Una legge per rispettare la volontà di tante Eluana
Il Secolo XIX del 21 luglio 2008, pag. 17
di Maria Antonietta Farina Coscioni
Alle provocazioni dell’onorevole Luca Volontè, peraltro ripetitive e monotone, non mette conto rispondere. Riassumere le sentenze della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello di Milano in "affidano un precedente al giudice ordinario: fai quello che ritieni più giusto indipendentemente dalla legge in vigore", è una rozza semplificazione; e dire che siamo «allo scempio della funzione del magistrato da parte dei rasta» è semplicemente un insulto che qualifica chi lo dà, non chi lo riceve. Stesso discorso si può fare quando Volontè si abbandona ad affermazioni del tipo: «...l’Associazione Coscioni e i radicali sono certi dell’incerto e festeggiano per la morte di stato, l’omicidio autorizzato della giustizia italiana. Nell’incertezza, scelgono la morte e non la vita».
Non ho alcuna intenzione di dare la benché minima soddisfazione all’onorevole Volonté e ai suoi toni da rissa. È un piano di discussione (si fa per dire) che non mi interessa. Mi interessa, al contrario, cercare di fissare alcuni punti che, mi sembra, siano elusi dal pur importante e ricco dibattito e confronto che la sentenza milanese ha provocato.
Molti ritengono che i magistrati milanesi con la loro sentenza abbiano effettuato una sorta di "invasione di campo". Al contrario sono convinta che ci abbiano consentito di conoscere la volontà di Eluana, una volontà che va difesa e tutelata: perché troppi sono gli anatemi che in queste ore vengono scagliati contro la "persona" e proprio da chi si erge a difesa della "vita". È questo il senso di una mozione alla Camera dei deputati di cui sono prima firmataria: perché Eluana è il paradigma di tante altre persone che, come lei, sono vittime di decisioni imposte e non volute; e penso che non sia accettabile alcuna discriminazione per effetto della attuale incapacità a pronunciarsi e del mancato riconoscimento di volontà precedentemente espresso sulla base di prove.
La mozione, in sostanza, intende impegnare il governo a fare in modo che siano adottate in tempi brevi misure volte al riconoscimento legale dello strumento della dichiarazione anticipata di volontà in ambito sanitario (il cosiddetto "testamento biologico") con la nomina di un rappresentante fiduciario, in caso di incapacità, a tutela volontà e della libertà di scelta della persona. Inoltre si chiede di attivarsi perché la sanità pubblica non frapponga ostacoli al rispetto della volontà di Eluana, come indicato nella sentenza della Corte di Appello di Milano.
Ho inoltre depositato un progetto di legge in materia di "consenso informato e dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari". La scelta di chi non vuole pronunciarsi sulla propria morte, e si affida a quello che sarà va certo tutelata e rispettata; ma va rispettata anche la volontà di chi, invece, non accetta di dover continuare a vivere in situazioni di coma vegetativo. Penso che si debba consentire la possibilità di scegliere tra le due opzioni: non è un obbligo, è una facoltà.
Si tratta di questioni urgenti e importanti, certo dolorose e laceranti, da trattare con rispetto e senza strumentalizzazioni; di interesse collettivo, più diffuse e frequenti di quanto si possa immaginare: fin dal 2005 una commissione istituita dal ministero della Salute ha reso noti i risultati di un’indagine dalla quale emergeva che "nel nostro paese erano circa 2000-2500 i pazienti che, come nel caso di Eluana, si trovano in una condizione di coma vegetativo.
In questi giorni, in queste ore, la famiglia Englaro sta dando a tutti noi una grande lezione di dignità e compostezza; una lezione che dura dal 1992, da quando Eluana è rimasta vittima dell’incidente che l’ha resa nelle condizioni in cui si trova: «Non voglio entrare in polemica con la Chiesa che è libera di esprimere le proprie convinzioni», ha detto papà Beppino. «Dopodiché, staccando il sondino a Eluana si permette alla natura di riprendere il suo corso, rispettando il diritto alla morte. Un diritto interrotto quando dopo l’incidente furono adottati i protocolli di rianimazione che l’hanno portata in questo stato di come vegetativo».
Quel corso di natura che invocò - e non venne ostacolato - Giovanni Paolo II quando chiese di lasciarlo libero di raggiungere il Padre.
NOTE
Maria Antonietta Farina Coscioni è deputata radicale e copresidente dell’Associazione Luca Coscioni perla libertà di ricerca scientifica.
Il Secolo XIX del 21 luglio 2008, pag. 17
di Maria Antonietta Farina Coscioni
Alle provocazioni dell’onorevole Luca Volontè, peraltro ripetitive e monotone, non mette conto rispondere. Riassumere le sentenze della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello di Milano in "affidano un precedente al giudice ordinario: fai quello che ritieni più giusto indipendentemente dalla legge in vigore", è una rozza semplificazione; e dire che siamo «allo scempio della funzione del magistrato da parte dei rasta» è semplicemente un insulto che qualifica chi lo dà, non chi lo riceve. Stesso discorso si può fare quando Volontè si abbandona ad affermazioni del tipo: «...l’Associazione Coscioni e i radicali sono certi dell’incerto e festeggiano per la morte di stato, l’omicidio autorizzato della giustizia italiana. Nell’incertezza, scelgono la morte e non la vita».
Non ho alcuna intenzione di dare la benché minima soddisfazione all’onorevole Volonté e ai suoi toni da rissa. È un piano di discussione (si fa per dire) che non mi interessa. Mi interessa, al contrario, cercare di fissare alcuni punti che, mi sembra, siano elusi dal pur importante e ricco dibattito e confronto che la sentenza milanese ha provocato.
Molti ritengono che i magistrati milanesi con la loro sentenza abbiano effettuato una sorta di "invasione di campo". Al contrario sono convinta che ci abbiano consentito di conoscere la volontà di Eluana, una volontà che va difesa e tutelata: perché troppi sono gli anatemi che in queste ore vengono scagliati contro la "persona" e proprio da chi si erge a difesa della "vita". È questo il senso di una mozione alla Camera dei deputati di cui sono prima firmataria: perché Eluana è il paradigma di tante altre persone che, come lei, sono vittime di decisioni imposte e non volute; e penso che non sia accettabile alcuna discriminazione per effetto della attuale incapacità a pronunciarsi e del mancato riconoscimento di volontà precedentemente espresso sulla base di prove.
La mozione, in sostanza, intende impegnare il governo a fare in modo che siano adottate in tempi brevi misure volte al riconoscimento legale dello strumento della dichiarazione anticipata di volontà in ambito sanitario (il cosiddetto "testamento biologico") con la nomina di un rappresentante fiduciario, in caso di incapacità, a tutela volontà e della libertà di scelta della persona. Inoltre si chiede di attivarsi perché la sanità pubblica non frapponga ostacoli al rispetto della volontà di Eluana, come indicato nella sentenza della Corte di Appello di Milano.
Ho inoltre depositato un progetto di legge in materia di "consenso informato e dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari". La scelta di chi non vuole pronunciarsi sulla propria morte, e si affida a quello che sarà va certo tutelata e rispettata; ma va rispettata anche la volontà di chi, invece, non accetta di dover continuare a vivere in situazioni di coma vegetativo. Penso che si debba consentire la possibilità di scegliere tra le due opzioni: non è un obbligo, è una facoltà.
Si tratta di questioni urgenti e importanti, certo dolorose e laceranti, da trattare con rispetto e senza strumentalizzazioni; di interesse collettivo, più diffuse e frequenti di quanto si possa immaginare: fin dal 2005 una commissione istituita dal ministero della Salute ha reso noti i risultati di un’indagine dalla quale emergeva che "nel nostro paese erano circa 2000-2500 i pazienti che, come nel caso di Eluana, si trovano in una condizione di coma vegetativo.
In questi giorni, in queste ore, la famiglia Englaro sta dando a tutti noi una grande lezione di dignità e compostezza; una lezione che dura dal 1992, da quando Eluana è rimasta vittima dell’incidente che l’ha resa nelle condizioni in cui si trova: «Non voglio entrare in polemica con la Chiesa che è libera di esprimere le proprie convinzioni», ha detto papà Beppino. «Dopodiché, staccando il sondino a Eluana si permette alla natura di riprendere il suo corso, rispettando il diritto alla morte. Un diritto interrotto quando dopo l’incidente furono adottati i protocolli di rianimazione che l’hanno portata in questo stato di come vegetativo».
Quel corso di natura che invocò - e non venne ostacolato - Giovanni Paolo II quando chiese di lasciarlo libero di raggiungere il Padre.
NOTE
Maria Antonietta Farina Coscioni è deputata radicale e copresidente dell’Associazione Luca Coscioni perla libertà di ricerca scientifica.
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