domenica 27 luglio 2008

Caso Eluana, in Parlamento una mozione che calpesta le regole

l’Unità 27.7.08
Caso Eluana, in Parlamento una mozione che calpesta le regole
di Vannino Chiti

La prossima settimana il Senato e forse anche la Camera affronteranno con una mozione il caso di Eluana.
Voglio esprimere prima di tutto la vicinanza al padre, il rispetto per una prova così drammatica come quella che ha dovuto e deve affrontare. Mi ha colpito la dignità di quest’uomo.
La vicenda di Eluana nel merito non si presta a decisioni facili. Ho letto le valutazioni di tanti costituzionalisti ed esperti: il loro giudizio non è univoco e le differenze non sono coincidenti con le scansioni determinate dalle convinzioni ideali o dalle appartenenze politiche.
Se si ritiene che Eluana sia artificialmente tenuta in vita, allora saremmo di fronte ad un caso di accanimento terapeutico, che può essere rifiutato: del resto proprio chi si appella alla fede religiosa più di altri fa riferimento a leggi di natura che non possono essere forzate ad arbitrio dell’uomo.
Se si assume invece come punto di vista il dovere di assicurare l’alimentazione - cibo e bevande - allora la collettività non può in alcun modo farle mancare ad Eluana.
Difficile, almeno per me, farsi un’idea della decisione giusta o semplicemente più giusta. Certo non si è di fronte ad un caso come quello di Welby. Di sicuro, come già avvenne negli Usa per Terry Schiavo, morire per fame e sete produce un’agonia lenta, lunga, inumana.
Non su questo comunque sono chiamate a pronunciarsi le Camere. La mozione sottoposta alla nostra attenzione segna, di fronte ad un immenso dramma umano, la pochezza, il cinismo, la lontananza di una politica che nasconde dietro strumentalizzazioni ideologiche o freddi tatticismi la sua incapacità di farsi carico realmente dei problemi della vita nella sua concretezza.
La mozione a mio giudizio è improponibile. Non si è mai visto una Camera impegnare se stessa anziché il Governo. Né si può sollevare conflitto di attribuzione alla Corte Costituzionale riguardo ad una sentenza non definitiva della Cassazione. Non si tratta soltanto di spreco di risorse pubbliche, in un momento nel quale è richiesto alla politica estremo rigore, sobrietà, senso di responsabilità. È ancor più il prestigio delle istituzioni che viene meno, quando le regole vengono calpestate, il rapporto tra i diversi poteri sacrificato a calcoli di politica contingente.
Le regole invece si rispettano fino a quando non siano state cambiate. In caso contrario la democrazia si svuota e impoverisce.
Il dovere che oggi le Camere dovrebbero avvertire come primario è quello di aprire un confronto serio e approfondito per una legge sul testamento ideologico: consentire ad ognuno di noi, se lo vuole, di lasciare scritte le sue volontà sulle cure accettabili in drammatiche situazioni che ci potranno riguardare; prevedere per i medici una funzione non puramente notarile perché le conoscenze si modificano e possono essersi evolute tra il momento in cui si esprime una volontà e le circostanze che ne chiamano in causa l’attuazione.
Un tale equilibrio è possibile ed è questo il compito del Parlamento e di una politica seria.
La missione dei medici è quella di aiutare la vita e di sconfiggere nei limiti del possibile il dolore. Anche la politica deve far proprio il valore della vita, rendendola inseparabile, sempre, dalla dignità della persona.
Sono i ritardi della politica, per prevalente responsabilità della destra, ad aver determinato per il nostro Paese la mancanza di una legge che altre nazioni avanzate hanno: una legge di civiltà, non di abbandono di persone, delle famiglie, degli stessi medici.
In questo impegno, senza pregiudiziali e senza certezze assolute di cui nessuno è detentore, è giusto mettere passione e competenza.
Personalmente non intendo partecipare al voto: in questo caso non per libertà di coscienza ma per manifestare dissenso nei confronti di una mozione che secondo me calpesta regole, procedure parlamentari e non sa calarsi nel dramma di una difficile vicenda umana.

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