La ritrovata dignità di Eluana
Corriere della Sera del 16 luglio 2008, pag. 34
di Silvio Viale
Caro Direttore, replicando a Pierluigi Battista, il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella scrive che «il caso di Eluana Englaro non è il prodotto di un’incertezza della politica, ma di un’invasione di campo della magistratura».i Direi che è proprio il contrario. La magistratura ha dovuto sopperire all’assenza della politica, a meno che per la Roccella una persona in stato vegetativo perda anche, il diritto di rivolgersi alla magistratura. Proprio lei che ritiene che Eluana sia pienamente in vita. Non essendo un caso giunto improvvisamente alla ribalta, un osservatore attento avrebbe dovuto ritenere possibile che la Corte di appello superasse i pregiudizi delle sentenze precedenti, approfondendo l’accertamento sulla volontà di Eluana e stabilendo, come la scienza medica afferma, che l’alimentazione forzata sia da considerarsi una vera e propria terapia. Siamo sempre di più in presenza di una giurisprudenza consolidata sul diritto a rifiutare le cure, sebbene la Convenzione di Oviedo, ratificata nel 200Ì, attenda ancora in Parlamento di essere applicata.
Eugenia Roccella ammonisce che la «sentenza introduce in Italia qualcosa di molto simile all’eutanasia», ma purtroppo non è così. Pur riconoscendo il diritto a morire bene, rifiutando le terapie, essa non si spinge ad affermare che ciò debba avvenire nel modo migliore, ma prescrive solo come accompagnare in modo «palliativo» il periodo che intercorre tra la sospensione della terapia e l’accertamento legale dell’avvenuta morte. Se avesse autorizzato l’eutanasia, un medico come me potrebbe intervenire per accelerare la morte cardiaca, senza lasciare trascorrere i 14 giorni prevedibili, evitando il protrarsi di una stato teorico di sofferenza ulteriore per Eluana e per i suoi famigliari. Allo stesso modo non è stata eutanasia il distacco del respiratore di Piergiorgio Welby, aiutato dalla sedazione, e non lo è stata la sospensione dell’alimentazione artificiale di Giovanni Nuvoli, sebbene le cure palliative abbiano attenuato la sofferenza. Meno ancora sarà eutanasia per Eluana, poiché il suo stato di coscienza è irrimediabilmente compromesso. Se la sospensione della terapia per Eugenia Roccella è già eutanasia, per me lo è comunque in modo, imperfetto, trattandosi di una soluzione surrogata, che rende lecito il lasciarsi morire, ma impedisce di farlo nel modo migliore.
Eugenia Roccella si chiede: «Se Eluana è morta da 16 anni, allora, perché non autorizzarne sin da subito l’espianto degli organi? Perché non allargare il criterio della morte a chi è in stato vegetativo permanente?». Accettando la provocazione, l’osservazione è pertinente e merita una risposta, simile a quella che si sarebbe data agli scettici quando si cominciò a parlare di morte cerebrale in presenza di un cuore vivo e battente. Ancora oggi una parte dei cittadini rimane sospettosa e notizie incontrollate continuano a diffondere il mito di prodigiosi risvegli. Escludendo che la Roccella sia scettica sulla morte cerebrale e sui trapianti, si tratta di capire cosa avvenga negli stati vegetativi protratti. Come si sa con certezza, si verifica una specie di morte «corticale», con un danno irreparabile della corteccia cerebrale e la conseguente morte dello stato di coscienza, mentre le funzioni vegetative vengono mantenute. Tutto ciò dipende da dove avviene il danno e dalla sua ampiezza, per cui questi pazienti manifestano movimenti involontari e sembrano essere attenti. L’autopsia di Terri Schiavo Eluana è stata definita giustamente la Terri Schiavo italiana - ha confermato che il cervello pesava la metà del normale, con una atrofia corticale irrimediabile. Se la diagnosi può essere dubbia nei primi mesi, diventa certa.dopo due anni, irreversibile dopo cinque e una mostruosità dopo 15. Se è vero che nessun Paese riconosce ancora la morte corticale, è altrettanto vero che con le norme sul consenso e sulla volontà espressa dalla persona, senza tirare in ballo le leggi sull’eutanasia, in molti Paesi non si sarebbe lasciato arrivare il caso a 16 anni. E inevitabile che il progresso della medicina, quello che ha creato gli stati vegetativi, evolva verso il riconoscimento della morte corticale, come è stato per la morte cerebrale.
Infine Eugenia Roccella ci dice che «faranno di tutto perché il caso di Eluana non scivoli nel silenzio lamentato da Battista, non sia una morte burocratica». Cosa ci sia di non burocratico nel protrarre all’infinito uno stato vegetativo non lo so, ma di inevitabile c’è certamente il burocratico accertamento della morte anagrafica che conclude ogni vita biologica e ne affida il ricordo ai propri cari. In questi giorni ho visto gente riunita a pregare per Eluana, ufficialmente perché il buon Dio la tenga in vita, ma credo che la preghiera dei più sia perché il buon Dio la prenda presto con sé per riunirsi a ciò che è già lassù. Eluana non c’è più da anni. È rivissuta, grazie ai suoi genitori, nell’aula di una Corte, che le ha restituito dignità e volontà. Ora si tratta di aiutarla a morire definitivamente. Poi, quando la storia sarà finita, si tratterà di fare in modo che non cali il silenzio e che riviva nelle aule parlamentari affinché la prossima Eluana non debba attendere 16 anni per avere giustizia.
NOTE
medico di «Exit-Italia associazione per il diritto a una morte dignitosa»
Corriere della Sera del 16 luglio 2008, pag. 34
di Silvio Viale
Caro Direttore, replicando a Pierluigi Battista, il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella scrive che «il caso di Eluana Englaro non è il prodotto di un’incertezza della politica, ma di un’invasione di campo della magistratura».i Direi che è proprio il contrario. La magistratura ha dovuto sopperire all’assenza della politica, a meno che per la Roccella una persona in stato vegetativo perda anche, il diritto di rivolgersi alla magistratura. Proprio lei che ritiene che Eluana sia pienamente in vita. Non essendo un caso giunto improvvisamente alla ribalta, un osservatore attento avrebbe dovuto ritenere possibile che la Corte di appello superasse i pregiudizi delle sentenze precedenti, approfondendo l’accertamento sulla volontà di Eluana e stabilendo, come la scienza medica afferma, che l’alimentazione forzata sia da considerarsi una vera e propria terapia. Siamo sempre di più in presenza di una giurisprudenza consolidata sul diritto a rifiutare le cure, sebbene la Convenzione di Oviedo, ratificata nel 200Ì, attenda ancora in Parlamento di essere applicata.
Eugenia Roccella ammonisce che la «sentenza introduce in Italia qualcosa di molto simile all’eutanasia», ma purtroppo non è così. Pur riconoscendo il diritto a morire bene, rifiutando le terapie, essa non si spinge ad affermare che ciò debba avvenire nel modo migliore, ma prescrive solo come accompagnare in modo «palliativo» il periodo che intercorre tra la sospensione della terapia e l’accertamento legale dell’avvenuta morte. Se avesse autorizzato l’eutanasia, un medico come me potrebbe intervenire per accelerare la morte cardiaca, senza lasciare trascorrere i 14 giorni prevedibili, evitando il protrarsi di una stato teorico di sofferenza ulteriore per Eluana e per i suoi famigliari. Allo stesso modo non è stata eutanasia il distacco del respiratore di Piergiorgio Welby, aiutato dalla sedazione, e non lo è stata la sospensione dell’alimentazione artificiale di Giovanni Nuvoli, sebbene le cure palliative abbiano attenuato la sofferenza. Meno ancora sarà eutanasia per Eluana, poiché il suo stato di coscienza è irrimediabilmente compromesso. Se la sospensione della terapia per Eugenia Roccella è già eutanasia, per me lo è comunque in modo, imperfetto, trattandosi di una soluzione surrogata, che rende lecito il lasciarsi morire, ma impedisce di farlo nel modo migliore.
Eugenia Roccella si chiede: «Se Eluana è morta da 16 anni, allora, perché non autorizzarne sin da subito l’espianto degli organi? Perché non allargare il criterio della morte a chi è in stato vegetativo permanente?». Accettando la provocazione, l’osservazione è pertinente e merita una risposta, simile a quella che si sarebbe data agli scettici quando si cominciò a parlare di morte cerebrale in presenza di un cuore vivo e battente. Ancora oggi una parte dei cittadini rimane sospettosa e notizie incontrollate continuano a diffondere il mito di prodigiosi risvegli. Escludendo che la Roccella sia scettica sulla morte cerebrale e sui trapianti, si tratta di capire cosa avvenga negli stati vegetativi protratti. Come si sa con certezza, si verifica una specie di morte «corticale», con un danno irreparabile della corteccia cerebrale e la conseguente morte dello stato di coscienza, mentre le funzioni vegetative vengono mantenute. Tutto ciò dipende da dove avviene il danno e dalla sua ampiezza, per cui questi pazienti manifestano movimenti involontari e sembrano essere attenti. L’autopsia di Terri Schiavo Eluana è stata definita giustamente la Terri Schiavo italiana - ha confermato che il cervello pesava la metà del normale, con una atrofia corticale irrimediabile. Se la diagnosi può essere dubbia nei primi mesi, diventa certa.dopo due anni, irreversibile dopo cinque e una mostruosità dopo 15. Se è vero che nessun Paese riconosce ancora la morte corticale, è altrettanto vero che con le norme sul consenso e sulla volontà espressa dalla persona, senza tirare in ballo le leggi sull’eutanasia, in molti Paesi non si sarebbe lasciato arrivare il caso a 16 anni. E inevitabile che il progresso della medicina, quello che ha creato gli stati vegetativi, evolva verso il riconoscimento della morte corticale, come è stato per la morte cerebrale.
Infine Eugenia Roccella ci dice che «faranno di tutto perché il caso di Eluana non scivoli nel silenzio lamentato da Battista, non sia una morte burocratica». Cosa ci sia di non burocratico nel protrarre all’infinito uno stato vegetativo non lo so, ma di inevitabile c’è certamente il burocratico accertamento della morte anagrafica che conclude ogni vita biologica e ne affida il ricordo ai propri cari. In questi giorni ho visto gente riunita a pregare per Eluana, ufficialmente perché il buon Dio la tenga in vita, ma credo che la preghiera dei più sia perché il buon Dio la prenda presto con sé per riunirsi a ciò che è già lassù. Eluana non c’è più da anni. È rivissuta, grazie ai suoi genitori, nell’aula di una Corte, che le ha restituito dignità e volontà. Ora si tratta di aiutarla a morire definitivamente. Poi, quando la storia sarà finita, si tratterà di fare in modo che non cali il silenzio e che riviva nelle aule parlamentari affinché la prossima Eluana non debba attendere 16 anni per avere giustizia.
NOTE
medico di «Exit-Italia associazione per il diritto a una morte dignitosa»
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