l’Unità 2.12.10
Se mille suicidi non dicono nulla
La scelta di Monicelli e il tema dell’eutanasia
di Carlo Troilo, associazione Luca Coscioni
Mario Monicelli ha scelto la stessa morte che mio fratello Michele, anche lui malato terminale, scelse nel marzo del 2004: un salto nel vuoto da 15 metri di altezza. Decisi allora di rendere pubblica la tragedia di mio fratello e lo feci grazie a Corrado Augias. Dopo pochi mesi “scoprii” e inviai a diversi giornali, che li pubblicarono, i dati dell’Istat da cui risulta che ogni anno mille malati terminali (tre al giorno), non potendo ottenere l’eutanasia, come avrebbe voluto Michele, trovano nel suicidio la loro “uscita di sicurezza”. Un numero pari a quello delle “morti bianche”, che suscitano il giusto sdegno degli italiani, a partire dal Presidente della Repubblica. La mia lettera del marzo 2004 finiva così: «Caro Michele, mi vergogno di vivere nel paese che ti ha costretto a questo. Ammiro il tuo coraggio e so che lo hai fatto anche per alleviare la pena di chi ti voleva bene, per altruismo, per dignità e per pudore. Rendo pubblico il tuo gesto per dargli anche valore di battaglia civile, credo ti farebbe piacere sapere che è servito a smuovere qualche coscienza».
Commentando il suicidio di Monicelli, Silvio Viale ha sintetizzato con forza il problema: «Non sarebbe morto così se l’eutanasia volontaria fosse legale nel nostro paese. Se l’eutanasia fosse legale, Mario Monicelli avrebbe potuto parlare apertamente con il proprio medico delle proprie intenzioni. Avrebbe potuto modificare la propria decisione, o rimandarla, e se alla fine avesse confermato la propria richiesta, considerando ormai insopportabile la propria condizione, sarebbe stato aiutato a morire con dignità, tra i suoi cari. In un paese civile, lo Stato dovrebbe consentire di non essere costretti a morire così».
Tutte le ricerche degli ultimi anni dimostrano che la maggioranza degli italiani (il 67% secondo il Rapporto Eurispes 2010) è favorevole alla legalizzazione della eutanasia per i malati inguaribili. E questo vale, sia pure in misura più ridotta, anche per i cattolici praticanti. Lo stesso Monicelli era ferocemente contrario alla logica della “vita a tutti i costi”: «La vicenda di Piergiorgio Welby aveva detto in un’intervista a Radio Radicale il 28 novembre del 2006 è un tema che si potrebbe trattare con una commedia, ironizzando e mettendo in ridicolo quelli che pensano che questo disgraziato debba rimanere a soffrire, non si sa per chi».
Ma il Vaticano non vuole l’eutanasia e tratta tutti noi che ci battiamo per introdurla in Italia alla stregua di una banda di assassini intenti a preparare la strage degli innocenti. E la nostra classe politica tace, rendendosi così corresponsabile di quei tre suicidi che ogni giorno vengono a sconvolgere la nostra coscienza.
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