Eluana, si va in Senato per ribaltare la sentenza
Liberazione del 23 luglio 2008, pag. 2
di Romina Velchi
Sul caso di Eluana Englaro, la ragazza in coma da 16 anni tenuta in vita artificialmente, il Senato va allo scontro frontale con la Corte di Cassazione, mentre la Camera decide di prendere tempo. Pomo della discordia la sentenza con la quale la suprema corte nell'ottobre scorso ha di fatto autorizzato a staccare la spina del macchinario che tiene in vita la ragazza, cui è seguita un'ulteriore sentenza della corte di appello di Milano che consente al tutore di Eluana, cioè il padre, di sospendere alimentazione e ventilazione forzate.
Al Senato quella sentenza non piace e per farla cancellare ha deciso di tentare la carta del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. La commissione affari costituzionali ha già dato il suo via libera, approvando la relazione del presidente della commissione Carlo Vizzini (Pdl); martedì sarà la volta dell'Aula. In sostanza, secondo il presidente della commissione i giudici della Cassazione «sembrano essersi sostituiti materialmente» al parlamento, visto il «vuoto normativo» sulla materia. In altre parole, «la sentenza della Cassazione sembra configurarsi come atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell'ordinamento normativo vigente» e quindi emergerebbe «una ipotesi di conflitto fra l'esercizio della funzione giurisdizionale, costituzionalmente attribuita alla magistratura, e l'esercizio della funzione legislativa, attribuita in via esclusiva al parlamento».
Ma, a ben vedere, il vero conflitto è proprio il Senato a provocarlo, invadendo il campo della magistratura nel tentativo di far annullare una sentenza sgradita. Se non altro perché la sentenza medesima, hanno spiegato Stefano Ceccanti ed Enzo Bianco (componenti Pd della commissione affari costituzionali, i quali hanno presentato una relazione di minoranza contraria a sollevare il conflitto di attribuzione), non è definitiva e può essere impugnata. Il ragionamento è che se una sentenza potesse essere impugnata dal parlamento sarebbe come introdurre un quarto o quinto grado di giudizio, «una cosa assurda», «un precedente di incredibile portata» concordano i rappresentanti dell'Idv in commissione, Felice Belisario e Francesco Pardi. Ma non basta. La decisione della suprema corte ha efficacia «limitata alle parti», cioè riguarda solo il caso Englaro e dunque «è sbagliato dire che si sostituisce alla legge», che, appunto, è "erga omnes", cioè per tutti. Insomma, secondo Ceccanti, il Senato si appresta «a fare una figuraccia davanti alla Corte costituzionale. Il giudice non può non decidere - spiega il costituzionalista - Se al parlamento non va bene, invece di sollevare un conflitto di attribuzione che verrà bocciato, faccia una legge».
E infatti, il nocciolo della polemica non è sul metodo ma sul merito della sentenza. Questioni come l'eutanasia, il testamento biologico, il consenso informato, l'accanimento terapeutico continuano a sollevare dissensi trasversali (per non dire della virulenta pressione vaticana) che fino ad oggi hanno bloccato ogni possibilità di intervento legislativo. Il «buco normativo» diventa così un alibi per impedire l'applicazione dei più elementari diritti della persona. Sì, perché a detta della stessa commissione di bioetica, la nostra Costituzione riconosce esplicitamente il diritto delle persone di rifiutare le cure mediche. Riconoscere questo diritto alla persone coscienti e negarlo a chi ha perso le proprie facoltà «è in contrasto con il principio di uguaglianza tra i cittadini»; la Cassazione prima e la corte di appello poi di fatto «hanno colmato l'asimmetria».
Sarà la Consulta a dire l'ultima parola. Ma che il Senato voglia entrare a gamba tesa nel merito piuttosto che nel metodo della sentenza, lo dimostra anche il fatto che «due esponenti della maggioranza in commissione affari costituzionali hanno chiesto di essere sostituiti per obiezione di coscienza» racconta Ceccanti. Per non dire dei mal di pancia all'interno del Pd: «La posizione personale di alcuni senatori del Pd, pur rispettabile, non rappresenta la posizione ufficiale del gruppo non ancora riunitosi per definire una linea comune» attacca Riccardo Villari; «La posizione del Pd in commissione non mi rappresenta» rincara la teodem Emanuela Baio, alla quale replica un infastidito Enzo Bianco: la sua posizione è «influenzata da informazioni incomplete» perché in commissione «la discussione non si è incentrata sul merito della questione Englaro». Alla Camera, alcuni esponenti teodem (Paola Binetti, Marco Calgaro) hanno firmato un'analoga mozione presentata dal Pdl e sottoscritta da deputati della Lega e dell'Udc. Ma a Montecitorio, il presidente Fini ha deciso, per ora, di soprassedere: «Questione estremamente complessa non nel merito ma nelle procedure», che sono da «approfondire bene».
Liberazione del 23 luglio 2008, pag. 2
di Romina Velchi
Sul caso di Eluana Englaro, la ragazza in coma da 16 anni tenuta in vita artificialmente, il Senato va allo scontro frontale con la Corte di Cassazione, mentre la Camera decide di prendere tempo. Pomo della discordia la sentenza con la quale la suprema corte nell'ottobre scorso ha di fatto autorizzato a staccare la spina del macchinario che tiene in vita la ragazza, cui è seguita un'ulteriore sentenza della corte di appello di Milano che consente al tutore di Eluana, cioè il padre, di sospendere alimentazione e ventilazione forzate.
Al Senato quella sentenza non piace e per farla cancellare ha deciso di tentare la carta del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. La commissione affari costituzionali ha già dato il suo via libera, approvando la relazione del presidente della commissione Carlo Vizzini (Pdl); martedì sarà la volta dell'Aula. In sostanza, secondo il presidente della commissione i giudici della Cassazione «sembrano essersi sostituiti materialmente» al parlamento, visto il «vuoto normativo» sulla materia. In altre parole, «la sentenza della Cassazione sembra configurarsi come atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell'ordinamento normativo vigente» e quindi emergerebbe «una ipotesi di conflitto fra l'esercizio della funzione giurisdizionale, costituzionalmente attribuita alla magistratura, e l'esercizio della funzione legislativa, attribuita in via esclusiva al parlamento».
Ma, a ben vedere, il vero conflitto è proprio il Senato a provocarlo, invadendo il campo della magistratura nel tentativo di far annullare una sentenza sgradita. Se non altro perché la sentenza medesima, hanno spiegato Stefano Ceccanti ed Enzo Bianco (componenti Pd della commissione affari costituzionali, i quali hanno presentato una relazione di minoranza contraria a sollevare il conflitto di attribuzione), non è definitiva e può essere impugnata. Il ragionamento è che se una sentenza potesse essere impugnata dal parlamento sarebbe come introdurre un quarto o quinto grado di giudizio, «una cosa assurda», «un precedente di incredibile portata» concordano i rappresentanti dell'Idv in commissione, Felice Belisario e Francesco Pardi. Ma non basta. La decisione della suprema corte ha efficacia «limitata alle parti», cioè riguarda solo il caso Englaro e dunque «è sbagliato dire che si sostituisce alla legge», che, appunto, è "erga omnes", cioè per tutti. Insomma, secondo Ceccanti, il Senato si appresta «a fare una figuraccia davanti alla Corte costituzionale. Il giudice non può non decidere - spiega il costituzionalista - Se al parlamento non va bene, invece di sollevare un conflitto di attribuzione che verrà bocciato, faccia una legge».
E infatti, il nocciolo della polemica non è sul metodo ma sul merito della sentenza. Questioni come l'eutanasia, il testamento biologico, il consenso informato, l'accanimento terapeutico continuano a sollevare dissensi trasversali (per non dire della virulenta pressione vaticana) che fino ad oggi hanno bloccato ogni possibilità di intervento legislativo. Il «buco normativo» diventa così un alibi per impedire l'applicazione dei più elementari diritti della persona. Sì, perché a detta della stessa commissione di bioetica, la nostra Costituzione riconosce esplicitamente il diritto delle persone di rifiutare le cure mediche. Riconoscere questo diritto alla persone coscienti e negarlo a chi ha perso le proprie facoltà «è in contrasto con il principio di uguaglianza tra i cittadini»; la Cassazione prima e la corte di appello poi di fatto «hanno colmato l'asimmetria».
Sarà la Consulta a dire l'ultima parola. Ma che il Senato voglia entrare a gamba tesa nel merito piuttosto che nel metodo della sentenza, lo dimostra anche il fatto che «due esponenti della maggioranza in commissione affari costituzionali hanno chiesto di essere sostituiti per obiezione di coscienza» racconta Ceccanti. Per non dire dei mal di pancia all'interno del Pd: «La posizione personale di alcuni senatori del Pd, pur rispettabile, non rappresenta la posizione ufficiale del gruppo non ancora riunitosi per definire una linea comune» attacca Riccardo Villari; «La posizione del Pd in commissione non mi rappresenta» rincara la teodem Emanuela Baio, alla quale replica un infastidito Enzo Bianco: la sua posizione è «influenzata da informazioni incomplete» perché in commissione «la discussione non si è incentrata sul merito della questione Englaro». Alla Camera, alcuni esponenti teodem (Paola Binetti, Marco Calgaro) hanno firmato un'analoga mozione presentata dal Pdl e sottoscritta da deputati della Lega e dell'Udc. Ma a Montecitorio, il presidente Fini ha deciso, per ora, di soprassedere: «Questione estremamente complessa non nel merito ma nelle procedure», che sono da «approfondire bene».
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