Corriere della Sera 18.3.09
Scontro sul «fine vita» Il Pdl attacca Englaro: «Aveva promesso il silenzio, non ci faremo intimidire da speculazioni». Roccella: no alla moratoria
«Biotestamento, la legge è incostituzionale»
Il padre di Eluana: «Napolitano potrebbe non firmarla». D'Alema: il Parlamento si fermi
Buttiglione: «Il ddl è migliorabile. Bossi chiese alla moglie di farlo morire, ma ora la ringrazia»
di Alessandro Trocino
ROMA — La giornata comincia con Beppino Englaro che al Senato spiega che «piuttosto che fare una legge così sul testamento biologico, sarebbe meglio non fare alcuna legge». E che comunque «non è detto che il capo dello Stato decida di non firmarla». E finisce con Massimo D'Alema che si dice pronto a votare la pregiudiziale di costituzionalità, ma chiede anche al Parlamento di fermarsi: «È irragionevole andare avanti così. Nessuno avverte la terribile urgenza di provvedere sulla materia. Finita la prova ideologica muscolare, ci si prenda una pausa di riflessione. Il Parlamento non vada avanti come un carroarmato. Apriamo un dibattito, andiamo nelle università, ascoltiamo la società civile».
Proposta subito respinta da sottosegretario Eugenia Roccella: «Non è necessaria alcuna moratoria». Alle parole di Englaro rispondono duramente Maurizio Gasparri («Non ci faremo intimidire dalle speculazioni ») e Gaetano Quagliariello («Englaro aveva promesso il silenzio »). Nel Pd si leva invece la voce di Franca Chiaromonte, che ribadisce l'incostituzionalità della legge e chiede un relatore di minoranza per l'Aula.
Ma al convegno organizzato dalla Fondazione presieduta da Massimo D'Alema, Italianieuropei, va in scena anche un tentativo di riflessione comune. Ad aprire un varco ci prova Rocco Buttiglione che, tra una citazione di Kelsen e una di Habermas, dichiara «migliorabile» il ddl e fa sua la convenzione di Oviedo. Quella secondo la quale il medico deve «tener conto» delle precedenti dichiarazioni di volontà del paziente. Il vicepresidente della Camera rivendica il principio del «noli me tangere». Per quanto riguarda i Dat, cita Aldo Moro: «Avrebbe davvero scritto quelle lettere da libero?». E il caso Bossi: «Chiese alla moglie di farlo morire, ma ora la ringrazia».
Anche D'Alema cita Moro, ma in tutt'altra direzione. Rievocando il discorso alla Dc, durante il dibattito sul divorzio, quando spiegò che «lo spirito del tempo consigliava di vivere i valori cattolici più come testimonianza che come imposizione di legge». D'Alema si rivolge ai suoi, spiegando che «non ci si può nascondere dietro alla libertà di coscienza, pure giusta: serve una linea politica». Ora per lui una legge «è meglio non farla: il contesto giuridico è sufficiente e si rischia un'altra legge 40, inapplicabile». D'Alema considera «apprezzabili » le aperture di Buttiglione, non molto lontane dalla terza via rutelliana, ma spiega che «di fronte al mistero della morte, lo Stato dovrebbe stare alla larga». Poi un accenno alla sua storia personale: «La vera scelta morale è di chi chiede al medico di sospendere o no le cure. È quando un genitore dice — e a me è capitato — lasciatemi morire in pace».
Scontro sul «fine vita» Il Pdl attacca Englaro: «Aveva promesso il silenzio, non ci faremo intimidire da speculazioni». Roccella: no alla moratoria
«Biotestamento, la legge è incostituzionale»
Il padre di Eluana: «Napolitano potrebbe non firmarla». D'Alema: il Parlamento si fermi
Buttiglione: «Il ddl è migliorabile. Bossi chiese alla moglie di farlo morire, ma ora la ringrazia»
di Alessandro Trocino
ROMA — La giornata comincia con Beppino Englaro che al Senato spiega che «piuttosto che fare una legge così sul testamento biologico, sarebbe meglio non fare alcuna legge». E che comunque «non è detto che il capo dello Stato decida di non firmarla». E finisce con Massimo D'Alema che si dice pronto a votare la pregiudiziale di costituzionalità, ma chiede anche al Parlamento di fermarsi: «È irragionevole andare avanti così. Nessuno avverte la terribile urgenza di provvedere sulla materia. Finita la prova ideologica muscolare, ci si prenda una pausa di riflessione. Il Parlamento non vada avanti come un carroarmato. Apriamo un dibattito, andiamo nelle università, ascoltiamo la società civile».
Proposta subito respinta da sottosegretario Eugenia Roccella: «Non è necessaria alcuna moratoria». Alle parole di Englaro rispondono duramente Maurizio Gasparri («Non ci faremo intimidire dalle speculazioni ») e Gaetano Quagliariello («Englaro aveva promesso il silenzio »). Nel Pd si leva invece la voce di Franca Chiaromonte, che ribadisce l'incostituzionalità della legge e chiede un relatore di minoranza per l'Aula.
Ma al convegno organizzato dalla Fondazione presieduta da Massimo D'Alema, Italianieuropei, va in scena anche un tentativo di riflessione comune. Ad aprire un varco ci prova Rocco Buttiglione che, tra una citazione di Kelsen e una di Habermas, dichiara «migliorabile» il ddl e fa sua la convenzione di Oviedo. Quella secondo la quale il medico deve «tener conto» delle precedenti dichiarazioni di volontà del paziente. Il vicepresidente della Camera rivendica il principio del «noli me tangere». Per quanto riguarda i Dat, cita Aldo Moro: «Avrebbe davvero scritto quelle lettere da libero?». E il caso Bossi: «Chiese alla moglie di farlo morire, ma ora la ringrazia».
Anche D'Alema cita Moro, ma in tutt'altra direzione. Rievocando il discorso alla Dc, durante il dibattito sul divorzio, quando spiegò che «lo spirito del tempo consigliava di vivere i valori cattolici più come testimonianza che come imposizione di legge». D'Alema si rivolge ai suoi, spiegando che «non ci si può nascondere dietro alla libertà di coscienza, pure giusta: serve una linea politica». Ora per lui una legge «è meglio non farla: il contesto giuridico è sufficiente e si rischia un'altra legge 40, inapplicabile». D'Alema considera «apprezzabili » le aperture di Buttiglione, non molto lontane dalla terza via rutelliana, ma spiega che «di fronte al mistero della morte, lo Stato dovrebbe stare alla larga». Poi un accenno alla sua storia personale: «La vera scelta morale è di chi chiede al medico di sospendere o no le cure. È quando un genitore dice — e a me è capitato — lasciatemi morire in pace».
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