Il sadismo alla scuola di Benedetto
Liberazione del 18 luglio 2008, pag. 1
di Angela Azzaro
Nel caso di Eluana Englaro la Chiesa cattolica e i suoi accoliti politici sono venuti meno al sentimento più importante: la pìetas . Quel sentimento che ci rende partecipi del dolore e delle sofferenze altrui, che non ci fa girare le spalle ma ci aiuta a uscire dall'egoismo, dal nostro bieco interesse. Quel sentimento che ci fa alzare la testa anche quando la campana non suona per noi.
La Chiesa ha girato le spalle a Eluana, alla sua famiglia, al padre Beppino che con straordinario coraggio porta avanti la sua, la nostra battaglia per la libertà. Ma Il Vaticano, guidato da papa Benedetto XVI, ha fatto anche qualcosa di più. Non si è accontentato di girare le spalle, ha voluto infierire. Infliggere nuova pena. Nuovo dolore. Dopo la sentenza della Corte d'appello che riconosce a Eluana il diritto di decidere sul suo corpo, sulla sua vita o morte, la Chiesa cattolica poteva stare zitta. Rispettare la decisione del padre, stargli vicino col silenzio. Rispettare, anche se non condividere, la scelta di porre fine all'alimentazione forzata della figlia che vive da 16 anni in uno stato vegetativo permanente. Ha invece esposto il dolore di Beppino Englaro alle speculazioni politiche e alle ideologie. Non ha pensato che dopo sedici anni di accudimento a un corpo che non reagisce, quel padre avesse tutto il diritto di starsene in pace, di affrontare questo momento senza il peso di dover rispondere agli attacchi dell'opinione pubblica. Ha invece chiesto di sospendere la sentenza, di bloccare tutto, ha istigato il parlamento a alzare la voce.
Il massimo gesto di crudeltà lo hanno compiuto le suore Misericordine presso cui Eluana si trova. Conoscono il padre. Dicono di rispettarlo. Ma gli hanno chiesto di lasciare lì il corpo della figlia. Come se niente fosse. Come se in tutti questi anni la sua vita non fosse stata appesa a un filo, il filo che tiene in vita un corpo non più senziente e che a lui ha impedito di pensare ad altro, di elaborare il lutto, di ripensare forse più serenamente agli occhi di Eluana quando capivano, quando sorridevano, quando pensavano.
I sentimenti di Beppino e il corpo di Eluana sono diventati merce nell'agone spietato della politica. La loro esistenza è diventata oggetto di accanimento per affermare un'idea astratta di vita. Una metafisica della vita che se ne sbatte dei destini reali. Se ne sbatte se soffrono, se godono, se sono felici o tristi. L'importante è affermare i propri principi. Come è successo all'ospedale Niguarda di Milano, dove un anestesista, obiettore di coscienza, si è rifiutato di alleviare il dolore di una donna sottoposta a aborto terapeutico. L'ha fatta soffrire, senza battere ciglio. Come Bagnasco davanti ai sentimenti di Beppino. Atti che nulla hanno a che fare con la pietà cristiana, molto con la crudeltà.
Liberazione del 18 luglio 2008, pag. 1
di Angela Azzaro
Nel caso di Eluana Englaro la Chiesa cattolica e i suoi accoliti politici sono venuti meno al sentimento più importante: la pìetas . Quel sentimento che ci rende partecipi del dolore e delle sofferenze altrui, che non ci fa girare le spalle ma ci aiuta a uscire dall'egoismo, dal nostro bieco interesse. Quel sentimento che ci fa alzare la testa anche quando la campana non suona per noi.
La Chiesa ha girato le spalle a Eluana, alla sua famiglia, al padre Beppino che con straordinario coraggio porta avanti la sua, la nostra battaglia per la libertà. Ma Il Vaticano, guidato da papa Benedetto XVI, ha fatto anche qualcosa di più. Non si è accontentato di girare le spalle, ha voluto infierire. Infliggere nuova pena. Nuovo dolore. Dopo la sentenza della Corte d'appello che riconosce a Eluana il diritto di decidere sul suo corpo, sulla sua vita o morte, la Chiesa cattolica poteva stare zitta. Rispettare la decisione del padre, stargli vicino col silenzio. Rispettare, anche se non condividere, la scelta di porre fine all'alimentazione forzata della figlia che vive da 16 anni in uno stato vegetativo permanente. Ha invece esposto il dolore di Beppino Englaro alle speculazioni politiche e alle ideologie. Non ha pensato che dopo sedici anni di accudimento a un corpo che non reagisce, quel padre avesse tutto il diritto di starsene in pace, di affrontare questo momento senza il peso di dover rispondere agli attacchi dell'opinione pubblica. Ha invece chiesto di sospendere la sentenza, di bloccare tutto, ha istigato il parlamento a alzare la voce.
Il massimo gesto di crudeltà lo hanno compiuto le suore Misericordine presso cui Eluana si trova. Conoscono il padre. Dicono di rispettarlo. Ma gli hanno chiesto di lasciare lì il corpo della figlia. Come se niente fosse. Come se in tutti questi anni la sua vita non fosse stata appesa a un filo, il filo che tiene in vita un corpo non più senziente e che a lui ha impedito di pensare ad altro, di elaborare il lutto, di ripensare forse più serenamente agli occhi di Eluana quando capivano, quando sorridevano, quando pensavano.
I sentimenti di Beppino e il corpo di Eluana sono diventati merce nell'agone spietato della politica. La loro esistenza è diventata oggetto di accanimento per affermare un'idea astratta di vita. Una metafisica della vita che se ne sbatte dei destini reali. Se ne sbatte se soffrono, se godono, se sono felici o tristi. L'importante è affermare i propri principi. Come è successo all'ospedale Niguarda di Milano, dove un anestesista, obiettore di coscienza, si è rifiutato di alleviare il dolore di una donna sottoposta a aborto terapeutico. L'ha fatta soffrire, senza battere ciglio. Come Bagnasco davanti ai sentimenti di Beppino. Atti che nulla hanno a che fare con la pietà cristiana, molto con la crudeltà.
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