il Riformista 15.7.09
Biotestamento. La Chiesa si fida di Silvio
di Paolo Rodari
VERSO UNA LEGGE. Inizia oggi alla Camera il dibattito sul ddl Calabrò. I sospetti di accelerazione forzata non spaventano la maggioranza. E nemmeno la Cei, sicura della promessa del premier di 5 mesi fa.
Mentre il ddl sicurezza è destinato a rallentare la sua corsa verso l'entrata in vigore al fine di approvare, contestualmente, quella sanatoria tanto apprezzata dalla Chiesa italiana che prevede la possibilità di regolarizzare colf e badanti, si parla in queste ore di un movimento contrario riguardante un altro ddl, quello sul biotestamento che inizia oggi l'esame alla Camera. Movimento contrario che significherebbe accelerazione e, dunque, allineamento dell'iter parlamentare ai voleri della Chiesa italiana. Le cose stanno così? Davvero, come hanno denunciano i radicali, il centrodestra imponendo la discussione sul ddl in sede di commissione Affari Sociali della Camera ha di fatto manifestato la volontà di procedere a tappe forzate? Davvero la manovra del Pdl sarebbe «politica» e cioè mirerebbe a rendere impossibile qualunque discussione e modifica del ddl stesso assecondando in questo modo le aspettative della Chiesa italiana? Oppure ha ragione il relatore, Domenico Di Virgilio (Pdl), secondo il quale «sarà una normale discussione, senza alcun paletto sui tempi», insomma un «dibattito che si spera sia tranquillo, sereno» e «su basi scientifiche e non ideologiche»? Difficile rispondere. Certo è che un accordo Chiesa-maggioranza di Governo sull'argomento non c'è stato. C'è stata, questo sì, una promessa avanzata da Silvio Berlusconi nelle ore immediatamente successive la scomparsa di Eluana Englaro. Questi - e le sue parole sono state recepite bene dal segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone - ha promesso che una legge ci sarebbe stata. Non ha detto quando, ma la certezza della Chiesa italiana è che la cosa si farà senz'altro entro l'anno. E questa certezza basta e avanza. Gli incontri tra Berlusconi, esponenti del Governo e importanti rappresentanti della Chiesa italiana (e anche del Vaticano) furono due. Il primo avvenne immediatamente dopo la morte di Eluana Englaro. Il secondo poco dopo, nella metà del mese di febbraio durante il ricevimento all'ambasciata italiana della Santa Sede in occasione degli 80 anni dei patti Lateranensi e dei 25 anni della revisione del Concordato. Berlusconi, dopo aver incontrato Bertone e il presidente della Cei Angelo Bagnasco, assicurò che «il tema della fine della vita è un problema che non è assolutamente di parte ma riguarda tutti, quindi l'auspicio è che si possa trovare una soluzione condivisa». E ancora, disse che tra il Governo e il Vaticano «vi sono visoni comuni». Quale poi sia il contenuto di questa visione comune lo spiegò bene, sempre alla metà del mese di febbraio, un altro importante esponente vaticano, il cardinale Camillo Ruini. Al Tg1 tornò sul caso Englaro affermando che la vicenda di Eluana «ha insegnato che è necessaria una legge che escluda l'eutanasia e l'accanimento terapeutico. Quindi che non consenta di rinunciare a idratazione e nutrizione, una pessima forma di eutanasia. Serve una legge - disse - che lasci al medico le sue responsabilità professionali, una legge che chieda che sia espressa la volontà del paziente, una volontà informata e scritta. La Chiesa non è un legislatore e non vuole esserlo, ma come qualunque altro soggetto vuole esprimere la sua opinione». Oggi, al di là della questione morale, al di là delle ripetute critiche (la maggior parte indirette e consumate a mezze parole) dei vescovi italiani intorno al libertinaggio, alla necessità di fare chiarezza, a una certa condotta morale che si ritiene importante per chi guida un Paese, la Chiesa sembra avere chiara una cosa: la promessa del premier sarà da questi mantenuta. Un segnale positivo per Berlusconi sul fronte ecclesiastico è venuto nelle scorse ore da Avvenire. Il giornale dei vescovi italiani, dopo qualche critica sul ddl sicurezza e anche sulla questione morale, ha lodato la gestione del G8. E la cosa non è secondaria. Inoltre, quanto al testamento biologico, il giornale della Cei non ha mai offerto particolari spunti di frizione o di scontro con la maggioranza, come fosse consapevole che, in un modo o nell'altro, la cosa si farà. A conti fatti l'unica accelerazione reale dell'iter parlamentare potrà venire "per colpa" delle forze avverse al ddl Calabrò. Ovvero da coloro che ritengono di poter modificare i contenuti del ddl in chiave eutanasica. Se poi Ignazio Marino imposterà la campagna verso il congresso del Pd tutta ruotante attorno alle questioni etiche - bio testamento incluso - sarà inevitabile la messa in campo d'una reale accelerazione da parte del Pdl (con la scontata benedizione della Chiesa italiana).
Biotestamento. La Chiesa si fida di Silvio
di Paolo Rodari
VERSO UNA LEGGE. Inizia oggi alla Camera il dibattito sul ddl Calabrò. I sospetti di accelerazione forzata non spaventano la maggioranza. E nemmeno la Cei, sicura della promessa del premier di 5 mesi fa.
Mentre il ddl sicurezza è destinato a rallentare la sua corsa verso l'entrata in vigore al fine di approvare, contestualmente, quella sanatoria tanto apprezzata dalla Chiesa italiana che prevede la possibilità di regolarizzare colf e badanti, si parla in queste ore di un movimento contrario riguardante un altro ddl, quello sul biotestamento che inizia oggi l'esame alla Camera. Movimento contrario che significherebbe accelerazione e, dunque, allineamento dell'iter parlamentare ai voleri della Chiesa italiana. Le cose stanno così? Davvero, come hanno denunciano i radicali, il centrodestra imponendo la discussione sul ddl in sede di commissione Affari Sociali della Camera ha di fatto manifestato la volontà di procedere a tappe forzate? Davvero la manovra del Pdl sarebbe «politica» e cioè mirerebbe a rendere impossibile qualunque discussione e modifica del ddl stesso assecondando in questo modo le aspettative della Chiesa italiana? Oppure ha ragione il relatore, Domenico Di Virgilio (Pdl), secondo il quale «sarà una normale discussione, senza alcun paletto sui tempi», insomma un «dibattito che si spera sia tranquillo, sereno» e «su basi scientifiche e non ideologiche»? Difficile rispondere. Certo è che un accordo Chiesa-maggioranza di Governo sull'argomento non c'è stato. C'è stata, questo sì, una promessa avanzata da Silvio Berlusconi nelle ore immediatamente successive la scomparsa di Eluana Englaro. Questi - e le sue parole sono state recepite bene dal segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone - ha promesso che una legge ci sarebbe stata. Non ha detto quando, ma la certezza della Chiesa italiana è che la cosa si farà senz'altro entro l'anno. E questa certezza basta e avanza. Gli incontri tra Berlusconi, esponenti del Governo e importanti rappresentanti della Chiesa italiana (e anche del Vaticano) furono due. Il primo avvenne immediatamente dopo la morte di Eluana Englaro. Il secondo poco dopo, nella metà del mese di febbraio durante il ricevimento all'ambasciata italiana della Santa Sede in occasione degli 80 anni dei patti Lateranensi e dei 25 anni della revisione del Concordato. Berlusconi, dopo aver incontrato Bertone e il presidente della Cei Angelo Bagnasco, assicurò che «il tema della fine della vita è un problema che non è assolutamente di parte ma riguarda tutti, quindi l'auspicio è che si possa trovare una soluzione condivisa». E ancora, disse che tra il Governo e il Vaticano «vi sono visoni comuni». Quale poi sia il contenuto di questa visione comune lo spiegò bene, sempre alla metà del mese di febbraio, un altro importante esponente vaticano, il cardinale Camillo Ruini. Al Tg1 tornò sul caso Englaro affermando che la vicenda di Eluana «ha insegnato che è necessaria una legge che escluda l'eutanasia e l'accanimento terapeutico. Quindi che non consenta di rinunciare a idratazione e nutrizione, una pessima forma di eutanasia. Serve una legge - disse - che lasci al medico le sue responsabilità professionali, una legge che chieda che sia espressa la volontà del paziente, una volontà informata e scritta. La Chiesa non è un legislatore e non vuole esserlo, ma come qualunque altro soggetto vuole esprimere la sua opinione». Oggi, al di là della questione morale, al di là delle ripetute critiche (la maggior parte indirette e consumate a mezze parole) dei vescovi italiani intorno al libertinaggio, alla necessità di fare chiarezza, a una certa condotta morale che si ritiene importante per chi guida un Paese, la Chiesa sembra avere chiara una cosa: la promessa del premier sarà da questi mantenuta. Un segnale positivo per Berlusconi sul fronte ecclesiastico è venuto nelle scorse ore da Avvenire. Il giornale dei vescovi italiani, dopo qualche critica sul ddl sicurezza e anche sulla questione morale, ha lodato la gestione del G8. E la cosa non è secondaria. Inoltre, quanto al testamento biologico, il giornale della Cei non ha mai offerto particolari spunti di frizione o di scontro con la maggioranza, come fosse consapevole che, in un modo o nell'altro, la cosa si farà. A conti fatti l'unica accelerazione reale dell'iter parlamentare potrà venire "per colpa" delle forze avverse al ddl Calabrò. Ovvero da coloro che ritengono di poter modificare i contenuti del ddl in chiave eutanasica. Se poi Ignazio Marino imposterà la campagna verso il congresso del Pd tutta ruotante attorno alle questioni etiche - bio testamento incluso - sarà inevitabile la messa in campo d'una reale accelerazione da parte del Pdl (con la scontata benedizione della Chiesa italiana).
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