venerdì 4 settembre 2009

Marco Bellocchio "Girerò una storia su Eluana Englaro"

La Repubblica 22.8.09
Marco Bellocchio "Girerò una storia su Eluana Englaro"
"Un film per parlare di amore per la vita"
intervista di Paolo D'Agostini

Il regista parla del suo nuovo progetto cinematografico sul caso Englaro Intanto parte per presentare al pubblico internazionale il suo "Vincere"
Ho elaborato l´idea partendo dal caso di Eluana, ma i miei saranno personaggi d´invenzione
A questa costrizione a far vivere chi è già morto, oppongo un´altra costrizione a far vivere chi può e deve vivere
Visti i tempi, il declino generale del cinema, quello della politica direi che l´esito è stato buono
"Vincere" sarà distribuito all´estero dalla stessa società di "Gomorra"

ROMA. In partenza per un tour americano che sarà anche l´inizio della campagna di promozione del suo Vincere in vista dei prossimi Oscar, Marco Bellocchio (70 anni il 9 novembre) dà la notizia. Il prossimo film nascerà dalle riflessioni e dalle emozioni provocate in lui dal caso Englaro.
Così annuncia il progetto. «Tre elementi. Il primo è la fiaba della Bella addormentata. Il secondo: la tragedia della ragazza Eluana e del personaggio eroico del padre che vuole rispettare la volontà della figlia - viva ma solo vegetalmente - rispettando la legge, pretendendo l´applicazione della legge. Senza cercare scorciatoie. Il terzo, tema opposto e mia profondissima convinzione: quando invece ci sono condizioni per riportare alla vita qualcuno che vuole morire per forza - e penso alle anoressiche o ai depressi che vogliono uccidersi, che vogliono morire - lì non solo lo psichiatra ma anche chi è loro vicino, familiari o genitori, deve costringerli a vivere. Da una parte il rispettare la volontà della povera ragazza e quindi permetterle di morire. Dall´altra invece il caso di qualcuno che lotta fisicamente per impedire di morire, per costringere a vivere una persona che vuole morire ma che ha tutte le possibilità per poter vivere, per rinascere. Questa doppia storia mi interessa raccontare. Non so se riuscirò, è un tema secondo me molto positivo ma certo non molto divertente».
Un film nel quale dovrebbero convivere due storie.
«Esatto. Anche se non nascondo che ho iniziato a elaborare quest´idea a partire da Eluana, naturalmente i miei saranno personaggi d´invenzione. In un certo senso sono due aspetti della stessa lotta per la vita. Quella di un padre-eroe. E quella di chi lotta e impedisce di morire, costringe a vivere chi - penso anche ai giovani perduti nella droga degli anni passati - ha tutte le potenzialità per vivere una vita straordinariamente ricca. Nella stessa Italia, contemporaneamente forse in due città diverse, immagino queste due lotte. Una nei confronti dello Stato e dell´ipocrisia di chi per paura di perdere l´appoggio della Chiesa cattolica, pur non condividendone i principi, si è inchinato per conformismo e pavidità. A questa costrizione a far vivere chi è già morto, oppongo un´altra costrizione a far vivere chi può e deve vivere».
Può essere la metafora di qualcosa di più ampio? Un discorso sull´occuparsi degli altri, del prossimo, delle vite che ti circondano? Sull´esporsi, scegliere, impegnarsi. Sullo scambio fra discrezione e indifferenza?
«Penso a quella che è stata la fragilità di tutta la cultura di sinistra. Un certo tipo di "discrezione", sì. Adesso ha buon gioco la Lega che in nome di principi assurdi e disumani fa valere la voce del "no". Un certo tipo di durezza, o forse sicurezza, è qualcosa di cui la sinistra o quello che ne rimane dovrebbe appropriarsi. Vincere la paura di dire "no"».
Dunque, intanto, l´America. La vita internazionale che si dischiude a Vincere con le vendite e le uscite su altri mercati. A partire da Australia e Francia. In Nordamerica, dove il film sarà distribuito dalla stessa società che ha distribuito Gomorra, Vincere è stato invitato tra gli altri dai festival di Telluride, Toronto e New York da dove partirà il viaggio verso la conquista della candidatura all´Oscar di marzo. «Ho sempre saputo e detto che la celebrità della figura di Mussolini nel mondo ha il suo peso. Ma l´interesse un po´ speciale che effettivamente il film ha riscosso forse non dipende soltanto da questo. Ma anche dal come io ho visto e raccontato Mussolini, dallo stile del film. Il contrasto fascismo-antifascismo si è indubbiamente un po´ sbiadito. Nessun esponente politico o istituzionale di rilievo di matrice fascista, per esempio, in Italia è intervenuto. Quando ho presentato il film al cinema Eden di Roma mi ha fermato la nipote di Starace per dirmi che lo aveva apprezzato. Ma insomma non è un film che ha cercato la provocazione o lo scandalo, e non ho neanche sollecitato il confronto tra il Duce e Berlusconi, non ho soffiato sul fuoco. In realtà il film ha raccolto soprattutto un´attenzione di tipo estetico. Non di tipo ideologico. O di facile implicazione tra passato e presente. Semmai le implicazioni sono da cogliere in modo indiretto. Quando l´ho mostrato a Eugenio Scalfari mi ha colpito il suo commento. Ha detto che secondo lui oggi in Italia c´è la stessa "puzza" di allora. La puzza di una situazione nella quale ognuno pensa a sé: allora le mille lire al mese oggi le gratificazioni del Grande Fratello».
Il film è stato sottovalutato, incompreso?
«Prendere un premio a Cannes avrebbe favorito forse esiti migliori, ma onestamente - visti i tempi non favorevoli, la stagione già quasi estiva, il declino generale del cinema, quello della politica - direi che l´esito è stato buono».

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