Caso Englaro, spartiacque tra laici e vitalisti
Liberazione del 27 novembre 2008, pag. 12
di Sergio Bartolommei
l caso Englaro costituirà a lungo lo spartiacque tra laici e non laici in un Paese in cui una delle questioni cruciali da chiarire riguarda la sovranità e l'indipendenza dello Stato italiano da agenzie religiose e poteri ultraterreni.
Entrambe sono seriamente state messe in discussione dai furibondi attacchi delle gerarchie cattoliche e di certe associazioni "di base" alle recenti storiche sentenze delle Corti di giustizia italiane che hanno riconosciuto il diritto di Eluana a non prolungare ulteriormente il processo della morte iniziato irreversibilmente in una notte del gennaio 1992.
La violenza delle parole e delle espressioni usate non ha paragoni e non merita citazioni. C'è da osservare che quanto più aggressive e sprezzanti sono queste espressioni, tanto più rivelano insicurezza, cupo e sordo risentimento per la perdita della presa, sulle coscienze degli stessi credenti, di quella legge morale naturale di origine divina che sancisce la sacralità e vieta la disponibilità della vita umana. D'altra parte questi attacchi segnano un pericoloso crescendo del ruolo della moral (ma meglio sarebbe dire immoral ) suasion da parte delle gerarchie cattoliche sulle forze politiche e nell'area delle decisioni legislative. E' palese la volontà di bruciare i tempi dell'azione di convincimento pastorale delle anime dei fedeli. Si preferisce ricorrere alle scorciatoie e affidare al cosiddetto "partito di Dio", che accoglie adepti di entrambi gli schieramenti parlamentari, il compito di far capire con la forza della legge al cittadino medio come devono restare le cose in questo Paese in fatto di modi del morire, dopo che con la legge 40/2004 si è dato un saggio eloquente su come devono restare in fatto di modi del nascere.
Il Parlamento del nostro Paese si è rivelato poco avvezzo negli ultimi anni a pensare che le scelte ispirate a convinzioni religiose non debbano venire imposte a chi non le condivide. In tale contesto diviene facile far passare come un fatto naturale che le Curie, tetragone alle sentenze dei tribunali italiani, premano sui rappresentanti del potere politico locale per continuare, di fatto, a tormentare e tenere in scacco una famiglia che per 16 anni ha chiesto, senza ottenerla, giustizia. Purtroppo, anziché tutelare i cittadini Englaro dal fanatismo della persecuzione religiosa e rivendicare la propria autonomia dal neotemporalismo della Chiesa, lo Stato e il Legislatore italiano stanno facendo il possibile per non irritare il persecutore. Si spera non si debba attendere un novello Voltaire (e un nuovo Jean Calas…) per liberare definitivamente Eluana dalla prigione di un corpo ridotto a mero contenitore di liquidi e tutelare l'azione del padre dalle crociate dei poteri confessionali.
La richiesta che Eluana ha formulato attraverso il padre e che le Corti hanno infine e solennemente riconosciuto legittima è d'altra parte semplice: vedere assicurato il diritto a esercitare potere e sovranità sul proprio corpo in tutte le fasi della propria vita, compresa questa, in cui malauguratamente è andata per sempre persa la sua coscienza ed ella non può esprimersi direttamente. Anche a non volere qui contestare il linguaggio della morale religiosa che considera anche gli individui in Stato vegetativo permanente "persone", la domanda che sorge immediata è la seguente. Chi crede che un essere umano sia "persona", con la sua intatta "dignità" durante tutta la sua esistenza, come può sostenere che in fase di incoscienza la "persona" Eluana Englaro possa avere meno dignità di una "persona", Testimone di Geova, che sceglie, non ostacolata e senza obbligare altri a fare la sua scelta, di morire piuttosto che subire un'emotrasfusione? Perché dovrebbe essere riconosciuto a una persona cosciente il diritto di rifiutare le cure in base ai suoi valori e lo stesso diritto negato a una persona che non abbia più questa capacità nonostante abbia espresso con chiarezza la sua volontà quando era lucida e cosciente? Non ha anche quest'ultima il diritto di non subire violenze inutili e indesiderate?
Sino a quando a queste domande non saranno date risposte razionali, chiare e convincenti da parte vitalista, dovere dei laici e dello Stato è di proteggere se stessi dal linguaggio eversivo del fanatismo religioso e i diritti giuridicamente acquisiti dei cittadini Englaro dai ripetuti tentativi di boicottarli.
NOTE
Dipartimento di Filosofia Università di Pisa
Consulta di Bioetica
Liberazione del 27 novembre 2008, pag. 12
di Sergio Bartolommei
l caso Englaro costituirà a lungo lo spartiacque tra laici e non laici in un Paese in cui una delle questioni cruciali da chiarire riguarda la sovranità e l'indipendenza dello Stato italiano da agenzie religiose e poteri ultraterreni.
Entrambe sono seriamente state messe in discussione dai furibondi attacchi delle gerarchie cattoliche e di certe associazioni "di base" alle recenti storiche sentenze delle Corti di giustizia italiane che hanno riconosciuto il diritto di Eluana a non prolungare ulteriormente il processo della morte iniziato irreversibilmente in una notte del gennaio 1992.
La violenza delle parole e delle espressioni usate non ha paragoni e non merita citazioni. C'è da osservare che quanto più aggressive e sprezzanti sono queste espressioni, tanto più rivelano insicurezza, cupo e sordo risentimento per la perdita della presa, sulle coscienze degli stessi credenti, di quella legge morale naturale di origine divina che sancisce la sacralità e vieta la disponibilità della vita umana. D'altra parte questi attacchi segnano un pericoloso crescendo del ruolo della moral (ma meglio sarebbe dire immoral ) suasion da parte delle gerarchie cattoliche sulle forze politiche e nell'area delle decisioni legislative. E' palese la volontà di bruciare i tempi dell'azione di convincimento pastorale delle anime dei fedeli. Si preferisce ricorrere alle scorciatoie e affidare al cosiddetto "partito di Dio", che accoglie adepti di entrambi gli schieramenti parlamentari, il compito di far capire con la forza della legge al cittadino medio come devono restare le cose in questo Paese in fatto di modi del morire, dopo che con la legge 40/2004 si è dato un saggio eloquente su come devono restare in fatto di modi del nascere.
Il Parlamento del nostro Paese si è rivelato poco avvezzo negli ultimi anni a pensare che le scelte ispirate a convinzioni religiose non debbano venire imposte a chi non le condivide. In tale contesto diviene facile far passare come un fatto naturale che le Curie, tetragone alle sentenze dei tribunali italiani, premano sui rappresentanti del potere politico locale per continuare, di fatto, a tormentare e tenere in scacco una famiglia che per 16 anni ha chiesto, senza ottenerla, giustizia. Purtroppo, anziché tutelare i cittadini Englaro dal fanatismo della persecuzione religiosa e rivendicare la propria autonomia dal neotemporalismo della Chiesa, lo Stato e il Legislatore italiano stanno facendo il possibile per non irritare il persecutore. Si spera non si debba attendere un novello Voltaire (e un nuovo Jean Calas…) per liberare definitivamente Eluana dalla prigione di un corpo ridotto a mero contenitore di liquidi e tutelare l'azione del padre dalle crociate dei poteri confessionali.
La richiesta che Eluana ha formulato attraverso il padre e che le Corti hanno infine e solennemente riconosciuto legittima è d'altra parte semplice: vedere assicurato il diritto a esercitare potere e sovranità sul proprio corpo in tutte le fasi della propria vita, compresa questa, in cui malauguratamente è andata per sempre persa la sua coscienza ed ella non può esprimersi direttamente. Anche a non volere qui contestare il linguaggio della morale religiosa che considera anche gli individui in Stato vegetativo permanente "persone", la domanda che sorge immediata è la seguente. Chi crede che un essere umano sia "persona", con la sua intatta "dignità" durante tutta la sua esistenza, come può sostenere che in fase di incoscienza la "persona" Eluana Englaro possa avere meno dignità di una "persona", Testimone di Geova, che sceglie, non ostacolata e senza obbligare altri a fare la sua scelta, di morire piuttosto che subire un'emotrasfusione? Perché dovrebbe essere riconosciuto a una persona cosciente il diritto di rifiutare le cure in base ai suoi valori e lo stesso diritto negato a una persona che non abbia più questa capacità nonostante abbia espresso con chiarezza la sua volontà quando era lucida e cosciente? Non ha anche quest'ultima il diritto di non subire violenze inutili e indesiderate?
Sino a quando a queste domande non saranno date risposte razionali, chiare e convincenti da parte vitalista, dovere dei laici e dello Stato è di proteggere se stessi dal linguaggio eversivo del fanatismo religioso e i diritti giuridicamente acquisiti dei cittadini Englaro dai ripetuti tentativi di boicottarli.
NOTE
Dipartimento di Filosofia Università di Pisa
Consulta di Bioetica
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