domenica 5 dicembre 2010

Il pugno nello stomaco di quello spot pro eutanasia

Il pugno nello stomaco di quello spot pro eutanasia

Francesco Specchia,Libero Quotidiano, il 24/11/10

C’è un signore, probabilmente in un ospedale, dall’occhio pesto, in pigiama, e la voce flebile come fiammella nel buio. Dietro di lui la moglie gli rifà il letto mentre la luce dalla tapparella filtra faticosamente in una stanza asettica.
A dire il vero è faticoso - quanto saldo - pure l’eloquio del signore: «La vita è questione di scelte. Io ho scelto di fare ingegneria all’università. Ho scelto di sposare Tina, con due figli splendidi. Ho scelto questa maglietta, questo taglio di capelli. Quello che non ho scelto è di essere malato terminale». Continua l’uomo, con estrema dignità: «Certamente non ho scelto che la mia famiglia debba vivere quest’inferno con me. Sto aspettando per la scelta finale, ho solo bisogno che il governo mi ascolti». Ecco. È in questi 30, choccanti, secondi che si articola l’unico spot proeutanasia già censurato in Australia e andato in onda, in Italia, soltanto sulle frequenze di Telelombardia e Antenna3 dell’editore Sandro Parenzo. La versione italiana dello spot è stata curata dall’Associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale, che l’ha reso il simbolo d’una battaglia politica. C’è da dire che lo spot mette i brividi, ti lacera, ti devasta come se avessi dentro un chilo di tritolo. Ci ricorda un road movie tedesco di Thomas Jahn, "Knockin’ on Heaven’s Door", su due malati terminali che fuggono dall’ospedale per vedere il mare per l’ultima volta. Si trattava d’un bel film del’97, in Italia passò solo in un Festival, non fu mai distribuito.
Ora, Parenzo è un editore ebreo, laico, illuminato, a volte benignamente paraculo. Ma solo l’idea di propalare una così estrema idea di libertà, di gestione del proprio corpo, di diritto alla morte, è un gesto assai coraggioso. Certo, l’eutanasia può essere trattata in vari modi. C’è Saviano che invita Mina Welby ed Englaro; c’è "Kilt me please", la black comedy di Olias Barco che ha vinto il Festival di Roma; c’è, perfino, un ironico e misconosciuto racconto di Stevenson, "Il club dei suicidi", che consigliamo vivamente a chi vorrebbe vivere il trapasso con la levità dei poeti. Comunque sia, nonostante la drammaticità del tema, ci fa stare meglio il pensiero che chiunque possa esercitare uno straccio di libero arbitrio. Non foss’altro nel guardare o meno uno spot...

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