l’Unità 26.3.09
La libertà di coscienza scippata ai cittadini
di Maurizio Mori
Nell’approvazione dell’art. 3 della legge Calabrò che impone l’obbligo di nutrizione artificiale tutte le forze politiche si sono appellate alla “libertà di coscienza”. La “libertà di coscienza” nasce in epoca moderna per opporsi a poteri autoritari e tutelare i comuni cittadini da sopraffazioni esterne, politiche o religiose. È improprio parlare di libertà di coscienza del parlamentare, perché questi non ha sopra di sé altro vincolo che l’ordine costituzionale. Per il resto è un “sovrano”: è tanto libero da porsi a garante della libertà di coscienza dei cittadini. Suo specifico dovere è semmai quello di far sì che le leggi garantiscano davvero questa libertà. L’unico modo corretto di intendere la libertà di coscienza del parlamentare è garantire ai cittadini l’esercizio di un diritto civile che altro non è che l’estensione del consenso libero e informato – riconosciuto dalla Costituzione - a ogni atto medico in ogni fase della vita. Invertendo l’ordine delle priorità, si afferma invece che la “libertà di coscienza” va garantita al parlamentare, con un palese declassamento di ruolo, quasi fosse oppresso da forze superiori e occulte. Così in suo nome nel Pd Rutelli, Fioroni, Binetti & Co. contrastano l’idea di un partito che imponga una linea comune sui temi eticamente sensibili. E ieri l’altro Berlusconi ha ribadito ai suoi senatori che approvare compatti la legge è «dare sostanza a quei principi … (contemperando) l’etica della convinzione con quella della responsabilità» senza «contravvenire la libertà di coscienza». Tutti d’accordo, quindi! Ma c’è il trucco: Berlusconi applica la libertà di coscienza all’etica della responsabilità (politica) per rispettare l’«impegno che sono sicuro anche tu non vuoi disattendere»! Nel Pd, invece, la libertà di coscienza rimanda all’etica della convinzione cosicché ciascuno può votare come gli pare, ossia in base ai propri simboli religiosi, calcoli tattici, pregiudizi, tabù, ecc. Il risultato è una legge liberticida che ha origine in Vaticano, e che coarta quella libertà di coscienza dei cittadini che il parlamentare dovrebbe tutelare.
La libertà di coscienza scippata ai cittadini
di Maurizio Mori
Nell’approvazione dell’art. 3 della legge Calabrò che impone l’obbligo di nutrizione artificiale tutte le forze politiche si sono appellate alla “libertà di coscienza”. La “libertà di coscienza” nasce in epoca moderna per opporsi a poteri autoritari e tutelare i comuni cittadini da sopraffazioni esterne, politiche o religiose. È improprio parlare di libertà di coscienza del parlamentare, perché questi non ha sopra di sé altro vincolo che l’ordine costituzionale. Per il resto è un “sovrano”: è tanto libero da porsi a garante della libertà di coscienza dei cittadini. Suo specifico dovere è semmai quello di far sì che le leggi garantiscano davvero questa libertà. L’unico modo corretto di intendere la libertà di coscienza del parlamentare è garantire ai cittadini l’esercizio di un diritto civile che altro non è che l’estensione del consenso libero e informato – riconosciuto dalla Costituzione - a ogni atto medico in ogni fase della vita. Invertendo l’ordine delle priorità, si afferma invece che la “libertà di coscienza” va garantita al parlamentare, con un palese declassamento di ruolo, quasi fosse oppresso da forze superiori e occulte. Così in suo nome nel Pd Rutelli, Fioroni, Binetti & Co. contrastano l’idea di un partito che imponga una linea comune sui temi eticamente sensibili. E ieri l’altro Berlusconi ha ribadito ai suoi senatori che approvare compatti la legge è «dare sostanza a quei principi … (contemperando) l’etica della convinzione con quella della responsabilità» senza «contravvenire la libertà di coscienza». Tutti d’accordo, quindi! Ma c’è il trucco: Berlusconi applica la libertà di coscienza all’etica della responsabilità (politica) per rispettare l’«impegno che sono sicuro anche tu non vuoi disattendere»! Nel Pd, invece, la libertà di coscienza rimanda all’etica della convinzione cosicché ciascuno può votare come gli pare, ossia in base ai propri simboli religiosi, calcoli tattici, pregiudizi, tabù, ecc. Il risultato è una legge liberticida che ha origine in Vaticano, e che coarta quella libertà di coscienza dei cittadini che il parlamentare dovrebbe tutelare.
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