martedì 27 gennaio 2009

Testamento biologico la Cei detta la linea

Testamento biologico la Cei detta la linea

L'Unità del 27 gennaio 2009, pag. 9

di Luca Landò

Camera con vista. È il film che andrà in onda oggi al Senato quando si aprirà il dibattito sul testamento biologico. La "camera" è quella in cui si riunirà la Commissione Sanità che esaminerà una decina di proposte di legge sulle dichiarazioni di fine vita, la "vista" quella attenta della Cei che ieri, per bocca del cardinale Bagnasco, ha indicato i paletti entro cui vorrebbe che la nuova legge si muovesse. O forse arenasse. Lo ha scritto ieri Umberto Veronesi: «A un passo dall’approvazione di una legge auspicata fortemente da chi crede nei diritti della persona, si profila il rischio che venga approvata una legge che invece calpesta e nega tali diritti». Se il diavolo si nasconde nei dettagli, con buona pace del cardinale, quella che rischia di venire approvata è una legge diabolica. Il punto non è la necessità di una norma sul testamento biologico (che tutti, a parole, dicono di volere): la questione è la parte che riguarda la nutrizione e l’idratazione artificiale, quelle che da 17 anni tengono in vita Eluana Englaro in una condizione di stato vegetativo permanente. Secondo Bagnasco (e con lui tutta la maggioranza e gli esponenti teodem del Pd) non si tratterebbe di interventi medici ma di trattamenti vitali che, come tali, non possono essere interrotti o negati. Quello a cui si potrebbe rinunciare, dice Bagnasco, è l’accanimento terapeutico, cioé l’uso eccessivo di pratiche medico-farmacologiche. Diverso il parere di medici e scienziati (e di gran parte dell’opposizione) secondo i quali nutrizione e idratazione artificiali sono trattamenti medici a cui applicare i limiti stabiliti per l’accanimento terapeutico. «L’alimentazione artificiale non è una centrifuga di carote: è una delicato mix di sostanze (proteine, vitamine e quant’altro) che richiede una regolare ricetta medica», dice Ignazio Marino, chirurgo e firmatario, come senatore Pd, di una proposta di legge sul testamento biologico. «L’introduzione di queste sostanze avviene tramite un sondino immesso da un medico e collegato ad una macchina, la nutri-pump, che ne controlla la lenta ma costante distribuzione». Insomma, un misto di tecnologia e farmacologia che nulla ha a che fare con il concetto di acqua e cibo, ma molto, forse tutto, con le più moderne pratiche mediche. Veronesi non ha dubbi: piuttosto che una legge come quella voluta dalla maggioranza (e da Bagnasco) meglio non fare nulla. Anche perché, come ha detto all’Unità il costituzionalista Federico Sorrentino, si rischia di insultare più volte la Costituzione: art. 32 (nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario), art. 13 (la libertà personale è inviolabile, art. 3 (tutti i cittadini hanno pari dignità). Tre violazioni in un colpo solo: non male come legge.

Un errore confondere la morale con il diritto

Un errore confondere la morale con il diritto

Il Messaggero del 27 gennaio 2009, pag. 1

di Francesco Paolo Casavola
La sentenza del Tar della Lombardia, che sembra porre termine alla vicenda dolorosa di Eluana Englaro e della sua famiglia, non mancherà di accendere nuove polemiche pro e contro. Chi si adopra di spegnerle deve guardarsi deve guardarsi dal ravviavarle, dal momento che ognuno da ogni parte ascolta le proprie ragioni e mai quelle altrui. E’ forte la tentazione di non entrare nella mischia e di attendere che in sedi proprie si metta un pò d’ordine nelle idee sinora in rotta di collisione se non proprio di colluttazione. Il Parlamento deve poter dire la sua con una legge sul testamento biologico, la scienza deve poter chiarire se alimentazione e idratazione sono sempre sostegno vitale e non anche trattamento sanitario e talora accanimento terapeutico, la religione riprendere a temperare principi generali con la misericordia che invocano casi di particolare drammaticità. Si ha invece l’impressione che si continui in uno scambio di ruoli, del diritto con la morale, della teologia con la medicina, della politica con le istanze delle coscienze personali. Posto il punto fermo che il nostro ordinamento non conosce altro diritto fondamentale alla salute che quello a vivere, non a morire, né con il suicidio né con l’eutanasia, omissiva o commissiva, non si dovrebbe introdurre neppur l’ombra di queste ipotesi nei casi in cui si riconosca al malato il diritto di rifiutare o di rinunciare a trattamenti ch’egli non sia in grado di sopportare. A differenza dei millenni che sono alle nostre spalle, la condizione umana contemporanea non teme tanto la morte quanto la protrazione inutile e dolorosa di una vita artificialmente sorretta. Il progresso biomedico paradossalmente può determinare negli esseri umani l’angoscia del subire come oggetti il dominio della tecnica. E’ sorprendente che le ragioni della tecnica siano su questo punto affidate più ad una morale religiosa che non alla sua antagonista laica, anzi laicista. E’ invece confortante che sia il diritto, equidistante da astrattezze ideologiche, a tutelare la sfera della persona, no nel suo inesistente diritto a morire, ma nella sua libertà ad andare incontro alla conclusione naturale della esistenza, senza subire l’invasione della tecnica, quando ad essa non si voglia consentire. Questa è la salvaguardia estrema alla libertà della persona apprestata dalla nostra Costituzione, cui i giudici hanno dato sinora, nel caso Englaro, il sostegno di interpretazioni ragionevoli ed umane. Non vorremmo che coloro che sono animati da ispirazioni morali o spirituali, più alte di quante possa permettersene il diritto, finiscono con il ferire quella dignità dell’uomo, di cui dovrebbero essere i supremi garanti.

Eluana la vicenda è chiusa oppure no?

Eluana la vicenda è chiusa oppure no?

L'Opinione del 27 gennaio 2009, pag. 4

di Afra Fanizzi

Su Eluana i giudici danno ancora una volta ragione a Beppino Englaro. Il Tar della Lombardia ha, infatti, accolto il ricorso dei padre della ragazza in coma irreversibile da diciassette anni e ha annullato il provvedimento con il quale la Regione Lombardia, il 3 settembre scorso, aveva negato la possibilità a tutto il personale sanitario di interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali a Eluana (usando anche l’obiezione di coscienza). "La Regione" - ha commentato il legale di Beppino Englaro, Vittorio Angiolini "dovrà indicare una struttura sanitaria idonea, dove eseguire il decreto che dispone l’interruzione delll’idratazione e alimentazione forzata per Eluana Englaro". La sentenza del Tar ha giudicato "inidoneo a fermare la sentenza" anche l’atto del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Durante l’arco del pomeriggio, comunque, non si sono fatte attendere le dichiarazioni di rappresentanti del mondo politico. in accordo con il Tar Mercedes Bresso, governatore del Piemonte, Barbara Pollastrini, deputata del Pd, Benedetto della Vedova presidente dei Riformatori Liberali e Marco Cappato, segretario dell’associazione Coscioni. "Personalmente considero gravissima la decisione dei Tar della Lombardia", ha affermato Gabriella Carlucci, parlamentare dei Pdl e vicepresidente della commissione bicamerale per l’infanzia. In serata è arrivata anche la dichiarazione di Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, che ha parlato di "strabiliante delibera che decide della morte di una persona per via amministrativa". Non esiste, invece, il diritto a morire per il cardinale Angelo Bagnasco, che con tali parole ha aperto il consiglio episcopale permanente della Cei. Insomma, sembra davvero non trovare risoluzione pacifica la vicenda che da tempo tiene tutti col fiato sospeso. Il provvedimento della Lombardia era stato precedentemente impugnato da Beppino Englaro con riserva di chiedere la sospensiva. Giovedì scorso, davanti alla terza sezione del Tar, si era tenuta l’udienza camerale che doveva appunto riguardare le richiesta di sospensiva. Ma su richiesta dei professor Vittorio Angiolini, legale di Englaro, e dell’avvocato Franca Alessio, curatrice speciale di Eluana, i giudici hanno deciso di entrare nel merito della vicenda e, con giudizio breve, emettere una sentenza, relativa alla richiesta di annullamento dell’atto amministrativo. Il padre di Eluana si è detto soddisfatto per la decisione del Tar. La vicenda di Eluana, che avrebbe potuto trovare una risoluzione già lo scorso 9 luglio, con il decreto dei giudici della Corte d’Appello di Milano, potrebbe però slittare ancora se la Regione dovesse far ricorso al Consiglio di Stato.

Eluana, il Tar dice sì al padre e sconfessa la linea Formigoni

Eluana, il Tar dice sì al padre e sconfessa la linea Formigoni

L'Unità del 27 gennaio 2009, pag. 9

di Federica Fantozzi

Il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso di Beppino Englaro, padre e tutore di Eluana, annullando il provvedimento con cui la Regione Lombardia ha finora impedito a tutto il suo personale sanitario di interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali alla giovane donna in coma da 17 anni. Una sentenza durissima che ritiene le strutture pubbliche e private obbligate a ricoverare la paziente, impone alla Regione di attivarsi per individuare la struttura idonea, e derubrica la circolare del ministro Sacconi ad atto «autorevole ma inidoneo». E nei prossimi giorni la clinica "La Quiete" di Udine concluderà le sue verifiche e deciderà se - come al momento sembra probabile - ricoverare Eluana. Resta la destinazione privilegiata sebbene in queste ore altre strutture, friulane e non, si stiano facendo avanti. Poche parole da Englaro: «Sono soddisfatto, la decisione conferma le nostre ragioni e l’illegittimità dell’atto della Regione». L’avvocato Vittorio Angiolini: «Finito il tempo della stravaganza politica, comincia quello del diritto. Adesso la Lombardia dovrà indicare una struttura sanitaria idonea». Non è esclusa l’extrema ratio della nomina di un commissario per l’esecuzione forzata. Da parte sua, il governatore lombardo Formigoni accusa il colpo: la giunta valuterà oggi «un eventuale ricorso» al consiglio di Stato. Soppesando i danni politici della prospettiva di una seconda sconfessione da parte dei giudici amministrativi. Intanto l’esponente ciellino si sfoga: «Strabiliante decidere della vita e morte per via amministrativa». Anche Sacconi si dice «non rassegnato» e auspica il ricorso. Giovedì scorso a Milano c’era stata l’udienza al Tar contro il veto di Formigoni. Su richiesta dei ricorrenti i giudici hanno emesso sentenza con giudizio breve. E suona come uno schiaffo per chi si è rifiutato di applicare la sentenza della Cassazione favorevole al distacco del sondino: Al diritto costituzionale di rifiutare le cure, come descritto dalla Suprema Corte, è un diritto di libertà assoluto che si impone erga omnes, nei confronti di chiunque intrattenga con l’ammalato il rapporto di cura, non importa se operante all’interno di una struttura sanitaria pubblica o privata».



SANITÀ LOMBARDA

Non solo dunque la sanità lombarda non può esimersi dal ricoverare la ragazza, ma «dovrà indicare la struttura dotata dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, tale da renderla confacente agli interventi e alle prestazioni strumentali all’esercizio della libertà costituzionale di rifiutare le cure, onde evitare» ai familiari la fatica «di indagare in prima persona». Il Tar ne ha anche per la circolare di Sacconi: «Convincimento autorevole ma inidoneo a intaccare il quadro del diritto oggettivo» derivante dalle sentenze sulla vicenda. Tanto più che la convenzione Onu sui diritti dei disabili «non contraddice affatto il diritto al rifiuto delle cure». Un passaggio che, insieme all’obbligo di sottostare a questo quadro per le strutture tanto private quanto pubbliche, risolve non pochi problemi ai vertici della clinica udinese. Da ultimo, il Tar osserva che dall’ottobre 2007 il Parlamento «non ha assunto alcuna iniziativa per sconfessare» la Cassazione limitandosi a due conflitti di attribuzione dichiarati entrambi inammissibili. E dunque, giocoforza, il contesto normativo è affidato ai tribunali. Per la famiglia Englaro è l’ultimo capitolo, vittorioso, di una personale vicenda dolorosa che la politica non ha voluto rispettare. La curatrice Franca Alessio chiede che finalmente tacciano «le intromissioni indebite» confermando che per ora continueranno le trattative con Udine. Si dice «confortata» la presidente del Piemonte Mercedes Bresso che ha aperto a Eluana le porte della sua regione. «La magistratura si conferma sensibile al diritto e alla misericordia» commenta Maria Antonietta Coscioni.

lunedì 26 gennaio 2009

«Si rispetti la sentenza piaccia o non piaccia Sacconi ha sbagliato»

«Si rispetti la sentenza piaccia o non piaccia Sacconi ha sbagliato»

L'Unità del 26 gennaio 2009, pag. 20

di Federica Fantozzi

C’è una sentenza definitiva: piaccia o no, gli organi pubblici devono applicarla». Federico Sorrentino, già presidente dell’Associazione Italiana Costituzionalisti, insegna diritto costituzionale alla Sapienza.



Professore, dove collocare il bandolo del caso Eluana Englaro?

«E’ una vicenda in cui sono intrecciati aspetti giuridici, morali, religiosi. E difficile dare risposte definitive».



Occorre però un punto fermo tra li sospendere l’alimentazione, come vuole la famiglia, o proseguirla, come ordina il ministro Sacconi.

«Esiste un decreto della Corte d’Appello confermato in Cassazione, quindi definitivo, che autorizza una certa soluzione. Gli organi pubblici, piaccia o non piaccia, sono tenuti a rispettarla. Salva l’obiezione di coscienza dei medici».



Se il ministro deve rispettare la sentenza, il suo atto di indirizzo che fondamento ha?

«È un atto fuori dalle sue competenze e sbagliato. Le Regioni sono libere di disapplicarlo senza averne conseguenze sul finanziamento».



Significa che non sono possibili sanzioni per i ‘disobbedienti’?

«Giuridicamente no. Non si può dire: tu hai attuato la sentenza Englaro e ti escludo dal servizio sanitario nazionale».



Una donna ha rifiutato un’amputazione ed è morta. Una persona incosciente non può farlo. Non è una discriminazione?

«Non è del tutto chiarito cosa sia l’accanimento terapeutico. Per me, chi vive solo perché una macchina le dà acqua e cibo riceve una terapia. E certo, se Eluana fosse in grado di decidere per se stessa non si potrebbe imporgliela».



Le sentenze dicono che alimentazione e idratazione artificiale sono terapie.

«Appunto, visto che non portano miglioramenti ma solo il prolungamento indefinito della vita, applicherei l’articolo 32 della Costituzione per cui le cure sono rifiutabili. Ma chiarirei un punto».



Quale, professore?

«Il passaggio più difficile della Cassazione è la ricostruzione della volontà di Eluana. Qui si tratta del diritto personalissimo alla cura o non cura, alla vita. Il suo esercizio da parte del rappresentante legale mi pare inappropriato».



Come accertare a posteriori la volontà di Eluana, allora?

«Direi che in assenza di una volontà attuale dovrebbe prevalere la speranza del domani e dunque il proseguimento delle terapie».



In sostanza, lei non condivide la sentenza ma è vincolato a rispettarla?

«Da giurista vedo una grande difficoltà a riferire ad altri la volontà della ragazza. Ma l’obiezione è superata dalla sentenza: viviamo in un ordinamento in cui i dubbi sono sciolti dai giudici».



La soluzione, in generale, è il testamento biologico?

«Sì perché in esso esprime una volontà deliberata e so che se perdo coscienza non potrò ritrattarla. Faccio una scelta proiettata nel futuro».



Se una legge imponesse la nutrizione artificiale, sarebbe costituzionalmente accettabile?

«Secondo me, no. Inciderebbe sulla libertà di scelta e sulla libertà personale. Violerebbe l’art. 13 della Carta».



L’art. 32 prevede che la legge possa imporre trattamenti sanitari. Sarebbe il caso delle terapie di fine vita?

«Esiste una giurisprudenza costituzionale che limita questi casi alle vaccinazioni. Si può imporre un trattamento sanitario solo se c’è un interesse della collettività».

domenica 25 gennaio 2009

La fatwa contro Eluana

La fatwa contro Eluana

Il Manifesto del 23 gennaio 2009, pag. 1

di Mariuccia Ciotta

Più che un’intimidazione contro medici e cliniche che oseranno attuare la decisione della Cassazione, sembra una fatwa quella emessa dal governo a proposito di Eluana Englaro. «Non viviamo in un paese di ayatollah» replica infatti Mercedes Bresso, presidente della regione Piemonte, al cardinal Poletto che invita i medici all’obiezione di coscienza dopo la disponibilità di una struttura pubblica piemontese di accogliere la ragazza in stato vegetativo da 17 anni. Una parola di morte, fatwa, per significare la persecuzione che sta subendo un essere umano costretto a una condizione di non vita. Il ministro del welfare Maurizio Sacconi cerca invece di passare per eroe che, contro la legge e la stessa volontà del padre di Eluana, si batte per impedire che «una ragazza venga privata del cibo e dell’acqua»: Ieri ha parlato di nuovo, Sacconi, sotto accusa per la sua minaccia di bloccare le sovvenzioni pubbliche che ha portato alla resa della clinica di Udine. Un «atto di indirizzo» il suo che si traduce in una diffida a.chiunque sia disposto a interrompere l’alimentazione forzata secondo le decisioni del tribunale.



«Non metto sotto scacco nessuno» ha risposto il ministro alle proteste di Bresso, esasperata dalle dichiarazioni del cardinale («Non siamo in una regione dove il diritto religioso fa premio sul diritto civile»). E mentre si giustificava - «ho solo fatto una ricognizione delle leggi da applicare» - Sacconi scatenava il sottosegretario alla salute, Eugenia Roccella, che ha rilanciato la fatwa: «Il Piemonte avrà gravi difficoltà a trovare gli strumenti procedurali per eseguire il decreto della Corte d’appello». La regione è avvisata, si prevede un’invasione degli ayatollah governativi, pronti a impedire che qualche miscredente sottragga «l’alimentazione a un disabile». Il «gioco» necrofilo ha spinto siti e giornali a interpellare i lettori: volete ammazzare Eluana o no?



L’oscena partita promossa dal governo va al di là del caso, produce un degrado generale, invita a fare il tifo per la bella addormentata, ritratta da mesi sulla stampa, sorridente, i capelli al vento, una presenza familiare entrata nell’immaginario comune. Perché il cardinal Poletto, che ha certamente a cuore le anime, alimenta questo falso sguardo? «La legge di Dio prevale su quella dello Stato» ha detto, ma non c’è bisogno di aderire alla fede laica per schierarsi contro l’accanimento su una vita già perduta. Eluana richiede il silenzio e l’affidamento alla competenza sanitaria non l’esposizione allo spettacolo politico, in cui si iscrive anche la sentenza della Cassazione, atto reso necessario solo dalla perversione dei «crociati», sconfitti dalla storia - sono gli stessi della «guerra di civiltà» - che su un corpo-simbolo hanno riorganizzato le loro fila.



Si parla di Eluana per parlare d’altro, ed è questa strumentalità che rende indecente il protagonismo del governo pronto a violare un diritto, un decreto e l’autorità pubblica pur di autoconfermarsi in nome di Dio.

Eluana, l’urgenza di una legge sul testamento biologico

Eluana, l’urgenza di una legge sul testamento biologico

Il Messaggero del 23 gennaio 2009, pag. 22

di Francesco Paolo Casavola

Varie ragioni militano a favore di un intervento legislativo sui problemi della fine della vita, e in particolare del cosiddetto testamento biologico. La prima tra esse tocca il sistema di tutela dei diritti individuali. Abbiamo constatato con preoccupazione che, in assenza di una disposizione legislativa, la richiesta di un cittadino al potere giudiziario di riconoscere un diritto, presente in Costituzione, ma non in una legge ordinaria, è andata incontro a varie obiezioni, una delle quali è di aver dato luogo ad una usurpazione di poteri, del giudiziario a danno del legislativo, quasi come se non fosse scritto nell’articolo 12 delle preleggi, in testa al nostro Codice civile, che mancando una esplicita disposizione di legge i giudici utilizzeranno casi simili, materie analoghe, principi generali dell’ordinamento, e oggi quella Costituzione che ai tempi, nel Codice civile del 1942 non era ancora nata. La Corte costituzionale ha sgombrato il campo da questo preteso conflitto tra poteri.



Ma l’esercizio del diritto riconosciuto è impedito sul piano amministrativo, per motivazioni che sono religiose, etiche, ideologiche, di schieramento politico. Dunque, è opportuno che il legislatore faccia la sua parte, ponendo fine a questo clima di disobbedienza civile, che non giova alla convivenza serena dei cittadini all’interno di uno Stato di diritto. Quanto alla nozione di Stato di diritto, non basta che in Costituzione i poteri siano distinti nella tripartizione classica di governo, parlamento e giurisdizione, se poi nella pratica a questi tre soggetti si indirizza il rimprovero di andar fuori dai propri confini. t la stessa opinione pubblica a rivolgere ai poteri domande distorte, a] governo che faccia le leggi che dovrebbe lasciare fare al Parlamento, a questo che dirima le controversie tra gli orientamenti dei cittadini con leggi che diano ragione agli uni e torto agli altri, ai giudici che rendano giustizia secondo il peso degli interessi contrapposti e non secondo umanità e ragionevolezza. In qualche modo, sono i cittadini stessi a destrutturare lo Stato di diritto, facilitati dalle confuse prassi che lo hanno da assai troppo tempo rovinosamente investito. Questa, del testamento biologico, può essere occasione di una prova virtuosa delle rappresentanze parlamentari per confezionare una legge che dinanzi a diverse istanze etiche le conduca ad una soluzione condivisa. Compito della legge, e in linea più generale del diritto, non è quello di far prevalere una posizione opprimendo quella opposta.



La legge deve governare una società che ha più filosofie e più religioni. Le società omogenee culturalmente appartengono al passato. Il legislatore deve sapersi tener lontano da polarità concettuali, di chi ritiene che la vita umana sia un oggetto di cui disporre senza rendere conto ad alcuno, sia di chi esclude che la singola persona possa esprimersi sulla conclusione della propria esistenza. Le parole di cui si rivestono queste diverse radicalità dicono troppo o troppo poco. La Convenzione di Oviedo sulla biomedicina del 1997 promette che i "desideri" del paziente saranno tenuti in conto, che il consenso informato vale a dare maggiore peso all’interesse del paziente che non a quello solo della scienza o della società. La Costituzione italiana, all’articolo 32, 2’ comma, stabilisce che nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario se non per disposizione di legge, e, inoltre, che neppure la legge può offendere la dignità umana.



Il legislatore deve saper disegnare la cornice del documento da valere perla fine della vita, i suoi requisiti di autenticità e di validità, la posizione del medico come garante della vita e non esecutore di un desiderio di morte.



Certo, si aggiungono dati clinici e tecnologici, come accanimento terapeutico, idratazione e alimentazione forzata, respirazione con macchine, stati vegetativi permanenti e quant’altro, che sono variabili dipendenti, non solo da caso a caso, ma anche dal progresso e dalla disponibilità di conoscenze scientifiche e di strumentazioni e attrezzature. Può il legislatore avventurarsi su questo terreno?



Una legge di principi sarebbe meno vulnerabile di una di regole tecniche. Ma perché i principi siano inclusivi e non escludenti le opzioni oggi in conflitto, occorre che la comunità, che vuole rispecchiarsi coesa e non discriminata nella legge, sia educata a capire che una legge ispirata alla libertà e dignità della persona non sanziona un comportamento obbligatorio. Quanti sono mossi da diversi convincimenti morali e religiosi sono liberi di decidere scelte diverse, senza che esse siano imposte ricorrendo alla forza della legge.

Eluana è anche nostra figlia

Eluana è anche nostra figlia

L'Unità del 23 gennaio 2009, pag. 7

Eluana è anche nostra figlia. Ci rivolgiamo attraverso questo appello alle massime istituzioni della Repubblica perché ciascuna per la sua parte si impegni a far rispettare una sentenza definitiva ed esecutiva.



Perché in Italia il diritto abbia la meglio sui ricatti, le intimidazioni, l’oscurantismo di chi non tiene conto della tragedia di una famiglia, simbolo di altre migliaia di persone che si trovano nella medesima situazione.



Eluana è anche nostra figlia.



Per aderire firma il nostro appello su l’Unità online, specificando semplicemente nome, cognome e città.



Prima firmataria Franca Rame

Elettra Deiana (Ex parlamentare Prc)

Marcelle Padovani (giornalista)

Emma Bonino (vicepresidente del Senato)

Neri Marcorè (attore)

Rosa Calipari (deputata Pd)

Articolo 21

Dacia Maraini

Edoardo Saizano (urbanista, direttore di eddyburg)

Livio Pepino (magistrato, membro del Csm)

Concita De Gregorio

Pietro Spataro

Rinaldo Gianola

Giovanni Maria Bellu

Luca Landò Carla Ronga (giornalista, direttore aprileonline.info)

Felice Casson (senatore Pd)

Lella Silvi

L. Sulas, Sassari

Pier Luigi Marranini

Enrica Tanca

Beniamino Ginatempo

Lorenzo Paoloni

Si può aderire su: www.unita.it

Le crociate su Eluana

Le crociate su Eluana

Il Manifesto del 23 gennaio 2009, pag. 6

di Giorgio Salvetti

La guerra santa continua. Il corpo inerte di Eluana Englaro è ormai usato come un campo di battaglia da preti e politici in vena di lanciare anatemi contro la laicità dello stato e senza alcun rispetto del doloroso silenzio di un padre e di una madre che vegliano una figlia che da 17 anni è costretta in un limbo tra la vita e la morte. Ieri un’altra clinica di Udine, la «Quieta», ha dato la propria disponibilità ad accogliere Eluana e ad attuare le sentenze della magistratura che consentono la sospensione dell’alimentazione forzata. «Confermo di aver contattato la Quiete - ha fatto sapere Furio Hansell, sindaco di udine - ritengo opportuno che la nostra città possa dare una risposta giusta e civile a questa vicenda umana».



A Milano, intanto, si è riunito il Tar della Lombardia per esaminare il ricorso presentato dalla famiglia Englaro contro il diktat del governatore Formigoni che ha vietato alle strutture sanitarie lombarde di applicare quanto stabilito dalla Corte d’appello e ribadito dalla Cassazione. Il tribunale civile ha deciso di pronunciarsi senza bisogno di istruttoria: la decisione sarà resa nota a giorni.



La puntata odierna del calvario di Eluana sarebbe finita qui. E invece sulla pelle di quella ragazza impazza la polemica politico-religiosa. Il cardinale di Torino, Severino Poletto, intervistato da la Repubblica, si è scagliato contro il presidente del Piemonte, Mercedes Bresso, che si era detto disponibile ad accogliere Eluana in una struttura sanitaria della sua regione. «La legge di dio prevale su quella dell’uomo - ha tuonato il, prelato - i medici cattolici che si trovassero costretti a lavorare nell’ospedale dove si intende interrompere l’alimentazione di una persona, dovrebbero rifiutarsi di farlo». Mercedes Bresso è stato costretta a difendersi con decisione: «I credenti non possono essere richiamati con i diktat. Penso che sia un errore per la Chiesa entrare in questo modo, a piedi giunti, su una materia così delicata. Stiamo rischiando di perdere il carattere laico del nostro stato. Nessun medico può essere obbligato a fare qualcosa se ritiene di non poterla fare. Ma a questo punto quale è la differenza tra l’Italia e gli stati clericali, come quello degli ayatollah, dove viene ingiunto a tutti colore che credono di assumere un certo comportamento?». Per il presidente Bresso, l’atto di indirizzo del ministro Sacconi che ha vietato alle Regioni di applicare le sentenze è inquietante. «Quella circolare non può superare la legge e l’interpretazione della legge non è compito degli organi esecutivi».



Sacconi, dal canto suo, insiste. Se la legge di dio prevale su quella dell’uomo, per il ministro la sua circolare prevale su quanto è stato stabilito dalla magistratura. Con un salto mortale giuridico, il ministro sostiene che «in assenza di una disciplina legislativa dedicata alla regolazione della fine della vita, la generale applicazione del dovere di alimentazione e idratazione nei casi di particolare bisogno non poteva non essere accompagnata da un atto del ministro». Come dire, in assenza di legge, la legge sono io. Alla faccia della democrazia, della volontà di Eluana e dei parenti e della «umana comprensione», che però il ministro sottomette alla sua decisione in «scienza e coscienza». Amen.



Da una parte e dall’altra della trincia i vassalli sparano le loro cartucce.



Così la fedele sottosegretaria al Welfare, Eugenia Roccella (Pdl): «Non è previsto in nessun livello essenziale di assistenza la possibilità di interrompere nutrizione e idratazione». Per il sottosegretario all’Interno Mantovano (Pdl) le parole di Bresso al, cardinale sono «obiettivamente incivili, quando il cardinale parla di inviolabilità di ogni vita umana, recita un diritto naturale non la versione cattolica degli ayatollah». Per la senatrice Maria Burani Procaccini (Pdl) «le parole di Mercedes Bresso contro il cardinale Poletto sono il frutto di un’arroganza inaccettabile e denotano la predisposizione dialettica ad un relativismo che inorridisce». Il geniale Roberto Cota, il leghista che si inventò le classi separate per bambini stranieri, avvisa Bresso di voler fare «esibizionismo istituzionale».



Di segno opposto Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay, che ringrazia Mercedes Bresso per il coraggio dimostrato. Per Claudio Fava e Gloria Buffo (Sd) «nell’aprire le porte delle strutture sanitarie piemontesi ha adempiuto ad un preciso dovere istituzionale». I Giovani comunisti, in un comunicato, giudicano «scandaloso che una personalità come il vescovo di Torino faccia apertamente appelli per non rispettare una sentenza della Cassazione.



Vittima del fuoco incrociato, il Pd, incapace di districarsi tra neodem e laici. Emma Sonino trova il comportamento del presidente piemontese «corretto e inappuntabile». Mentre il deputato piemontese del Pd Giorgio Merlo parla di «diritto naturale alla vita» e difende le parole del cardinale. Walter Veltroni se la cava così: «Meno entra la politica in questa vicenda meglio è, c’è una sentenza». Un attacco all’intromissione di Sacconi, ma anche un buffetto al presidente Bresso. Ecumenico, come sempre.

La rivoluzione di un padre

La Repubblica 23.1.09
La rivoluzione di un padre
di Roberto Saviano

Beppino Englaro, il papà di Eluana, sta dando forza e senso alle istituzioni italiane e alla possibilità che un cittadino del nostro Paese, nonostante tutto, possa ancora sperare nelle leggi e nella giustizia. Ciò credo debba essere evidente anche per chi non accetta di voler sospendere uno stato vegetativo permanente e ritiene che ogni forma di vita, anche la più inerte, debba essere tutelata.
Mi sono chiesto perché Beppino Englaro, come qualcuno del resto gli aveva suggerito, non avesse ritenuto opportuno risolvere tutto "all´italiana". Molti negli ospedali sussurrano: "Perché farne una battaglia simbolica? La portava in Olanda e tutto si risolveva". Altri ancora consigliavano il solito metodo silenzioso, due carte da cento euro a un´infermiera esperta e tutto si risolveva subito e in silenzio. Come nel film "Le invasioni barbariche", dove un professore canadese ormai malato terminale e in preda a feroci dolori si raccoglie con amici e familiari in una casa su un lago e grazie al sostegno economico del figlio e a una brava infermiera pratica clandestinamente l´eutanasia.
Mi chiedo perché e con quale spirito accetta tutto questo clamore. Perché non prende esempio da chi silenziosamente emigra alla ricerca della felicità, sempre che le proprie finanze glielo permettano. Alla ricerca di tecniche di fecondazione in Italia proibite o alla ricerca di una fine dignitosa. Con l´amara consapevolezza che oramai non si emigra dall´Italia solo per trovare lavoro, ma anche per nascere e per morire. Nella vicenda Englaro ritornano sotto veste nuova quelle formule lontane e polverose che ci ripetevano all´università durante le lezioni di filosofia. Il principio kantiano: "Agisci in modo che tu possa volere che la massima delle tue azioni divenga universale" si fa carne e sudore. E forse solo in questa circostanza riesci a spiegarti la storia di Socrate e capisci solo ora dopo averla ascoltata migliaia di volte perché ha bevuto la cicuta e non è scappato. Tutto questo ritorna attuale e risulta evidente che quel voler restare, quella via di fuga ignorata, anzi aborrita è molto più di una campagna a favore di una singola morte dignitosa, è una battaglia in difesa della vita di tutti. E per questo Beppino, nonostante il suo dramma privato, ha dovuto subire l´accusa di essere un padre che vuole togliere acqua e cibo alla propria figlia, contro coloro che dileggiano la Suprema Corte e contro chi minaccia sanzioni e ritorsioni per le Regioni che accettino di accogliere la sua causa, nel pieno rispetto di una sentenza della Corte di cassazione.
L´unica risposta che ho trovato a questa domanda, la più plausibile, è che la lotta quotidiana di Beppino Englaro non sia solo per Eluana, sua figlia, ma anche e soprattutto in difesa del Diritto, perché è chiaro che la vita del Diritto è diritto alla vita. Beppino Englaro con la sua battaglia sta aprendo una nuova strada, sta dimostrando che in Italia si può e si deve restare utilizzando gli strumenti che la democrazia mette a disposizione. In Italia non esiste nulla di più rivoluzionario della certezza del Diritto. E mi viene in mente che tutelare la certezza dei diritti, la certezza dei crediti, costituirebbe la stangata definitiva all´economia criminale. Se fosse possibile, nella mia terra, rivolgersi a un tribunale per veder riconosciuto, in un tempo congruo, la fondatezza del proprio diritto, non si avvertirebbe certo il bisogno di ricorrere a soluzioni altre. Beppino questo sta dimostrando al Paese. Non sarebbe necessario ricorrere al potere di dissuasione delle organizzazioni criminali, che al Sud hanno il monopolio, illegale, nel fruttuoso business del recupero crediti. E a lui il merito di aver insegnato a questo Paese che è ancora possibile rivolgersi alle istituzioni e alla magistratura per vedere affermati i propri diritti in un momento di profonda e tangibile sfiducia. E nonostante tutte le traversie burocratiche, è lì a dimostrare che nel diritto deve esistere la possibilità di trovare una soluzione.
Per una volta in Italia la coscienza e il diritto non emigrano. Per una volta non si va via per ottenere qualcosa, o soltanto per chiederla. Per una volta non si cerca altrove di essere ascoltati, qualsiasi cittadino italiano, comunque la pensi non può non considerare Beppino Englaro un uomo che sta restituendo al nostro Paese quella dignità che spesso noi stessi gli togliamo. Immagino che Beppino Englaro, guardando la sua Eluana, sappia che il dolore di sua figlia è il dolore di ogni singolo individuo che lotta per l´affermazione dei propri diritti. Se avesse agito in silenzio, trovando scorciatoie a lui sarebbe rimasto forse solo il suo dolore. Rivolgendosi al diritto, combattendo all´interno delle istituzioni e con le istituzioni, chiedendo che la sentenza della Suprema Corte sia rispettata, ha fatto sì, invece, che il dolore per una figlia in coma da 17 anni, smettesse di essere un dolore privato e diventasse anche il mio, il nostro, dolore. Ha fatto riscoprire una delle meraviglie dimenticate del principio democratico, l´empatia. Quando il dolore di uno è il dolore di tutti. E così il diritto di uno diviene il diritto di tutti.

Se il cardinale parla come un ayatollah

La Repubblica 23.1.09
Se il cardinale parla come un ayatollah
risponde Corrado Augias

Gentile Augias, il cardinale Poletto identifica la legge di Dio con la legge della Chiesa, però il riconoscimento da parte della stessa Chiesa d'aver commesso gravi errori, dimostra che non di rado i suoi insegnamenti si sono allontanati dalla legge di Dio. Se Eluana fosse vissuta in tempi passati, o in Paesi privi di strutture moderne, se ne sarebbe andata, e il cardinale avrebbe detto: il Signore se l'è presa.
Miriam Della Croce

Caro Augias, avanzo l'auspicio che si arrivi a sdoganare il termine «eutanasia», togliendolo dalla palude dei tabù verbali branditi come un'arma dai custodi della Verità, per riportarlo al suo vero significato, etimologico e profondamente umano, che non è sicuramente quello che vorrebbero farci credere: "soluzione finale" e "culto della morte".
Paolo Tufari

Gentile Augias, quando il Cardinale afferma che rispettare la volontà di Eluana, così coraggiosamente difesa dal suo papà, è un "atto contro Dio", si deve insorgere e dire ad alta voce che devono smetterla di avvalersi di parole così inopportune e lesive della dignità e della libertà delle persone.
Elio Zago

La clamorosa e sconsiderata uscita del cardinale si presterebbe a varie considerazioni che devo purtroppo tralasciare. Sto alla storia della Chiesa la quale sugli argomenti che oggi condensiamo sotto il termine 'bioetica', compreso in questo il famoso e dibattuto `inizio della vita', ha più volte cambiato idea nel corso dei secoli. Giustamente cambiato idea, aggiungo, poiché le cognizioni scientifiche, nonché le tecnologie, si aggiornano e il pensiero deve seguirle per non passare dalla fede alla superstizione. Stante però questo ondeggiante pensiero la domanda che ognuno dovrebbe farsi è: dov'è, qual è la vera Legge di Dio? è possibile che la Legge di Dio cambi con il progredire degli strumenti disponibili o della dislocazione nel tempo (mondo antico, Medio Evo, modernità) e nello spazio (Europa, Africa, deserti caucasici)? La seconda domanda al cardinale, con ogni dovuto rispetto, è: signor cardinale lei si rende conto che in questo paese c'è una Costituzione alla quale ciascun cittadino deve obbedienza? Si rende conto che le sue parole, alla luce di quella carta, suonano quasi eversive? Oltre a confinare l'Italia al livello di un paese da Ayatollah? Glielo ha già ricordato opportunamente la governatrice piemontese Mercedes Bresso la quale, in questa occasione, ha dimostrato una fermezza repubblicana di cui altri esponenti politici, a destra e a sinistra, sembrano essersi purtroppo dimenticati.

"Non è il paese degli ayatollah" Eluana, la Bresso attacca Poletto

La Repubblica 23.1.09
"Non è il paese degli ayatollah" Eluana, la Bresso attacca Poletto
Piemonte, nuovo scontro. Sacconi: campagna ideologica
Per chi crede in Dio le sue leggi prevalgono su quelle dell’uomo
di Marco Trabucco

TORINO - «Non viviamo in un repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile». Nella vicenda di Eluana Englaro, Mercedes Bresso non fa passi indietro. Prima replica all´arcivescovo di Torino, Severino Poletto che aveva detto che la legge di Dio è superiore a quella dell´uomo e invitato i medici all´obiezione di coscienza: «Credo sia un errore per la Chiesa entrare a gamba tesa su una materia delicata in cui dovrebbe essere più madre che maestra. Si possono richiamare i credenti, ma i diktat li fanno gli Stati a guida religiosa». Poi costringe il ministro Sacconi a rispiegare, in una lunga nota, il perché del suo no alla sentenza della Cassazione e incassa il silenzio imbarazzato di Berlusconi e la solidarietà di centinaia di simpatizzanti su facebook e sul suo blog.
Non riesce però a trascinarsi dietro un Pd, ancora una volta dilaniato dai contrasti tra laici e cattolici. Se mercoledì il concittadino Sergio Chiamparino le aveva dato appoggio incondizionato, meno entusiasta è sembrato ieri quello di Walter Veltroni: «Nel caso di Eluana, meno entra la politica, meglio è - ha detto il segretario dei Democratici - c´è una sentenza e quindi il governo in primo luogo, ma la politica in generale devono avere rispetto di una procedura di carattere legale che ha anche risvolti umani». Parole per cui è stata necessaria, qualche minuto dopo, una precisazione: «La presidente Bresso sta facendo ciò che è giusto, garantendo l´autonomia delle strutture sanitarie rispetto a forme di pressione politica. L´importante è che non ci siano strumentalizzazioni da parte dei partiti». Non ha usato mezzi termini invece, per criticarla, Gianfranco Morgando, segretario del Pd piemontese che ha aggiunto le sue parole a quelle dei tanti altri cattolici (da Rosi Bindi a Luigi Bobba) che nei giorni scorsi avevano già detto no Bresso. Un vero anatema è però quello di Luigi Amicone, direttore della rivista cattolica Tempi: «Scusi, signora Bresso, - scrive - ma di quale diritto religioso e ayatollah stiamo parlando? Non si fanno morire così, per fame e per sete, come si vorrebbe far morire quella ragazza, nemmeno i cavalli. Se la morte di Eluana troverà casa in Piemonte, sarà grazie al suo volenteroso presidente». Bresso non si scompone: «Sull´obiezione sono d´accordo con il cardinal Poletto: nel nostro paese è consentita solo per l´interruzione di gravidanza, ma è evidente che va rispettata anche in un caso del genere. Nessuno può essere obbligato a fare qualcosa se ritiene di non poterlo fare. Però penso sia altrettanto disumano pretendere che una persona che è in stato vegetativo debba essere tenuta artificialmente in vita con strazio della famiglia». L´ultima replica è a Maurizio Sacconi, il ministro del Welfare che in una nota aveva rispiegato il suo no agli Englaro: «La sentenza della Cassazione - aveva scritto Sacconi - ha efficacia solo nel caso specifico e attribuisce una mera facoltà al tutore di Eluana, ma non dispone obblighi per le strutture del servizio sanitario nazionale. Non siamo noi ad aver fatto un´ingerenza politica, semmai l´ha fatta Bresso». «Se dico che non ci tireremmo indietro di fronte a una richiesta degli Englaro - risponde la presidente del Piemonte - è perché abbiamo accertato la disponibilità delle nostre strutture. Proprio a loro si rivolgerà la famiglia, se lo riterrà un eventuale accordo non deve passare attraverso di noi. E in ogni caso garantiremo l´assoluto riserbo».

«La Chiesa invita a non rispettare la legge. Non può farlo»

l’Unità 23.1.09
«La Chiesa invita a non rispettare la legge. Non può farlo»
di Maria Zegarelli

Il Governatore del Piemonte: il cardinal Poletto vuol far coincidere
le convinzioni religiose con la politica. Il centrodestra come sempre
sta modificando le cose. Sacconi definisce disabile Eluana, non è così

Il resoconto del botta e risposta andato avanti per tutto il giorno è copioso. Il cardinal Severino Poletto ha detto che sul caso Englaro i medici devono fare obiezione di coscienza. La legge di uno Stato non può andare contro la legge di Dio. Mercedes Bresso ha replicato che «non viviamo in una Repubblica di ayatollah».
Presidente, Mantovano definisce «incivile» la sua replica al cardinal Poletto. Perché ha pensato agli ayatollah?
L’obiezione di coscienza, non esiste nell’ordinamento, vale solo per la legge 194, quindi quello del cardinal Poletto è un invito a non rispettare la legge vigente. Tuttavia sono convinta che nessuno possa essere obbligato a compiere azioni contrarie alla propria coscienza. Per questo una legge sul testamento biologico deve prevedere l’obiezione di coscienza che, ne sono certa, i medici adotterebbero con grande cautela. Sappiamo tutti per esperienza personale che i medici, cattolici e non, continuamente prendono decisioni insieme alla famiglia su quando interrompere le terapie. Soltanto la politica, nell’ipocrisia di questo dibattito, fa finta di non saperlo.
Quindi non è stato esagerato usare quel termine?
La parola ayatollah non è un insulto, indica i capi religiosi che per un insieme di circostanze hanno ottenuto il potere temporale e hanno fatto coincidere la legge religiosa con quella politica. L’appello lanciato da Poletto non va in quella direzione?
Sul caso di Eluana Englaro la politica
sta scrivendo fiumi di parole. Non è incivile anche questo atteggiamento?
La confusione fra Stato e Chiesa provoca solo danni. Il dibattito politico da un lato è incivile perché non tiene conto della discrezione che si dovrebbe avere in un caso del genere e del fatto che in uno Stato di diritto vanno rispettate le sentenze, dall’altro perché mira a criminalizzare chiunque ritenga - in questo caso la famiglia Englaro - di essere titolare di un diritto.
Il ministro Sacconi dice di aver fatto riferimento, tra l’altro, alla Convenzione delle Nazioni unite.
Il centrodestra, come è nel suo stile, sta modificando uno stato di fatto. Sacconi parla di Eluana come di una disabile e sta insinuando che il padre vuole ucciderla, quando tutti sappiamo che la vita di Eluana è artificiale. Si sostiene che alimentazione e idratazione non sono trattamenti medici e questo è un falso voluto,, al punto che Sacconi considera questi trattamenti nei Livelli Essenziali di Assistenza, cioè nelle cure, le stesse che il paziente può rifiutare, ma noi, istituzioni, no.
C’è una sentenza che rischia di restare inattuata a causa di una circolare ministeriale. Può accadere in uno Stato laico?
Il ministro non può dare una interpretazione autentica della legge, spetta alla magistratura e le leggi le fanno i parlamenti. Nel caso specifico, poi, né io, né Sacconi, né tutti quelli che parlano, possiamo sostituirci al lavoro che hanno svolto medici e giudici prima di arrivare, con grande prudenza, ad una decisione. C’è chi la accusa di aver riacceso la polemica senza che nessuno le avesse chiesto nulla. Come mai si è espressa sul caso Englaro?
Mi è stata fatta una domanda da un giornalista e ho dato una risposta. Per quanto mi riguarda nella mia Regione non ci sono ostacoli, la grande maggioranza degli operatori sanitari del Piemonte ha dato la propria disponibilità.
Lei pensa che si arrivi ad una legge?
Anche in presenza di una legge sarebbe sempre necessaria una figura di tutela, in caso di conflitto tra medico e famiglia, per esempio. La legge serve soprattutto per conoscere l’orientamento della persona, se invece andasse a porre limitazioni rischierebbe di toccare un principio non violabile dell’ordinamento: il diritto a decidere sulla propria persona. Il principio dell’habeas corpus è un principio inviolabile del diritto occidentale.
Come mai si parla sempre meno di laicità?
Da quando i cattolici non sono più largamente rappresentati dallo stesso partito, c’è una caccia aperta al loro voto e spesso ci si dimentica che ci sono tanti cattolici laici.
Sta dicendo che lo stato era più laico con la Dc?
Probabilmente sì, la Dc spesso aveva atteggiamenti laici nei confronti del rapporto con la Chiesa.

Eluana, crociata dei vescovi contro la sentenza dello Stato

l’Unità 23.1.09
Eluana, crociata dei vescovi contro la sentenza dello Stato
di Federica Fantozzi

Rimini, Bologna, Udine, Torino: l’interventismo degli arcivescovi nelle città in cui si apre una finestra per ospitare la ragazza in coma da 17 anni. Poletto: «La legge di Dio prevale, i medici facciano obiezione».
Riappare come probabile l’approdo di Eluana Englaro in Friuli, terra d’origine del padre: la clinica di Udine “La Quiete”, non convenzionata con la Regione, di proprietà comunale e con un consiglio di amministrazione in maggioranza favorevole, potrebbe accogliere la ragazza in coma da 17 anni nei prossimi giorni. Dopo la decisione del Tar della Lombardia sul veto imposto da Formigoni a tutte le strutture sul suo territorio.
La politica e la chiesa
Contro l’esecuzione della sentenza definitiva che autorizza lo stop alle cure, tuttavia, si muove l’offensiva a tenaglia di due soggetti egualmente motivati quanto potenti. Da un lato, il ministro del Welfare Sacconi che ieri ha avvertito: «Tutti i soggetti pubblici e privati sono tenuti a rispettare i principi del sistema sanitario nazionale a pena di sanzioni». Sull’altro versante si muove la Chiesa con un interventismo puntuale, mirato sulle singole regioni in cui si aprano finestre, efficacissimo sulla politica locale. Udine, Bologna, Rimini, Torino: cardinali che, neanche fossero consiglieri dell’opposizione, esprimono ad alta voce e a mezzo stampa il diniego preventivo. Nel silenzio ormai solido dei partiti di centrosinistra che alle lacerazioni interne preferiscono l’afonia. Salvo eccezioni tacciono i cattolici democratici. Su questo giornale Stefano Rodotà ha denunciato «il silenzio negativo dell’opposizione» che ha fatto mancare il «clima giusto alla battaglia di civiltà» di Beppino Englaro. E domenica, nella piazza di Lecco sferzata dal nevischio, il Radicale Marco Cappato ha salutato i partecipanti alla fiaccolata: «Siamo qualche centinaio, un buon risultato. Se la manifestazione l’avessero organizzata i grandi partiti sarebbe oceanica, purtroppo non è così...».
L’offensiva
Nel deserto di chi la pensa altrimenti, la campagna “per la vita” della Chiesa affonda come una lama nel burro. Passa dall’epoca Ruini che disse no ai funerali religiosi di Welby a quella Bagnasco che nega un accanimento terapeutico. Previe solidarietà e preghiere per la sofferenza dei familiari, ma senza sconti. Durante la tormentata «riflessione» della “Città di Udine”, il dissenso dell’arcivescovo Pietro Brollo è stato costante. Con l’anno nuovo, la disponibilità di Bologna si era appena affacciata sull’intricato scenario della vicenda Englaro, quando l’arcivescovo della città, cardinale Carlo Caffarra, ha fatto sapere urbi et orbi la sua contrarietà: «Sarebbe un atto gravissimo in primo luogo contro Dio, autore e signore della vita. Un atto non per la vita ma per la soppressione della vita».
Poi un avviso più concreto al governatore Errani, che pure si era limitato a dire che Stato e Regioni non possono intervenire sulla libera scelta di chiunque: «Da cittadino rilevo che anche l’Emilia deve obbedire alla Carta che non prevede l’eutanasia». Era il 19 gennaio. Poco dopo: l’ufficializzazione del no da parte del PdL emiliano, la spaccatura del consiglio comunale bolognese con la scelta del Pd di rinviare ogni decisione.
Due giorni dopo sulla ventilata disponibilità della Asl di Rimini si esprime il vescovo monsignor Lambiasi dichiarandosi in sintonia con Caffarra: «Affrettare la morte non è segno di pietà». E nonostante il prelato abbia precisato di non sapere se l’ipotesi «abbia fondamento», la via romagnola non decolla. Ieri, di fronte alla prima inequivoca presa di posizione di un presidente di Regione (Tondo era stato coraggioso, ma a titolo personale), la piemontese Mercedes Bresso, l’intervento del cardinale di Torino Severino Poletto: «Se la legge dell’uomo entra in contrasto con quella di Dio - ha detto a Repubblica - deve prevalere la seconda. Togliere cibo e acqua sarebbe eutanasia: i medici facciano obiezione di coscienza».
Nessuno fuori dal coro
Nessun distinguo trova spazio. La lettera di Natale dei dieci preti di frontiera friulani, tra cui Don Di Piazza e Don Vatta, che difendevano le ragioni dei genitori di Eluana è stata derubricata a «posizioni personali» con la raccomandazione a non reiterarle. Stessa accoglienza per i quattro confratelli toscani. Un appello firmato, tra gli altri, da Don Bizzotto, Don Gallo e Don Mazzi, esprime «sconcerto e amarezza per la posizione dei vertici ecclesiastici, la pietà ci sembra dimenticata».

sabato 24 gennaio 2009

Il caso Eluana nel paese della doppia obbedienza

La Repubblica 24.1.09
Il caso Eluana nel paese della doppia obbedienza
di Ezio Mauro

In modo probabilmente inconsapevole, ma certamente per lui doloroso, Beppino Englaro sta portando alla luce giorno dopo giorno alcuni nodi irrisolti dello Stato moderno di cui siamo cittadini, e a cui guardiamo � o dovremmo guardare � come all´unico titolare della sovranità. Questo accade, come ricorda Roberto Saviano, perché il padre di Eluana cerca una soluzione alla sua tragedia familiare in forma pubblica, quasi pedagogica proprio perché la rende universale, sotto gli occhi dell´intero Paese, costretto per la prima volta a interrogarsi collettivamente sulla vita e sulla morte, a partire dalla pietà per un individuo. A parte la meschinità di chi cerca un lucro politico a breve da questo dramma personale e nazionale, trasformando in frettolosa circolare di governo le richieste della Chiesa contro una sentenza repubblicana, e a parte i ritardi afasici di chi dall´altra parte si attarda invece a parlare di Villari, quello che stiamo vivendo � e soffrendo � è un momento alto della discussione civile e morale del Paese. A patto di intendersi.
Fa parte senz´altro della discussione pubblica, che deve interessare tutti, l´intervento del Cardinale Poletto. È vescovo di Torino, la città dove la presidente della Regione, Mercedes Bresso, si è detta pronta ad ospitare Eluana e la sua famiglia per quell´ultimo atto che lo Stato ha riconosciuto legittimo con una sentenza definitiva, e che il governo vuole evitare con ogni mezzo. Mentre altri cattolici hanno sostenuto che "la morte ha trovato casa a Torino" il Cardinale non ha usato questi toni, ma ha detto che condanna l´eutanasia, anche se si sente vicino al padre di Eluana, prega per lui e non giudica. Vorrei però discutere pubblicamente, se è possibile, il significato più profondo e la portata di due affermazioni del Cardinale.
La prima è l´invito all´obiezione di coscienza dei medici, che per Poletto devono rifiutarsi in Piemonte di sospendere l´alimentazione forzata ad Eluana, entrando in contrasto con la richiesta della famiglia e con la sentenza che la legittima. Non c´è alcun dubbio che la coscienza individuale può ribellarsi a questo esito, e il medico � credente o no � può vivere un profondo travaglio tra il suo ruolo pubblico in un ospedale statale al servizio dei cittadini e delle loro richieste, il suo dovere professionale che lo mette al servizio dei malati e delle loro sofferenze, e appunto i suoi convincimenti morali più autentici. Questo travaglio può portare a decisioni estreme assolutamente comprensibili e rispettabili, come quella di obiettare al proprio ruolo pubblico e al proprio compito professionale perché appunto la coscienza non lo permette, costi quel che costi: e in alcuni casi, come ha ricordato qui ieri Adriano Sofri, il costo di questa opposizione di coscienza è stato altissimo.
Mi pare � appunto in coscienza � molto diverso il caso in cui i credenti medici vengono sollecitati collettivamente da un Cardinale (quasi come un´unica categoria professionale e confessionale da muovere sindacalmente) a mobilitarsi nello stesso momento e ovunque per mandare a vuoto una sentenza dello Stato, indipendentemente dalla riflessione morale e razionale di ognuno, dai tempi e dai modi con cui liberamente ciascuno può risolverla, dalle diverse sensibilità per la pietà e per la carità cristiana, pur dentro una fede comune. Qui non si può parlare, se si è onesti, di obiezione di coscienza: semmai di obbligazione di appartenenza, perché l´identità cattolica di quei medici diventa leva e strumento collettivo su cui puntare con impulso gerarchico per vanificare una pronuncia della Repubblica.
Questo è possibile perché il Cardinale spiega con chiarezza la concezione della doppia obbedienza, e la gerarchia che ne consegue. Lo Stato moderno e laico, libero "dalla" Chiesa mentre la garantisce libera "nello" Stato, applica la distinzione fondamentale tra la legge del Creatore e la legge delle creature. Poletto sostiene invece che poiché la legge di Dio non può mai essere contro l´uomo, andare contro la legge di Dio significa andare contro l´uomo: dunque se le due leggi entrano in contrasto "è perché la legge dell´uomo non è una buona legge", ed il cattolico può trasgredirla. La legge di Dio è superiore alla legge dell´uomo.
Su questa dichiarazione vale la pena riflettere, per le conseguenze che necessariamente comporta. È la concezione annunciata pochi anni fa dal Cardinal Ruini, secondo cui il cattolicesimo è una sorta di seconda natura degli italiani, dunque le leggi che contrastano con i principi cattolici sono automaticamente contronatura, e come tali non solo possono, ma meritano di essere disobbedite. Da questa idea discende la teorizzazione del nuovo cattolicesimo italiano di questi anni: la precettistica morale della Chiesa e la sua dottrina sociale coincidono con il diritto naturale, dunque la legge statale deve basare la sua forza sulla coincidenza con questa morale cattolica e naturale, trasformando così il cattolicesimo da religione delle persone in religione civile, dando vita ad una sorta di vera e propria idea politica della religione cristiana.
Ma se la legge di Dio è superiore alla legge dell´uomo, se nella doppia obbedienza che ritorna la Chiesa prevale sullo Stato anche nell´applicazione delle leggi e delle sentenze, nascono due domande: che cittadino è il cattolico osservante, se vive nella possibilità che gli venga chiesto dalla gerarchia di trasgredire, obiettare, disubbidire? E che concezione ha la Chiesa italiana, con i suoi vescovi e Cardinali, della democrazia e dello Stato? Qualcuno dovrà pur ricordare che nella separazione tra Stato e Chiesa, dopo l´unione pagana delle funzioni del sacerdote col magistrato civile, la religione non fa parte dello "jus publicum", la legge umana non fa parte di quella divina con la Chiesa che la amministra, le istituzioni pubbliche e i loro atti sono autonomi dalle cattedre dei vescovi e dal magistero confessionale.
Il cittadino medico a cui si ordina di agire in nome di una terza identità � suprema �, quella di cattolico, non obietta in nome della sua coscienza, ma obbedisce ad un´autorità che si contrappone allo Stato, e chiede un´obbedienza superiore, definitiva, totale alla Verità maiuscola, fuori dalla quale tutto è relativismo. Solo che in democrazia ogni verità è relativa, anche le fedi e i valori sono relativi a chi li professa e nessuno può imporli agli altri. Perché non esiste una riserva superiore di Verità esterna al libero gioco democratico, il quale naturalmente deve garantire la piena libertà per ogni religione di pronunciarsi su qualsiasi materia, anche di competenza dello Stato, per ribadire la sua dottrina. Sapendo che così la Chiesa parla alla coscienza dei credenti e di chi le riconosce un´autorità morale, ma la decisione politica concreta nelle sue scelte spetta all´autonoma decisione dei laici � credenti e non credenti � sotto la loro responsabilità: che è la parola della moderna e consapevole democrazia, con cui Barack Obama ha siglato l´avvio della sua presidenza.
Dunque non esiste una forma di "obbligazione religiosa" a fondamento delle leggi di un libero Stato democratico, nel quale anzi nessun soggetto può pretendere " di possedere la verità più di quanto ogni altro possa pretendere di possederla". Ne dovrebbe discendere finalmente una parità morale nella discussione pubblica, negando il moderno pregiudizio per cui la democrazia, lo Stato moderno e la cultura civica che ne derivano sono carenti senza il legame con l´eternità del pensiero cristiano, sono insufficienti nel fondamento. È da questo pregiudizio che nasce la violenza del linguaggio della nuova destra cattolica contro chi richiama la legge dello Stato, le sentenze dei tribunali, le norme repubblicane. Come se per i laici la vita non fosse un valore, e praticassero la cultura della morte. Come se il concetto di libertà per una famiglia dilaniata, di fraternità per un padre davanti ad una prova suprema, di condivisione per il suo dolore che non è immaginabile, non contassero nulla. Come se la coscienza italiana fosse solo cattolica. Infine, come se la coscienza cattolica, in democrazia, fosse incapace di finire in minoranza davanti allo Stato.

giovedì 22 gennaio 2009

Sacconi insiste, Bresso attacca: La legge vale più di una circolare

l’Unità 22.1.09
Sacconi insiste, Bresso attacca: La legge vale più di una circolare
di Federica Fantozzi

Botta e risposta tra Bresso e Sacconi. Appello di Radicali e Sd ai presidenti di Regione: «Attuare la sentenza è responsabilità vostra». Oggi il Tar discute il veto di Formigoni a tutte le strutture lombarde.
Botta e risposta tra la presidente del Piemonte Mercedes Bresso, che ha ufficializzato la disponibilità della sua regione ad accogliere Eluana Englaro, e il ministro Sacconi, autore della circolare che vieta a tutte le regioni lo stop all’alimentazione artificiale per la ragazza in coma da 17 anni.
Bresso aveva precisato che l’eventuale ricovero avverrebbe «ovviamente in una struttura pubblica perché quelle private sono sotto scacco del ministro». Ieri la replica del titolare del Welfare: «Non metto sotto scacco nessuno, ho fatto solo una ricognizione delle leggi da applicare». Ribatte il governatore del Piemonte: «Sacconi sa come me che una circolare non sostituisce la legge e solo la magistratura può interpretarla».
Oggi intanto ci sarà a Milano l’udienza del Tar contro la Regione Lombardia che ha diffidato tutte le strutture sul suo territorio dall’ospitare gli ultimi giorni di Eluana. I legali della famiglia chiedono ai giudici amministrativi un atto d’urgenza che annullerebbe il veto di Formigoni, il quale si troverebbe così il «problema» in casa propria. Eluana, ora ricoverata a Lecco, «è una cittadina a carico di questo servizio sanitario regionale - dicono gli avvocati - e quindi questo deve farsi carico di applicare l'ordinanza di interruzione dell'alimentazione».
Il sottosegretario Eugenia Roccella sostiene invece che «eseguire la sentenza non è compito del servizio sanitario nazionale che deve curare, rispettando così la sua legge istitutiva». La sentenza è attesa nei prossimi giorni, forse già domani. Solo dopo quel momento Beppino Englaro deciderà se muoversi con una richiesta specifica di ricovero e dove. Contatti già esistono, al fine di valutare la concretezza delle disponibilità offerte in Piemonte, Emilia, Campania e non solo. L’équipe di medici è pronta da tempo: tutto sta a ricevere luce verde da un ospedale o una clinica.
Sul versante politico, i Radicali e Sinistra Democratica scrivono una lettera aperta «alla Conferenza delle Regioni, al suo presidente Vasco Errani e a tutti i governatori delle Regioni italiane» affinché la sentenza che autorizza lo stop alle terapie sia applicata. «Noi - scrivono i politici tra cui Claudio Fava e Gloria Buffo (Sd), Marco Cappato e Antonella Casu (Radicali) - vi interpelliamo perché è vostra precisa responsabilità, delle Regioni e non più dello Stato come invece abusivamente il ministro Sacconi ha affermato, il funzionamento del servizio sanitario nazionale. Che deve essere in grado di far rispettare i diritti delle persone nell'accesso al sistema sanitario, i doveri dei medici e delle strutture sanitarie nei confronti dei pazienti, e dunque deve applicare una sentenza definitiva che tutela la libertà di scelta delle persone».
E ieri tredici eurodeputati italiani hanno presentato un'interrogazione alla Commissione europea sulla circolare di Sacconi.

Sacconi insiste, Bresso attacca: La legge vale più di una circolare

l’Unità 22.1.09
Sacconi insiste, Bresso attacca: La legge vale più di una circolare
di Federica Fantozzi

Botta e risposta tra Bresso e Sacconi. Appello di Radicali e Sd ai presidenti di Regione: «Attuare la sentenza è responsabilità vostra». Oggi il Tar discute il veto di Formigoni a tutte le strutture lombarde.
Botta e risposta tra la presidente del Piemonte Mercedes Bresso, che ha ufficializzato la disponibilità della sua regione ad accogliere Eluana Englaro, e il ministro Sacconi, autore della circolare che vieta a tutte le regioni lo stop all’alimentazione artificiale per la ragazza in coma da 17 anni.
Bresso aveva precisato che l’eventuale ricovero avverrebbe «ovviamente in una struttura pubblica perché quelle private sono sotto scacco del ministro». Ieri la replica del titolare del Welfare: «Non metto sotto scacco nessuno, ho fatto solo una ricognizione delle leggi da applicare». Ribatte il governatore del Piemonte: «Sacconi sa come me che una circolare non sostituisce la legge e solo la magistratura può interpretarla».
Oggi intanto ci sarà a Milano l’udienza del Tar contro la Regione Lombardia che ha diffidato tutte le strutture sul suo territorio dall’ospitare gli ultimi giorni di Eluana. I legali della famiglia chiedono ai giudici amministrativi un atto d’urgenza che annullerebbe il veto di Formigoni, il quale si troverebbe così il «problema» in casa propria. Eluana, ora ricoverata a Lecco, «è una cittadina a carico di questo servizio sanitario regionale - dicono gli avvocati - e quindi questo deve farsi carico di applicare l'ordinanza di interruzione dell'alimentazione».
Il sottosegretario Eugenia Roccella sostiene invece che «eseguire la sentenza non è compito del servizio sanitario nazionale che deve curare, rispettando così la sua legge istitutiva». La sentenza è attesa nei prossimi giorni, forse già domani. Solo dopo quel momento Beppino Englaro deciderà se muoversi con una richiesta specifica di ricovero e dove. Contatti già esistono, al fine di valutare la concretezza delle disponibilità offerte in Piemonte, Emilia, Campania e non solo. L’équipe di medici è pronta da tempo: tutto sta a ricevere luce verde da un ospedale o una clinica.
Sul versante politico, i Radicali e Sinistra Democratica scrivono una lettera aperta «alla Conferenza delle Regioni, al suo presidente Vasco Errani e a tutti i governatori delle Regioni italiane» affinché la sentenza che autorizza lo stop alle terapie sia applicata. «Noi - scrivono i politici tra cui Claudio Fava e Gloria Buffo (Sd), Marco Cappato e Antonella Casu (Radicali) - vi interpelliamo perché è vostra precisa responsabilità, delle Regioni e non più dello Stato come invece abusivamente il ministro Sacconi ha affermato, il funzionamento del servizio sanitario nazionale. Che deve essere in grado di far rispettare i diritti delle persone nell'accesso al sistema sanitario, i doveri dei medici e delle strutture sanitarie nei confronti dei pazienti, e dunque deve applicare una sentenza definitiva che tutela la libertà di scelta delle persone».
E ieri tredici eurodeputati italiani hanno presentato un'interrogazione alla Commissione europea sulla circolare di Sacconi.

Parla il sindaco di torino: «Su Eluana c'è una sentenza. Sacconi non fa il suo dovere»

il Riformista 22.1.09
Chiamparino. Parla il sindaco di torino: «Su Eluana c'è una sentenza. Sacconi non fa il suo dovere»
«Senza una linea comune sul testamento biologico il Pd non è più un partito»
di Tommaso Labate

INTERVISTA. Il ministro ombra si schiera con Bresso. «Sostenere Beppino Englaro è eticamente corretto. Libertà di coscienza? No, dobbiamo decidere».

C'è una sola premessa da fare. Stavolta, dice Sergio Chiamparino, «della polemica politica non mi frega un bel nulla». Anche perché, mai come stavolta, «tutti fanno finta di non sapere che c'è una sentenza della Cassazione». Una sentenza, aggiunge, «che va rispettata soprattutto perché, in assenza di una legge, è l'unico riferimento normativo che abbiamo».
Il sindaco di Torino, dirigente nazionale del Pd e ministro ombra del Federalismo, affida a quest'intervista al Riformista la sua posizione sul caso Englaro («Sono d'accordo con la scelta della Bresso»), sul testamento biologico («A mio avviso, è necessario») e sul comportamento del suo partito, che sul tema ha deciso di non decidere. «Su una questione come questa - dice Chiamparino - il Pd ha il dovere di arrivare a un punto di compromesso, a una posizione unitaria. Se non lo facciamo, vorrà dire che non siamo un partito ma, più semplicemente, un gruppo di amici che stanno insieme».
Sindaco, Mercedes Bresso ha dichiarato la disponibilità del Piemonte ad accogliere Eluana.
Io sono perfettamente d'accordo con questa scelta. Ripeto: c'è una sentenza della Cassazione ed è nostro dovere rispettarla e farla attuare. Tutto il resto è polemica politica, una strumentalizzazione di cui, soprattutto in questo caso, bisognerebbe fare a meno.
Il ministro Sacconi però insiste, nega di tenere «sotto scacco» le strutture ospedaliere private. Lei che ne pensa?
Chi fa il ministro ha il compito di far rispettare le leggi. E in assenza di una legge, il pronunciamento della Cassazione è l'unico riferimento normativo che abbiamo. Di conseguenza, la scelta del Piemonte sopperisce a una «mancanza» di Sacconi.
Lei è favorevole a una legge sul testamento biologico?
Tanto per citare l'esempio di Eluana, credo che il padre Beppino sia l'unico, autentico, interprete della volontà della figlia. A mio avviso, andare in questa direzione è moralmente giusto ed eticamente corretto.
I gruppi parlamentari del Pd, però, sul caso specifico hanno scelto di non scegliere. La discussione dell'altro giorno si è conclusa senza una votazione finale...
Su questioni eticamente sensibili un partito non deve imporre nulla. Ma il pensiero della maggioranza deve essere tradotto in un atto politico.
In che senso?
Nel senso che una maggioranza non può imporre al mio amico Bobba (esponente teodem, ndr) di pensarla allo stesso modo. Ma di fronte a temi che sono sempre più centrali per il paese, e il testamento biologico lo è, non si può scegliere non scegliere. Se il Pd non ha ancora prodotto una posizione comune su questo terreno... beh, è arrivato il momento di recuperare.
Molti dei cattolici del Pd, però, si appellano alla «libertà di coscienza».
Io capisco la libertà di coscienza nel caso in cui, ad esempio, si discuta di un ordine del giorno sull'eutanasia; tra l'altro, credo che anch'io sarei contrario. Ma qui parliamo di un'altra cosa: nel momento in cui il Parlamento si prepara ad affrontare il tema del fine vita, il Pd ha il dovere di maturare una posizione comune. Sennò significa che non siamo un partito ma solo un gruppo di amici. Il testamento biologico è diventato un tema cruciale, sul quale noi dobbiamo essere in grado di trovare un punto di mediazione, di elaborare un nostro testo, di presentare proposte di legge.
Detta così, il «testamento biologico» sembra un argomento perfetto per la conferenza programmatica che il Pd si prepara ad affrontare. O sbaglio?
Tutt'altro. Guardi che la conferenza programmatica del Pd non è soltanto la sommatoria delle nostre ricette per gli imprenditori, gli insegnanti, gli operai e via dicendo. In quella sede si discuterà anche di ambiente, dal nucleare agli ogm. Per questo la questione dei «confini della vita» può e deve essere affrontata nella conferenza programmatica. Più che altro, mi stupirei se non fosse così...

mercoledì 21 gennaio 2009

Testamento biologico, il Pd si spacca e non vota

La Repubblica 21.1.09
Testamento biologico, il Pd si spacca e non vota
di Giovanna Casadio

Accordo senza conta su una "posizione prevalente" espressa in quindici punti. Marino: ci serviva un sì o un no, il resto è del diavolo
Partito strattonato fra teodem e laici Conflitto su alimentazione e idratazione

ROMA - Non è mai stata facile la discussione sulla bioetica nel Pd; ora lo è ancora meno, poiché crescono i sospetti di spaccature più per ragioni di resa dei conti interna che di merito. Il merito è il testamento biologico, su cui si è tenuta ieri l´assemblea di tutti i parlamentari democratici. Strattonato dai teodem, i cattolici integralisti, da un lato, e dai Radicali e dai laici oltranzisti dall´altro, il partito ha deciso di rinviare la conta. Quindi non si è votato sulla questione che divide, ovvero se l´alimentazione e l´idratazione artificiale possano essere rifiutate nella dichiarazione anticipata di trattamento. Fare chiarezza su questo punto è la cosa più importante, perché impedirebbe altri "casi Eluana". Un non-voto scandaloso per i Radicali, Emma Bonino in testa, per i quali si è trattato di una «soluzione pilatesca». E votare avrebbero voluto Gianni Cuperlo e Barbara Pollastrini, l´ex ministro delle Pari Opportunità, che è andata all´attacco: «O si fa una buona legge o è meglio nessuna legge».
Sul fronte cattolico i teodem si irrigidiscono. Paola Binetti più di tutti: «Interrompere idratazione e nutrizione significa di fatto introdurre l´eutanasia per sete e per fame», e dichiara di essere pronta a sottoscrivere la proposta di legge di Rocco Buttiglione, il leader dell´Udc che fu "bocciato" come commissario Ue per le sue posizioni arretrate sui diritti civili e i gay. Un annuncio di strappo dal Pd? Lei replica: «Fioroni mi ha detto di essere d´accordo con noi», e ringrazia Rosy Bindi. È la Bindi a cercare di trovare il bandolo della matassa e ad appoggiare la mediazione raggiunta con il "documento Sereni": quindici punti (si possono leggere su www.marinasereni.it) che indicano «la posizione prevalente» del Pd sul testamento biologico, senza bisogno di decidere subito a maggioranza. Sereni, che ha coordinato il gruppo di lavoro sul tema, ripete: «Vogliamo fare o no una legge giusta e umana? Allora nessuno pianti bandierine, ma teniamo insieme libertà di scelta e tutela della vita». Binetti insiste: «L´orientamento del Pd è minoritario nel paese».
Bindi s´inalbera con i Radicali: «Non è lesa maestà non votare, ci si assume ugualmente le proprie responsabilità. Cerchiamo di dare una lezione di laicità e di buona politica». Assist raccolto da Dario Franceschini e perciò nessuna conta. Ma anche Ignazio Marino, autore del primo ddl sul testamento biologico del Pd, è duro sul non-voto e cita il Vangelo di Marco: «Al Pd serviva un sì o un no, tutto il resto è del diavolo». Confronto teso e appassionato, tuttavia. Umberto Veronesi racconta le esperienze della sua vita di oncologo. I Democratici non possono permettersi di giocare di rimessa, attendendo cioè che sia il centrodestra a dettare legge su una questione che tocca profondamente l´opinione pubblica scossa dal drammatico rimpallo sul diritto di Eluana a morire con dignità. E il Pd si divide anche sull´offerta di Mercedes Bresso di accogliere in un ospedale piemontese Eluana. Marco Calgaro è tra i più critici.

"Calpestati i diritti d´un padre l´etica laica impone rispetto"

La Repubblica 21.1.09
Le ragioni del governatore piemontese: previsto il sostegno della sanità pubblica
"Calpestati i diritti d´un padre l´etica laica impone rispetto"
intervista di m. trab.

Viviamo in un Paese in cui non si rispetta una sentenza di Cassazione e tutto diventa materia di lotta politica

TORINO - Presidente Bresso perché ha deciso di scendere in campo nel caso Englaro?
«Perché ritengo che la tragica storia di Eluana sia diventata ormai una questione non più sopportabile in un paese civile: e lo sia dal punto di vista giuridico come da quello umano».
Lei è favorevole all´eutanasia?
«Io non sono credente, è un fatto noto. È giusto però essere preoccupati: perché non si deve nemmeno concepire l´idea che sia possibile uccidere le persone solo perché non servono più. Ho avuto recentemente un´esperienza che mi ha toccato da vicino. E sono la prima a non poter dare risposte certe sul come e quando si debba smettere di nutrire o di dar da bere a un malato in coma. Su quando si debba staccare la spina, insomma. Sono risposte che spettano alla scienza».
Allora perché ha fatto questa offerta al papà di Eluana?
«Perché qui c´è stato prima di tutto un lungo iter giudiziario, c´è una decisione del Tribunale che ha valutato ogni implicazione. Una lunga battaglia giuridica alla fine della quale sono stati calpestati i diritti di un padre che, dopo aver sofferto per diciassette anni, si vede adesso sballottato da una istituzione all´altra. E da una interdizione all´altra. Non è ammissibile».
E dall´altro lato cosa c´è?
«C´è che ciascuno è libero di avere un´opinione etica religiosa su qualsiasi argomento, ma esiste pur sempre un´etica civile e laica, cui mi ispiro e alla quale cerco di attenermi. Un´etica che impone il rispetto delle persone. Fermo restando che tocca alla famiglia decidere».
Non crede che se fosse stato già introdotto nel nostro ordinamento il testamento biologico gran parte di queste polemiche non ci sarebbero più?
«Viviamo in un paese in cui non si rispetta più neppure una sentenza della Corte di Cassazione e tutto diventa materia di lotta politica, anche i dibattiti sulle grandi questioni etiche. Perciò è del tutto evidente che occorra l´approvazione di una legge sul testamento biologico, anche se mi sembra molto difficile che possa arrivare con questo Governo e questo Parlamento».
Beppino Englaro l´ha ringraziata. Cosa gli risponde?
«Le sue parole rivelano il profondo aspetto umano di questa storia. È nostro dovere stargli vicino».

"Se me lo chiedono accoglierò Eluana"

La Repubblica 21.1.09
"Se me lo chiedono accoglierò Eluana"
Dal Piemonte l’apertura di Bresso. Englaro: ha capito. Il cardinale Poletto: eutanasia
di Marco Trabucco

TORINO - La Regione Piemonte è disposta ad accogliere Eluana Englaro. La sfida al ministro Sacconi arriva da Torino e dalla presidente Mercedes Bresso: «Non ci è stato chiesto niente e non ci offriamo, non si deve creare una terribile asta tra regioni - spiega - però se qualcuno lo chiederà non ci saranno problemi perché riteniamo che si debba rispettare la legge. La ospiteremo in una struttura pubblica perché quelle private sono sotto lo scacco del ministro».
A Bresso ha subito risposto il padre di Eluana, Beppino Englaro: «Non posso che ringraziarla e rivolgerle tutto il mio apprezzamento. Non abbiamo ancora avuto contatti, ma dalle sue parole mi rendo conto che ha colto perfettamente la natura del nostro dramma. Mi indica la soluzione senza farne questioni politiche o morali e credo che da un presidente di regione non ci si possa aspettare di più. Noi naturalmente prendiamo in considerazione e valutiamo questa disponibilità».
Si vedrà adesso se sarà in Piemonte la prossima destinazione di Eluana (in coma da 17 anni e per cui il padre, da dieci, chiede l´interruzione dell´alimentazione artificiale) anche se quella arrivata da Torino non è l´unica offerta di accoglienza. Dopo il diktat del 16 dicembre del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che in un atto di indirizzo alle Regioni aveva precisato di ritenere «illegale» lo stop all´alimentazione artificiale nelle strutture del Servizio sanitario nazionale e la conseguente rinuncia della clinica Città di Udine ad accogliere Eluana per timore di «ritorsioni» ministeriali, l´offerta di Bresso riapre le polemiche sul caso. Prima fra tutte quella dell´arcivescovo di Torino, il cardinal Severino Poletto, che spiega: «Se Eluana venisse accolta in una qualunque struttura sanitaria piemontese al fine di toglierle l´alimentazione e l´idratazione, sarebbe un chiaro caso di eutanasia». E di eutanasia parlano anche i parlamentari cattolici del Pd Luigi Bobba e Marco Calgaro, che invitano i medici piemontesi all´obiezione di coscienza, mentre l´ex ministro della Sanità Rosi Bindi bacchetta Bresso, «Poteva anche non parlare», ma ricorda pure la necessità di una legge sul testamento biologico: «Il problema è che manca una norma per affrontare questi temi. E poi, comunque la si pensi sul caso Englaro, il ministro non ha il potere per intervenire». Nel centrodestra si levano a difesa di Sacconi le voci del sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, che parla di «inquietanti contraddizioni nella parole di Bresso» e quella dell´ex governatore piemontese, ora senatore del Pdl, Enzo Ghigo: «Considero scandaloso che su una situazione così delicata ci sia una rincorsa delle Regioni rosse a trasgredire agli indirizzi del ministro». Inneggia invece a Bresso il medico radicale torinese Silvio Viale che annuncia: «Io sono disponibile».
Nell´attesa di sapere dove Beppino Englaro sceglierà di portare sua figlia, oggi davanti al Tar di Milano si gioca un´altra partita importante: la curatrice speciale di Eluana, Franca Alessio, e l´avvocato Vittorio Angiolini cercheranno di far riconoscere come «atto dovuto» la sospensione dell´alimentazione artificiale. Vogliono cioè dimostrare che la Formigoni e i suoi hanno sbagliato a non applicare una sentenza della magistratura.

martedì 20 gennaio 2009

Eluana, qui si rompe il principio di legalità

Eluana, qui si rompe il principio di legalità

La Stampa.it del 19 gennaio 2009

di Carlo Federico Grosso
Una nuova rottura della legalità, un’ulteriore ferita inferta allo Stato di diritto. L’ultimo atto della vicenda Englaro indigna chi ritiene che l’osservanza delle regole costituisca il fondamento della convivenza civile. Vittima, ancora una volta, Eluana Englaro, alla quale una sorta di «prepotenza governativa» rifiuta il diritto di morire che le era stato riconosciuto da una sentenza definitiva della Cassazione.

All’origine della nuova questione si pone un nebuloso provvedimento amministrativo «di indirizzo» assunto, in tutta fretta, dal ministro Sacconi quando pareva che, dopo l’ultima sentenza, la vicenda si stesse avviando al suo epilogo logico e naturale. Abbiamo letto tutti il comunicato con il quale la clinica «Città di Udine» ha reso pubbliche le ragioni della sua decisione: ciò che era stato ormai organizzato, e cioè il ricovero di Eluana e il suo accompagnamento a una morte dignitosa, è stato bloccato per il timore che, infrangendo l’atto di indirizzo ministeriale, alla struttura ospedaliera fosse revocata la convenzione regionale e venissero pertanto a mancare i denari che le consentivano di lavorare.

La vicenda solleva, immagino, complessi problemi giuridici di natura amministrativa, coinvolge delicati rapporti di competenza fra Stato e Regioni in materia di sanità, decine di giuristi si interrogheranno sui poteri ministeriali nell’imporre direttive in materia e sui doveri delle Regioni di ottemperarle. Si discuterà, soprattutto, fino a che punto gli elementi di diritto richiamati a sostegno del menzionato atto di indirizzo (un parere del Comitato nazionale di bioetica privo, in realtà, di qualsiasi rilevanza giuridica e una convenzione Onu sui diritti dei disabili non ancora del tutto operativa in Italia e che, comunque, non riguarda specificamente il caso Englaro) siano davvero in grado di giustificare, in qualche modo, il provvedimento ministeriale.

Al di là dei possibili cavilli, delle possibili interpretazioni più o meno interessate, c’è peraltro un profilo giuridico, chiarissimo, sul quale non è consentito neppure discutere: che di fronte a una sentenza irrevocabile della Cassazione che, tenendo conto delle leggi operanti in Italia, ha stabilito determinati principi (ad esempio, che Eluana si trova in una condizione giuridica di coma persistente, che un intervento di idratazione e di nutrizione artificiale mediante sondino ipogastrico non costituisce semplice alimentazione, bensì intervento medico) e ha conseguentemente riconosciuto a Eluana, o a chi per lei, il diritto di staccare quel sondino, nulla, sul terreno giuridico, è più consentito obiettare. La sentenza deve essere eseguita, punto e basta. Nessuno è più legittimato a vietare, bloccare, frapporre ostacoli, ritardare.

Al di là delle convinzioni personali di ciascuno di noi sul merito complessivo della dolorosissima vicenda e, conseguentemente, sulla bontà, o meno, della decisione giudiziale assunta dalla Corte Suprema, oggi ci troviamo pertanto, a valle del problema principale, di fronte a una importante questione di principio sulla quale occorre essere chiari, determinati, inflessibili: che le sentenze irrevocabili della Cassazione, piacciano o non piacciano, siano condivise o non siano condivise, devono essere, in ogni caso, applicate, adempiute, eseguite. Infrangere tale regola significherebbe innescare una rottura gravissima del principio di legalità attorno al quale ruota l’intero nostro sistema giuridico. In certo senso, addirittura, fare saltare lo stesso sistema, basato, come sappiamo, sui principi fondamentali secondo i quali il Parlamento legifera, la magistratura interpreta e applica le leggi, l’esecutivo governa rispettando leggi e sentenze.

La rottura della legalità appare d’altronde, nel caso di specie, tanto più grave ove si consideri che a impedire l’esecuzione di una sentenza della Cassazione è, addirittura, e ufficialmente, il governo, che frappone un suo atto di indirizzo alla normale, logica e ormai doverosa sequenza di atti e fatti che dovrebbero, ragionevolmente, seguire alle decisioni assunte dai giudici che si sono pronunciati sulla vicenda. E appare ancora più grave ove si rammenti che, in precedenza, vi era già stato il tentativo dell’attuale maggioranza parlamentare di bloccare l’esecuzione della sentenza, sollevando un peregrino conflitto di attribuzione tra il Parlamento e la Magistratura che, per la sua palese inconsistenza, era stato respinto in tempi brevissimi, e con durezza, dalla Corte Costituzionale. Ieri i giornali hanno pubblicato la notizia che, a seguito di una denuncia presentata dai radicali, la Procura di Roma ha iscritto il ministro Sacconi nel registro degli indagati per violenza privata e che gli atti sono stati trasmessi al competente Tribunale dei Ministri. Non so francamente dire se il ministro abbia, o non abbia, commesso il reato contestato, e se impedendo l’esecuzione della sentenza Englaro abbia addirittura commesso ulteriori reati. Confesso che tali circostanze non mi interessano neppure più di tanto.

Mi preoccupa invece, moltissimo, la questione di carattere generale, a un tempo giuridica e politica: la rottura del principio di legalità, l’alterazione degli equilibri fra i poteri dello Stato, l’impressione, soprattutto, che la semplice legittimazione politica ottenuta dal voto popolare si stia trasformando ormai, nei fatti, in strumento di prevaricazione, di sopraffazione, di cancellazione di diritti e garanzie riconosciute dalla legge e dichiarate dai giudici. Se ciò stesse davvero accadendo, se, in particolare, dovesse diventare prassi di governo, sarebbe la fine dello Stato di diritto.

"Rispetterò il patto di sangue con mia figlia Eluana"

"Rispetterò il patto di sangue con mia figlia Eluana"

La Repubblica del 19 gennaio 2009, pag. 14

di Piero Colaprico

«Quanto è successo a Eluana, è successo in Italia. E quindi in Italia avrà fine», dice papà Beppino Englaro. Sono le 19.15 ed ha appena ricevuto un fascio di diciassette rose rosa, portato dai radicali di Marco Cappato, da Silvio Viale e dai socialisti del Ps, capitanati da Riccardo Nencini: una per ogni anno di stato vegetativo di sua figlia. Le porterà nella camera della clinica delle suore Misericordine, anche se il profumo non arriverà mai alla destinataria del regalo: «È un anniversario che speravo di non vivere, ma so che Eluana avrebbe detto grazie a tutti. Prima o poi arriveremo all’epilogo che lei avrebbe voluto, il clima sta cambiando, e tra noi c’era un patto di sangue, che sarà rispettato». Non è uno che molla. «Nella legalità all’interno della società, noi andremo avanti», dice, mentre aspetta la fiaccolata per la libertà di Eluana (trecento persone ieri a Lecco) in compagnia di Elena Nave, che insieme a lui ha scritto il libro sulla sua vicenda, e del neurologo Carlo Alberto Defanti, che ha visitato nel pomeriggio la paziente.



Perla prima volta, ieri mattina, ha speso una parola su questo caso che sconcerta largamente l’opinione pubblica Walter Veltroni, segretario del Pd: «Penso che il ministro Sacconi debba dare delle spiegazioni al Paese. È del tutta legittimo che il governo esprima il suo punto di vista, anche se ci sono delle sentenze della magistratura. Non è possibile però che un ministro dica ad un ospedale: "Se fate questo noi vi facciamo delle ritorsioni di carattere amministrativo". Questo in un paese democratico non esiste». Veltroni era nella provincia catanese e «al di là del giudizio di merito», sul quale non si è pronunciato, non ha usato perifrasi: «Si tratterebbe di una cosa molto grave», se corrispondesse al vero ciò che la magistratura romana vorrebbe accertare, e cioè che Maurizio Sacconi, dalla sua influente poltrona del Welfare, avrebbe «esercitato pressioni nei confronti di una Regione minacciando interventi di carattere amministrativo a fronte di una decisione che doveva essere presa da istituti ospedalieri». Anche Marco Pannella da domani trasforma lo sciopero della sete in sciopero della fame, in nome degli Englaro e degli spazi giornalistici nella Rai.



Parte del Pdl difende invece a spada tratta Sacconi, mentre una Regione come l’Emilia Romagna è scesa in campo, dichiarando la palese divergenza d’opinioni con il ministro forzista. E un funzionario importante, Marcello Tonini, direttore generale dell’Ausl di Rimini, ha offerto un’apertura sinora mai registrata: «La scelta del luogo di cura e assistenza per un paziente appartiene alla libera valutazione del cittadino e noi come nostra consuetudine, ci atterremo alla legge».



Sino a questa mattina, però, contatti non ne sono stati presi. Se si aprono spiragli concreti, Englaro li accetterà, in nome e per conto di Eluana, senza occuparsi troppo dei (parole sue) «deliri umani, giuridici e politici» che sinora lo hanno ostacolato.

lunedì 19 gennaio 2009

Corteo per «liberare Eluana» «Sacconi rinunci all’immunità»

Corteo per «liberare Eluana» «Sacconi rinunci all’immunità»

Corriere della Sera del 19 gennaio 2009, pag. 20

di Grazia Maria Mottola

Diciassette rose per Eluana. Una per ogni anno in stato vegetativo. Per ricordare quel 18 gennaio 1992, data dell’incidente, origine della sua vicenda, umana e giudiziaria. Sfilano in testa al corteo dell’associazione Coscioni e dai Radicali italiani, attraversano il centro storico di Lecco, si fermano davanti alla Casa di cura dove è ricoverata. Papà Beppino sfida il nevischio, aspettando la consegna.



Arrivano in 400 circa, dietro lo striscione nelle mani di Marco Cappato, segretario della Coscioni; Silvio Viale, il medico torinese che da tempo si offre per fare le volontà di Eluana; il socialista Riccardo Nencini, presidente del consiglio regionale toscano. C’è anche gente comune, in coda per salutare Beppino. Mezz’ora di strada, un centinaio le fiaccole, alle spalle una «maratona oratoria». L’appello, indirizzato ai «sequestratori di Eluana» è all’unisono: «Liberate Eluana, ostaggio della politica partitocratica». Sotto accusa soprattutto l’atto di indirizzo del ministro Sacconi, ora indagato per violenza privata, sul quale si concentra Cappato: «Se ha il coraggio, rinunci all’immunità parlamentare». Una proposta da Viale: «In Piemonte Mercedes Bresso si era detta disponibile. Ne parlerò a Englaro». Spunta Carlo Alberto Defanti, neurologo di Eluana: l’ha visitata, le sue condizioni sono stabili.



Alle 19.30 papà Beppino riceve i fiori: «Lo scorso anno dissi che sarebbe stata l’ultima volta, ora lo ripeto». La speranza non manca, nonostante il recente stop di Udine: «Andrò avanti per rispettare il patto di sangue con mia figlia. Troveremo una soluzione sempre nella legalità, sempre in Italia». E si guarda intorno: «Mai vista tanta gente, si vede che è cambiato il clima culturale. Eluana non è sola, lei avrebbe detto grazie».

Englaro, Farina Coscioni: oltraggio al diritto, vergognoso linciaggio del corpo e della volontà di Eluana.

Englaro, Farina Coscioni: oltraggio al diritto, vergognoso linciaggio del corpo e della volontà di Eluana.

Roma, 16 gennaio 2009

Dichiarazione di Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale e co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni

Il ricatto del ministro del Welfare Sacconi ha raggiunto dunque il suo scopo. Con una interferenza arrogante e prepotente che non ha riscontro, il ministro – e con lui il Governo – hanno odiosamente intimidito la clinica che era disposta a rendere esecutiva la sentenza della Corte di Cassazione e della Corte d'Appello di Milano. E' un oltraggio e una ferita gravissima che viene inferta con cinismo e senza misericordia: quella misericordia che – ricordo – ebbe Papa Giovanni Paolo II, quando chiese – e venne esaudito – di essere libero di poter "andare alla casa del padre. Non posso che manifestare una profonda amarezza e indignazione per quello che sta accadendo: un vero e proprio oltraggio al diritto, alla legge, alle leggi dell'umanità. Esprimo piena, incondizionata, totale solidarietà alla famiglia di Eluana Englaro, sottoposta a un incredibile e vergognoso linciaggio. Sono stata vicino a papà Beppino nella sua coraggiosa battaglia, continuerò a sostenerlo e mi batterò con i miei compagni radicali per una buona legge sul testamento biologico e di fine vita. Tornerò da Eluana, come ho fatto un anno fa. Siamo con loro, per affermare il diritto a una vita degna di questo nome ed assicurare una morte senza dolore quando la vita non è più vita.

sabato 17 gennaio 2009

Sulla pelle di Eluana

Sulla pelle di Eluana

Left del 16 gennaio 2009, pag. 82

di s.m.

«H perso mia figlia diciassette anni fa». In questa frase di Peppino Englaro è riassunta tutta la schietta e dolorosa verità sulla vicenda di Eluana, da parte di chi l’ha davvero amata. Splendida ragazza piena di energia che, in una notte di inverno e ghiaccio di molti anni fa, è rimasta vittima di un incidente d’auto. Da allora è in clinica, in uno stato di coma vegetativo, alimentata e idratata artificialmente, il suo corpo di giovane donna biologicamente resiste, ma Eluana non c’è più, la sua corteccia cerebrale distrutta e, dicono i maggiori esperti internazionali, è escluso che la sua realtà mentale funzioni. Il che vuol dire, purtroppo, nessuna possibilità di affetti, immagini, pensieri.



In una realtà così compromessa nessuna possibilità di avere rapporto con gli altri esseri umani. Ma come ribadisce utilmente il presidente della consulta di bioetica, il docente dell’università di Torino, Maurizio Mori nel suo nuovo libro Il caso Eluana Englaro, appena uscito per Pendagron (con una toccante introduzione di Peppino Englaro), Eluana aveva detto e ripetuto a più persone, quando stava bene e in più di un’occasione, che mai avrebbe voluto sopravvivere così, da cadavere riscaldato dalle macchine, come era accaduto a un suo caro amico che era disgraziatamente caduto in stato vegetativo. Ma su questo pensiero vivo della ragazza, testimoniato da familiari e amici, la politica italiana si è scagliata. Con cieco e furibondo accanimento. Fino alla decisione del ministro Maurizio Sacconi espressa il mese scorso in una circolare (e denunciata dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca) di bloccare la proposta della struttura ospedaliera di Udine che si era detta disponibile ad accogliere Eluana Englaro per rispettare le sue volontà.



E questo da parte del ministro Sacconi, in aperto conflitto con la Costituzione italiana ma anche con la decisione della Corte di appello di Milano che nei mesi scorsi aveva dato ragione agli Englaro.



Per i prossimi giorni, intanto, il governo Berlusconi annuncia l’arrivo nella commissione Sanità del Senato del testo unico sul testamento biologico e che - stando a quanto anticipato fin qui alla stampa - non solo e non tanto rimetterebbe le decisioni del paziente nelle mani del medico, ma accetterebbe la possibilità per il paziente di esprimersi solo sulla terapia da seguire e non sulla decisione se vivere o morire. Intanto e, giustamente, forse anche in reazione a questo annuncio del governo, sul web continuano a crescere le adesioni alla proposta del senatore del Pd e chirurgo Ignazio Marino, che nella scorsa legislatura si è battuto coraggiosamente per una giusta legge sul testamento biologico. A oggi sono più di 50.000 adesioni per la sua proposta che mette al primo posto la volontà del malato in accordo con l’articolo 32 della nostra Costituzione.



Fra i primi firmatari figurano l’oncologo ed ex ministro della Salute Umberto Veronesi, il premio Nobel Rita Levi Montalcini, il farmacologo e direttore dell’Istituto Mario Negri, Silvio Garattini (è possibile firmare l’appello sul sito www.ignaziomarino.it). II 17 gennaio, intanto, l’associazione Luca Coscioni è presente in tutte le maggiori città italiane per organizzare i tavoli della raccolta di firme perché ciascuno possa decidere autonomamente del proprio destino, senza che altri come troppo spesso accade - e immotivatamente - possano decidere sulla propria pelle.

se l'Italia fosse uno Stato di Diritto, Sacconi dovrebbe ora rispondere penalmente del suo ricatto eversivo

se l'Italia fosse uno Stato di Diritto, Sacconi dovrebbe ora rispondere penalmente del suo ricatto eversivo

16 gennaio 2009

• Comunicato stampa di Marco Cappato, Deputato europeo radicale, Segretario dell'Associazione Luca Coscioni

Appena il Ministro della Salute Sacconi emanò il suo atto eversivo della Costituzione e della legge, come Radicali abbiamo - con la Segretaria di Radicali italiani Antonella Casu e il Segretario di Nessuno Tocchi Caino Sergio D'Elia - denunciato il Ministro per abuso di potere e violenza privata aggravata nei confronti dei sanitari della casa di cura Città di Udine, della quale il Ministro si era reso responsabile con le sue minacce. Apprendiamo ora - in base alle indiscrezioni giornalistiche del sito di Repubblica - che l'azione ricattatoria e violenta del Ministro avrebbe colto nel segno, ottenendo con l'intimidazione che la clinica di Udine si sia sentita costretta a ritirare la disponibilità offerta a Beppino Englaro per rispettare la volontà di Eluana e le sentenze della magistratura.



Se mai l'Italia fosse una democrazia e uno di Stato di diritto, si dovrebbe immediatamente celebrare un processo per perseguire il ricatto eversivo messo in atto dal Ministro Sacconi. Siamo facili profeti nel dire che questo non accadrà, almeno non prima che noi Radicali avremo mandato a casa un potere e un regime sempre più violenti e irresponsabili, oltre che incapaci di governare i problemi del nostro tempo.



La battaglia per Eluana, per Beppino e per la vita del diritto in Italia - che ci porterà come Radicali italiani e associazione Luca Coscioni manifestare a Lecco domenica alle ore 17.30 in piazza Diaz - è dunque la stessa battaglia alla quale Marco Pannella sta dando corpo - attraverso lo sciopero della fame e della sete, e assieme all'occupazione di Marco Beltrandi della Commissione di Vigilanza - nel tentativo di bloccare un'altra azione criminale, quale è quella messa in atto da quei Parlamentari che sabotano il funzionamento della Commissione di Vigilanza impedendole di adempiere agli obblighi costituzionali indicati dal Capo dello Stato.