'anticamera dell'eutanasia», Antonio Palagiano, dell’Idv, ricorda che «la libertà di scelta deve essere alla base di uno Stato laico come il nostro e la sentenza di Firenze non fa altro che ribadire questo semplice e fondamentale concetto sancito già chiaramente dalla nostra carta costituzionale».

mercoledì 19 gennaio 2011

Biotestamento. C’è un giudice a Firenze

l’Unità 13.1.11
Biotestamento. C’è un giudice a Firenze
Giustizia e cittadini si muovono. E la politica?
di Maurizio Mori

Quella dell’autodeterminazione è ormai un’onda inarrestabile che tracima da tutte le parti. Nei media col successo di Beppino Englaro e di Mina Welby al programma di Fazio e Saviano nel novembre scorso; nella gente che spinge i Comuni italiani ad istituire i Registri del testamento biologico; nei tribunali col riconoscimento dell’autonomia del paziente come diritto capace di espandersi fino ad ammettere il trasferimento di titolarità a persone di propria fiducia: questo è quanto ha deciso ieri il Tribunale di Firenze accogliendo la richiesta di un cittadino di 70 anni che ha affidato al proprio amministratore di soste-
gno le volontà di fine vita. La notizia costituisce un ulteriore tassello che completa il più ampio discorso in atto su come affrontare il fine vita. Un tempo il problema non si poneva perché la morte sopraggiungeva imprevedibile e il morire era breve. Oggi, invece, sempre più spesso ne conosciamo il suo arrivo e possiamo intervenire per procrastinarla o prolungarla. Di qui l’esigenza di regolare questo nuovo territorio affiorato. E, per farlo, di riferirsi ai principii e valori etici che prendono corpo nei dettati costituzionali, visto che le norme specifiche sono in via di definizione.
Più che insistere sugli aspetti giuridici e tecnici della questione, è bene chiarire il fondamento etico filosofico che sta alla base della sentenza di ieri del Tribunale di Firenze e delle altre richieste in materia. Il punto di partenza è che il consenso informato costituisce il presupposto e il fondamento dell’attività clinica. Non è permesso tagliare neanche un capello senza il consenso dell’interessato, perché la volontà è ciò che presiede e regola gli interventi sul proprio corpo. Se la persona cosciente e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare le terapie non volute, non si vede perché questo diritto venga meno ove l’interessato diventi incapace. La perdita di coscienza non dissolve né volatilizza la volontà dell’interessato. Essa permane anche quando l’individuo non è più in grado di manifestarla. Si opererebbe una discriminazione non riconoscendo all’individuo la possibilità di fare in modo che la propria volontà si prolunghi anche dopo la perdita della coscienza. È per questo che l’amministratore di sostegno, il testamento biologico e le altre forme di direttive anticipate riscuotono tanto successo nei cittadini: anche tra chi ha fede religiosa, tanto che molti ferventi cattolici criticano il ddl Calabrò e il sostegno dato dalla Chiesa.
Per l’autonomia alla fine della vita i cittadini stanno facendo molto coi Registri comunali, i giudici moltissimo coi loro interventi qualificati: speriamo che anche i parlamentari facciano la loro parte per bocciare lo scempio del disegno di legge Calabrò.

lunedì 17 gennaio 2011

Testamento biologico: serve responsabilità

l’Unità 16.1.11
Testamento biologico: serve responsabilità
di Ignazio Marino

Ancora poche settimane e la Camera tornerà a occuparsi di testamento biologico. Quanti sforzi sono stati compiuti per arrivare a una normativa in questa materia. Personalmente, ho sempre ricercato un confronto sobrio e attento al merito, attento alle posizioni di medici, infermieri e ascoltando anche i numerosi sondaggi d’opinione condotti con metodo scientifico. Gli italiani, laici e cattolici, sono in larga misura favorevoli a strumenti che facciano salva la loro libertà di decidere con le dichiarazioni anticipate di trattamento. Il Parlamento, purtroppo, ha assunto comportamenti opposti: abbiamo visto gran parte della classe politica dividersi e accapigliarsi con fervore ideologico, incurante dell’evidenza scientifica e del parere degli elettori.
Ora che la Camera si appresta a riesaminare il disegno di legge c’è il rischio di ritrovarci ancora una volta di fronte a un pessimo spettacolo. Mi aspetto che lo scontro tra schieramenti si riaccenda per ragioni esclusivamente ideologiche, che il tema del testamento biologico venga strumentalizzato dal Pdl, questa volta per dividere l’alleanza dell’Udc con Futuro e libertà e irrobustire la propria maggioranza logora ed esausta. Non è su questo tema che si può ingaggiare una battaglia parlamentare come si fosse allo stadio, contando vincitori e vinti. Evitiamo che il Parlamento si divida in buoni e cattivi, amici e nemici della vita, c’è ancora spazio per la responsabilità. Facendo uno sforzo di mediazione rispetto alle mie personali convinzioni, propongo una legge basata su due principi complementari: rispetto e libertà. Una legge che, sul punto più delicato, quello che riguarda la nutrizione e l’idratazione artificiale, sia scritto che queste terapie debbano essere sempre offerte e garantite a tutti coloro che non le rifiutino esplicitamente nelle dichiarazioni anticipate di trattamento. Un testo coerente con l’articolo 32 della Costituzione.
In questo contesto la partecipazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica risulta cruciale, e proprio per questo il Dipartimento diritti del Partito Democratico, coordinato da Ettore Martinelli, ha organizzato per questa sera a Milano un happening teatrale in cui artisti e politici saliranno insieme sul palcoscenico ad illustrare le proprie idee e i propri sentimenti.
Facciamo sentire la nostra voce perché, se prevarrà l’orientamento del partito che ha vinto le elezioni, e che peraltro in questo momento è quanto mai fragile, saranno altri a scegliere per ognuno di noi, sulla base di un principio etico e incurante che il suo compito sarebbe un altro, delineare un quadro giuridico all’interno del quale sia tutelata la libertà di ognuno.

giovedì 6 gennaio 2011

Quanto pesa la bioetica

l’Unità 6.1.11
Quanto pesa la bioetica
Politica culturale: la svolta del 2010
di Maurizio Mori

L’anno che si è appena chiuso ha portato almeno due significative novità in campo bioetico. La prima, politico-istituzionale, riguarda l’assunto “la bioetica non porta voti”: ebbene, questo assunto non vale più. Nonostante alcuni importanti episodi (Welby, Englaro, ecc.), l’assunto appariva indiscutibile, mentre ora ci si accorge che la bioetica pesa, sposta parlamentari ed è una delle carte buone per creare o per scompigliare le alleanze politiche. Nell’agosto scorso, per neutralizzare il nascente Fli, il governo ha varato l’Agenda Bioetica; a dicembre i contrasti bioetici hanno avuto un ruolo per ostacolare la formazione del Terzo Polo: i vescovi cattolici han fatto la loro parte con interventi che appaiono più come pesanti ingerenze che come richiami spirituali.
L’altra grande novità riguarda il piano culturale e sta in un netto spostamento del flusso e del tipo di riflessione pubblica sul tema bioetico del momento: il fine-vita. La televisione ha reso palese il cambiamento su tre importanti fatti accaduti quasi contemporaneamente. Primo, l’intervento di Beppino Englaro e di Mina Welby alla fortunata trasmissione di Fazio e Saviano Vieni via con me (15 novembre), in cui hanno ribadito la moralità della sospensione dei trattamenti medici non voluti. Subito i cattolici hanno lamentato l’assenza di contraddittorio e, in nome della par condicio, richiesto (senza successo) la replica dei malati che non rinunciano a sospendere le cure. Secondo, le parole del presidente della Repubblica, Napolitano, sul suicidio di Monicelli (95 anni e malato terminale) giudicato come “estremo scatto di volontà che bisogna rispettare”. Terzo, grazie alla brillante iniziativa dell’Associazione Coscioni, la diffusione su Rai3 di un cortometraggio molto sobrio, diretto e pulito a sostegno della libertà di scelta anche per l’eutanasia. I cattolici, che prima hanno richiesto la par condicio la loro favore, ora si sono precipitati dalla Commissione di vigilanza Rai, protestando per l’assenza di censura preventiva e di sanzioni!
Dal punto di vista culturale i fatti segnalano un salto paradigmatico decisivo: mentre in passato i nuovi modelli erano proposti come “disvalore necessario” (si pensi al divorzio), ora le nuove scelte di fine vita sono presentate come progresso morale e civile: non più un “male minore” ma un diritto. E di fronte al nuovo vento culturale i cattolici sembrano sguarniti di argomenti solidi, e devono invocare la censura o denunciare complotti contro di loro. Già è successo con le libertà civili e sindacali, ma chissà se tra qualche anno (o decennio), non diranno che la libertà di scelta biologica è un portato del cattolicesimo?

martedì 4 gennaio 2011

Fine vita, blitz sulla legge per stanare Udc e futuristi

Corriere della Sera 3.1.11
Fine vita, blitz sulla legge per stanare Udc e futuristi
La centrista Binetti: dobbiamo approvarla a ogni costo. Lupi accusa: finora Fini ha frenato l’iter
di Monica Guerzoni

ROMA — Sul testamento biologico la maggioranza fa sul serio. Tra l’ 11 e il 12 gennaio la conferenza dei capigruppo della Camera potrebbe calendarizzare la legge, per approvarla a tempo di record. «L’iter è finito da oltre quattro mesi, non possiamo tenerla ancora lì col rischio di farla morire» accelera il vicepresidente dei deputati del Pdl, il cattolico Maurizio Lupi. A lanciare l’offensiva su temi etici e fine vita è stato nei giorni scorsi il ministro Maurizio Sacconi, Pdl. Il responsabile del Welfare, con delega alla bioetica, ha chiesto che il ddl Calabrò sia messo all’ordine del giorno e non ha fatto mistero di come, nel governo, si lavori per riunire moderati e cattolici in una nuova e più larga maggioranza. A La Tribuna di Treviso Sacconi ha confermato gli obiettivi della legge: «Evitare l’accanimento terapeutico e garantire sempre, allo stesso tempo, i bisogni vitali come l’idratazione e l’alimentazione» . Il piano di Palazzo Chigi è fin troppo esplicito: usare il grimaldello dei temi sensibili per spaccare il Fli e dividere la strada di Fini da quella di Casini. Come dice Eugenia Roccella, «con l’Udc sulla biopolitica c’è una alleanza naturale, che potrebbe andare ben oltre questi temi» . Il sottosegretario alla Salute è ottimista e ricorda come, con il voto segreto, il governo abbia trovato maggioranze più ampie proprio sulle questioni sensibili: «Questa legge la porteremo a casa, il governo ci tiene molto. Contro il diritto a morire c’è uno schieramento trasversale e finiani come la Moroni o Benedetto Della Vedova dovranno chiedersi se vogliono morire democristiani» . La Roccella punta dritto alle contraddizioni di Fli e ritiene che le divergenze tra laici e cattolici siano destinate a deflagrare in Aula: «Fini non potrà cavarsela con l’escamotage della libertà di coscienza. Certo, il peso del presidente della Camera varrà anche per la calendarizzazione...» . Teme che vorrà frenarne l’iter? «No, ma dico che nel passato lo ha fatto, alcune sue dichiarazioni hanno destato perplessità» . Lupi è ancora più esplicito. Sottolinea «la strana impasse degli ultimi cinque mesi» e rimprovera a Fini di aver «messo un freno» al provvedimento: «Non può dire che il Parlamento non deve affrontare la legge. È l’ennesima questione legata al suo doppio ruolo, ma comunque Gianfranco non potrà che calendarizzarla, se un gruppo lo richiede» . Lupi attacca, ma allo stesso tempo ammonisce la maggioranza: «Non si può discutere un tema così importante per evidenziare la spaccatura dei finiani, sarebbe un insulto per chi crede nel rispetto della vita nel suo momento finale» . Per Paola Binetti, Udc, è la «battaglia» della legislatura: «Dobbiamo approvarla a ogni costo, perché non so cosa potrebbe accadere nella prossima» . Anche a rischio di spaccare il Polo della nazione? «Non succederà e non si spaccherà il Fli, salvo il gruppo di testa sono tutti dalla nostra parte» . Ma il problema esiste e i primi a saperlo sono i finiani. Benedetto Della Vedova non elude la questione: «Io non do per certa una divisione, ma se pure avvenisse non sarà una tragedia. Non stiamo costruendo un partito etico e monoculturale» . Laici e cattolici nella visione del deputato ex radicale possono stare insieme: «Non escludo che dentro Fli si costruisca una posizione comune, come astenersi o votare alcuni emendamenti per cambiare la legge» . Quel che Della Vedova non crede è che Berlusconi riesca ad attrarre a sé Casini con le sirene della bioetica: «Il premier leader del partito dei bacchettoni? Non ce lo vedo, sarebbe grottesco. Una contraddizione ben più grossa di quelle che ci sarebbero dentro Fli, o tra Fini e Casini» . E anche Enzo Carra, Udc, mostra di non temere per la tenuta del nuovo polo: «Berlusconi non riuscirà a prendere Casini all’amo dell’etica. Si tratta di provvedimenti isolati e non facili da portare a casa» .

Fine vita: “Il Pd sia unito o andiamo al referendum”

il Fatto 4.1.11
Ignazio Marino
Fine vita: “Il Pd sia unito o andiamo al referendum”
“Se non votiamo compatti Bersani dia voce agli iscritti”
A che punto sono le leggi
di Caterina Perniconi

La legge sul testamento biologico è chiusa in un cassetto della Camera da mesi. Fino ad oggi il governo non ha avuto alcun interesse a tirarla fuori, nonostante le pressioni dell’opposizione sulla necessità di regolare il fine vita. Ora il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha chiesto che il provvedimento venga calendarizzato, con l’esplicita intenzione di unire i cattolici della maggioranza e, quindi, dividere il Terzo Polo. I più a rischio sono i rappresentanti di Futuro e libertà, spaccati su posizioni differenti.
Anche nel Partito democratico la discussione è aperta tra chi ritiene la proposta Calabrò inaccettabile, come Ignazio Marino, e chi invece vuole ancora discutere con la maggioranza.
Senatore Marino, se il disegno di legge sarà discusso, nel Pd che succederà?
Credo, e auspico, una posizione comune del partito.
Quindi non ne è sicuro.
Dopo l’ampio dibattito pre congressuale, che ha portato il segretario Pier Luigi Bersani a esprimersi pubblicamente due volte (Festa dell'Unità di Torino e “Vieni via con me”, ndr) con affermazioni precise in linea col pensiero che ho sempre sostenuto, spero che il Pd arrivi unito a questo appuntamento.
E se non succede?
Farò un gesto importante: chiederò a Bersani che su un tema come questo costringa i suoi parlamentari a non nascondersi dietro un voto di coscienza e indichi la strada da seguire. Deve avere il coraggio di dire: “Si vota tutti così”. Se invece questa forza non ce l’ha deve proporre come strada il referendum tra gli iscritti.
Un metodo mai utilizzato.
Ma lo statuto permette al segretario di indirlo, o al 30 per cento dei componenti dell’assemblea nazionale di chiederlo.
Quindi, se non lo farà Bersani, lo chiederà lei.
Se il 30 per cento dell’assemblea del Pd la pensa come me, sì. E sono pronto ad accettare una sconfitta. Ma se il 98 per cento degli iscritti al partito ritiene questa proposta sbagliata, allora non ci dev'essere alcuna defezione, dato che i parlamentari sono diretta espressione degli elettori.
É una polemica col segretario?
Assolutamente no. Sono convinto che nel suo cuore e nel cervello Bersani la pensi come me. Ma ha una responsabilità in più. Lui è il segretario del Pd e rappresenta tutti. Deve anche spiegare che questo non è il partito della vita e della morte. Non stiamo discutendo di eutanasia, verso le quale personal-mente sono contrario anche io. Ma di libertà di scelta. Come curarti non può importelo lo Stato. Ognuno deve deciderlo personalmente col proprio medico.
Lei si è battuto affinché il ddl venisse discusso al più presto dalla Camera. Ora però c’è il rischio che si trasformi in un’arma politica.
Questo è un Paese dove tutte le questioni vengono affrontate solo sulla base di una convenienza strumentale e mai per far progredire il Paese. Se diventa un dibattito tra tifoserie abbiamo perso un’occasione importante. L’errore è stato tenere il ddl nel cassetto per tanti mesi e farlo arrivare ora in Parlamento in un clima da derby.
L'articolo contestato è quello che impone l'idratazione e l'alimentazione del malato.
Mi fa impazzire il fatto che questa discussione si sia trasformata in un dibattito sul pane e l’acqua. Non stiamo assolutamente parlando di questo. Ma di corpi nutriti con sostanze prodotte dalle case farmaceutiche, spesso veicolate tramite l'intestino. É giusto aggiornare la legislazione, perché quando è stata scritta non c’erano le strutture tecnologiche che esistono oggi. Ognuno però deve avere il diritto di scegliere.
Cosa farete se verrà approvata questa legge?
Sicuramente ricorreremo alla Corte Costituzionale e se necessario al referendum.
Non teme un flop come la fecondazione assistita?
Con tutto rispetto verso un tema importante come la fecondazione assistita, questa è una questione molto meno marginale, che ha toccato moltissime famiglie in Italia. La gente ci verrà, eccome, a votare.
Quindi secondo lei questo governo non interpreta il sentire comune sui temi etici?
Con una legge del genere non ci sarebbe alcun rispetto nei confronti dei cittadini. Sarebbe solo una soverchieria della politica sulla libertà di scelta delle persone. Chi vince le elezioni non può pensare di imporre indicazioni sanitarie. Solo il paziente può decidere di sé stesso col proprio medico.
Si riferisce alle imposizioni di Formigoni sulla legge 194?
Quando affronto il tema dell'aborto mi sento davvero un passo indietro rispetto alla donna. Non posso neanche immaginare il dramma fisico e psichico che deve affrontare. Non può capirlo neanche Formigoni. Per fortuna ci sono dei bravi medici che decidono insieme alle pazienti e sostituiscono la cattiva politica.
Quindi lei non imporrebbe scelte da politico. Ma da medico?
Non ci penserei neanche lontanamente. La politica non deve avere uno scopo pedagogico. Deve invece spiegare e offrire tutte le possibilità. E così il medico. Lei potrebbe ritenere appropriata per sé una terapia che io non ritengo lo sia per me. Lei deve poterla accettare, io rifiutarla.
Ma se una persona non è cosciente per deciderlo?
É proprio questo il punto. Le indicazioni che io lascio devono essere rispettate. Se perdo coscienza perdo anche i diritti e lo Stato decide per me? Questo mi sembra chiaramente inaccettabile.

A che punto sono le leggi
L’interruzione volontaria e la pillola Ru 486
LA LEGGE 194 DEL 1978 ha fissato le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione di gravidanza. La 194 consente alla donna di poter ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere all’aborto solo per motivi di natura terapeutica. Normalmente non si può interrompere alcuna gravidanza dopo la 24esima settimana. La delibera della Giunta lombarda del 2008 prevedeva che non fosse ammesso aborto dopo la 22esima settimana e 3 giorni. Il Tar ha bocciato queste linee guida in quanto “contravvengono alla decisione del legislatore nazionale di non interferire in un giudizio riservato agli operatori”. Sulla pillola Ru 486, invece, la legislazione per adesso è di competenza regionale. Approvata nel 2009 dall’Agenzia italiana del farmaco con 4 voti favorevoli su 5 la pillola è in commercio in Italia da un anno. Le Regioni hanno direttive diverse per l’utilizzo. Nel Lazio sono stati decisi 3 giorni di ricovero. Ma le pazienti non possono essere trattenute contro la loro volontà.

Testamento biologico arenato alla Camera
QUALSIASI LEGGE sul testamento biologico finisce inevitabilmente per scontrarsi col diritto all’autodeterminazione della persona sancito dal diritto internazionale oltre che dall’articolo 32 della Costituzione. Il ddl sul fine vita proposto dal relatore del Pdl in commissione Igiene e sanità del Senato, Raffaele Calabrò, è fermo alla Camera dei Deputati. E a novembre una circolare dei ministri Maroni, Fazio e Sacconi ha definito “illegittimi” i registri comunali, istituiti dallo scorso anno in settantadue città, per raccogliere le volontà dei cittadini sul fine vita, in assenza di una legge nazionale che lo regoli. Al disegno di legge mancano ancora alcuni pareri e il nodo insolubile rimane l’obbligatorietà o meno dell’alimentazione e idratazione artificiale. Futuro e Libertà vorrebbe piuttosto una “soft law”, una legge morbida che lasci al codice di deontologia medica il compito di regolare la materia del fine vita, decisa dai diretti interessati assieme ai medici e ai familiari.

Dai Dico ai DidoRe Niente coppie di fatto
L’ITALIA NON HA UNA LEGISLAZIONE per le unioni civili. I primi disegni di legge furono presentati nel 1986. La prima proposta di legge (mai calendarizzata) fu presentata da Alma Cappiello, avvocato e parlamentare socialista, nel 1988. In Europa sono molti i Paesi con leggi ad hoc per le coppie di fatto. E anche il Parlamento Europeo ha invitato alla parificazione dei diritti di coppie gay e coppie eterosessuali non sposate. Durante il Governo Prodi è stato discusso alla Camera dei deputati un disegno di legge presentato da Franco Grillini, che richiamava i Pacs francesi e comprendeva le unioni civili tra coppie omosessuali, ma non è stato approvato. Molti comuni si sono dotati nel frattempo di registrazioni anagrafiche delle convivenze a significato simbolico. La Spezia, nel 2006, è stato il primo comune ad istituire registri anche per le coppie gay. Nel 2008 i ministri Renato Brunetta e Gianfranco Rotondi hanno proposto un riconoscimento sia per coppie eterosessuali che per coppie omosessuali chiamato DiDoRe. Ma la proposta non è mai stata presentata al Parlamento.