martedì 4 gennaio 2011

Fine vita: “Il Pd sia unito o andiamo al referendum”

il Fatto 4.1.11
Ignazio Marino
Fine vita: “Il Pd sia unito o andiamo al referendum”
“Se non votiamo compatti Bersani dia voce agli iscritti”
A che punto sono le leggi
di Caterina Perniconi

La legge sul testamento biologico è chiusa in un cassetto della Camera da mesi. Fino ad oggi il governo non ha avuto alcun interesse a tirarla fuori, nonostante le pressioni dell’opposizione sulla necessità di regolare il fine vita. Ora il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha chiesto che il provvedimento venga calendarizzato, con l’esplicita intenzione di unire i cattolici della maggioranza e, quindi, dividere il Terzo Polo. I più a rischio sono i rappresentanti di Futuro e libertà, spaccati su posizioni differenti.
Anche nel Partito democratico la discussione è aperta tra chi ritiene la proposta Calabrò inaccettabile, come Ignazio Marino, e chi invece vuole ancora discutere con la maggioranza.
Senatore Marino, se il disegno di legge sarà discusso, nel Pd che succederà?
Credo, e auspico, una posizione comune del partito.
Quindi non ne è sicuro.
Dopo l’ampio dibattito pre congressuale, che ha portato il segretario Pier Luigi Bersani a esprimersi pubblicamente due volte (Festa dell'Unità di Torino e “Vieni via con me”, ndr) con affermazioni precise in linea col pensiero che ho sempre sostenuto, spero che il Pd arrivi unito a questo appuntamento.
E se non succede?
Farò un gesto importante: chiederò a Bersani che su un tema come questo costringa i suoi parlamentari a non nascondersi dietro un voto di coscienza e indichi la strada da seguire. Deve avere il coraggio di dire: “Si vota tutti così”. Se invece questa forza non ce l’ha deve proporre come strada il referendum tra gli iscritti.
Un metodo mai utilizzato.
Ma lo statuto permette al segretario di indirlo, o al 30 per cento dei componenti dell’assemblea nazionale di chiederlo.
Quindi, se non lo farà Bersani, lo chiederà lei.
Se il 30 per cento dell’assemblea del Pd la pensa come me, sì. E sono pronto ad accettare una sconfitta. Ma se il 98 per cento degli iscritti al partito ritiene questa proposta sbagliata, allora non ci dev'essere alcuna defezione, dato che i parlamentari sono diretta espressione degli elettori.
É una polemica col segretario?
Assolutamente no. Sono convinto che nel suo cuore e nel cervello Bersani la pensi come me. Ma ha una responsabilità in più. Lui è il segretario del Pd e rappresenta tutti. Deve anche spiegare che questo non è il partito della vita e della morte. Non stiamo discutendo di eutanasia, verso le quale personal-mente sono contrario anche io. Ma di libertà di scelta. Come curarti non può importelo lo Stato. Ognuno deve deciderlo personalmente col proprio medico.
Lei si è battuto affinché il ddl venisse discusso al più presto dalla Camera. Ora però c’è il rischio che si trasformi in un’arma politica.
Questo è un Paese dove tutte le questioni vengono affrontate solo sulla base di una convenienza strumentale e mai per far progredire il Paese. Se diventa un dibattito tra tifoserie abbiamo perso un’occasione importante. L’errore è stato tenere il ddl nel cassetto per tanti mesi e farlo arrivare ora in Parlamento in un clima da derby.
L'articolo contestato è quello che impone l'idratazione e l'alimentazione del malato.
Mi fa impazzire il fatto che questa discussione si sia trasformata in un dibattito sul pane e l’acqua. Non stiamo assolutamente parlando di questo. Ma di corpi nutriti con sostanze prodotte dalle case farmaceutiche, spesso veicolate tramite l'intestino. É giusto aggiornare la legislazione, perché quando è stata scritta non c’erano le strutture tecnologiche che esistono oggi. Ognuno però deve avere il diritto di scegliere.
Cosa farete se verrà approvata questa legge?
Sicuramente ricorreremo alla Corte Costituzionale e se necessario al referendum.
Non teme un flop come la fecondazione assistita?
Con tutto rispetto verso un tema importante come la fecondazione assistita, questa è una questione molto meno marginale, che ha toccato moltissime famiglie in Italia. La gente ci verrà, eccome, a votare.
Quindi secondo lei questo governo non interpreta il sentire comune sui temi etici?
Con una legge del genere non ci sarebbe alcun rispetto nei confronti dei cittadini. Sarebbe solo una soverchieria della politica sulla libertà di scelta delle persone. Chi vince le elezioni non può pensare di imporre indicazioni sanitarie. Solo il paziente può decidere di sé stesso col proprio medico.
Si riferisce alle imposizioni di Formigoni sulla legge 194?
Quando affronto il tema dell'aborto mi sento davvero un passo indietro rispetto alla donna. Non posso neanche immaginare il dramma fisico e psichico che deve affrontare. Non può capirlo neanche Formigoni. Per fortuna ci sono dei bravi medici che decidono insieme alle pazienti e sostituiscono la cattiva politica.
Quindi lei non imporrebbe scelte da politico. Ma da medico?
Non ci penserei neanche lontanamente. La politica non deve avere uno scopo pedagogico. Deve invece spiegare e offrire tutte le possibilità. E così il medico. Lei potrebbe ritenere appropriata per sé una terapia che io non ritengo lo sia per me. Lei deve poterla accettare, io rifiutarla.
Ma se una persona non è cosciente per deciderlo?
É proprio questo il punto. Le indicazioni che io lascio devono essere rispettate. Se perdo coscienza perdo anche i diritti e lo Stato decide per me? Questo mi sembra chiaramente inaccettabile.

A che punto sono le leggi
L’interruzione volontaria e la pillola Ru 486
LA LEGGE 194 DEL 1978 ha fissato le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione di gravidanza. La 194 consente alla donna di poter ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere all’aborto solo per motivi di natura terapeutica. Normalmente non si può interrompere alcuna gravidanza dopo la 24esima settimana. La delibera della Giunta lombarda del 2008 prevedeva che non fosse ammesso aborto dopo la 22esima settimana e 3 giorni. Il Tar ha bocciato queste linee guida in quanto “contravvengono alla decisione del legislatore nazionale di non interferire in un giudizio riservato agli operatori”. Sulla pillola Ru 486, invece, la legislazione per adesso è di competenza regionale. Approvata nel 2009 dall’Agenzia italiana del farmaco con 4 voti favorevoli su 5 la pillola è in commercio in Italia da un anno. Le Regioni hanno direttive diverse per l’utilizzo. Nel Lazio sono stati decisi 3 giorni di ricovero. Ma le pazienti non possono essere trattenute contro la loro volontà.

Testamento biologico arenato alla Camera
QUALSIASI LEGGE sul testamento biologico finisce inevitabilmente per scontrarsi col diritto all’autodeterminazione della persona sancito dal diritto internazionale oltre che dall’articolo 32 della Costituzione. Il ddl sul fine vita proposto dal relatore del Pdl in commissione Igiene e sanità del Senato, Raffaele Calabrò, è fermo alla Camera dei Deputati. E a novembre una circolare dei ministri Maroni, Fazio e Sacconi ha definito “illegittimi” i registri comunali, istituiti dallo scorso anno in settantadue città, per raccogliere le volontà dei cittadini sul fine vita, in assenza di una legge nazionale che lo regoli. Al disegno di legge mancano ancora alcuni pareri e il nodo insolubile rimane l’obbligatorietà o meno dell’alimentazione e idratazione artificiale. Futuro e Libertà vorrebbe piuttosto una “soft law”, una legge morbida che lasci al codice di deontologia medica il compito di regolare la materia del fine vita, decisa dai diretti interessati assieme ai medici e ai familiari.

Dai Dico ai DidoRe Niente coppie di fatto
L’ITALIA NON HA UNA LEGISLAZIONE per le unioni civili. I primi disegni di legge furono presentati nel 1986. La prima proposta di legge (mai calendarizzata) fu presentata da Alma Cappiello, avvocato e parlamentare socialista, nel 1988. In Europa sono molti i Paesi con leggi ad hoc per le coppie di fatto. E anche il Parlamento Europeo ha invitato alla parificazione dei diritti di coppie gay e coppie eterosessuali non sposate. Durante il Governo Prodi è stato discusso alla Camera dei deputati un disegno di legge presentato da Franco Grillini, che richiamava i Pacs francesi e comprendeva le unioni civili tra coppie omosessuali, ma non è stato approvato. Molti comuni si sono dotati nel frattempo di registrazioni anagrafiche delle convivenze a significato simbolico. La Spezia, nel 2006, è stato il primo comune ad istituire registri anche per le coppie gay. Nel 2008 i ministri Renato Brunetta e Gianfranco Rotondi hanno proposto un riconoscimento sia per coppie eterosessuali che per coppie omosessuali chiamato DiDoRe. Ma la proposta non è mai stata presentata al Parlamento.

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