l’Unità 8.4.09
Testamento biologico: il vero obbiettivo. Se lo Stato dimentica i diritti
di Donatella Poretti
Perché il Parlamento “avrebbe” potuto fare una legge sul testamento biologico? Guardando le altre legislazioni la risposta è univoca: estendere il diritto della persona capace di decidere le cure a chi si trovasse nell’incapacità di esprimere il consenso. Una dichiarazione esecutiva dal momento in cui il paziente non può esprimere le sue volontà, che oggi devono essere ricostruite (vicenda Englaro) oppure delegate ad altri come i familiari.
Altra è la risposta per cui è stata approvata dal Senato questa legge. Nessuno deve più morire di “fame e di sete” ed essere “ucciso con sentenze” della magistratura. Si è così creato un istituto giuridico - le dichiarazioni anticipate di trattamento - per svuotarlo di significato e di valore. Non essendo vincolanti avranno lo stesso valore di una email o di una telefonata.
Fosse solo questo potremmo essere amareggiati di aver usato male il tempo delle istituzioni, ma rassicurati in parte dall’inutilità dell’operazione.
Purtroppo la legge non si limita a ciò. Il primo comma anticipa la gravità della norma sancendo l’indisponibilità della vita, che diventa un obbligo di vivere e morire nelle condizioni decise dal Parlamento. Questo principio si traduce nel dovere di nutrire e idratare artificialmente un paziente in stato vegetativo. Perdendo la coscienza, gli vengono sottratti anche i diritti, in particolare quello di decidere i trattamenti medici dell’articolo 32 della Costituzione, scritto dopo avere visto gli effetti devastanti degli Stati totalitari sui corpi delle persone.
Questa legge che apparentemente si occupa di sanità, stravolge il senso del rapporto tra la persona, il cittadino, l’individuo e lo Stato. Si passa da caratteristiche salienti dello Stato liberale, come l’inviolabilità dei diritti dell’uomo e la sua autodeterminazione, all’imposizione di dettami tipici di uno Stato etico, che decide cure, vita e morte dei propri sudditi.
Chi ha sostenuto la necessità di un intervento legislativo contro le sentenze della magistratura con questa legge otterrà l’effetto opposto. Una norma così scritta obbligherà i tribunali a interpretare divieti e obblighi imposti. Se i medici avessero avuto bisogno di una norma chiara per avere certezze su come muoversi, la risposta del Parlamento è stata opposta: cavilli e complicazioni. Un medico con questa norma rischia di più se sospende una terapia rispettando il consenso del paziente o se la mantiene contro la sua volontà?
La forza dei numeri non sempre è sinonimo di democrazia: limitare diritti invece che estenderli, cancellare libertà individuali a colpi di maggioranza parlamentare non è caratteristica dello Stato di diritto. Senza il quale non può esserci diritto alla vita.
Testamento biologico: il vero obbiettivo. Se lo Stato dimentica i diritti
di Donatella Poretti
Perché il Parlamento “avrebbe” potuto fare una legge sul testamento biologico? Guardando le altre legislazioni la risposta è univoca: estendere il diritto della persona capace di decidere le cure a chi si trovasse nell’incapacità di esprimere il consenso. Una dichiarazione esecutiva dal momento in cui il paziente non può esprimere le sue volontà, che oggi devono essere ricostruite (vicenda Englaro) oppure delegate ad altri come i familiari.
Altra è la risposta per cui è stata approvata dal Senato questa legge. Nessuno deve più morire di “fame e di sete” ed essere “ucciso con sentenze” della magistratura. Si è così creato un istituto giuridico - le dichiarazioni anticipate di trattamento - per svuotarlo di significato e di valore. Non essendo vincolanti avranno lo stesso valore di una email o di una telefonata.
Fosse solo questo potremmo essere amareggiati di aver usato male il tempo delle istituzioni, ma rassicurati in parte dall’inutilità dell’operazione.
Purtroppo la legge non si limita a ciò. Il primo comma anticipa la gravità della norma sancendo l’indisponibilità della vita, che diventa un obbligo di vivere e morire nelle condizioni decise dal Parlamento. Questo principio si traduce nel dovere di nutrire e idratare artificialmente un paziente in stato vegetativo. Perdendo la coscienza, gli vengono sottratti anche i diritti, in particolare quello di decidere i trattamenti medici dell’articolo 32 della Costituzione, scritto dopo avere visto gli effetti devastanti degli Stati totalitari sui corpi delle persone.
Questa legge che apparentemente si occupa di sanità, stravolge il senso del rapporto tra la persona, il cittadino, l’individuo e lo Stato. Si passa da caratteristiche salienti dello Stato liberale, come l’inviolabilità dei diritti dell’uomo e la sua autodeterminazione, all’imposizione di dettami tipici di uno Stato etico, che decide cure, vita e morte dei propri sudditi.
Chi ha sostenuto la necessità di un intervento legislativo contro le sentenze della magistratura con questa legge otterrà l’effetto opposto. Una norma così scritta obbligherà i tribunali a interpretare divieti e obblighi imposti. Se i medici avessero avuto bisogno di una norma chiara per avere certezze su come muoversi, la risposta del Parlamento è stata opposta: cavilli e complicazioni. Un medico con questa norma rischia di più se sospende una terapia rispettando il consenso del paziente o se la mantiene contro la sua volontà?
La forza dei numeri non sempre è sinonimo di democrazia: limitare diritti invece che estenderli, cancellare libertà individuali a colpi di maggioranza parlamentare non è caratteristica dello Stato di diritto. Senza il quale non può esserci diritto alla vita.
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