martedì 21 ottobre 2008

«Sembra un invito all’accanimento»

«Sembra un invito all’accanimento»

Il Mattino del 21 ottobre 2008, pag. 13

di Gaty Sepe

«Alleanza terapeutica, non abbandono dei malati inguaribili, umanizzazione della medicina: come si fa a non essere d’accordo? Eppure, il discorso del Papa è pieno di contraddizioni: alla fine, il suo, sembra quasi un appello all’accanimento terapeutico». Mina Welby, la piccola grande donna che ha accompagnato il marito Piergiorgio nel suo viaggio più duro, parla da cattolica. Una cattolica che era stata educata a pensare che eutanasia significa uccidere, e che invece oggi si batte perché il «no alle cure sia considerato non un rifiuto alla vita ma un’accettazione della morte».



Signora Welby, il Papa chiede ai medici di stringere un’alleanza terapeutica con i propri pazienti e di non abbandonare gli inguaribili. Ma ai medici affida anche la responsabilità di stabilire qual è il «vero bene» del malato.

«L’alleanza terapeutica e la vicinanza agli inguaribili sono principi giusti. Ma il Papa ha mancato di dire che nei casi di grande solitudine e sofferenza, il medico deve aiutare il malato a concludere la vita nel modo per lui meno doloroso possibile. Solo così, come ha fatto il dottor Riccio con mio marito, non si abbandonano i malati inguaribili. Ed è il malato a dover dire quando le cure si stanno trasformando in un accanimento terapeutico. Io credo che nessuno, né il medico, né un familiare possano espropriare un ammalato delle sue decisioni. Soprattutto se si tratta di fare i conti con il dolore: la Chiesa esalta il valore della sofferenza, ma questa non può essere imposta a nessuno. Altrimenti si pecca d’orgoglio: non ci si può ispirare alle sofferenze di Cristo in croce».



Il Papa, invece, ha ribadito il suo no al testamento biologico e all’eutanasia.

«Ma il testamento biologico può servire proprio a garantire l’alleanza terapeutica tra medico e paziente quando quest’ultimo non sia in grado di decidere. Quanto all’eutanasia, io credo che vada rispettato il Catechismo della nostra Chiesa cattolica che nell’articolo 2278 dice chiaramente che con la rinuncia all’accanimento terapeutico non si vuole "procurare la morte: si accetta di non poterla impedire". Non c’è, insomma, nessun rifiuto della vita».



Ratzinger sottolinea anche la necessità di umanizzare una medicina ormai troppo dominata dalla tecnologia.

«Io credo che la questione vada ribaltata: il problema della medicina moderna è la scarsa presenza umana prevista dal nostro sistema sanitario. Non ci sono troppe macchine, ma poche persone accanto a chi è in rianimazione o a chi è in fin di vita».

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