venerdì 14 novembre 2008

Caso Englaro, dalla Cassazione sentenza di civiltà: staccate la spina

Caso Englaro, dalla Cassazione sentenza di civiltà: staccate la spina

Liberazione del 14 novembre 2008, pag. 20

di Vittorio Bonanni
Ha vinto l'autodeterminazione, la laicità dello Stato, il rispetto della volontà della persona. C'è tutto questo nella sentenza numero 27145/08 delle sezioni unite della Cassazione, sul caso della giovane Eluana Englaro, che ha dichiarato «inammissibile per difetto di legittimazione all'impugnazione il ricorso presentato dal pubblico ministero presso la procura generale della corte d'Appello di Milano» che aveva invece autorizzato «il distacco del sondino della paziente, in stato vegetativo permanente». Da questo momento la famiglia Englaro può portare a compimento il desiderio della figlia: smettere l'alimentazione forzata e porre fine al coma vegetativo permanente in cui sta da sedici anni.
Una decisione clamorosa che, come era ovvio, ha scatenato una serie di reazioni a catena, pro e contro. Tanti i commenti positivi. Il padre della ragazza, Beppino - in prima fila in questa lunga battaglia cominciata nel 1999 quando chiese, otto anni dopo l'incidente che rese invalida Eluana, al tribunale di Lecco l'interruzione dell'alimentazione artificiale - ha gridato alla vittoria dello Stato di diritto. Mina Welby, moglie di Piergiorgio, ha detto: «Oggi finisce il lutto di Beppino Englaro». Per gli esponenti radicali, dall'anestesista Tommaso Ciacca alla senatrice Donatella Poretti, si tratta di una vittoria del concetto di autodeterminazione che rende ora necessaria una legge adeguata. Il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero ha sottolineato che siamo di fronte ad «una sentenza di civiltà che raccoglie e rispetta lo spirito di umanità e il rispetto del diritto e delle volontà delle persone che anima l'intera nostra Costituzione».
Anche dal mondo della chiesa non ufficiale sono arrivati giudizi positivi. L'associazione cattolica "Noi siamo chiesa" invita tutti ad «accettare la sentenza sul caso Englaro, come richiede il messaggio di libertà, di umanità e di rispetto della vita e della morte contenuto nel Vangelo». Ma tutte le altre reazioni, provenienti dalle file della destra e dagli ambienti cattolici, hanno tutt'altro tono. Prima fra tutte, quella dell'associazione Scienza&Vita, che equiparando l'interruzione dell'alimentazione alla pena di morte chiede che, come avviene in tanti paesi, l'«esecuzione venga resa pubblica con testimoni e video». «Così i nostri figli e i nostri nipoti - conclude Scienza&Vita - potranno scoprire come un cittadino italiano possa essere condannato da un giudice di uno Stato civile e democratico a morire di fame e di sete». Affermazioni che richiamano quelle di monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia accademia della vita: «Si manda a morte una ragazza di 37 anni».
Non sono da meno le reazioni dei tanti esponenti del Pdl: per il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi la Cassazione ha deciso di ucciderla; la ministra delle pari opportunità Mara Carfagna ha affermato dal canto suo che «togliere l'alimentazione equivale ad ucciderla», mentre il sottosegretario all'interno Alfredo Mantovano attacca la magistratura, sostenendo che «rifiuta la tutela della vita umana», un'accusa stigmatizzata dall'Associazione nazionale magistrati e dallo stesso Csm. E la lista potrebbe continuare.
La verità è che, dietro l'angolo, potrebbe esserci ancora qualche sorpresa tesa ad ostacolare una decisione che potrebbe concretizzarsi ad Udine fra alcuni giorni. Non è un caso che proprio Benedetto Della Vedova, un parlamentare del Pdl, presidente dei Riformatori Liberali, in controtendenza con il parere dei suoi, abbia ammonito il Parlamento a non cercare una rivincita che sarebbe «insensata e irresponsabile». E a proposito di Parlamento, proprio le Camere ora dovrebbero sentirsi in obbligo di formulare una legge che accolga le indicazioni della magistratura. Ma il rischio è grosso. Come ha sottolineato la deputata radicale Maria Antonietta Coscioni «il fatto che il centrodestra si dica quasi pronto a legiferare in materia proprio oggi, dopo che questo caso va avanti da sedici anni, rappresenta un atto di disonestà intellettuale e di ipocrisia nei confronti delle 2.500 "vittime" che si trovano nel suo stesso stato». Tanta fretta del resto non è casuale e trova d'accordo anche le gerarchie vaticane. Sempre Fisichella ha infatti auspicato che si arrivi al più presto «a formulare una legge, il più possibile condivisa perché venga evitata qualsiasi esperienza di eutanasia passiva o attiva nel nostro Paese». L'altra carta che la destra e il Vaticano possono giocare è quella mediatica. Lo si evince dalle parole del sottosegretario al Welfare con delega ai temi etici, Eugenia Roccella: «Nessun obbligo di applicazione della sentenza e nessuna possibilità di intervento da parte del governo» ha detto, sostenendo che, di fatto, la scelta ora ricade sulle spalle del padre e delle altre persone coinvolte in questa vicenda. Come dire che se deciderannno di mettere in pratica la sentenza si renderanno insomma colpevoli di un assassinio, sia pure legale. Già immaginiamo il linciaggio morale del quale potrebbero essere vittime. Come la donna di Napoli, colpevole solo, come tutti ricorderanno, di aver praticato un aborto legale. A proposito, a gridare "assassini" manca proprio Giuliano Ferrara. Lo ammettiamo, ci manca tanto.

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