domenica 25 gennaio 2009

La fatwa contro Eluana

La fatwa contro Eluana

Il Manifesto del 23 gennaio 2009, pag. 1

di Mariuccia Ciotta

Più che un’intimidazione contro medici e cliniche che oseranno attuare la decisione della Cassazione, sembra una fatwa quella emessa dal governo a proposito di Eluana Englaro. «Non viviamo in un paese di ayatollah» replica infatti Mercedes Bresso, presidente della regione Piemonte, al cardinal Poletto che invita i medici all’obiezione di coscienza dopo la disponibilità di una struttura pubblica piemontese di accogliere la ragazza in stato vegetativo da 17 anni. Una parola di morte, fatwa, per significare la persecuzione che sta subendo un essere umano costretto a una condizione di non vita. Il ministro del welfare Maurizio Sacconi cerca invece di passare per eroe che, contro la legge e la stessa volontà del padre di Eluana, si batte per impedire che «una ragazza venga privata del cibo e dell’acqua»: Ieri ha parlato di nuovo, Sacconi, sotto accusa per la sua minaccia di bloccare le sovvenzioni pubbliche che ha portato alla resa della clinica di Udine. Un «atto di indirizzo» il suo che si traduce in una diffida a.chiunque sia disposto a interrompere l’alimentazione forzata secondo le decisioni del tribunale.



«Non metto sotto scacco nessuno» ha risposto il ministro alle proteste di Bresso, esasperata dalle dichiarazioni del cardinale («Non siamo in una regione dove il diritto religioso fa premio sul diritto civile»). E mentre si giustificava - «ho solo fatto una ricognizione delle leggi da applicare» - Sacconi scatenava il sottosegretario alla salute, Eugenia Roccella, che ha rilanciato la fatwa: «Il Piemonte avrà gravi difficoltà a trovare gli strumenti procedurali per eseguire il decreto della Corte d’appello». La regione è avvisata, si prevede un’invasione degli ayatollah governativi, pronti a impedire che qualche miscredente sottragga «l’alimentazione a un disabile». Il «gioco» necrofilo ha spinto siti e giornali a interpellare i lettori: volete ammazzare Eluana o no?



L’oscena partita promossa dal governo va al di là del caso, produce un degrado generale, invita a fare il tifo per la bella addormentata, ritratta da mesi sulla stampa, sorridente, i capelli al vento, una presenza familiare entrata nell’immaginario comune. Perché il cardinal Poletto, che ha certamente a cuore le anime, alimenta questo falso sguardo? «La legge di Dio prevale su quella dello Stato» ha detto, ma non c’è bisogno di aderire alla fede laica per schierarsi contro l’accanimento su una vita già perduta. Eluana richiede il silenzio e l’affidamento alla competenza sanitaria non l’esposizione allo spettacolo politico, in cui si iscrive anche la sentenza della Cassazione, atto reso necessario solo dalla perversione dei «crociati», sconfitti dalla storia - sono gli stessi della «guerra di civiltà» - che su un corpo-simbolo hanno riorganizzato le loro fila.



Si parla di Eluana per parlare d’altro, ed è questa strumentalità che rende indecente il protagonismo del governo pronto a violare un diritto, un decreto e l’autorità pubblica pur di autoconfermarsi in nome di Dio.

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