martedì 27 gennaio 2009

Un errore confondere la morale con il diritto

Un errore confondere la morale con il diritto

Il Messaggero del 27 gennaio 2009, pag. 1

di Francesco Paolo Casavola
La sentenza del Tar della Lombardia, che sembra porre termine alla vicenda dolorosa di Eluana Englaro e della sua famiglia, non mancherà di accendere nuove polemiche pro e contro. Chi si adopra di spegnerle deve guardarsi deve guardarsi dal ravviavarle, dal momento che ognuno da ogni parte ascolta le proprie ragioni e mai quelle altrui. E’ forte la tentazione di non entrare nella mischia e di attendere che in sedi proprie si metta un pò d’ordine nelle idee sinora in rotta di collisione se non proprio di colluttazione. Il Parlamento deve poter dire la sua con una legge sul testamento biologico, la scienza deve poter chiarire se alimentazione e idratazione sono sempre sostegno vitale e non anche trattamento sanitario e talora accanimento terapeutico, la religione riprendere a temperare principi generali con la misericordia che invocano casi di particolare drammaticità. Si ha invece l’impressione che si continui in uno scambio di ruoli, del diritto con la morale, della teologia con la medicina, della politica con le istanze delle coscienze personali. Posto il punto fermo che il nostro ordinamento non conosce altro diritto fondamentale alla salute che quello a vivere, non a morire, né con il suicidio né con l’eutanasia, omissiva o commissiva, non si dovrebbe introdurre neppur l’ombra di queste ipotesi nei casi in cui si riconosca al malato il diritto di rifiutare o di rinunciare a trattamenti ch’egli non sia in grado di sopportare. A differenza dei millenni che sono alle nostre spalle, la condizione umana contemporanea non teme tanto la morte quanto la protrazione inutile e dolorosa di una vita artificialmente sorretta. Il progresso biomedico paradossalmente può determinare negli esseri umani l’angoscia del subire come oggetti il dominio della tecnica. E’ sorprendente che le ragioni della tecnica siano su questo punto affidate più ad una morale religiosa che non alla sua antagonista laica, anzi laicista. E’ invece confortante che sia il diritto, equidistante da astrattezze ideologiche, a tutelare la sfera della persona, no nel suo inesistente diritto a morire, ma nella sua libertà ad andare incontro alla conclusione naturale della esistenza, senza subire l’invasione della tecnica, quando ad essa non si voglia consentire. Questa è la salvaguardia estrema alla libertà della persona apprestata dalla nostra Costituzione, cui i giudici hanno dato sinora, nel caso Englaro, il sostegno di interpretazioni ragionevoli ed umane. Non vorremmo che coloro che sono animati da ispirazioni morali o spirituali, più alte di quante possa permettersene il diritto, finiscono con il ferire quella dignità dell’uomo, di cui dovrebbero essere i supremi garanti.

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