lunedì 24 novembre 2008

"Così i medici si sono accaniti contro mio padre Nino Manfredi"

"Così i medici si sono accaniti contro mio padre Nino Manfredi"

La Repubblica del 24 novembre 2008, pag. 12

di Caterina Pasolini

«Mio padre Nino Manfredi come Eluana, è stato una vittima. Anche lui ha subito accanimento terapeutico per un lunghissimo e atroce annodi agonia. Salvato in extremis tre volte è stato rianimato, legato alle macchine per respirare, intubato con una tracheotomia, con cannule in tutto il corpo per farlo mangiare e bere a forza. Lui non avrebbe voluto questa inutile tortura ma non poteva parlare, non poteva difendersi. Abbiamo cercato di farlo noi per lui ma non è servito. Nessuno ci ha ascoltato. Per questo ci vuole una legge sul testamento biologico: perché sia rispettata la volontà della persona, perché non accada come a papà di doversi conquistare il diritto a smettere di soffrire solo dopo un anno di straziante agonia. Aspettando la morte come una liberazione». Roberta Manfredi misura le parole. Le costa un dolore infinito ricordare la sofferenza del padre morto nel giugno del 2004. Ma non si tira indietro e ripercorre ora ancora una volta il calvario del grande Nino, dopo averlo fatto in un’intervista al settimanale Gente oggi in edicola.



«Parlo perché se può servire agli altri, se verrà fatta una legge forse così ha un senso il suo e nostro dolore». Parla con pudore velato da indignazione quando pensa a «quelli che giudicano e condannano in maniera brutale e impietosa Beppino Englaro: è come ferirlo ancora quando la vita lo ha già colpito così duramente visto che non c’è nulla di peggio che perdere un figlio. Lo ammiro. Quanto dolore, quanto coraggio nella sua scelta straziante di amore immenso per rispettare il volere della sua Eluana».



Una scelta, approvata anche dall’ultima sentenza della Cassazione di lasciare andare la giovane in coma da 16 anni, che continua a provocare proteste. Così oggi il Movimento perla vita lancia una staffetta del digiuno contro «la sentenza di morte per Eluana», e l’Avvenire in un duro editoriale dice che «sarà uccisa e il suo caso si inserirà nel lunghissimo novero degli omicidi pietosi, perché è eutanasia».



Cattolici contro atei? Roberta Manfredi non è d’accordo. «Credo in Dio, ma proprio lui ci ha dato il libero arbitrio, il diritto di decidere sulla nostra vita, quindi...». Per lei, anche chi pensa che la vita sia di Dio dovrebbe a maggior ragione lasciarle seguire il suo corso, «e in questo caso senza tubi e cannule, senza l’intervento delle macchine mio padre ed Eluana sarebbero morti prima. Insistere, contro la volontà del malato, significa sostituire le macchine a Dio».



È preoccupata per il futuro Roberta Manfredi, che ha prodotto un emozionante film sulla storia vera di un ragazzo svegliatosi dopo un mese di coma, appena andato in onda su Raiuno. «Se, come sembra, verrà fatta una legge che prevede nutrizione e idratazione obbligatorie, questo significa obbligarmi a vivere in condizioni che giudico inaccettabili. Significa che la mia vita è dello Stato? Un assurdo, e io non voglio finire prigioniera di decisioni altrui il giorno in cui non potrò parlare. Per questo io e tutta la mia famiglia stiamo informandoci per andare da un notaio, per essere sicuri che le nostre volontà siano rispettate il giorno in cui non potremo più esprimerle».

Nessun commento: