il Riformista 4.9.09
Sul biotestamento si può inceppare il congresso del Pd
di Alessandro Calvi
DOPO IL CASO BOFFO. Se il Pdl imprimesse un'accelerazione sul fine-vita alla Camera, potrebbero esplodere le contraddizioni interne alle mozioni. Il detonatore è nelle mani del premier.
Le posizioni sono sempre le stesse di sempre. Nessuno sembra aver cambiato idea. Anche perché, per la verità, da mesi nel Partito democratico di testamento biologico quasi non si parla più. Tema cancellato, sacrificato come altri, del resto, sull'altare delle primarie. E però proprio la corsa alla segreteria e la nascita delle tre mozioni ha rimescolato le carte in tavola, portando gli avversari di un tempo a sedere l'uno accanto all'altro, creando una mistura tendenzialmente instabile, tanto che potrebbe finire per deflagrare in tutta la sua potenza anche sul congresso democrat.
Il Pd, infatti, potrebbe avere ben nascosto in casa propria un candelotto di dinamite pronto ad esplodere. Il detonatore, però, è altrove, è nelle mani del Cavaliere il quale, per le note vicissitudini tra le due sponde del Tevere, potrebbe avere tutto l'interesse ad accenderlo quanto prima.
Sostiene Ignazio Marino che, in questi giorni nei quali sta girando l'Italia, è la chiarezza che la gente chiede al Pd. E aggiunge: «Noi sui diritti civili, come su tutto il resto, siamo stai chiari. Abbiamo costruito la nostra mozione su una comunione di idee, le altre due mozioni hanno costruito una comunione di correnti che però, avendo idee diverse, quella comunione non possono realizzarla». D'altra parte, il primo a lanciare l'allarme era stato proprio Marino. In una recente intervista al Riformista aveva spiegato che «chi guida il partito è in una situazione in cui è impossibile dire dei sì e dei no chiari e dare una identità al partito». «Eppure - aveva aggiunto - i cittadini hanno diritto di sapere cosa propone il Pd». Se per i cittadini questo è un diritto, però, per il partito sembra più che altro un rischio. Soprattutto nel caso in cui i temi della bioetica, sui quali il partito si è sempre diviso, dovessero tornare prepotentemente di attualità e, dalle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti delle varie mozioni ai giornali, legittimamente influenzate dalla corsa alla segreteria, si dovesse tornare improvvisamente a esprimere una posizione di partito.
Cosa farebbero, allora, Enrico Letta e Gianni Cuperlo, oggi entrambi sostenitori di Bersani ma su fronti opposti quanto alla bioetica? E lo stesso vale per il fronte opposto. Non sarebbe facile far andare d'accordo due persone così diverse come Debora Serracchiani e Dorina Bianchi, tanto per fare due nomi. Difficile dimenticare l'esordio sulla ribalta nazionale della prima, con quel suo discorso all'assemblea dei circoli a Roma, quando, davanti a Franceschini al quale non riusciva a dare del tu, strappava applausi menando fendenti a destra e a manca fino all'affondo sul testamento biologico. «Trovo che sia un errore assoluto - disse - quello di aver indicato come capogruppo alla commissione sanità del senato chi non è portatore della posizione prevalente». Si riferiva, per l'appunto, proprio a Dorina Bianchi, oggi sua collega di mozione.
Nel Pd, però, le preoccupazioni per ora sembrano essere rivolte a ben altro. E non si fa fatica a crederlo, considerando che il traguardo della nuova segreteria si avvicina sempre più velocemente. Così, Giorgio Tonini, braccio destro del Veltroni segretario e oggi nella trincea di Dario Franceschini, non respinge l'osservazione e, anzi, la accoglie e rilancia la palla a destra. «Il problema vero - dice - non è quello degli schieramenti o delle convenienze tattiche ma di dare al paese la miglior legge possibile. E se ci fosse questa possibilità, io affronterei molto volentieri anche qualche tribolazione al nostro interno». Ma, dice ancora Tonini, «se il Pdl deciderà di accelerare, questo non potrebbe che significare una blindatura sul testo del Senato. E, allora, con un paradosso, potrei dire che questo sarebbe lo scenario meno preoccupante per noi».«Se fossi nella maggioranza - dice ancora, passando di paradosso in paradosso - questa sfida io la lancerei. Se invece decideranno di chiudersi a riccio faranno un pessimo servizio al Paese, non a noi».
Anche Gianni Cuperlo, fronte Bersani, è convinto del fatto che «fino a quando il Pdl è compatto su quella legge sta facendo un danno al paese». E anche Cuperlo prova a tenere distinti i piani, quello parlamentare e quello congressuale anche se, spiega, «la cosa principale è concentrarci sul merito della legge. E il merito continua ad essere irricevibile». Dunque, nessuna preoccupazione per eventuali voti in uscita dal Pd alla Camera che Rocco Bottiglione, ieri sul Riformista, valutava tra i 10 e i 20. E nessuna preoccupazione per eventuali contraddizioni che il percorso parlamentare potrebbe innescare su quello congressuale. «Faremo tutto ciò che possiamo - dice ancora Cuperlo - per modificare gli aspetti più gravi del testo uscito dal Senato, ovvero la sottrazione del corpo alla personalità del malato in nome di una visione etica e di parte che non è conciliabile con la nostra Costituzione».
Sul biotestamento si può inceppare il congresso del Pd
di Alessandro Calvi
DOPO IL CASO BOFFO. Se il Pdl imprimesse un'accelerazione sul fine-vita alla Camera, potrebbero esplodere le contraddizioni interne alle mozioni. Il detonatore è nelle mani del premier.
Le posizioni sono sempre le stesse di sempre. Nessuno sembra aver cambiato idea. Anche perché, per la verità, da mesi nel Partito democratico di testamento biologico quasi non si parla più. Tema cancellato, sacrificato come altri, del resto, sull'altare delle primarie. E però proprio la corsa alla segreteria e la nascita delle tre mozioni ha rimescolato le carte in tavola, portando gli avversari di un tempo a sedere l'uno accanto all'altro, creando una mistura tendenzialmente instabile, tanto che potrebbe finire per deflagrare in tutta la sua potenza anche sul congresso democrat.
Il Pd, infatti, potrebbe avere ben nascosto in casa propria un candelotto di dinamite pronto ad esplodere. Il detonatore, però, è altrove, è nelle mani del Cavaliere il quale, per le note vicissitudini tra le due sponde del Tevere, potrebbe avere tutto l'interesse ad accenderlo quanto prima.
Sostiene Ignazio Marino che, in questi giorni nei quali sta girando l'Italia, è la chiarezza che la gente chiede al Pd. E aggiunge: «Noi sui diritti civili, come su tutto il resto, siamo stai chiari. Abbiamo costruito la nostra mozione su una comunione di idee, le altre due mozioni hanno costruito una comunione di correnti che però, avendo idee diverse, quella comunione non possono realizzarla». D'altra parte, il primo a lanciare l'allarme era stato proprio Marino. In una recente intervista al Riformista aveva spiegato che «chi guida il partito è in una situazione in cui è impossibile dire dei sì e dei no chiari e dare una identità al partito». «Eppure - aveva aggiunto - i cittadini hanno diritto di sapere cosa propone il Pd». Se per i cittadini questo è un diritto, però, per il partito sembra più che altro un rischio. Soprattutto nel caso in cui i temi della bioetica, sui quali il partito si è sempre diviso, dovessero tornare prepotentemente di attualità e, dalle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti delle varie mozioni ai giornali, legittimamente influenzate dalla corsa alla segreteria, si dovesse tornare improvvisamente a esprimere una posizione di partito.
Cosa farebbero, allora, Enrico Letta e Gianni Cuperlo, oggi entrambi sostenitori di Bersani ma su fronti opposti quanto alla bioetica? E lo stesso vale per il fronte opposto. Non sarebbe facile far andare d'accordo due persone così diverse come Debora Serracchiani e Dorina Bianchi, tanto per fare due nomi. Difficile dimenticare l'esordio sulla ribalta nazionale della prima, con quel suo discorso all'assemblea dei circoli a Roma, quando, davanti a Franceschini al quale non riusciva a dare del tu, strappava applausi menando fendenti a destra e a manca fino all'affondo sul testamento biologico. «Trovo che sia un errore assoluto - disse - quello di aver indicato come capogruppo alla commissione sanità del senato chi non è portatore della posizione prevalente». Si riferiva, per l'appunto, proprio a Dorina Bianchi, oggi sua collega di mozione.
Nel Pd, però, le preoccupazioni per ora sembrano essere rivolte a ben altro. E non si fa fatica a crederlo, considerando che il traguardo della nuova segreteria si avvicina sempre più velocemente. Così, Giorgio Tonini, braccio destro del Veltroni segretario e oggi nella trincea di Dario Franceschini, non respinge l'osservazione e, anzi, la accoglie e rilancia la palla a destra. «Il problema vero - dice - non è quello degli schieramenti o delle convenienze tattiche ma di dare al paese la miglior legge possibile. E se ci fosse questa possibilità, io affronterei molto volentieri anche qualche tribolazione al nostro interno». Ma, dice ancora Tonini, «se il Pdl deciderà di accelerare, questo non potrebbe che significare una blindatura sul testo del Senato. E, allora, con un paradosso, potrei dire che questo sarebbe lo scenario meno preoccupante per noi».«Se fossi nella maggioranza - dice ancora, passando di paradosso in paradosso - questa sfida io la lancerei. Se invece decideranno di chiudersi a riccio faranno un pessimo servizio al Paese, non a noi».
Anche Gianni Cuperlo, fronte Bersani, è convinto del fatto che «fino a quando il Pdl è compatto su quella legge sta facendo un danno al paese». E anche Cuperlo prova a tenere distinti i piani, quello parlamentare e quello congressuale anche se, spiega, «la cosa principale è concentrarci sul merito della legge. E il merito continua ad essere irricevibile». Dunque, nessuna preoccupazione per eventuali voti in uscita dal Pd alla Camera che Rocco Bottiglione, ieri sul Riformista, valutava tra i 10 e i 20. E nessuna preoccupazione per eventuali contraddizioni che il percorso parlamentare potrebbe innescare su quello congressuale. «Faremo tutto ciò che possiamo - dice ancora Cuperlo - per modificare gli aspetti più gravi del testo uscito dal Senato, ovvero la sottrazione del corpo alla personalità del malato in nome di una visione etica e di parte che non è conciliabile con la nostra Costituzione».
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