mercoledì 23 luglio 2008

Eluana che ha perso il gusto della vita Ora lasciatela in pace

Eluana che ha perso il gusto della vita Ora lasciatela in pace

Liberazione del 16 luglio 2008, pag. 4

di Maurizio Mori
Mi ero riproposto di aspettare a rispondere alle varie critiche e replicare alla fine. Ma le parole del cardinal Bagnasco sono di una gravità tale che esigono una risposta immediata. Il cardinale ha affermato che togliere ad Eluana «nutrimento è come togliere da mangiare e da bere a ciascuno di noi». Questo modo di descrivere la realtà non è corretto, anzi la distorce e gravemente, al punto da risultare fuorviante. Infatti, ad essere precisi Eluana ha smesso di "mangiare e bere" come ciascuno di noi il 18 gennaio 1992, oltre sedici anni fa. Questo per a semplice ragione che l'espressione "mangiare e bere" indica consumare un pasto, ad esempio un piatto di pasta con un buon bicchiere di vino, magari in compagnia simpatica e gioiosa e scegliendo quel che più ci pace! "Mangiare e bere" è provare emozioni, gustare i cibi coi loro sapori e profumi, le temperature giuste, è scegliere il piatto giusto abbinando i gusti. Eluana non fa nulla di tutto questo, e per via dello stato vegetativo permanente non sarà mai più in grado di farlo. Eluana, quindi, non "mangia e non beve", come non "fa" nulla: le vengono semplicemente iniettate le terapie nutrizionali, ossia un'insieme vario di sostanze chimiche che consentono all'organismo di continuare a vegetare.
Eluana non prova sapori, non sente profumi, come non sente la temperatura di ciò che le viene iniettato. Non sceglie neanche, né cosa vuole mangiare e bere, né, tantomeno, se vuole o no mangiare e bere. Non può neanche rifiutarsi che le iniettino le terapie nutrizionali: subisce solo, e passivamente. Se potesse, per il suo carattere volitivo, certamente direbbe: "No basta, non voglio!". Lo ripetono da anni entrambe i genitori, e soprattutto Beppino. Ma quando va bene viene compatito, o anche dipinto come un irresponsabile.
Eluana non "mangia e beve", come non "fa" nient'altro. C'è un sondino che "fa" tutto per lei, senza che lei possa opporre resistenza, e ci sono i medici che provvedono a dosare i farmaci nutritivi adeguati per evitare scompensi di sorta. Né vale dire che la situazione di Eluana è simile a quella dei neonati allattati col biberon, per i quali "mangiare e bere" non comporta le azioni che facciamo noi, ossia prendere il cibo e le bevande, portarle alla bocca. Basta proporre l'analogia, che subito diventa chiaro perché non vale. Un infante non fa alcune azioni tipiche del mangiare, ma certamente gusta i cibi, tanto che si capisce bene quelli che preferisce e quelli che non apprezza. L'infante "mangia e beve" perché assume il cibo "facendo": misura l'intensità delle poppate, rifiuta i gusti sgradevoli e "fa" tante altre cose come facciamo noi. Ecco perché l'analogia risulta invalida: ciò che subisce Eluana circa la terapia nutrizionale è qualcosa di essenzialmente diverso anche dal "mangiare e bere" che fa un infante.
Quando il cardinal Bagnasco dice che togliere ad Eluana il «nutrimento è come togliere da mangiare e da bere a ciascuno di noi» usa le parole non in senso descrittivo, per descrivere la situazione, per argomentare e ragionare su un problema serio da esaminare con attenzione. Al contrario, le usa per evocare sentimenti profondi, per suscitare emozioni di ribrezzo, per pescare nella sfera istintiva. All'ascolto di quelle parole, o alla loro lettura, ciascuno di noi ha delle associazioni diverse: chi le associa al conte Ugolino dantesco, chi alle fotografie dei bimbi in Biafra, chi ad altre immagini altrettanto raccapriccianti. Di qui il senso di sgomento che atterrisce. Quelle parole non sono pronunciate per favorire il ragionamento fatto con la dovuta freddezza e razionalità, ma sono lo squillo di tromba che segnala che è giunto il tempo di attaccare a testa bassa senza sentire ragioni. Sono una chiamata a raccolta a difesa della sacralità della vita, che avendo perso credibilità sul piano logico e razionale deve ricorrere alle emozioni profonde insite nelle sfere profonde e sollecitate dallo sconcerto provato da molti per i progressi della scienza.
A guardare le cose razionalmente, le sostanze nutritive iniettate in Eluana non sono affatto "mangiare e bere", ma sono il risultato della "terapia nutrizionale". Il caso Riccio-Welby ci ha insegnato che la Costituzione italiana prevede che le terapie sono volontarie nel senso che non possono essere imposte all'interessato. Al di là dell'aspetto giuridico ci sono ottime ragioni etiche a sostegno del diritto di autodeterminazione delle persone, che è semplicemente un'estensione delle libertà civili proprie dei cittadini moderni. Come ogni altra terapia, quindi, anche la terapia nutrizionale può essere sospesa ove l'interessato lo richiedesse.
È vero che Eluana non può più farlo, ma ci sono inconfutabili testimonianze che l'avrebbe certamente fatto. Per questo la Corte d'appello di Milano ha consentito la sospensione della terapia nutrizionale. Chi obietta che manca una firma scritta a comprovare la volontà di Eluana solleva un ostacolo da Azzeccagarbugli. L'esercizio dei diritti civili deve essere agevole e per tutti, siano di destra o di sinistra. Guai se fosse appesantito da burocrazia: chi invoca i sigilli della burocrazia lo fa perché non ha ancora digerito i diritti civili e continua a vivere secondo lo schema medievale di un obsoleto diritto naturale privo di ogni fondamento. Non avendo poi argomenti razionali per sostenere la posizione, si affida alle emozioni profonde suscitate da parole fuorvianti come quelle pronunciate dal cardinal Bagnasco.

NOTE

Presidentedella Consulta di BioeticaUniversità di Torino

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