sabato 14 febbraio 2009

Caso Englaro. La verità e le menzogne

l’Unità 13.2.09
Caso Englaro. La verità e le menzogne
di Emma Bonino e Gianfranco Spadaccia

La lotta contro il tempo per ottenere in fretta l’approvazione della legge che avrebbe dovuto “salvare” Eluana Englaro è stata condotta a suon di insulti e di menzogne. Gli insulti si qualificano da sé e soprattutto qualificano chi li ha lanciati. Alle menzogne invece risponderemo nel convegno «Verità e menzogne a proposito di “eutanasia”, Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Eluana Englaro» (domani, ore 10, al Piccolo Eliseo di Roma) al quale parteciperanno fra gli altri Ignazio Marino, Furio Colombo e Stefano Rodotà. In attesa che riprenda lo scontro sul merito della legge sul testamento biologico, vorremmo riportare l’attenzione su due argomenti usati contro di noi e che forse non sono stati colti in tutta la loro gravità a causa del concitato clamore politico-mediatico che ha accompagnato gli ultimi giorni di Eluana. Il primo è l’accusa di Berlusconi di essere, noi, degli “statalisti”. Berlusconi ci ha abituato alle barzellette, però faremmo male se passassimo questa sotto silenzio. Non solo perché in materia di vita e di morte c’è poco da scherzare ma perché questa sortita del Premier s’inserisce nella campagna rivolta ad alimentare l’equivoco che con la legge si voglia attribuire allo Stato un potere sulle nostre vite quando è esattamente il contrario: ciò che si vuole difendere è la facoltà della persona di scegliere se sottoporsi o no ad alcune terapie. Ma come: Berlusconi, Sacconi, Eugenia Roccella, l’intero governo e la sua maggioranza si propongono di toglierci questo diritto di scelta e d’imporci, non solo in caso di coma irreversibile, idratazione e alimentazione forzata e poi saremmo noi gli statalisti? E chi sceglierà per noi dal momento che Sacconi ha già annunciato la contrarietà del governo all’indicazione di una persona di fiducia esecutrice della mia volontà?
Il secondo argomento, ancor più grave, è quello che intima al Parlamento e al Diritto di lasciare intorno al malato una “zona grigia” (sono le parole testuali usate da Angelo Panebianco sul Corriere della Sera), in cui a decidere sarebbero la pietà e l’affetto dei familiari supportati, immaginiamo, da qualche centinaio di euro al personale medico o paramedico. Per l’aborto, prima della legge 194, questa zona grigia è sempre esistita: si chiamava “aborto clandestino”. Nel silenzio e nell’ipocrisia dovremmo ora rassegnarci ad una sorta di “fine vita clandestina”? Papà Englaro ha fatto scandalo proprio perché non ha voluto risolvere nel silenzio e nell’ipocrisia il dramma di sua figlia, perché ha creduto nella Costituzione, nella legge e nel diritto. Così facendo ha scosso e turbato le nostre coscienze, ci ha obbligato a interrogarci, a scegliere e a dividerci, mostrando a tutti che la contrapposizione non è fra il partito della vita e quello della morte, ma fra chi difende il diritto di autodeterminazione della persona e chi, invece, lo nega.

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