Corriere della Sera 10.1.11
Veronesi sul biotestamento «Meglio nessuna legge»
«Vogliono rendere obbligatoria la vita artificiale»
Mario Pappagallo
«Meglio nessuna legge. Ora come ora, applicando la Convenzione di Oviedo firmata anche dall’Italia, il testamento biologico troverebbe comunque il suo rispetto e la sua applicazione. Basta un notaio. Con la legge in discussione alla Camera, invece, la vita artificiale diventa un obbligo. Un obbligo di Stato contro diritti quali la libera scelta terapeutica, l’autodeterminazione, la responsabilità della propria vita» . Umberto Veronesi, senatore, medico oncologo, ex ministro della Sanità, rilancia la sua battaglia sul testamento biologico. Veronesi, il suo, lo ha sventolato in aula durante uno dei dibattiti sulla legge... «Io l’ho fatto e affidato a persona di mia fiducia. La mia paura non è la morte, ma la perdita delle facoltà mentali, della mia coscienza. Dovesse accadere, già da ora ho deciso liberamente che non voglio trattamenti di sostegno» . Trattamenti di sostegno o accanimento terapeutico? «A me non piace il termine accanimento terapeutico, è un controsenso linguistico. Accanirsi non è terapia. I trattamenti di sostegno, compresa l’alimentazione e l’idratazione artificiale, sono invece quella vita artificiale che io per me rifiuto. Nonostante la mia età (85 anni, ndr), dovesse accadere, potrei restare "morto a cuore battente"anche per altri vent’anni. Non lo vorrei mai, soprattutto per i miei familiari» . Allora meglio senza legge... Oppure, come dovrebbe essere? «Il mio disegno di legge non riguarda il tema dello stato vegetativo permanente nella sua globalità, ma solo il diritto di ognuno di noi di rifiutare questo modo innaturale di terminare la propria vita. Oggi la decisione di come e quando prolungare l’assistenza è completamente nelle mani dei medici, mentre invece è diritto inalienabile di ogni cittadino decidere se iniziare, o quando lasciare, il trattamento di sostegno. Sfugge al legislatore che oggi il prolungamento o l’accorciamento della vita non sono valori in sé, ma lo sono in quanto assecondano il progetto di vita di ognuno di noi» . Quindi, al medico non deve spettare più l’ultima parola? «Il paternalismo è superato in tutti i modelli sociali e, negli ultimi anni, lo stesso è avvenuto nel rapporto medico paziente. La gente sente il bisogno di riappropriarsi di scelte che riguardano la propria esistenza e la sua qualità, in ogni fase. Compresa quella finale. Certo è un principio di responsabilità della vita che pare in contrasto con quello della sacralità della vita (Dio ci dà la vita e Dio ce la toglie). Questo è il grande dilemma. Che però non ci deve mai far dimenticare la laicità dello Stato» . Autodeterminazione invece di affidamento totale... Che cosa è accaduto? «E’ conseguenza dell’ipertecnologica medicina moderna. In passato c’era la paura di morire anzitempo. Oggi c’è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione. Un limbo che pone la società di fronte a dilemmi sconosciuti alla storia e al pensiero» . E a chi difende la sacralità della vita che cosa risponde? «Chi ha fede sceglierà comunque di affidarsi a Dio. O, ancora per fede, rifiuterà trattamenti che potrebbero salvarlo (le trasfusioni di sangue per i Testimoni di Geova). Chi non ha fede, potrà affidarsi ai poteri della scienza medica o scegliere quando e come stabilire dei limiti» .
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