La Repubblica 9.2.10
"Aiutai Eluana a morire da allora la mia vita non è più la stessa"
Il medico De Monte: sotto scorta per mesi
di Piero Colaprico
Ho lasciato passare l´onda del lutto, poi mi sono scese le lacrime Il libro l´ho scritto per raccogliere le emozioni
MILANO - Un anno fa c´era alla clinica La Quiete un medico robusto, con il camice slacciato, gli occhi arrossati, in una sorta di "corazza" professionale. Oggi Amato De Monte, anestesista, primario, l´uomo che osservò Eluana spegnersi e ne avvisò il padre è - come successo a non poche persone dopo quella tragedia personale e collettiva - un uomo cambiato.
Professore, c´è una domanda che s´impone: quali contraccolpi ha avuto dalla storia di Eluana?
«Pensavo che nella fase acuta, del tritacarne tra politica e telegiornali, avessi quasi quasi dominato la situazione meglio di quanto pensassi. Invece allora ero sotto stress e dovevo essere presente, reagivo. Le cose più pesanti sono venute fuori dopo».
Non si riferisce solo all´inchiesta...
«No, anche se quando sono partite le denunce di omicidio, sono rimasto di stucco. È stata anche brutta da sopportare la consegna del silenzio, in modo da essere rispettosi dell´indagine. Terribile poi non poter ribattere al "battage" sul fine vita, a libri e articoli con cose inventate di sana pianta. E che dire della scorta?».
Due mesi di scorta per timore di qualche pazzo...
«Queste difficoltà mi hanno un po´ minato. A uno come me non andava proprio giù di essere accusato e indagato per aver fatto una cosa che era "passata in cassazione". Solo in Italia sembrava non aver valore. Tutto alla fine passa, ma è che mi è successo quello che annunciava Borasio».
Il professore Borasio, milanese, cattolico, palliativista, e consulente della Chiesa tedesca sul "testamento biologico", che oltre le Alpi approvano.
«Già, da collega mi aveva avvertito. Ti arriverà l´onda del lutto, lasciala passare. Io pensavo di non essere toccato, non è mia parente, mi dicevo. E noi medici, un po´ come alcuni di voi giornalisti, ne vediamo da vicino di cose terribili. Invece un giorno mi sono scese le lacrime, copiose».
Come se l´è spiegato?
«Per me, ora come allora, Eluana è morta diciassette anni prima, per l´incidente d´auto. Non sottovaluto il condizionamento mediatico. Anzi, faccio fatica a dire che Eluana non sia la persona virtuale di cui si vedono le foto dovunque, ma è quel povero essere... Quante menzogne sono state diffuse sulla sua salute, io lo so bene, eppure "vedo" l´Eluana delle foto».
Lei è cambiato come medico?
«Sì, certo. Prima con le persone ero più controllato, più riflessivo. Ora mi viene più facile parlare con i parenti, mi è più facile trovare le parole per ricordare che la morte è l´unica cosa certa che abbiamo nella nostra vita».
E sulla vita e la morte? Ha trattato Eluana come doveva o...?
«Il mio punto di vista medico non è cambiato, ero e resto sicuro che in quella stanza ho assistito a un processo di morte naturale. Non occorre essere anestesisti o grandi specialisti per capirlo. Lo spegnersi Eluana per la sospensione della nutrizione e dell´alimentazione è molto simile alla morte a casa sua dell´anziano, che non si alza dal letto, a cui si affievoliscono funzioni vitali. È che prima non me ne occupavo, lavoravo molto nella terapia intensiva. Adesso mi sono accorto che anche accompagnare alla morte una persona, senza farle perdere dignità, è importante».
Non ha tenuto un diario?
«Avevo preso degli appunti. E sa la cosa strana? Con mia moglie, che è stata anche la mia capoinfermiera (Cinzia Gori, ndr) un po´ evitavamo di parlare delle nostre sensazioni, dei vari episodi, forse per non stare a rivangare. Ma poi scopro che anche lei ha preso appunti. Ci siamo detti delle cose che entrambi abbiamo vissuto. "Ma perché non me l´hai detto subito?", ci siamo chiesti, ma non esistono risposte in un episodio come questo, che non è passato liscio sulle nostre vite».
Fatene un libro più serio degli altri che contestate, o no?
«Sì, uscirà tra un paio di mesi. Esiste un prima e un dopo Eluana, descrivere per onore di documentazione e raccogliere le nostre emozioni ci serve».
"Aiutai Eluana a morire da allora la mia vita non è più la stessa"
Il medico De Monte: sotto scorta per mesi
di Piero Colaprico
Ho lasciato passare l´onda del lutto, poi mi sono scese le lacrime Il libro l´ho scritto per raccogliere le emozioni
MILANO - Un anno fa c´era alla clinica La Quiete un medico robusto, con il camice slacciato, gli occhi arrossati, in una sorta di "corazza" professionale. Oggi Amato De Monte, anestesista, primario, l´uomo che osservò Eluana spegnersi e ne avvisò il padre è - come successo a non poche persone dopo quella tragedia personale e collettiva - un uomo cambiato.
Professore, c´è una domanda che s´impone: quali contraccolpi ha avuto dalla storia di Eluana?
«Pensavo che nella fase acuta, del tritacarne tra politica e telegiornali, avessi quasi quasi dominato la situazione meglio di quanto pensassi. Invece allora ero sotto stress e dovevo essere presente, reagivo. Le cose più pesanti sono venute fuori dopo».
Non si riferisce solo all´inchiesta...
«No, anche se quando sono partite le denunce di omicidio, sono rimasto di stucco. È stata anche brutta da sopportare la consegna del silenzio, in modo da essere rispettosi dell´indagine. Terribile poi non poter ribattere al "battage" sul fine vita, a libri e articoli con cose inventate di sana pianta. E che dire della scorta?».
Due mesi di scorta per timore di qualche pazzo...
«Queste difficoltà mi hanno un po´ minato. A uno come me non andava proprio giù di essere accusato e indagato per aver fatto una cosa che era "passata in cassazione". Solo in Italia sembrava non aver valore. Tutto alla fine passa, ma è che mi è successo quello che annunciava Borasio».
Il professore Borasio, milanese, cattolico, palliativista, e consulente della Chiesa tedesca sul "testamento biologico", che oltre le Alpi approvano.
«Già, da collega mi aveva avvertito. Ti arriverà l´onda del lutto, lasciala passare. Io pensavo di non essere toccato, non è mia parente, mi dicevo. E noi medici, un po´ come alcuni di voi giornalisti, ne vediamo da vicino di cose terribili. Invece un giorno mi sono scese le lacrime, copiose».
Come se l´è spiegato?
«Per me, ora come allora, Eluana è morta diciassette anni prima, per l´incidente d´auto. Non sottovaluto il condizionamento mediatico. Anzi, faccio fatica a dire che Eluana non sia la persona virtuale di cui si vedono le foto dovunque, ma è quel povero essere... Quante menzogne sono state diffuse sulla sua salute, io lo so bene, eppure "vedo" l´Eluana delle foto».
Lei è cambiato come medico?
«Sì, certo. Prima con le persone ero più controllato, più riflessivo. Ora mi viene più facile parlare con i parenti, mi è più facile trovare le parole per ricordare che la morte è l´unica cosa certa che abbiamo nella nostra vita».
E sulla vita e la morte? Ha trattato Eluana come doveva o...?
«Il mio punto di vista medico non è cambiato, ero e resto sicuro che in quella stanza ho assistito a un processo di morte naturale. Non occorre essere anestesisti o grandi specialisti per capirlo. Lo spegnersi Eluana per la sospensione della nutrizione e dell´alimentazione è molto simile alla morte a casa sua dell´anziano, che non si alza dal letto, a cui si affievoliscono funzioni vitali. È che prima non me ne occupavo, lavoravo molto nella terapia intensiva. Adesso mi sono accorto che anche accompagnare alla morte una persona, senza farle perdere dignità, è importante».
Non ha tenuto un diario?
«Avevo preso degli appunti. E sa la cosa strana? Con mia moglie, che è stata anche la mia capoinfermiera (Cinzia Gori, ndr) un po´ evitavamo di parlare delle nostre sensazioni, dei vari episodi, forse per non stare a rivangare. Ma poi scopro che anche lei ha preso appunti. Ci siamo detti delle cose che entrambi abbiamo vissuto. "Ma perché non me l´hai detto subito?", ci siamo chiesti, ma non esistono risposte in un episodio come questo, che non è passato liscio sulle nostre vite».
Fatene un libro più serio degli altri che contestate, o no?
«Sì, uscirà tra un paio di mesi. Esiste un prima e un dopo Eluana, descrivere per onore di documentazione e raccogliere le nostre emozioni ci serve».
Nessun commento:
Posta un commento