La sfida di Ravasin, che mette in Rete il testamento biologico
Il Riformista del 22 luglio 2008, pag. 4
di Alessandro Calvi
«Nel momento in cui non fossi più in grado di mangiare o di bere attraverso la mia bocca, oppongo il mio rifiuto ad ogni forma di alimentazione e di idratazione artificiale». E evidente lo sforzo con il quale viene pronunciata ogni singola parola. Lui si chiama Paolo Ravasin, è affetto dalla Sla. E ieri ha reso note le sue volontà pubblicando il testamento biologico sul web proprio mentre al Senato andava in scena la battaglia sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato per la vicenda di Eluana Englaro.
Per 20 anni ha lavorato come operaio in una fabbrica di mobili, Ravasin ha 48 anni, una moglie e due figli. Da giovane, racconta il fratello Alberto, «giocava a pallone. Era un buon giocatore, poteva sfondare». Poi, alla fine degli anni ‘90, la sclerosi laterale amiotrofica; una malattia degenerativa che progressivamente toglie la possibilità di controllare i proprio muscoli. Si finisce immobilizzati in un letto, incapaci di respirare autonomamente. Una condanna senza appello a una morte atroce. Anche perché le capacità intellettuali rimangono pressoché intatte. Di tutto ciò Ravasin era consapevole. «E deciso fino in fondo», dice il fratello, «eravamo d’accordo fin da quando è stato ricoverato». Poi fu convinto a farsi tracheotomizzare ma, riprende il racconto di Alberto, oggi «si vede consumare, ha capito che sta arrivando la fine. E quindi ha fatto una scelta». I figli, spiega Alberto, soprattutto il più grande, conoscono la situazione. La moglie, racconta però Raffaele Ferraro, segretario di Veneto Radicale, che la vicenda di Paolo Ravasin la segue da tempo, «non l’ho mai vista». Ieri Paolo la sua scelta l’ha voluta comunicare nel modo più diretto: davanti a una telecamera. Dunque, stop all’alimentazione artificiale. Ma anche rifiuto delle terapie e rifiuto del ricovero in strutture ospedaliere.
«Più le sue volontà sono conosciute, minore è il rischio che non siano rispettate», spiega Ferraro che racconta che Ravasin si era rivolto a diverse associazioni di malati e che soltanto la Luca Coscioni ha risposto. «Era marzo - racconta Ferraro - e Ravasin denunciava una condizione di vita precaria nella struttura in cui allora era ricoverato». Mancava ad esempio un supporto psicologico. Ravasin chiese subito di fare testamento biologico. Il primo passo fu invece di ottenere un miglioramento delle condizioni di vita anche per dimostrare quella che poteva essere la reale qualità della vita - superiore a quella che sinora aveva avuto. Soltanto dopo si è parlato di testamento biologico.
Fu visitato da Mina Welby, Maria Antonietta Coscioni e Marco Pannella. Ravasin - che è diventato segretario della cellula di Treviso dell’associazione Coscioni - si candidò anche alle comunali di Treviso, in una lista di ispirazione socialista e radicale. Una storia simile a quella di Welby, anche se la malattia che colpì Welby era diversa così come è diverso, al di là della battaglia per ottenere il riconoscimento di un diritto, l’obiettivo concreto: il distacco del respiratore nel secondo caso, il rifiuto delle terapie nel primo.
Insomma, si tratta nei fatti di un vero e proprio testamento biologico. Proprio ciò di cui si ricomincia ora a parlare, dopo che nella scorsa legislatura non si riuscì ad approvare nessuna legge. I; allora maggioranza di centrosinistra non aveva i numeri essendo divisa al proprio interno, non solo tra Ds e Margherita ma anche all’interno degli stessi Ds, tanto che l’opposizione si limitò quasi a lasciar fare tutto il lavoro alla stessa maggioranza. Ora, però, il centrodestra ha i numeri per approvare una legge a propria immagine e somiglianza. Il fatto che si sia sollevato contro la sentenza della Corte di Appello di Milano sul caso di Eluana Englaro, d’altra parte, non lascia molti dubbi sulla strategia del Pdl. Quanto al Pd, invece, Ignazio Marino,che nella scorsa legislatura era in prima fila per l’approvazione di una legge, spiega di aver presentato un ddl «che di fatto rappresenta una riflessione profonda fatta sugli 11 ddl presentati nella passata legislatura e sulle 49 audizioni che abbiamo avuto. Per questo - conclude - ho eliminato l’obbligatorietà del testamento biologico che diventa davvero una indicazione terapeutica: non una legge per staccare la spina ma per una libera scelta». Si vedrà se - e come - questa volta si arriverà o meno a una legge.
Il Riformista del 22 luglio 2008, pag. 4
di Alessandro Calvi
«Nel momento in cui non fossi più in grado di mangiare o di bere attraverso la mia bocca, oppongo il mio rifiuto ad ogni forma di alimentazione e di idratazione artificiale». E evidente lo sforzo con il quale viene pronunciata ogni singola parola. Lui si chiama Paolo Ravasin, è affetto dalla Sla. E ieri ha reso note le sue volontà pubblicando il testamento biologico sul web proprio mentre al Senato andava in scena la battaglia sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato per la vicenda di Eluana Englaro.
Per 20 anni ha lavorato come operaio in una fabbrica di mobili, Ravasin ha 48 anni, una moglie e due figli. Da giovane, racconta il fratello Alberto, «giocava a pallone. Era un buon giocatore, poteva sfondare». Poi, alla fine degli anni ‘90, la sclerosi laterale amiotrofica; una malattia degenerativa che progressivamente toglie la possibilità di controllare i proprio muscoli. Si finisce immobilizzati in un letto, incapaci di respirare autonomamente. Una condanna senza appello a una morte atroce. Anche perché le capacità intellettuali rimangono pressoché intatte. Di tutto ciò Ravasin era consapevole. «E deciso fino in fondo», dice il fratello, «eravamo d’accordo fin da quando è stato ricoverato». Poi fu convinto a farsi tracheotomizzare ma, riprende il racconto di Alberto, oggi «si vede consumare, ha capito che sta arrivando la fine. E quindi ha fatto una scelta». I figli, spiega Alberto, soprattutto il più grande, conoscono la situazione. La moglie, racconta però Raffaele Ferraro, segretario di Veneto Radicale, che la vicenda di Paolo Ravasin la segue da tempo, «non l’ho mai vista». Ieri Paolo la sua scelta l’ha voluta comunicare nel modo più diretto: davanti a una telecamera. Dunque, stop all’alimentazione artificiale. Ma anche rifiuto delle terapie e rifiuto del ricovero in strutture ospedaliere.
«Più le sue volontà sono conosciute, minore è il rischio che non siano rispettate», spiega Ferraro che racconta che Ravasin si era rivolto a diverse associazioni di malati e che soltanto la Luca Coscioni ha risposto. «Era marzo - racconta Ferraro - e Ravasin denunciava una condizione di vita precaria nella struttura in cui allora era ricoverato». Mancava ad esempio un supporto psicologico. Ravasin chiese subito di fare testamento biologico. Il primo passo fu invece di ottenere un miglioramento delle condizioni di vita anche per dimostrare quella che poteva essere la reale qualità della vita - superiore a quella che sinora aveva avuto. Soltanto dopo si è parlato di testamento biologico.
Fu visitato da Mina Welby, Maria Antonietta Coscioni e Marco Pannella. Ravasin - che è diventato segretario della cellula di Treviso dell’associazione Coscioni - si candidò anche alle comunali di Treviso, in una lista di ispirazione socialista e radicale. Una storia simile a quella di Welby, anche se la malattia che colpì Welby era diversa così come è diverso, al di là della battaglia per ottenere il riconoscimento di un diritto, l’obiettivo concreto: il distacco del respiratore nel secondo caso, il rifiuto delle terapie nel primo.
Insomma, si tratta nei fatti di un vero e proprio testamento biologico. Proprio ciò di cui si ricomincia ora a parlare, dopo che nella scorsa legislatura non si riuscì ad approvare nessuna legge. I; allora maggioranza di centrosinistra non aveva i numeri essendo divisa al proprio interno, non solo tra Ds e Margherita ma anche all’interno degli stessi Ds, tanto che l’opposizione si limitò quasi a lasciar fare tutto il lavoro alla stessa maggioranza. Ora, però, il centrodestra ha i numeri per approvare una legge a propria immagine e somiglianza. Il fatto che si sia sollevato contro la sentenza della Corte di Appello di Milano sul caso di Eluana Englaro, d’altra parte, non lascia molti dubbi sulla strategia del Pdl. Quanto al Pd, invece, Ignazio Marino,che nella scorsa legislatura era in prima fila per l’approvazione di una legge, spiega di aver presentato un ddl «che di fatto rappresenta una riflessione profonda fatta sugli 11 ddl presentati nella passata legislatura e sulle 49 audizioni che abbiamo avuto. Per questo - conclude - ho eliminato l’obbligatorietà del testamento biologico che diventa davvero una indicazione terapeutica: non una legge per staccare la spina ma per una libera scelta». Si vedrà se - e come - questa volta si arriverà o meno a una legge.
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