mercoledì 6 ottobre 2010

Robert Edwards è stato il pioniere della fecondazione in vitro. Il Vaticano attacca «Una scelta completamente fuori luogo»

l’Unità 5.10.10
Robert Edwards è stato il pioniere della fecondazione in vitro. Il Vaticano attacca «Una scelta completamente fuori luogo»
Il Nobel al «papà» dei bimbi in provetta La Chiesa: inaccettabile
Il Karolinska Institutet di Stoccolma ha assegnato il Nobel per la medicina a Robert Edwards, pioniere della fecondazione in vitro. Che, a partire dal ’78, ha portato alla nascita di 4 milioni di persone in tutto il mondo.
di Cristiana Pulcinelli

I messaggi arrivano da tutto il mondo: Portorico, Messico, Francia, Danimarca, Iran, Russia, Stati Uniti, Nepal, Sudafrica. Tutti scrivono sul sito della Fondazione Nobel per congratularsi con Robert Edwards, vincitore del premio per la medicina 2010. Sono soprattutto genitori e nonni di bambini nati grazie alla procreazione assistita, ma c’è anche un «grazie» firmato da «un bambino in provetta» ormai diventato adulto. Poi ci sono i colleghi che hanno applicato nel loro paese la tecnica Fivet inventata dal biologo ed embriologo inglese. Tutti ringraziano, anche chi per ora non ha avuto risultati, ma non rinuncia a sognare come la coppia italiana che scrive: «Se abbiamo ancora una piccola speranza di diventare genitori è solo grazie a lei».
Il Nobel per la medicina probabilmente non è mai stato così popolare. Anche chi pensa di non conoscere il nome del vincitore, ricorderà tuttavia quello di Louise Brown, la prima «bimba in provetta» che nacque proprio grazie a Edwards e al ginecologo Patrick Streptoe (forse il Nobel oggi sarebbe andato anche a lui se non fosse morto nel 1988). Era il 1978 e la foto di Louise finì sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Oggi Louise ha 32 anni ed è mamma a sua volta, Edwards ne ha 85 e nel mondo sono più di 4 milioni le persone nate grazie alla Fivet.
Edwards cominciò a lavorare alla tecnica per combattere la sterilità fin dagli anni Cinquanta: pensava che fecondare l’ovulo al di fuori del corpo della donna potesse permettere di superare alcuni ostacoli. Dopo molti tentativi, nel 1969 riuscì a fecondare un ovulo in una provetta. In quello stesso anno entrò in contatto con Streptoe e, grazie alla collaborazione con il ginecologo, la tecnica passò dal laboratorio alla pratica medica. Nonostante molti buoni risultati, i due scienziati non ottennero i fondi pubblici per continuare le loro sperimentazioni. Il fatto era che le loro ricerche trovarono l’opposizione della Chiesa e di alcuni bioeticisti cattolici. Fu solo grazie a una donazione privata che gli studi continuarono e che, infine fu messa a punto la tecnica che consisteva nel prelevare l’ovulo, fecondarlo in provetta e poi reinserirlo nell’utero della donna. Un’idea talmente geniale che ancora oggi la Fivet viene utilizzata in tutto il mondo per combattere l’infertilità, un problema che colpisce tra il 15 e il 20% delle coppie e la cui incidenza è in aumento.
I successi di Edwards sono sotto gli occhi di tutti, tuttavia, c’è chi non è d’accordo con la scelta compiuta dagli Accademici di Stoccolma. Radio Vaticana, per esempio, che, attraverso la voce del presidente dell’Associazione Scienza e Vita, Lucio Romano, sottolinea come quella a Edwards è «un’assegnazione che disattende tutte le problematiche di ordine etico e che rimarca che l’uomo può essere ridotto da soggetto ad oggetto». Gli fa eco monsignor Roberto Colombo, docente della Cattolica di Milano e membro della Pontificia Accademia della Vita e del Comitato nazionale di bioetica, il quale dichiara che la Chiesa cattolica, pur riconoscendo «l’importante scoperta scientifica» di Edwards, ricorda «che la fecondazione in vitro suscita gravi interrogativi morali quanto al rispetto della vita umana nascente e alla dignità della procreazione umana». E ancora, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Ignacio Carrasco de Paula dichiara: «Ritengo che la scelta di Robert Edward sia completamente fuori luogo» e i «motivi di perplessità non sono pochi». Mentre, padre Gonzalo Miranda, docente di bioetica all’università Pontificia Regina Apostolorum a Roma esprime il timore che la fecondazione in vitro lasci «aperti molti dubbi, a partire dallo spreco di vite umane che si realizza con gli embrioni, spesso prodotti già in partenza con lo scopo di non far nascere bambini». E qualcuno già si preoccupa che il Nobel a Edwards rimetta in discussione la tristemente famosa legge 40 in vigore nel nostro paese.

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