lunedì 13 ottobre 2008

«Ma quale vita, io che l’ho vista dico: lasciatela morire»

«Ma quale vita, io che l’ho vista dico: lasciatela morire»

Il Giornale del 13 ottobre 2008, pag. 10

Manila Alfano

«Io l’ho vista Eluana. Ma quale vita. Quello che le stanno facendo è già accanimento». Maria Antonietta Coscioni, moglie di Luca Coscioni e parlamentare radicale nel Pd, non vuol sentire parlare di ripresa. Quello che è successo sabato scorso a Eluana Englaro fa paura. Un’emorragia: per lei sembrava la fine, ma il suo corpo ha reagito, è uscito dal pericolo. Ed è proprio questa ripresa che ora fa discutere, fa venire dubbi alla gente, smuove l’opinione pubblica. E se fosse un segnale? Una sorta di messaggio di aiuto disperato di Eluana? «Impossibile», commenta sicura la Coscioni.


C’è chi dice: Eluana è viva. Sbaglia?
«È speculazione politica. Né più né meno. Chi parla di vita, a quale tipo di vita si riferisce esattamente? In lei non ci sono segnali, non una risposta. Ma non solo. Manca il rispetto prima di tutto nei suoi confronti. E invece qui ci troviamo davanti ad un accanimento lungo 16 anni».


Lei ha visto Eluana?
«Sì, sono andata in clinica a Lecco il 18 gennaio. Sedici anni dopo esatti dal suo incidente. Con il padre abbiamo instaurato un rapporto di grande fiducia. Beppino si fida, per questo sono andata in clinica».


E come l’ha trovata?
«Preferisco non parlarne, dico solo che è un corpo privato del rispetto. Un corpo senza coscienza. Nessuno ha mai dato spazio alla sua volontà, e quello che voleva non era certo ridursi in questo modo».


Come vede Beppino Englaro in questi giorni?
«In lui va riconosciuto il dolore di una persona che vive una situazione così straziante, così al limite della sopportazione umana. Soffre molto».


Come dovrebbe essere una legge giusta?
«Il testamento biologico che proponiamo si concentra su tre punti principali: la volontà della persona, ricondurre cioè la scelta finale alla sua volontà. Considerare l’idratazione e l’alimentazione artificiale accanimento terapeutico. E prevedere la figura di un fiduciario che possa far conoscere in qualsiasi momento la volontà della persona in questione».


E nel caso in cui non ci sia una volontà scritta?
«Allora si ricostruisce lo stile di vita del paziente, del suo spirito, la sua personalità. Come una sorta di fedeltà alla persona. Che poi è esattamente quello che è stato fatto con Eluana e che ha permesso ai giudici della Cassazione di emettere la sentenza favorevole alla morte della ragazza».


E ci riuscirete?
«La difficoltà è molto elevata. Ci sono molte correnti politiche avverse e profondamente contrarie».


Di cosa hanno paura secondo lei?
«Credo che siano politici lontani dalle domande dei cittadini, dalle loro richieste e necessità reali e concrete. Si preferisce mantenere tutto sommerso e lasciare che i medici si prendano tutta la responsabilità, assistendo a quella che Veronesi definì “Eutanasia clandestina”».

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