mercoledì 22 aprile 2009

Se lo Stato non ascolta Paolo*

Se lo Stato non ascolta Paolo*

di Maria Antonietta Farina Coscioni

Il testo del disegno di legge approvato al Senato in tema di "testamento biologico" avrebbe probabilmente avuto un altro senso e dato risposte certe, se fossero state raccolte le voci e le testimonianze dei malati che sul proprio corpo vivono dolori e sofferenze atroci.

Una fra tante quella del video-messaggio di Paolo Ravasin gravemente malato di sclerosi laterale amiotrofica come Luca Coscioni, attaccato ad un ventilatore artificiale come Pier Giorgio Welby, che non vuole essere nutrito artificialmente, nel caso in cui le sue condizioni si aggravassero ulteriormente, attraverso la Peg (gastrostomia endoscopica percutanea), o con un sondino nasogastrico come è accaduto per anni a Eluana Englaro. Paolo non ha paura di vivere, lotta perché ha paura di non poter morire. Ha paura perché la legge varata dal Senato annulla la sua volontà, e le sue parole perché «lo Stato intende arrogarsi il diritto di bucare il mio stomaco per introdurvi acqua e cibo ... Io ribadisco che non voglio, assolutamente non voglio essere sottoposto a questi trattamenti...».


È un uomo libero, Paolo, perché è perfettamente informato e pienamente consapevole delle conseguenze cui va incontro, e rivendica il suo diritto e la libertà di poter decidere di quello che rimane della sua vita e della sua morte. Parto dalle sue parole, e dal pieno rispetto della sua volontà: pongono tutti noi di fronte a responsabilità che non devono essere eluse: il diritto di rifiutare i trattamenti medici si estende anche a quelli necessari per la propria sopravvivenza, non essendo in alcun modo ricavabile dal diritto alla vita, che tutela innanzitutto l’individuo contro le aggressioni da parte di terzi, né un dovere di mantenersi in vita, né un dovere di subire interventi nel proprio corpo finalizzati al mantenimento delle funzioni vitali, nonostante la propria contraria volontà.


C’è chi sostiene che tali questioni riguardano la coscienza individuale e non la politica. Ma se la politica non si occupa di queste cose, che riguardano la quotidianità della nostra vita, di che cosa deve mai occuparsi?

La "politica", arroccata nei suoi "palazzi", impone leggi-manifesto ed elude le richieste e i bisogni dei cittadini. Dinanzi ad un dibattito parlamentare sinora deludente, che non corrisponde alle esigenze del cittadino, ci sarà, temo, ancora bisogno di altri "casi" come quelli di Paolo, di Eluana, di Luca e di Piergiorgio, veri e propri «eroi», per rendere il dibattito politico autentico e non, come avviene, incutendo paura nella collettività.

NOTE

* da “L’Unità”

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