l’Unità 27.2.09
Basta cure: la scelta di papa Wojtyla. Il diritto di dire no
di Mario Riccio
Il Professor Proietti, in una intervista ad Avvenire è intervenuto ieri sull’impossibile analogia - a suo dire - tra il “lasciatemi morire” di Papa Wojtyla e una legittima rinuncia ai trattamenti sanitari. Ammnetto di essere stato il primo, nel febbraio 2007, a formulare un tale paragone per spiegare la vicenda Welby. Soprattutto la sua legittimità giuridica e deontologica al rifiuto della ventilazione, in quel tempo fortemente contestate. Paragone poi più volte ripreso da altri autorevoli interventi e sostenuto attraverso l’analisi delle dichiarazioni ufficiali della stampa vaticana.
Andiamo per ordine. È noto che Papa Wojtyla da anni era affetto da una sindrome parkinsoniana. Pertanto era inevitabile che sarebbe andato incontro a una progressiva insufficienza respiratoria e una incapacità a deglutire. Il dott. Melazzini in una occasione pubblica - Cremona, febbraio 2007 - ha addirittura sostenuto che Papa Wojtyla avrebbe rinunciato fin dall’inizio alla terapia farmacologica contro il Parkinson. Non avendo motivo di dubitare della parola del Melazzini, devo credere che il paziente Wojtyla avesse iniziato già da molto tempo a rinunciare a quella terapia (sicuramente in grado di rallentare la malattia), esercitando pertanto il suo legittimo diritto al rifiuto o alla limitazione della terapia stessa e contribuendo - con quella scelta - al peggioramento delle sue condizioni generali. Condizioni generali che già molti mesi prima della sua morte stavano progressivamente e visibilmente deteriorandosi.
L’articolata intervista al Prof. Proietti - nel tentativo di mascherare l’ulteriore, chiaro e legittimo esercizio al diritto di rifiuto di terapia - non fa altro che confermarne i principi stessi. Si continua a non comprendere per quale motivo si sia praticata una tracheotomia se non vi era indicazione o volontà del paziente stesso ad essere connesso a breve al ventilatore. Così come risulta perfettamente inutile posizionare un sondino nasogastrico a un paziente se poi non si intende nutrirlo artificialmente. Solo per permettergli una sopravvivenza di poche ore o un paio di giorni? Motivazioni che lo stesso Proietti nell’intervista ritiene giustamente insensate? Non credo che si possa invece definire “futile” o “inutile” ventilare o nutrire artificialmente un paziente che non riesce a farlo autonomamente.
Tutte le persone affette da patologie neurologiche degenerative - come era Papa Wojtyla - si trovano a dover decidere se sottoporsi ad una terapia nutrizionale e ventilatoria quando viene meno rispettivamente la capacità muscolare di deglutire o di muovere i muscoli respiratori. Forse al solo Papa è riservata la possibilità al rifiuto dei trattamenti sanitari? Sicuramente si tratta di quei casi particolari, prudentemente ricompresi nella “terza via” proposta da Rutelli.
di Mario Riccio
Il Professor Proietti, in una intervista ad Avvenire è intervenuto ieri sull’impossibile analogia - a suo dire - tra il “lasciatemi morire” di Papa Wojtyla e una legittima rinuncia ai trattamenti sanitari. Ammnetto di essere stato il primo, nel febbraio 2007, a formulare un tale paragone per spiegare la vicenda Welby. Soprattutto la sua legittimità giuridica e deontologica al rifiuto della ventilazione, in quel tempo fortemente contestate. Paragone poi più volte ripreso da altri autorevoli interventi e sostenuto attraverso l’analisi delle dichiarazioni ufficiali della stampa vaticana.
Andiamo per ordine. È noto che Papa Wojtyla da anni era affetto da una sindrome parkinsoniana. Pertanto era inevitabile che sarebbe andato incontro a una progressiva insufficienza respiratoria e una incapacità a deglutire. Il dott. Melazzini in una occasione pubblica - Cremona, febbraio 2007 - ha addirittura sostenuto che Papa Wojtyla avrebbe rinunciato fin dall’inizio alla terapia farmacologica contro il Parkinson. Non avendo motivo di dubitare della parola del Melazzini, devo credere che il paziente Wojtyla avesse iniziato già da molto tempo a rinunciare a quella terapia (sicuramente in grado di rallentare la malattia), esercitando pertanto il suo legittimo diritto al rifiuto o alla limitazione della terapia stessa e contribuendo - con quella scelta - al peggioramento delle sue condizioni generali. Condizioni generali che già molti mesi prima della sua morte stavano progressivamente e visibilmente deteriorandosi.
L’articolata intervista al Prof. Proietti - nel tentativo di mascherare l’ulteriore, chiaro e legittimo esercizio al diritto di rifiuto di terapia - non fa altro che confermarne i principi stessi. Si continua a non comprendere per quale motivo si sia praticata una tracheotomia se non vi era indicazione o volontà del paziente stesso ad essere connesso a breve al ventilatore. Così come risulta perfettamente inutile posizionare un sondino nasogastrico a un paziente se poi non si intende nutrirlo artificialmente. Solo per permettergli una sopravvivenza di poche ore o un paio di giorni? Motivazioni che lo stesso Proietti nell’intervista ritiene giustamente insensate? Non credo che si possa invece definire “futile” o “inutile” ventilare o nutrire artificialmente un paziente che non riesce a farlo autonomamente.
Tutte le persone affette da patologie neurologiche degenerative - come era Papa Wojtyla - si trovano a dover decidere se sottoporsi ad una terapia nutrizionale e ventilatoria quando viene meno rispettivamente la capacità muscolare di deglutire o di muovere i muscoli respiratori. Forse al solo Papa è riservata la possibilità al rifiuto dei trattamenti sanitari? Sicuramente si tratta di quei casi particolari, prudentemente ricompresi nella “terza via” proposta da Rutelli.
Basta cure: la scelta di papa Wojtyla. Il diritto di dire no
di Mario Riccio
Il Professor Proietti, in una intervista ad Avvenire è intervenuto ieri sull’impossibile analogia - a suo dire - tra il “lasciatemi morire” di Papa Wojtyla e una legittima rinuncia ai trattamenti sanitari. Ammnetto di essere stato il primo, nel febbraio 2007, a formulare un tale paragone per spiegare la vicenda Welby. Soprattutto la sua legittimità giuridica e deontologica al rifiuto della ventilazione, in quel tempo fortemente contestate. Paragone poi più volte ripreso da altri autorevoli interventi e sostenuto attraverso l’analisi delle dichiarazioni ufficiali della stampa vaticana.
Andiamo per ordine. È noto che Papa Wojtyla da anni era affetto da una sindrome parkinsoniana. Pertanto era inevitabile che sarebbe andato incontro a una progressiva insufficienza respiratoria e una incapacità a deglutire. Il dott. Melazzini in una occasione pubblica - Cremona, febbraio 2007 - ha addirittura sostenuto che Papa Wojtyla avrebbe rinunciato fin dall’inizio alla terapia farmacologica contro il Parkinson. Non avendo motivo di dubitare della parola del Melazzini, devo credere che il paziente Wojtyla avesse iniziato già da molto tempo a rinunciare a quella terapia (sicuramente in grado di rallentare la malattia), esercitando pertanto il suo legittimo diritto al rifiuto o alla limitazione della terapia stessa e contribuendo - con quella scelta - al peggioramento delle sue condizioni generali. Condizioni generali che già molti mesi prima della sua morte stavano progressivamente e visibilmente deteriorandosi.
L’articolata intervista al Prof. Proietti - nel tentativo di mascherare l’ulteriore, chiaro e legittimo esercizio al diritto di rifiuto di terapia - non fa altro che confermarne i principi stessi. Si continua a non comprendere per quale motivo si sia praticata una tracheotomia se non vi era indicazione o volontà del paziente stesso ad essere connesso a breve al ventilatore. Così come risulta perfettamente inutile posizionare un sondino nasogastrico a un paziente se poi non si intende nutrirlo artificialmente. Solo per permettergli una sopravvivenza di poche ore o un paio di giorni? Motivazioni che lo stesso Proietti nell’intervista ritiene giustamente insensate? Non credo che si possa invece definire “futile” o “inutile” ventilare o nutrire artificialmente un paziente che non riesce a farlo autonomamente.
Tutte le persone affette da patologie neurologiche degenerative - come era Papa Wojtyla - si trovano a dover decidere se sottoporsi ad una terapia nutrizionale e ventilatoria quando viene meno rispettivamente la capacità muscolare di deglutire o di muovere i muscoli respiratori. Forse al solo Papa è riservata la possibilità al rifiuto dei trattamenti sanitari? Sicuramente si tratta di quei casi particolari, prudentemente ricompresi nella “terza via” proposta da Rutelli.
di Mario Riccio
Il Professor Proietti, in una intervista ad Avvenire è intervenuto ieri sull’impossibile analogia - a suo dire - tra il “lasciatemi morire” di Papa Wojtyla e una legittima rinuncia ai trattamenti sanitari. Ammnetto di essere stato il primo, nel febbraio 2007, a formulare un tale paragone per spiegare la vicenda Welby. Soprattutto la sua legittimità giuridica e deontologica al rifiuto della ventilazione, in quel tempo fortemente contestate. Paragone poi più volte ripreso da altri autorevoli interventi e sostenuto attraverso l’analisi delle dichiarazioni ufficiali della stampa vaticana.
Andiamo per ordine. È noto che Papa Wojtyla da anni era affetto da una sindrome parkinsoniana. Pertanto era inevitabile che sarebbe andato incontro a una progressiva insufficienza respiratoria e una incapacità a deglutire. Il dott. Melazzini in una occasione pubblica - Cremona, febbraio 2007 - ha addirittura sostenuto che Papa Wojtyla avrebbe rinunciato fin dall’inizio alla terapia farmacologica contro il Parkinson. Non avendo motivo di dubitare della parola del Melazzini, devo credere che il paziente Wojtyla avesse iniziato già da molto tempo a rinunciare a quella terapia (sicuramente in grado di rallentare la malattia), esercitando pertanto il suo legittimo diritto al rifiuto o alla limitazione della terapia stessa e contribuendo - con quella scelta - al peggioramento delle sue condizioni generali. Condizioni generali che già molti mesi prima della sua morte stavano progressivamente e visibilmente deteriorandosi.
L’articolata intervista al Prof. Proietti - nel tentativo di mascherare l’ulteriore, chiaro e legittimo esercizio al diritto di rifiuto di terapia - non fa altro che confermarne i principi stessi. Si continua a non comprendere per quale motivo si sia praticata una tracheotomia se non vi era indicazione o volontà del paziente stesso ad essere connesso a breve al ventilatore. Così come risulta perfettamente inutile posizionare un sondino nasogastrico a un paziente se poi non si intende nutrirlo artificialmente. Solo per permettergli una sopravvivenza di poche ore o un paio di giorni? Motivazioni che lo stesso Proietti nell’intervista ritiene giustamente insensate? Non credo che si possa invece definire “futile” o “inutile” ventilare o nutrire artificialmente un paziente che non riesce a farlo autonomamente.
Tutte le persone affette da patologie neurologiche degenerative - come era Papa Wojtyla - si trovano a dover decidere se sottoporsi ad una terapia nutrizionale e ventilatoria quando viene meno rispettivamente la capacità muscolare di deglutire o di muovere i muscoli respiratori. Forse al solo Papa è riservata la possibilità al rifiuto dei trattamenti sanitari? Sicuramente si tratta di quei casi particolari, prudentemente ricompresi nella “terza via” proposta da Rutelli.