venerdì 10 ottobre 2008

Eluana, la Consulta dice no al Parlamento

La Repubblica 9.10.08
Eluana, la Consulta dice no al Parlamento
Aborto terapeutico, il consiglio di Stato boccia la Lombardia e il limite a 22 settimane
di Piero Colaprico

Inammissibile il conflitto di competenza Anche i giudici ordinari danno ragione a papà Englaro

MILANO - Torto al Parlamento sulla vicenda di Eluana Englaro da parte della Corte costituzionale. Torto alla regione Lombardia sulle linee guida dell´aborto da parte del Consiglio di Stato. È un caso, ma questa doppia sconfitta, nello stesso giorno, della politica più prona alle richieste della Santa Sede ha un aspetto comune. Vittorio Angiolini, che è legale sia di papà Beppino sia dei medici della Cgil: «I giudici - dice il costituzionalista - bacchettano chi cerca di piegare le leggi oltre il limite. Comunque in un caso, quello dell´aborto, c´è la questione della difesa del rapporto tra medici e pazienti, tenendo i politici un po´ più lontani di quanto vogliono. Nell´altro, quello di Eluana, siamo all´opposto, e cioè bisogna stabilire che i medici, a un certo punto, devono fermarsi e rispettare il paziente».
Se il consiglio di Stato che respinge il ricorso della Regione Lombardia, già perdente davanti al Tar, era in qualche modo un evento annunciato, bisogna dire che il caso Englaro ha vissuto momenti clamorosi. Ci sono altri due fatti, oltre al no al Parlamento da parte della Corte costituzionale, da registrare: il sì all´udienza in tempi rapidi da parte della Corte di Cassazione; e l´accordo a Milano per eliminare dalla scena la «sospensiva» della sentenza.
«Le cose piano piano stanno andando per il verso giusto», dice papà Beppino ai giornalisti. «Il riconoscimento ci fa capire che le cose giuste vanno avanti. Abbiamo un ostacolo in meno, è il massimo», conclude. Vediamo dunque in dettaglio che cos´è successo.
Come si ricorderà lo scorso luglio, tra lo sconcerto trasversale degli esperti di diritto, alcuni politici, con Francesco Cossiga in testa, avevano sollevato il conflitto di attribuzione. Secca, senza sconti, priva di diplomazie, la risposta è in un aggettivo: «Inammissibili». I ricorsi per rivendicare a Camera e Senato la competenza di legiferare sulla «non-vita» di Eluana vanno bocciati, così hanno stabilito i giudici che regolano i rapporti tra le istituzioni del Paese.
Il centrodestra protesta e s´indigna, ma non ha il monopolio del mondo cattolico. In queste ore circola un appello dal titolo inequivocabile: «Lasciamo che Eluana riposi in pace». A firmarlo sono «ventidue cattolici, appartenenti all´area della Chiesa che si rifà con particolare convinzione al Concilio Vaticano II». Sono conosciuti per fede e impegno culturale. Ritengono che da parte delle gerarchie ecclesiastiche «ci si accanisca nei confronti di Eluana e che non si rispettino le sue precedenti accertate dichiarazioni di volontà prima dell´incidente».
Nel frastuono delle polemiche, la «tartarughesca» macchina della giustizia intanto è dirittura d´arrivo sul «fascicolo Englaro». L´11 novembre la Corte di cassazione si riunirà a Roma. Lo farà a sezioni unite (significa che i giudici vogliono sottolineare che il loro parere sarà definitivo). Ed esaminerà gli ultimissimi ricorsi e controricorsi. Un anno fa la stessa Corte affermò che il medico ha «il dovere giuridico di rispettare la volontà della paziente contraria alle cure»: non si può, cioè, essere «medicalizzati» a forza e senza fine. Può smentire se stessa? Staremo a vedere.
E sempre ieri, ma a Milano, in quaranta minuti, la Corte d´appello ha pronunciato alle 12.45 un «non luogo a provvedere». Non è una decisione neutra: avvocati e magistrati si sono infatti accordati su una linea di «dialogo». Ed è stata smentita l´ «urgenza» a dover bloccare la sentenza favorevole agli Englaro del luglio scorso. Papà Beppino, interpellato direttamente dai giudici Lapertosa, Secchi e Boiti ha assicurato - forse per la centesima volta - che il suo intento era ed è di «muoversi alla luce del sole». D´altra parte, che può fare? È stato ricordato in aula che la Regione Lombardia aveva comunque espresso il «no» a qualsiasi ricovero in uno dei suoi hospice. Questa imposizione dall´alto è stata affrontata e criticata dai legali: secondo loro, i funzionari regionali ne renderanno conto in un futuro processo.

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