domenica 11 gennaio 2009

Beppino Englaro: «Incivile un paese che non sa attuare le sentenze»

l'Unità 11.1.09
Beppino Englaro: «Incivile un paese che non sa attuare le sentenze»
di Federica Fantozzi

«Non vogliamo decidereal posto di Eluana, ma con lei» dice a Fazio, a «Che tempo che fa»
Le ragioni della battaglia:«Ora una legge sul testamento biologico, senza paletti inaccettabili»

Alla vigilia della decisione della clinica di Udine sul ricovero di Eluana, il padre rompe il silenzio: «Finora hanno deciso sempre gli altri, in 17 anni non siamo riusciti a rispettare la sua volontà».
Da 6204 giorni Eluana Englaro è in coma. Il 18 gennaio saranno 17 anni da quel fatale incidente d’auto. «L’Eluana ci aveva dato indicazioni precise, in tutto questo tempo non siamo riusciti a rispettarle pur avendo esperito tutti i gradi della giustizia». È tutta qui l’amarezza di Beppino: l’impossibilità di far capire al mondo che per sua figlia «la vita era la libertà».
Alla vigilia della decisione della clinica “Città di Udine” se accogliere o meno Eluana, suo padre rompe il silenzio che aveva imposto a se stesso e chiesto a media e politica per raccontare la sua storia alla platea di “Che tempo che fa”.
Incassato nella poltroncina bianca, addosso la solita giacca scura sulla camicia, sembra piccolo e quasi sperduto nello sfondo blu elettrico dello studio. È venuto a presentare il libro sulla vicenda di Eluana scritto con la giovane studiosa di bioetica Elena Nave. A testimoniare la sua incredulità: «Non mi aspettavo che dopo la sentenza della Corte di Cassazione intervenisse qualcos’altro. Invece Sacconi ha convinto la clinica a fare approfondimenti tecnico-amministrativi». Alla famiglia non resta che un supplemento di attesa.
Englaro spiega perché staccare il sondino è la sospensione di una cura e non una forma di eutanasia: «È alimentazione forzata, un presidio terapeutico che non ha niente a che vedere con la naturalità». Lei non mangia. Non deglutisce: «Il resto sono deliri». Fabio Fazio avverte che «qui le parole devono avere rispetto enorme», cita la ballata di Guido Ceronetti per lei «priva di morte e orfana di vita», chiede se davvero Eluana avesse un’opinione così netta. «A dieci anni ci ha chiesto: cosa c’entrate voi con la mia vita?» risponde Englaro che cita le testimonianze delle amiche, tali da convincere i giudici. «Ormai è tutto chiarito - spiega - Vogliamo decidere non al posto o per Eluana ma con lei».
Fazio domanda perché abbia scelto «ostinatamente la via del diritto» anziché battere strade meno esposte e più indolori: «Guardi Fabio, la vera libertà è dentro la società. E dentro la società ci si muove così». In qualche momento del lungo cammino ha vacillato? «Mai. Era un tacito patto di sangue in famiglia. Per il rispetto assoluto di noi stessi e degli altri». Cosa si prova ad essere giudicati da tutti? «È meglio aver contro il mondo intero che me stesso - risponde Beppino - La prima cosa non dipende da me».
Poche parole sull’accanimento sanitario: «È mancata la possibilità di venire incontro alle libertà fondamentali della persona. Trovarsi scoperti perché in condizioni di incapacità di intendere e volere è inaccettabile». Per questo, osserva, serve una legge sul testamento biologico: «Un testo semplice, senza i paletti di cui sento parlare perché gli italiani si ribellerebbero. Non si può vietare di interrompere la nutrizione artificiale, sarebbe una discriminazione».
Solo all’ultimo affiora lo sconforto: «Finora per l'Eliana hanno deciso sempre gli altri creandoci situazioni paradossali. Viene da pensare che in Italia non ci sia un minimo di civiltà. Non lasciare attuare una sentenza passata in giudicato è preoccupante per una nazione. Ma è una situazione in cui potremmo trovarci tutti: chiamarsi fuori è pericoloso».
La decisione di papà Englaro è stata criticata dal foglio” di Giuliano Ferrara che alla vicenda ieri dedicava ben due articoli. Un editoriale dal titolo «Silenzio stampa sì, ma non per Fazio» e una lettera aperta al conduttore televisivo da parte di Fulvio De Negras, direttore del centro studi “Gli amici di Luca” con la richiesta di «dare voce» anche a persone che vivono la stessa vicenda «in modo propositivo».

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