Vaticano e ricerca scientifica
Corriere della Sera del 21 ottobre 2008, pag. 37
di Maria Antonietta Farina Coscioni
Secondo il Papa tra la comunità scientifica serpeggerebbe la tentazione dei «facile guadagno», «l’arroganza di sostituirsi a Dio», una forma di «hybris della ragione che può assumere caratteristiche pericolose per le stessa umanità». Mi sembra di tornare a 500 anni fa, ai tempi dei cardinal Carafa poi Papa Paolo IV, alla sua intransigenza castigatrice e persecutoria. Quel pontefice impegnò ogni sua energia contro l’impero spagnolo, per imporre il primato del potere temporale vaticano. Oggi è altra fa-posta in gioco: si mette in continua discussione la libertà della ricerca scientifica, condannandola come arrogante. Tutto ciò non è accettabile, e mi auguro che la comunità scientifica per prima opponga il suo «no» a questa concezione oscurantista ancora una volta offerta dal pontefice. Da laica ritengo che gli Stati non si devono intromettere nelle scelte confessionali; ma al tempo stesso le Chiese non si devono intromettere nelle scelte normative degli Stati. La laicità degli ordinamenti, la distinzione tra «reato» e «peccato», tra norma giuridica e norma «morale», costituiscono la miglior difesa della libertà religiosa: le gerarchie ecclesiastiche hanno il pieno diritto di diffondere i propri messaggi, ma i responsabili politici non devono consentire che le legittime convinzioni morali di alcuni si traducano in imposizione o proibizione per tutti gli altri. Fino a poche ore fa, con i miei compagni radicali parlamentari, occupavo il corridoio antistante la commissione di vigilanza Rai. In quel palazzo di San Macuto venne processato dall’Inquisizione Galilei, che se la cavò solo perché abiurò. In quei giorni ho spesso pensato che fin da quei tempi si è maturata la consapevolezza che il metodo scientifico, la «conoscenza» che produce, quasi sempre «naturalmente» mi verrebbe da dire, entrano in conflitto con le credenze del senso comune, con le tradizioni religiose e le ideologie politiche. Si potrebbe fare una storia di decine di volumi per raccontare i ricorrenti tentativi di censurare la libertà di pensiero e di ricerca. Va insomma rivendicato e difeso il diritto dei laici, del liberali, degli antifondamentalisti, di denunciare che il risultato concreto di alcune politiche proposte dalle gerarchie vaticane è solo quello di proibire terapie, vietare ricerca, imporre inutili e crudeli sofferenze. Opporsi alla libertà della ricerca scientifica significa togliere speranza di vita per milioni di malati come lo erano Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli. Il ministro Gelmini propone che nelle scuole si torni a studiare l’educazione civica. Ben venga questo ritorno, perché significa studio della Costituzione, dove spiccano due articoli di cristallina chiarezza. L’art. 9 dice che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica». L’art. 33, afferma che «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Se in questi due articoli c’è arroganza, lo confesso: sono un’arrogante.
NOTE
Membro Commissione Affari Sociali, Co-Presidente «Associazione Luca Coscioniper la libertà di ricerca scientifica»
Corriere della Sera del 21 ottobre 2008, pag. 37
di Maria Antonietta Farina Coscioni
Secondo il Papa tra la comunità scientifica serpeggerebbe la tentazione dei «facile guadagno», «l’arroganza di sostituirsi a Dio», una forma di «hybris della ragione che può assumere caratteristiche pericolose per le stessa umanità». Mi sembra di tornare a 500 anni fa, ai tempi dei cardinal Carafa poi Papa Paolo IV, alla sua intransigenza castigatrice e persecutoria. Quel pontefice impegnò ogni sua energia contro l’impero spagnolo, per imporre il primato del potere temporale vaticano. Oggi è altra fa-posta in gioco: si mette in continua discussione la libertà della ricerca scientifica, condannandola come arrogante. Tutto ciò non è accettabile, e mi auguro che la comunità scientifica per prima opponga il suo «no» a questa concezione oscurantista ancora una volta offerta dal pontefice. Da laica ritengo che gli Stati non si devono intromettere nelle scelte confessionali; ma al tempo stesso le Chiese non si devono intromettere nelle scelte normative degli Stati. La laicità degli ordinamenti, la distinzione tra «reato» e «peccato», tra norma giuridica e norma «morale», costituiscono la miglior difesa della libertà religiosa: le gerarchie ecclesiastiche hanno il pieno diritto di diffondere i propri messaggi, ma i responsabili politici non devono consentire che le legittime convinzioni morali di alcuni si traducano in imposizione o proibizione per tutti gli altri. Fino a poche ore fa, con i miei compagni radicali parlamentari, occupavo il corridoio antistante la commissione di vigilanza Rai. In quel palazzo di San Macuto venne processato dall’Inquisizione Galilei, che se la cavò solo perché abiurò. In quei giorni ho spesso pensato che fin da quei tempi si è maturata la consapevolezza che il metodo scientifico, la «conoscenza» che produce, quasi sempre «naturalmente» mi verrebbe da dire, entrano in conflitto con le credenze del senso comune, con le tradizioni religiose e le ideologie politiche. Si potrebbe fare una storia di decine di volumi per raccontare i ricorrenti tentativi di censurare la libertà di pensiero e di ricerca. Va insomma rivendicato e difeso il diritto dei laici, del liberali, degli antifondamentalisti, di denunciare che il risultato concreto di alcune politiche proposte dalle gerarchie vaticane è solo quello di proibire terapie, vietare ricerca, imporre inutili e crudeli sofferenze. Opporsi alla libertà della ricerca scientifica significa togliere speranza di vita per milioni di malati come lo erano Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli. Il ministro Gelmini propone che nelle scuole si torni a studiare l’educazione civica. Ben venga questo ritorno, perché significa studio della Costituzione, dove spiccano due articoli di cristallina chiarezza. L’art. 9 dice che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica». L’art. 33, afferma che «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Se in questi due articoli c’è arroganza, lo confesso: sono un’arrogante.
NOTE
Membro Commissione Affari Sociali, Co-Presidente «Associazione Luca Coscioniper la libertà di ricerca scientifica»
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