giovedì 2 ottobre 2008

Più vita ai nostri giorni e non più giorni alla vita

Più vita ai nostri giorni e non più giorni alla vita

Liberazione del 2 ottobre 2008, pag. 1

di Maria Antonietta Farina Coscioni
Non posso nascondere la mia preoccupazione e inquietudine, a proposito della legge sul testamento biologico, per posizioni e opinioni che vedo manifestarsi anche in questa legislatura, come se non bastassero quelle della passata. Parlo di preoccupazione e di inquietudine perché è minacciato quello che considero un caposaldo: la rigorosa difesa della volontà della persona, del malato, il suo inalienabile, costituzionalmente garantito, diritto alla libertà di scelta.
Dunque una cosa è certa: al Paese serve solo una buona legge sul testamento biologico. Solo questo può fare la differenza rispetto alla situazione attuale.
cardinale Bagnasco, all'inizio dei lavori della Conferenza episcopale italiana, un'apertura. A me, al contrario, è subito sembrato un arroccamento sulle posizioni di sempre. La conferma che ho visto giusto, che non c'è alcuna apertura o segnale importante, è venuta da monsignor Sgreccia prima; da monsignor Fisichella e dal cardinale Ruini poi; e infine dal quotidiano dei vescovi, l'Avvenire .
Questi ultimi e molti esponenti della maggioranza a ruota hanno cura di specificare che la legge non deve contemplare «alcunché sul piano dell'alimentazione e dell'idratazione». Il Parlamento viene sollecitato a varare «una legge sul fine vita che riconoscendo il valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell'ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito, fuori dalle gabbie burocratiche, di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza».
In sostanza si cerca di realizzare quanto concertato nei giorni del meeting riminese di Comunione e Liberazione, dallo stesso Bagnasco con alcuni parlamentari di Cl: approvare una legge prima che la Corte Costituzionale si pronunci sul caso di Eluana Englaro, seguire la stessa strategia seguita per l'approvazione della legge sulla fecondazione assistita, mortificare le presenze laiche sia nella maggioranza che nell'opposizione.
C'è chi teme che il paese si spacchi in due. In realtà l'unica spaccatura è quella tra il "sentire" comune del paese e chi è chiamato a rappresentarlo. Un sondaggio di luglio della Swg rivela che l'81% degli interpellati è favorevole alla richiesta di interruzione delle cure, quando si presentano casi come quelli di Eluana. Questo è il paese reale, che marcia e cammina mentre noi, che lo dovremmo rappresentare, arranchiamo.
Casi come quelli di Coscioni, di Welby e di Nuvoli, si sono imposti alla politica per avere risposte chiare e certe dalla stessa. Hanno lottato per la vita con tutte le forze per sopravvenire alla malattia, utilizzando - e ci si dimentica di questo - tutti gli strumenti possibili ma che non sono a disposizione di tutti, dalla comunicazione alternativa come quella della scrittura con gli occhi, con la testa che faceva muovere un mouse virtuale, all'assistenza domiciliare integrata per i trattamenti fisioterapici non previsti in modo continuativo nel nostro sistema sanitario nazionale perché servono solo per evitare le piaghe da decubito. Luca Coscioni per questa ragione denunciò per «prestazioni sanitarie negate», la Asl di Orvieto.
Questo richiamo dovrebbe bastare a smontare le ingiuste, infondate e false insinuazioni di chi vuole usare i nomi di Coscioni, Welby, Nuvoli e oggi Englaro quali testimoni di una cultura della morte.
E' un punto fondamentale della proposta di legge che mi vede prima firmataria: la volontà della persona deve essere rispettata. Anche se fosse scientificamente provata l'esistenza di una "speranza" per Eluana, sarebbe doveroso rispettare la sua volontà. Ci sono persone che non vogliono pronunciarsi sulla loro morte, né scegliere in alcun modo, altre che non accettano di vivere in coma vegetativo. Penso che si debba prevedere la possibilità di scegliere tra le due opzioni. Non un obbligo, piuttosto una facoltà.
Questo ed altro porterò nel Comitato - di cui faccio parte - dei 6 parlamentari del Pd che proverà a formulare una posizione condivisa sul testamento biologico.
La battaglia da combattere è, da una parte, quella per la libertà della ricerca scientifica, dall'altra una battaglia per affermare i diritti umani fondamentali, fra i quali il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto ad una vita dignitosa fino all'ultimo istante che ciascuno considera degno di essere vissuto, scegliere di vivere senza sentirsi dire che tu questo o quello non lo puoi fare.
Al di là delle opinioni che possiamo avere sull'argomento, dovremmo trovarci uniti nel chiedere un'adeguata copertura informativa, soprattutto da parte del servizio pubblico radio-televisivo. E' tempo che su questi temi si parli e ci si confronti alla luce del sole e che le varie posizioni siano conosciute per poter essere apprezzate dalla pubblica opinione.

NOTE

Co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni - Deputata radicale eletta nelle liste del Pd

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