martedì 14 febbraio 2012

Francia, svolta di Hollande “L’eutanasia è un diritto”

La Stampa 7.2.12
Francia, svolta di Hollande “L’eutanasia è un diritto”
Il candidato socialista all’Eliseo mette il fine vita nel programma
di Alberto Mattioli

Proporrò che ogni persona maggiorenne in fase avanzata o terminale di una malattia incurabile che provochi una sofferenza fisica o psicologica insopportabile e che non possa essere calmata, possa domandare, in condizioni precise e ristrette, di beneficiare di un’assistenza medica per terminare la sua vita con dignità». È una delle sessanta proposte del programma presidenziale di François Hollande, candidato socialista all’Eliseo e, stando ai sondaggi, grande favorito per diventarne l’inquilino. Ed è una nuova tappa verso la legalizzazione dell’eutanasia: «Per la prima volta dice a Le Monde il presidente dell’Associazione per il diritto a morire con dignità, Jean-Luc Romero -, la proposta è stata davvero ufficializzata da parte di un candidato alla Presidenza». Nel caso di vittoria di Hollande, e in quello che la proposta diventi legge, in materia di eutanasia la Francia passerebbe dall’attuale regime dell’«aiuto passivo» a quello dell’«aiuto attivo». La legge in vigore risale al 2005 e porta il nome di Jean Leonetti, cardiologo, sindaco di Antibes, deputato di destra ed esperto di questi temi per l’Ump, il partito di Nicolas Sarkozy, benché attualmente, per i soliti giri dell’oca politici, si occupi di tutt’altro come ministro per gli Affari europei. La legge Leonetti ha introdotto in Francia il principio del «lasciar morire»: si rifiuta l’accanimento terapeutico su un paziente senza speranza cui, dopo l’interruzione delle cure, ci si limita a somministrare dei sedativi. La proposta socialista introdurrebbe invece il principio dell’«aiuto attivo» sul malato, attraverso appunto un gesto del medico, come un’iniezione letale, che lo porti a spegnersi rapidamente e senza dolore. Pratica che è già stata legalizzata in Olanda, Belgio e Lussemburgo. Secondo i socialisti, la legge Leonetti è «ipocrita» e l’opinione pubblica «matura» per una svolta. In effetti, un recente sondaggio ha dato una risposta netta. Alla domanda se la legge debba autorizzare i medici a mettere fine senza sofferenze alla vita dei malati incurabili che l’abbiano chiesto, il 49% degli intervistati ha risposto «sì, assolutamente» e il 45 «sì, in certi casi». Totale: 94% di favorevoli, in crescita rispetto all’88 che, nel 2001, diede la stessa risposta alla stessa domanda. La proposta è interessante anche politicamente, perché porta nella campagna elettorale i temi etici, finora rimasti in ombra, anzi quasi ignorati, di fronte all’emergenza economica. Dieci anni fa, Lionel Jospin, ultimo premier socialista (in coabitazione con Jacques Chirac) e candidato battuto già al primo turno alle presidenziali, rifiutò di inserire l’eutanasia nel suo programma. Curiosamente, una delle vicende che hanno appassionato e diviso l’opinione pubblica è stata proprio quella di sua madre, Mireille, attivista dell’Associazione di monsieur Romero, e che finì per suicidarsi. Già nel 2009 i socialisti avevano proposto una legge all’Assemblée nationale, in seguito respinta. Il firmatario era Manuel Valls, poi candidato alle primarie contro Hollande e oggi suo portavoce. Però «si tratta di riconoscere un diritto, non d’imporre una pratica sfuma Marisol Touraine, responsabile delle questioni sociali nella squadra di Hollande -. Ciascuno, secondo le sue convinzioni, potrà avvalersene oppure no. Quelli che lo faranno saranno probabilmente estremamente minoritari». E bisognerà pure prevedere la possibilità dell’obiezione di coscienza per i medici, come succede per l’aborto. Anche per questo, la definizione concreta di modalità e limiti dell’eutanasia alla francese è rimandata a dopo le elezioni. Proporrò che ogni persona maggiorenne in fase avanzata o terminale di una malattia incurabile che provochi una sofferenza fisica o psicologica insopportabile e che non possa essere calmata, possa domandare, in condizioni precise e ristrette, di beneficiare di un’assistenza medica per terminare la sua vita con dignità».
È una delle sessanta proposte del programma presidenziale di François Hollande, candidato socialista all’Eliseo e, stando ai sondaggi, grande favorito per diventarne l’inquilino. Ed è una nuova tappa verso la legalizzazione dell’eutanasia: «Per la prima volta dice a Le Monde il presidente dell’Associazione per il diritto a morire con dignità, Jean-Luc Romero -, la proposta è stata davvero ufficializzata da parte di un candidato alla Presidenza».
Nel caso di vittoria di Hollande, e in quello che la proposta diventi legge, in materia di eutanasia la Francia passerebbe dall’attuale regime dell’«aiuto passivo» a quello dell’«aiuto attivo». La legge in vigore risale al 2005 e porta il nome di Jean Leonetti, cardiologo, sindaco di Antibes, deputato di destra ed esperto di questi temi per l’Ump, il partito di Nicolas Sarkozy, benché attualmente, per i soliti giri dell’oca politici, si occupi di tutt’altro come ministro per gli Affari europei. La legge Leonetti ha introdotto in Francia il principio del «lasciar morire»: si rifiuta l’accanimento terapeutico su un paziente senza speranza cui, dopo l’interruzione delle cure, ci si limita a somministrare dei sedativi. La proposta socialista introdurrebbe invece il principio dell’«aiuto attivo» sul malato, attraverso appunto un gesto del medico, come un’iniezione letale, che lo porti a spegnersi rapidamente e senza dolore. Pratica che è già stata legalizzata in Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Secondo i socialisti, la legge Leonetti è «ipocrita» e l’opinione pubblica «matura» per una svolta. In effetti, un recente sondaggio ha dato una risposta netta. Alla domanda se la legge debba autorizzare i medici a mettere fine senza sofferenze alla vita dei malati incurabili che l’abbiano chiesto, il 49% degli intervistati ha risposto «sì, assolutamente» e il 45 «sì, in certi casi». Totale: 94% di favorevoli, in crescita rispetto all’88 che, nel 2001, diede la stessa risposta alla stessa domanda.
La proposta è interessante anche politicamente, perché porta nella campagna elettorale i temi etici, finora rimasti in ombra, anzi quasi ignorati, di fronte all’emergenza economica. Dieci anni fa, Lionel Jospin, ultimo premier socialista (in coabitazione con Jacques Chirac) e candidato battuto già al primo turno alle presidenziali, rifiutò di inserire l’eutanasia nel suo programma. Curiosamente, una delle vicende che hanno appassionato e diviso l’opinione pubblica è stata proprio quella di sua madre, Mireille, attivista dell’Associazione di monsieur Romero, e che finì per suicidarsi. Già nel 2009 i socialisti avevano proposto una legge all’Assemblée nationale, in seguito respinta. Il firmatario era Manuel Valls, poi candidato alle primarie contro Hollande e oggi suo portavoce.
Però «si tratta di riconoscere un diritto, non d’imporre una pratica sfuma Marisol Touraine, responsabile delle questioni sociali nella squadra di Hollande -. Ciascuno, secondo le sue convinzioni, potrà avvalersene oppure no. Quelli che lo faranno saranno probabilmente estremamente minoritari». E bisognerà pure prevedere la possibilità dell’obiezione di coscienza per i medici, come succede per l’aborto. Anche per questo, la definizione concreta di modalità e limiti dell’eutanasia alla francese è rimandata a dopo le elezioni.

sabato 11 febbraio 2012

Sono 3.500 i pazienti in stato vegetativo.

Corriere della Sera 10.2.12
Sono 3.500 i pazienti in stato vegetativo. Più aiuti dalle donne
Nutriti in modo artificiale 3 su 10
di Margherita De Bac
ROMA — Trentotto anni. Da 38 anni chiuso in un sonno profondo e irreversibile. Accudito in casa dalla mamma in un paesino della Calabria. Triste primato italiano e forse mondiale. Un uomo che dopo un incidente avvenuto nell'infanzia non ha più recuperato contatti e percezione dell'ambiente. È lì, come tanti altri, curato dall'amore materno. Come lo è stata Eluana Englaro, morta il 9 febbraio di tre anni fa. Dalla sua storia lo stimolo a istituire, non senza polemiche, una Giornata nazionale di riflessione. «Ci siamo stupiti anche noi di trovare un caso così antico»: non nasconde la sorpresa di ricercatrice Matilde Leonardi, neurologa dell'Istituto Besta, coordinatrice di un progetto avviato due anni fa dal ministero della Salute per scoprire il pianeta delle persone in stato vegetativo e di minima coscienza, due fasi dei disturbi successivi al coma. «Non parliamo di morti viventi, ma di vivi» chiarisce Adriano Pessina, docente di bioetica alla Cattolica.
I dati scientifici sono stati presentati ieri dal ministro della Salute Renato Balduzzi, impegnato nell'ambito dei limiti di bilancio «a dare la priorità ai più fragili, ai non autosufficienti che non saranno abbandonati». Un appuntamento disertato da 36 associazioni che rappresentano i familiari dei malati: «Chi siamo, quanti siamo e dove siamo, noi lo sappiamo bene da tempo — è scritto in un loro comunicato —. Quello che avremmo voluto sapere è cosa fare per il futuro. Visto che si annunciano anche numerose novità scientifiche». «È necessario sostenere le famiglie — dice Paolo Maria Rossini, neurologo della Cattolica di Roma e collaboratore del San Raffaele di Cassino — e approfondire la ricerca perché in queste persone il cervello percepisce e si esprime in modo diverso: dobbiamo riuscire a decodificare questi input per capire così i primi segnali di un possibile risveglio. Ma in Italia assistenza e ricerca sono all'avanguardia». Quella di ieri è solo la prima tappa di un percorso di mappatura avviato dall'ex sottosegretario Eugenia Roccella con l'obiettivo di scoprire come sopravvivono malati e famiglie. E indagare su come, a parità di patologia, può cambiare il «benessere». La condizione di questi malati è rivelata da diverse sfumature che non dipendono solo dalla severità dei sintomi e dalle «capacità residue», ma soprattutto dai fattori esterni: ore di assistenza, alimentazione, coinvolgimento e atteggiamento culturale degli operatori socio sanitari. Ecco perché il progetto parla di «Funzionamento e disabilità».
Non esistono studi così dettagliati al mondo, i risultati saranno pubblicati e approfonditi. Di certo c'è che in stato vegetativo oggi ci siano almeno 3 mila-3.500 persone. Intorno alle quali si sviluppano comportamenti diversi. La maggior parte delle donne riportano a casa il compagno, gli uomini quasi mai. Tutti i genitori riportano a casa i figli. Ma sono pochissimi i figli che accolgono con sé il genitore. Preferiscono lasciarlo in istituto. Si pensava che in linea con la letteratura internazionale la sopravvivenza media fosse 15 anni. Invece sono stati contati molti casi in cui questa è superiore a 20 anni.
La raccolta dei dati abbraccia il periodo marzo 2009-marzo 2010: un campione di 602 pazienti (566 adulti e 36 bambini) in 78 centri italiani, oltre 75 associazioni. Il 30% dei pazienti vengono alimentati e idratati anche in modo artificiale, quasi tutti (98%) sono in grado di respirare autonomamente, eppure vengono aiutati dal ventilatore automatico, mediamente prendono 4 farmaci al giorno. Secondo lo studio «tutte le persone con disordini della coscienza hanno grave disabilità, basso livello di funzionamento e altissimo bisogno di facilitazioni ambientali». Significa che dovrebbero essere assistite meglio. Poi l'analisi dei familiari. Età media 52 anni, 8 su 10 donne, la metà lavorano, oltre la metà dedicano tre ore al giorno all'assistenza, con notevoli ripercussioni sulla vita relazionale: niente amici e hobby, unico svago il cinema. In generale i parenti più stretti mantengono un livello d'ansia molto alto, che il tempo non riesce a stemperare. E sono molti di più di quanti si prevedesse i malati curati a casa e senza il sostegno di cure domiciliari. Cittadini dimenticati che le segnalazioni di medici di famiglia e piccoli istituti di suore coinvolti nella ricerca ci hanno in un certo senso «restituito».